T1 Il diritto alla felicità Umberto Eco, , 26 marzo 2014  L’Espresso La  lo riconosce a tutti gli uomini. Ma c’è un equivoco. Dovremmo abituarci a pensare una vita piena in termini collettivi e non come soddisfazione solo individuale Dichiarazione d’indipendenza americana  Talora mi viene il sospetto che molti dei problemi che ci affliggono – dico la crisi dei valori, la resa alle seduzioni pubblicitarie, il bisogno di farsi vedere in tv, la perdita della memoria storica e individuale, insomma tutte le cose di cui sovente ci si lamenta in rubriche come questa – siano dovuti alla del 4 luglio 1776, in cui, con massonica fiducia nelle magnifiche sorti e progressive, i costituenti avevano stabilito che « infelice formulazione della Dichiarazione d’indipendenza americana a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, e al perseguimento della felicità». Sovente si è detto che si trattava della prima affermazione, nella storia delle leggi fondatrici di uno Stato, del diritto alla felicità invece che del dovere dell’obbedienza o altre severe imposizioni del genere, e a prima vista si trattava effettivamente di una dichiarazione rivoluzionaria. Ma ha prodotto degli equivoci per ragioni, oserei dire, semiotiche. La letteratura sulla felicità è immensa, a iniziare da Epicuro e forse prima, ma a lume di buon senso mi pare che nessuno di noi sappia dire che cos’è la felicità. Se si intende uno stato permanente, l’idea di una persona che è felice tutta la vita, senza dubbi, dolori, crisi, questa vita sembra corrispondere a quella di un idiota – o al massimo a quella di un personaggio che viva isolato dal mondo senza aspirazioni che vadano al di là di una esistenza senza scosse, e vengono in mente Filemone e Bauci . Ma anche loro, poesia a parte, qualche momento di turbamento dovrebbero averlo avuto, se non altro un’influenza o un mal di denti. 1 La questione è che : è la gioia per la nascita di un figlio, per l’amato o l’amata che ci rivela di corrispondere al nostro sentimento, magari l’esaltazione per una vincita al lotto, il raggiungimento di un traguardo (l’Oscar, la coppa, il campionato), persino un momento nel corso di una gita in campagna, ma sono tutti istanti appunto transitori, dopo i quali sopravvengono i momenti di timore e tremore, dolore, angoscia o almeno preoccupazione. la felicità, come pienezza assoluta, vorrei dire ebbrezza, il toccare il cielo con un dito, è situazione molto transitoria, episodica e di breve durata Inoltre , raramente a quella del genere umano, e anzi siamo indotti sovente a preoccuparci pochissimo della felicità degli altri per perseguire la nostra. Persino la felicità amorosa spesso coincide con l’infelicità di un altro respinto, di cui ci preoccupiamo pochissimo, appagandoci della nostra conquista. l’idea di felicità ci fa pensare sempre alla nostra felicità personale Questa idea di felicità pervade il mondo della pubblicità e dei consumi, dove ogni proposta appare come un appello a una vita felice, la crema per rassodare il viso, il de tersivo che finalmente toglie tutte le macchie, il divano a metà prezzo, l’amaro da bere dopo la tempesta, la carne in scatola intorno a cui si riunisce la famigliola felice, l’auto bella ed economica e un assorbente che vi permetterà di entrare in ascensore senza preoccuparvi del naso degli altri. Raramente pensiamo alla felicità quando votiamo o mandiamo un figlio a scuola, ma solo quando comperiamo cose inutili, e pensiamo in tal modo di aver soddisfatto il nostro diritto al perseguimento della felicità. Quando è al contrario che, siccome non siamo delle bestie senza cuore, ci preoccupiamo della felicità degli altri? Quando i mezzi di massa ci presentano l’infelicità altrui, negretti che muoiono di fame divorati dalle mosche, ammalati di mali incurabili, popolazioni distrutte dagli tsunami. Allora siamo persino disposti a versare un obolo e, nei casi migliori, a impegnare il cinque per mille. È che la avrebbe dovuto dire che a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto-dovere di ridurre la quota d’infelicità nel mondo, compresa naturalmente la nostra, e così tanti americani avrebbero capito che non devono opporsi alle cure mediche gratuite – e invece vi si oppongono perché questa idea bizzarra pare ledere il loro personale diritto alla loro personale felicità fiscale. Dichiarazione d’indipendenza 1 Coppia di vecchi sposi frigi che ospitarono Zeus ed Ermete e ne ricevettero in cambio la possibilità di avere esaudito un loro desiderio: essere sacerdoti del tempio e morire ad un tempo.  >> pagina 671  comprensione del testo Dopo un’attenta lettura del testo, rispondi alle domande. Quali sono gli equivoci che ha prodotto l’affermazione del diritto alla felicita nella  ? (massimo 10 righe) a. Dichiarazione d’indipendenza americana                     Quale rapporto stabilisce l’autore tra felicità e società dei consumi? (massimo 10 righe) b.                     Come dovrebbe cambiare l’articolo della Dichiarazione d’indipendenza secondo l’autore perché sia risolto l’equivoco semantico che sta alla base del fraintendimento del diritto alla felicità? (massimo 10 righe) c.                      >> pagina 672  Analisi e riassunto Riassumi il contenuto del testo dell’autore indicando gli snodi del suo ragionamento. Puoi aiutarti compilando la seguente scheda di sintesi.   Il diritto alla felicità Problema     Tesi     Antitesi     Argomenti a favore della tesi     COMMENTO Che cosa è per te la felicità e che significato pratico può avere nella società in cui vivi l’affermazione del diritto alla felicità?