Le opere in sintesi Vita nuova ▶ T8-T15 La prima opera dantesca di un certo rilievo è la (1292-1293 o 1294), nella quale il poeta raccoglie le rime composte per Beatrice, accompagnandole con il racconto in prosa delle diverse circostanze che le avevano ispirate. Rinviamo la trattazione alla seconda parte dell’Unità ( p. 251). Vita nuova ▶ Convivio ▶ T2, T4 Fra il 1303 e il 1304-1307 Dante scrive due trattati, lasciando entrambi incompiuti nel momento in cui comincia a dedicarsi alla composizione della : il primo ( ), il secondo in latino sulla lingua volgare ( ). Divina Commedia in volgare Convivio De vulgari eloquentia Testi plus: La scelta del volgare Analisi del testo interattiva: La filosofia Il è un’opera enciclopedica e dottrinale che, secondo il progetto dell’autore, doveva comprendere 15 trattati (cioè capitoli tematici), il primo di introduzione agli altri, destinati a commentare 14 canzoni. L’opera però non viene condotta a termine, rimanendo . In un certo senso, si tratta di un ampliamento della modalità compositiva precedentemente sperimentata nella , dove Dante aveva inserito testi lirici introdotti e commentati da brani in prosa, in una struttura divisa in capitoli. Enciclopedismo e amore del sapere Convivio interrotta al quarto trattato Vita nuova Nel , però, muta radicalmente la motivazione dell’opera: mentre nella l’intento dell’autore era quello di celebrare Beatrice, qui si tratta di . Già il titolo, infatti, allude a un banchetto di sapienti ai piedi del quale Dante si colloca per appropriarsi delle briciole del loro sapere e renderle, attraverso la sua opera, fruibili a un maggior numero di lettori colti e meno colti, comunque amanti della conoscenza. Convivio Vita nuova celebrare la conoscenza Il Convivio è un’opera in quattro trattati, di cui il primo introduttivo (il progetto originario prevedeva 15 trattati a commento di 14 canzoni). Intende celebrare la conoscenza , l’amore per la filosofia, per la sapienza , la nobiltà che risiede nelle qualità morali e intellettuali . Immagini e considerazioni espresse in questo testo si ritroveranno nella Divina Commedia . Nel , introduttivo, l’autore dichiara lo : fornire le basi della conoscenza a tutti coloro ai quali siano stati impediti gli studi da occupazioni civili e familiari. Proprio con tale motivazione l’autore giustifica la scelta di , esaltando le possibilità espressive della nuova lingua. L’opera si propone dunque un compito educativo e formativo nei confronti di quella classe dirigente ideale che Dante immagina per la città della sua epoca. Struttura e contenuti primo trattato scopo dell’opera scrivere in volgare I successivi tre trattati sono contraddistinti da una lettura allegorica dei testi lirici presentati. Tale modalità di lettura e interpretazione è teorizzata nel , dove, a partire dalla canzone , si parla della struttura dell’ , dei , delle , dell’ e si tratta, tra l’altro, dei diversi modi (o «sensi») con cui si possono interpretare le Sacre Scritture. Dante analizza inoltre il passaggio dall’amore per Beatrice all’amore per la filosofia, simboleggiata dalla figura della «donna gentile», già presente nella , dove appariva al poeta dopo la morte dell’amata. secondo trattato Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete universo cieli gerarchie angeliche immortalità dell’anima Vita nuova Nel , introdotto dalla canzone , si trova una sorta di , vista come la massima aspirazione dell’uomo. Nell’appagamento del desiderio di conoscenza l’essere umano trova infatti una porzione della beatitudine riservata a Dio e agli angeli, nonché un anticipo, già sulla Terra, di quella che sarà la felicità del paradiso. terzo trattato Amor che ne la mente mi ragiona inno alla sapienza Infine, nel , si affronta, nel commento alla canzone , una problematica di grande attualità all’epoca di Dante, già sollevata da Guido quarto trattato Le dolci rime d’amor ch’i’ solia Guinizzelli e trattata nello Stilnovo: la vera natura della nobiltà , che per lo scrittore è legata alle qualità intellettuali e morali, e che può esistere anche in assenza di nobili natali. Sempre nel quarto trattato è presente una lunga digressione sulla necessità dell’ impero universale al fine di garantire all’umanità ordine e pace duraturi, argomento poi sviluppato più ampiamente in un’opera successiva, il De monarchia . >> pagina 217 Accanto alla finalità divulgativa del trattato, scopo di Dante, nel , è anche quello di infamanti seguite alla condanna e all’esilio. Di qui la scelta di una materia di alto impegno filosofico, che mira a smentire i nemici di Dante, il quale vuole dimostrare, attraverso quest’opera, il proprio valore e quanto ingiustamente i fiorentini lo abbiano condannato. Filosofia e poesia Convivio difendere sé stesso dalle accuse Il , del resto, si distingue dalle affini opere enciclopediche medievali per il fatto che qui il «banchetto di sapienza» è imbandito da un poeta. , in quest’opera, di Dante, che è, appunto, prima di tutto un poeta. Così, l’indagine dottrinale si fonde continuamente con l’indagine del cuore umano e con l’estro dell’immaginazione letteraria. E infatti non poche immagini e considerazioni passeranno in seguito dal alla . Convivio Il sapere è arricchito dalla fantasia e dal sentimento Convivio Divina Commedia De vulgari eloquentia ▶ T5 Il (Sull’eloquenza volgare) è un trattato , progettato in 4 libri, di cui Dante scrive soltanto il primo e parte del secondo. De vulgari eloquentia in latino Nel l’autore descrive il proprio ideale linguistico, trattando innanzitutto dell’origine del linguaggio, dalla creazione di Adamo alla distruzione della torre di Babele, e soffermandosi poi a considerare gli idiomi derivati in particolare dal latino: soprattutto il provenzale (lingua d’ ), il francese (lingua d’ ) e l’italiano (lingua del ). La ricerca del «volgare illustre» primo libro oc o ï l sì All’interno di quest’ultimo Dante distingue, con un’analisi glottologica per quei tempi pionieristica, i quattordici dialetti che allora erano parlati in Italia, ma giunge alla conclusione che nessuno di essi possieda le qualità proprie di quel volgare che egli chiama «illustre». Occorre a suo giudizio che tale «volgare illustre» sia davvero la lingua comune della penisola, in grado perciò di superare i particolarismi locali, alla luce di un ideale nazionale (almeno sul piano linguistico). Bisogna però sgombrare il campo da un possibile equivoco: . In sintesi, il « » da lui immaginato dev’essere « » (poiché esso deve rappresentare il cardine, vale a dire il punto di riferimento, degli altri volgari), « » (perché degno di essere parlato nell’“aula”, cioè nel palazzo dell’imperatore) e « » (in quanto adatto alla corte dell’imperatore) ( T5, p. 237). Dante non parla di una lingua per la comunicazione quotidiana, ma della lingua della produzione letteraria volgare illustre cardinale aulico curiale ▶ Progettato in quattro libri, di cui Dante ha scritto solo il primo e parte del secondo, il De vulgari eloquentia è un trattato in latino che ha per oggetto la lingua volgare. L’ideale linguistico che Dante espone nel primo libro è una lingua comune italiana che superi i dialetti sorti dal latino, un « volgare illustre » che abbia le caratteristiche di essere “cardinale” (punto di riferimento per gli altri volgari), “aulico” (degno di essere parlato nell’“aula”, cioè nel palazzo dell’imperatore) e “curiale” (adatto alla corte dell’imperatore). In particolare, nel Dante indica i modi in cui il «volgare illustre» va utilizzato in poesia. Poiché per gli antichi (e anche per gli uomini del Medioevo) ogni particolare tipologia di contenuto tematico presupponeva un suo specifico stile, fatto di determinate scelte lessicali e retoriche, egli sviluppa una precisa distinzione: stile (per i temi elevati, da rendere in un linguaggio solenne), (per i contenuti quotidiani, da esprimere in una lingua umile), o medio (per gli argomenti malinconici, da sviluppare in un tono medio). La lingua della poesia secondo libro tragico comico elegiaco Il registro del « » più conveniente per la poesia è secondo Dante quello tragico, adatto agli argomenti amorosi (come quelli affrontati nella ), ma volgare illustre Vita nuova anche ai temi epici e morali (l’amore, le armi e la virtù). La forma metrica preferibile è la canzone, in quanto più ampia e articolata rispetto al sonetto, l’altra forma maggiormente praticata dalla poesia delle origini. Nel secondo libro Dante distingue gli stili poetici in tragico, comico ed elegiaco. Considera più conforme al volgare illustre lo , e indica nella la forma metrica preferibile. stile tragico canzone >> pagina 218 Il è un’opera per specialisti, per letterati desiderosi di apprendere le norme di una lingua che possa assurgere a strumento espressivo adeguato a diversi scopi: il volgare italiano, appunto. Di qui . È un’opzione tutt’altro che paradossale (trattare del volgare scrivendo però in latino), che : un pubblico dotto, diverso da quello pensato per il , il cui intento era invece, come si è detto, divulgativo. Un’opera per specialisti De vulgari eloquentia la scelta di scrivere l’opera in latino indica il pubblico di riferimento Convivio Divina Commedia Dante si dedica al suo capolavoro dal 1306-1307 fino alla morte. Ne parleremo ampiamente nella terza parte dell’Unità ( p. 277). ▶ De monarchia ▶ T3 Il (Sulla monarchia) è un trattato in latino (rivolto dunque anch’esso a un pubblico di dotti), senz’altro successivo al 1308 e databile probabilmente al 1312-1313. Esso affronta il tema, di grande attualità e di forte interesse personale per l’autore, della natura della monarchia e dei rapporti tra i due poteri assoluti dell’epoca medievale: l’Impero e il Papato. Si tratta dell’unico trattato dottrinale portato a termine da Dante (diversamente dal e dal , rimasti incompiuti). Un trattato dottrinale De monarchia Convivio De vulgari eloquentia Trattato in latino, databile intorno al 1312, De monarchia affronta il tema della natura della monarchia e dei rapporti fra i poteri assoluti dell’ Impero e del Papato . L’opera è costituita da 3 libri, ai quali sono affidati i tre argomenti correlati tra loro. Gli argomenti dei 3 libri Nel viene affermata la per il benessere del mondo: Dio ha voluto che l’uomo facesse parte di organizzazioni statali sempre più vaste per ottenere migliore protezione dall’egoismo e dall’avidità dei singoli. Per conseguire la piena realizzazione delle potenzialità dell’intelletto, l’uomo ha bisogno di una pace autentica, che soltanto un monarca unico può assicurare, impedendo, attraverso un’imparziale amministrazione della giustizia, lotte e divisioni tra individui e popoli. primo libro necessità della monarchia universale Nel Dante sostiene che il è per elezione divina il . Per mostrare come l’Impero romano sia stato voluto dalla Provvidenza divina, Dante afferma che il sacrificio di Cristo, affinché potesse essere efficace per redimere l’intera umanità, doveva avvenire in seguito a una sentenza emessa da un’autorità che avesse validità universale. Dunque il fatto che Cristo abbia patito «sotto Ponzio Pilato», cioè sulla base di una condanna pronunciata da un legittimo rappresentante dell’Impero romano, testimonia l’approvazione divina di quell’istituzione. secondo libro popolo romano depositario del potere imperiale Nel si afferma la , che Dante rappresenta per metafora come due soli, splendenti ciascuno di luce propria in quanto entrambi legittimati dalla volontà divina. Dante contesta così le tesi più diffuse ai suoi tempi in merito alla questione dei rapporti tra Chiesa, Impero e regni nazionali: la , che sostiene la dipendenza dell’Impero dalla Chiesa, in quanto quest’ultima avrebbe ricevuto tutto il potere direttamente da Dio per poi trasmettere quello temporale all’imperatore; quella , che prevede la preminenza dell’Impero sulla Chiesa, in quanto sarebbero le armi imperiali a garantire al papa la pace e la difesa necessarie affinché egli possa svolgere i propri compiti spirituali; e infine quella , che pre terzo libro reciproca indipendenza tra Impero e Papato tesi teocratica imperialista regalista dica la preminenza del sovrano nazionale sulle istituzioni sovranazionali come Chiesa e Impero (questa idea viene fortemente sostenuta da Filippo IV di Francia, detto Filippo il Bello, in polemica con papa Bonifacio VIII, fautore della tesi teocratica). Sempre nel terzo libro Dante contesta la legittimità della , un documento che oggi sappiamo falso (scritto molto probabilmente nella seconda metà dell’VIII secolo per consolidare il potere della Chiesa di Roma), ma la cui autenticità a quei tempi non era messa in discussione. In questo documento, che veniva attribuito a Costantino, l’imperatore concedeva a papa Silvestro I e ai suoi successori la sovranità su Roma e su larga parte dei territori italiani dell’Impero d’Occidente. Dante dimostra, attraverso argomenti di tipo giuridico, che Costantino non avrebbe potuto cedere una parte dell’Impero e come la Chiesa, a sua volta, non fosse legittimata a riceverla. Donazione di Costantino Nei 3 libri in cui si suddivide il trattato Dante sostiene l’idea utopica di una monarchia universale, parla della supremazia del popolo romano quale depositario del potere imperiale, afferma la reciproca indipendenza fra Impero e Papato, ricorrendo alla metafora dei «due soli» , splendenti ciascuno di luce propria e legittimati entrambi dalla volontà divina. >> pagina 219 Il è un’opera di notevole coerenza teorica, con la quale Dante mostra la sua cultura e capacità di riflessione filosofica. Già nel proemio l’autore insiste sull’ , riferendosi alle «novità mai trattate da altri» e precisando la sua intenzione di procedere, per mezzo di ragionamenti del tutto speculativi e dimostrativi, all’analisi dei temi su cui sono incentrati i 3 libri. Il sogno utopico di un mondo pacificato De monarchia originalità del tema Dante intuisce perfettamente che l’avvento di una è di difficile realizzazione in quei tempi tormentati e caratterizzati da radicati odi di parte ed estesa conflittualità politica. Tuttavia non rinuncia a insistere su questa prospettiva, che vede come la sola capace di condurre gli uomini alla felicità terrena. monarchia universale Come il , anche il è un’opera che mira all’ (in questo caso più specificamente politico) , capace di contribuire al rinnovamento della società e all’abbattimento della corruzione. Lo scopo del trattato Convivio De monarchia indottrinamento di una nuova classe dirigente Le circostanze dell’incoronazione dell’imperatore sono lo sfondo della stesura dell’opera, che non nasconde l’indignazione per l’usurpazione dell’autorità imperiale praticata dai «dominanti in Roma», cioè dai pontefici, da quando nel corso del Duecento l’Impero, in forte crisi, ha perso il controllo sull’Italia. Il poeta è infatti convinto – fondandosi su precisi argomenti giuridici e teologici – che l’elezione dell’imperatore debba rispondere soltanto a Dio. Arrigo VII di Lussemburgo Scopo del De monarchia è contribuire alla creazione di una classe dirigente che sappia conciliare il potere della Chiesa con quello dell’ Impero . , XIV secolo. Coblenza, Landeshauptarchiv. L’imperatore Arrigo VII riconcilia Visconti e Torriani a Milano, Codex Balduineus >> pagina 220 Rime ▶ T1, T6-T7 La raccolta delle contiene i componimenti poetici giovanili non entrati nella , ma anche alcune liriche appartenenti al periodo dell’esilio. Nel complesso si tratta di (altri 26 sono di dubbia attribuzione) tra sonetti, ballate e canzoni, difficilmente databili nei loro diversi momenti compositivi, se non per quello prestilnovistico e stilnovistico. La raccolta non è stata strutturata dall’autore con l’intento di darle una forma organica, ma è stata ordinata dagli editori moderni per la pubblicazione in una sorta di canzoniere. I componimenti giovanili Rime Vita nuova 54 testi Nelle Dante svolge una , spesso caratterizzata da una : è un apprendistato che risulterà assai utile al momento della stesura della . Rime ricerca letteraria ad ampio raggio forte tendenza sperimentale, soprattutto sul piano dello stile Divina Commedia 54 componimenti poetici giovanili di Dante, di varia natura, da quelli legati allo Stilnovo ad altri dottrinali e allegorici, alle cosiddette “rime petrose”, sono stati raccolti e ordinati in diverse edizioni novecentesche sotto il titolo di Rime . Testi plus: Tre donne intorno al cor mi sono venute Analisi del testo interattiva: Per una ghirlandetta Analisi del testo interattiva: Chi udisse tossir la mal fatata Nell’ambito di tale amplissimo ventaglio espressivo troviamo . Un primo gruppo consistente è quello dei componimenti legati allo Stilnovo e in particolare all’imitazione del modello cavalcantiano. Sempre all’interno delle troviamo poi testi alla maniera di un poeta come Guittone d’Arezzo (precedenti la fase stilnovistica), altri di contenuto dottrinale e allegorico. Stilnovismo, guittonismo, allegorismo temi e toni molto diversi tra loro Rime Un gruppo ben individuabile di rime è quello delle cosiddette “petrose” (quattro testi tra i quali il più noto è la canzone ), scritte, forse intorno al 1295, per una per , una figura femminile crudele (difficilmente identificabile con una persona reale), oggetto di un amore non corrisposto, espresso in toni drammatici e con uno stile tecnicamente complesso. In verità tali componimenti testimoniano intenti di esercitazione letteraria molto più che vicende biograficamente o psicologicamente determinate. Dante “petroso” e “comico” Così nel mio parlar voglio esser aspro Pietra o una donna dura come pietra Allo stesso periodo risalgono probabilmente i sonetti della l’amico , fratello di Corso (il capo dei guelfi neri): Dante e Forese si rimproverano e rinfacciano in sei sonetti, tre per ciascuno, colpe e difetti d’ogni genere, e lo fanno con parole molto dure; ma si tratta, ancora una volta, di una pratica letteraria. tenzone con Forese Donati Nei componimenti petrosi Dante ricerca un’ più , opposta a quella dolce dello Stilnovo, mentre in quelli della tenzone con Forese si avvicina ai modi della poesia comico-realistica. Entrambe queste esperienze verranno messe a frutto in alcuni canti dell’ : se in queste rime possiamo ravvisare una sorta di tirocinio, nella prima cantica della Dante coglierà i frutti maturi di questa fase di formazione. espressività aspra Inferno Commedia Nei componimenti noti come “rime petrose” Dante adotta un registro stilistico basso , ripreso dalla tradizione poetica comica medievale, adeguato a una materia aspra e realistica. Altre opere minori Di Dante ci rimangono anche 13 in latino: la quinta, la sesta e la settima riguardano la discesa di Arrigo VII in Italia, mentre la tredicesima (del 1316) è indirizzata a Cangrande della Scala e contiene la dedica del . Epistole Paradiso Abbiamo poi, ancora, 2 in esametri latini, un libello, sempre in latino, intitolato (Disputa sull’acqua e sulla terra), in cui l’autore confuta la teoria aristotelica in base alla quale in alcuni punti del globo le acque sarebbero più alte delle terre emerse, nonché due opere giovanili in volgare, di gusto allegorico tipicamente medievale, la cui autenticità è stata a lungo discussa (ma poi autorevolmente sostenuta dal filologo Gianfranco Contini): il , un poemetto costituito da 232 sonetti che rielabora il , e il , un poemetto didattico in distici di settenari (di cui ci restano solo 480 versi). Egloghe Questio de aqua et terra Fiore Roman de la Rose Detto d’amore Testi plus: Epistola a Cangrande della Scala >> pagina 221 La vita Le opere Nasce ad Firenze • 1265 Sposa Gemma Donati • 1285 Soggiorna a Bologna • 1286-1287 Combatte nella battaglia di Campaldino • 1289 Muore Beatrice • 1290 1292-1293/1294 Vita nuova Partecipa alla vita politica di Firenze • 1295-1304 Probabilmente rime “petrose” e sonetti della tenzone con Forese Donati Viene eletto priore • 1300 È condannato all’esilio • 1302 del periodo dell’esilio Rime 1303-1307 Convivio De vulgari eloquentia 1306-1307 Inizio stesura della Divina Commedia 1310 Epistole su Arrigo VII 1312-1313 De monarchia È ospite di Cangrande della Scala a Verona • 1315-1320 1316 Epistola a Cangrande della Scala Muore a Ravenna • 1321 Fine stesura della Divina Commedia Dante e Apollo , prima metà del XV sec., da una copia della Divina Commedia realizzata per Alfonso V d’Aragona. Londra, British Library.