capitolo 16 L’Italia dall’apice al declino le parole della storiografia Crisi dell’antifascismo Nei primi decenni del dopoguerra, l’antifascismo costituì il fondamento di legittimità delle nuove istituzioni democratiche, le quali emarginarono dall’arco costituzionale le forze che si richiamavano al fascismo come l’Msi. Questa visione, di cui il Partito comunista era il fautore più intransigente, implicava una sostanziale identità tra la società italiana e l’antifascismo, con la negazione più o meno aperta della popolarità di cui aveva goduto il regime di Mussolini nel Ventennio. Fin dalla metà degli anni Settanta, e ancor più negli anni Ottanta, cominciarono a emergere voci critiche verso l’ideologia antifascista, mentre gli storici proponevano un’analisi più profonda dei nessi tra la società italiana e il regime fascista. Dagli anni Novanta in poi, con il collasso del sistema dei partiti che aveva fondato la Repubblica e con lo “sdoganamento” dell’Msi (ribattezzatosi Alleanza nazionale), la memoria pubblica della Resistenza fu oggetto di accese polemiche. Mentre gli oppositori del centrodestra (An, Lega Nord e Forza Italia) chiamavano a una nuova mobilitazione antifascista, alcuni storici, pur contrastando le forme più aggressive di “revisionismo storiografico” e di riabilitazione del regime fascista, imputavano all’antifascismo l’incapacità di dare un fondamento stabile alla cittadinanza repubblicana.