L’opera Divina Commedia in sintesi Siamo certi che in Italia non esista persona, per quanto incolta e lontana dall’universo dei libri, che ignori il nome di Dante e il titolo della sua opera maggiore, la . Il poema di Dante è il non solo , ma anche della nostra identità nazionale. Divina Commedia primo fondamento della civiltà letteraria italiana Tuttavia la fama di questo testo si estende a tutto il mondo. Lo scrittore argentino (1899-1986), già molto anziano e quasi cieco, lamentava un grande rimpianto: quello di essere riuscito a leggere “solo” alcune volte nella sua vita la di Dante, a causa delle difficoltà linguistiche che gli avevano impedito una lettura più veloce. È un esempio dell’ di quest’opera per tutta la letteratura successiva e del fatto che non se ne può proprio fare a meno. Jorge Luis Borges Commedia imprescindibilità Un modello per la letteratura occidentale L’ammirazione di Borges non stupisce, perché la costituisce uno dei pilastri del europeo e occidentale, con la Bibbia, i poemi omerici, l’ , il teatro di Shake­speare, il di Cervantes, il di Goethe, di Proust. Divina Commedia canone Eneide Don Chisciotte Faust Alla ricerca del tempo perduto È difficile immaginare un testo più ricco e più vario della . Non c’è moto dell’anima e dell’intelligenza umana, nel male e nel bene, e non c’è aspetto della vita che Dante non rappresenti: l’infinitamente piccolo e sfuggente e l’infinitamente grande ed eterno. Eppure, in tutta questa , si avverte l’ dello spirito che la crea: uno spirito limpido e potente. Complessità e popolarità Commedia materia immensamente varia unità Inoltre, il poema di Dante costituisce una di quelle opere rare e preziose alle quali l’altezza dell’ispirazione e l’eccezionale (linguistica, letteraria e strutturale) non hanno impedito di diventare oggetto di un vero e proprio , realizzando il miracolo, per così dire, di un’arte insieme sublime e per molti aspetti difficile, ma anche conosciuta e amata da tutti. complessità culto popolare Il poema di Dante inaugura la storia della letteratura italiana ed è oggetto di un   culto popolare   che ne fa un fondamento della nostra   identità nazionale .  >> pagina 278  C’è infine un’interpretazione che forse più di ogni altra evidenzia l’importanza e l’attualità del poema dantesco per l’uomo contemporaneo. Nel 1910 il poeta statunitense (1885-1972) scriveva che la è «il viaggio dell’intelletto di Dante attraverso quegli stati d’animo in cui gli uomini, di ogni sorta e condizione, permangono prima della loro morte; inoltre Dante, o l’intelletto di Dante, può significare “Ognuno”, cioè “Umanità”, per cui il suo viaggio diviene il simbolo della lotta dell’umanità nell’ascesa fuori dall’ignoranza verso la chiara luce della filosofia»; e scrive oggi il critico Carlo Ossola: «Così dunque, in questa quotidiana coralità di [Ognuno], è da proporre al XXI secolo la , bene comune non dell’Italia soltanto, ma dell’umanità intera». La storia di Ognuno Ezra Pound Commedia Everyman Divina Commedia Il viaggio di Dante è stato letto come un viaggio attraverso i diversi stati d’animo che accomunano tutti gli esseri umani, tanto da fare della   Divina Commedia   un’ opera rivolta all’umanità intera . Le parole della Divina Commedia Terzina Strofa composta da 3 versi endecasillabi, di cui il 1° rima con il 3°, mentre il 2° dà la rima al 1° e al 3° della terzina seguente; la serie si chiude con un verso che rima con il 2° dell’ultima terzina (ABA BCB … YZY Z). Rima incatenata Schema rimico della terzina (ABA BCB CDC…); in tal modo ogni rima torna 3 volte (eccetto quelle del 1°, 3°, terzultimo e ultimo verso di ogni canto). Canto In generale, ciascuna delle parti in cui è suddiviso un poema o una cantica; nel caso della ogni canto comprende un numero variabile tra i 115 e i 160 endecasillabi, sempre raggruppati in terzine, tranne l’ultimo verso di ogni canto che sta a sé. Commedia Cantica Insieme di canti: 34 ( ) o 33 ( e ). Inferno Purgatorio Paradiso Una nuova opera per Beatrice Oltre l’ambito municipale   Come abbiamo anticipato trattando della , secondo molti critici il più antico annuncio della da parte di Dante si trova alla fine di quell’opera, laddove l’autore afferma: «apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei» (  T15, p. 273). Un contesto più ampio Vita nuova Commedia ▶ È come se Dante si fosse reso conto che un’opera quale la , improntata ai canoni dello Stilnovo, non era in grado di collocare né la figura di Beatrice né tantomeno la concezione dell’amore all’interno di un adeguato contesto di riferimento. Egli immaginava tale nuovo contesto come ben più ampio di quello municipale in cui si poneva la . Di qui la volontà e il progetto di , quello dei tre regni oltremondani. Vita nuova Vita nuova cantare la lode di Beatrice in un universo senza confini Secondo questa interpretazione, ormai ampiamente condivisa, l’ e quasi tutto il sono una lunga pausa densa di attesa, che tende verso la visione, nel , di una ormai e assunta nella «candida rosa», la sede eterna di tutti i santi. Inferno Purgatorio Paradiso Beatrice beata La   Divina Commedia   rappresenta il punto di arrivo dell’ esaltazione poetica di Beatrice , donna assurta a simbolo dell’amore salvifico, motore di ascesa spirituale e di purificazione.  >> pagina 279  Dante comincia la composizione dell’opera nei (forse a partire dal 1306-1307) e vi lavora per tutto il resto della vita. Avrà il tempo di portare a termine e divulgare l’ (probabilmente intorno al 1312), il (circa nel 1318), ma non il , che però al momento dela sua morte (1321) risulterà comunque completo. Genesi e composizione primi anni dell’esilio Inferno Purgatorio Paradiso Purtroppo oggi danteschi (della come delle altre sue opere), ma soltanto manoscritti realizzati successivamente da altri: di fatto non è sopravvissuto alcun documento vergato dalla mano di Dante. non possediamo autografi Commedia La composizione della   Divina Commedia   avviene nell’arco di quindici anni,   dal 1306-1307   (primi anni dell’esilio)   al 1321   (anno della morte di Dante). L’ Inferno   vede la luce intorno al 1312, il   Purgatorio   intorno al 1318, il   Paradiso   dopo la morte del poeta.  Il titolo: da a «poema sacro»   Comedìa Quanto al titolo, è da osservare che nel Medioevo si era persa la nozione di e come rappresentazioni sceniche; questi termini indicavano semplicemente componimenti narrativi che si distinguevano tra loro per diversità di contenuto (tragedia: finale doloroso, personaggi socialmente e culturalmente elevati; commedia: finale lieto, personaggiborghesi o popolari) e per la lingua e lo stile (alti nella tragedia, bassi nella commedia). tragedia commedia La presenza nella di , anche se , porta Dante a scegliere di intitolare (dal latino ) il suo poema, in opposizione alla di Virgilio: «e per le note / di questa comedìa, lettor, ti giuro» ( , XVI, 127-128); «e così ’l canta / l’alta mia tragedìa in alcun loco» ( , XX, 112-113); «Così di ponte in ponte, altro parlando / che la mia comedìa cantar non cura» ( , XXI, 1-2). L’aggettivo , usato per primo da Giovanni Boccaccio, diventerà parte integrante del itolo dopo la sua apparizione sul frontespizio dell’edizione veneziana del 1555 curata da Lodovico Dolce. La varietà degli argomenti e dei toni Divina Commedia toni e argomenti quotidiani accostati ad altri elevati Comedìa comoedia tragedìa Inferno Inferno Inferno divina Dante parla del suo poema come di   Comedìa , alludendo al suo   contenuto   – che da cupo e orribile nell’ Inferno   diventa via via meno grave fino a raggiungere il lieto fine nel   Paradiso   – e forse anche alla   lingua   volgare e al registro in cui è scritto. Giunto poi alla composizione del   Paradiso , dove il tono e il linguaggio si elevano, Dante parla della sua opera come di un “poema sacro”. Forse accogliendo quest’ultima definizione, Boccaccio aggiunse l’aggettivo “divina” al titolo ormai diffuso di   Commedia , da cui nei secoli fino a noi   Divina Commedia . La scelta del titolo sembra però alludere anche al suo : nel suo inizio, l’ , orribile e disgustoso, e nella sua conclusione il , piacevole e pacificato. Scrive Dante, nell’epistola a Cangrande della Scala, a proposito del genere classico (greco e latino) della commedia (in contrappsizione a quello della tragedia): «La commedia inizia dalla narrazione di situazioni difficili, ma la sua materia finisce bene». Infatti – prosegue l’autore a proposito del suo poema – «se guardiamo alla materia, all’inizio essa è paurosa e fetida perché tratta dell’Inferno, ma ha una fine buona, desiderabile e gradita, perché tratta del Pardiso». Dal male al bene Commedia contenuto Inferno Paradiso Probabilmente nel titolo è presente però anche un riferimento alla scelta del volgare, e cioè di (a differenza del latino), in grado perciò di essere compresa anche da coloro che non hnno alle spalle studi approfonditi: «Per quanto riguarda il linguaggio, questo è dimesso e umile, perché si tratta della parlata volgare che usano anche le donnette» (dall’epistola a Cangrande della Scala). La scelta del volgare Commedia una lingua familiare Tuttavia nel corso degli anni, giunto alla terza cantica, ormai diffuso, e cercherà una definizione dell’opera più adatta alle sue ambizioni; userà allora quella di «poema sacro», cioè ispirato direttamente da Dio: «’l poe­ma sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra» ( , XXV, 1-2). Il «poema sacro» Dante avvertirà l’inadeguatezza di quel titolo Paradiso Va detto però che il motivo per cui Dante aveva chiamato il suo poema risultò oscuro ai contemporanei che, avendo in mente la teoria classica e medievale dei generi, non ne capivano la ragione. Un’indicazione di genere Comedìa Diversi studiosi oggi sostengono che per Dante costituisse un’indicazione di genere del poema, suo , così come non è il titolo dell’ . comedìa non il titolo tragedìa Eneide  >> pagina 280  La trama   La è un poema di 14.233 endecasillabi diviso in 3 cantiche, che descrivono i tre regni ultraterreni cui sono destinate le anime degli uomini: l’ ospita i dannati per tutta l’eternità; il è un luogo di passaggio in cui le anime degne di redenzione scontano i peccati commessi nella vita terrena, fino a raggiungere quella purificazione che le rende pronte ad ascendere al , cui hanno invece accesso diretto le anime di coloro che sono morti in grazia di Dio. Qui si gode per sempre di una beatitudine che consiste nella contemplazione di Dio e nell’essere parte di una realtà armoniosa che si uniforma completamente alla volontà divina. 3 cantiche e 100 canti Divina Commedia Inferno Purgatorio Paradiso Il poeta sente di essere stato per vivere un’esperienza totalizzante, da trasmettere al ondo attraverso la scrittura; accetta un compito per il quale si considera (o, meglio, finge di considerarsi) inadeguato, confortato dalla presenza di due guide che lo condurranno e soprattutto lo sosterranno. prescelto Il poema è diviso in   3 cantiche :   Inferno ,   Purgatorio   e   Paradiso , di 34   canti   la prima e 33 canti ciascuna la seconda e la terza. Ogni canto è composto di   terzine   di   endecasillabi   a rima incatenata (ABA BCB CDC…). Dante, uscito dalla «selva oscura» del peccato, viene guidato nell’Inferno e in gran parte del Purgatorio dal poeta latino Virgilio, e nel Paradiso da Beatrice, la donna del suo amore giovanile. Il viaggio dura circa una settimana e ha inizio – così ci narra l’autore – nella notte del Venerdì Santo del 1300. Nel , situato sotto Gerusalemme e immaginato in forma di imbuto rovesciato, egli fa esperienza del male: incontra le anime dei peccatori e conosce la natura dei diersi peccati, dai meno gravi ai più gravi, distribuiti in nove cerchi Dall’Inferno… regno dei dannati Il viaggio di Dante nell’oltretomba dura circa una settimana e ha inizio il   Venerdì Santo del 1300 . Il protagonista è guidato dal poeta latino Virgilio nell’Inferno e in gran parte del Purgatorio, da Beatrice e infine da San Bernardo nel Paradiso. Risalendo attraverso il corpo mostruoso di Lucifero dal centro della Terra agli antipodi di Gerusalemme, Dante esplora poi il Purgatorio, concepito come un monte circondato dalle acque e sormontato dal Paradiso terrestre. Lì incontra gli ormai salvi, dalle loro tendenze peccaminose, per essere, dopo un tempo adeguato, finalmente accolti tra i beati. … al Purgatorio… spiriti obbligati a purificarsi Contrariamente ai dannati, per lo più astiosamente preoccupati di celare a Dante la propria identità, le anime del Purgatorio si fanno riconoscere volentieri, supplicando il poe­ta affinché le ricordi nel mondo alle persone care, così da ottenerne le preghiere necessarie per abbreviare i tempi della loro penitenza. , miniatura dal manoscritto Holk­ham, XIV sec. Oxford, Bodleian Library. Dante e Virgilio escono dal­l’Inferno  >> pagina 281  Il solo ardore di carità spinge invece i beati, nel Paradiso, ad accoglierlo gioiosamente e a renderlo partecipe della gloria eterna. Giunto con Beatrice al centro della «candida rosa» celeste in cui sono disposte le anime dei beati, il poeta trova , che sostitui­sce Beatrice come guida per i tre canti conclusivi. Nell’ultimo di essi il poeta ha la , che lo rassicura definitivamente sulle verità di fede, irrobustendo la sua determinazione a proseguire sulla via del bene. … al Paradiso san Bernardo visione di Dio Le diverse interpretazioni La lettura allegorica   Quella che abbiamo riportato è la trama letterale dell’opera, che però può, anzi deve essere intesa anche in modo allegorico. Scopo dichiarato del poema è infatti quello di e della verità, mediante la rappresentazione delle pene e dei premi che attendono rispettivamente i peccatori e i giusti nella vita eterna: per Dante, la sua è una vera e propria missione. riportare gli uomini sulla via della rettitudine Innanzitutto è possibile interpretare il contenuto della sotto l’aspetto morale. si trova (la «selva oscura»), da cui non è semplice uscire, poiché tre vizi sono particolarmente radicati negli uomini: la lussuria, la superbia e l’avarizia; una lonza (la lussuia), un leone (la superbia) e una lupa (l’avarizia) sono infatti i tre animali che nel primo canto vorrebbero ricacciare Dante nella «selva oscura». L’interpretazione morale… Divina Commedia L’umanità smarrita nel peccato L’umanità deve fare allora appello alla (Virgilio) e con il suo aiuto condurre un accurato esame di coscienza (l’attraversamento dell’Inferno) e quindi pentirsi, espiando le proprie tendenze peccaminose (il passaggio attraverso il Purgatorio). ragione Tuttavia l’umanità, pur essendosi ricondotta alla bontà nelle quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), non potrà essere ancora salva se, accanto alla ragione, non sopravverrà la (Beatrice), la sola capace di innalzare l’animo e la mente sino a Dio attraverso il pieno possesso delle tre virtù teologali (fede, speranza e carità). grazia divina La trama letterale dell’opera, ossia la vicenda di un vivo che attraversa il regno dei morti, si presta a una   lettura allegorica : l’umanità, rappresentata da Dante, è smarrita a causa del peccato; per riscattarsi può fare ricorso alla ragione, rappresentata da Virgilio; la salvezza infine può essere raggiunta con l’aiuto della grazia divina, rappresentata da Beatrice. Risulta poi possibile una lettura dell’opera anche sul piano politico. L’umanità è smarrita nel e non riesce a uscirne a causa di tre particolari mali: l’eccessiva divisione in fazioni e particolarismi (la lonza, che nell’immagine dantesca ha il manto maculato); la forza della casa di Francia (simboleggiata dal leone), che impedisce, per la sua esistenza stessa, il ritorno di tutte le nazioni sotto un comune Impero; l’ingordigia della Chiesa (la lupa), che gareggia con l’imperatore per il potere temporale. … e quella politica disordine civile Per salvarsi, l’umanità ha dunque bisogno di : quella pratica (come la guida di Virgilio) di un imperatore che la conduca al Paradiso terrestre (cioè alla felicità in questo mondo) e quella spirituale (come la guida di Beatrice) del papa, che, senza alcuna interferenza con il potere imperiale, la conduca a Dio (cioè alla felicità ultraterrena). due guide Sempre di tipo allegorico è l’ interpretazione in chiave politica   della   Divina Commedia : l’umanità e smarrita nel disordine civile e per salvarsi ha bisogno di due guide, quella pratica (Virgilio) di un imperatore e quella spirituale (Beatrice) del papa. La lettura figurale   Queste ultime due proposte di lettura sono, come abbiamo detto, di tipo allegorico. Tuttavia il genere di “ ” (cioè il significato secondo, dopo il primo, che è quello letterale) che dobbiamo applicare all’interpretazione della è, più propriamente, quello . sovrasenso Divina Commedia figurale  >> pagina 282  Si tratta di un aspetto studiato da molti critici, ma in particolare dal filologo tedesco Erich Auerbach (1892-1957), secondo il quale «“figura” è , di storico, rappresenta e e storica». L’interpretazione di Auerbach qualche cosa di reale che annuncia qualche altra cosa, anch’essa reale Potremmo intendere la figura come : l’allegoria in senso stretto è qualcosa di più astratto, la figura di più concreto; la figura infatti presuppone la verità storica dell’elemento (fatto o persona) che viene utilizzato per rimandare a qualcos’altro, mentre nell’allegoria il primo elemento è impiegato solo al fine di richiamare il secondo. un tipo particolare di allegoria L’ intepretazione figurale   del poema di Dante è dovuta in particolare al filologo tedesco Erich Auerbach. Secondo questa lettura, la   figura   è un particolare tipo di allegoria per cui un elemento (persona o fatto) mantiene il suo significato letterale e storico facendosi nel contempo portatore di un   sovrasenso   ossia simboleggiando qualcos’altro. Un esempio è fornito da Virgilio, personaggio che nella   Divina Commedia   simboleggia la ragione ma che non perde la sua identità storica di poeta latino del I secolo a.C., cui Dante autore rende ripetutamente onore. Facciamo qualche esempio. – abbiamo detto – è allegoria della ragione umana. Ma per Dante egli non cessa di essere anche il poeta latino del I secolo a.C. autore dell’ . Dunque nella Virgilio . Esempi di figura Virgilio Eneide Commedia simboleggia la ragione, senza però perdere la propria specificità di personaggio storico Lo stesso riguarda altri personaggi come Beatrice (la Grazia divina o la fede) o Catone l’Uticense. Quest’ultimo, posto come guardiano del Purgatorio, è un protagonista della storia romana: difensore della causa repubblicana, preferì darsi la morte piuttosto che vivere sotto il dominio di Cesare. Pur manteneno la propria identità storica, nella . Divina Commedia Catone simboleggia la libertà interiore Questo è il procedimento che Dante sviluppa in tutta la . Lo vediamo, in particolare, a proposito degli eventi storici. Nella visione dantesca della Storia può essere : quest’ultimo sarà, perciò, del primo. Così troviamo, nel suo poema, un nesso molto stretto – per usare ancora le parole di Auerbach – tra «fatti storici» e «realtà contemplata nella visione». Storia e figura Commedia ogni accadimento figura di un accadimento successivo adempimento L’epistola a Cangrande della Scala: come leggere la   Commedia In realtà, l’interpretazione figurale di Auerbach non fa che sviluppare quanto lo stesso Dante afferma in un testo di capitale importanza per comprendere come leggere il suo poema.   Testi plus: Epistola a Cangrande della Scala Si tratta di una lettera (la numero 13 delle ) che abbiamo già occasionalmente citato. In passato si è a lungo discusso in merito alla sua autenticità, che però oggi appare provata. In essa, tra il 1312 e il 1320 ( ) e destinata a Cangrande della Scala, il signore di Verona protettore del poeta, Dante annuncia l’intenzione di dedicare a quest’ultimo il , di cui ha da poco iniziato la stesura, e offre alcune chiavi di lettura del poema. Una chiave di lettura per il poema Epistole redatta probabilmente intorno al 1316 Paradiso L’interpretazione figurale della   Divina Commedia   era già stata suggerita da Dante stesso in almeno due testi teorici: nel   Convivio   e nell’epistola a Cangrande della Scala, in cui parla del   significato polisemico   della sua opera, distinguendo un significato letterale e un significato allegorico o morale, entrambi veritieri. Innanzitutto Dante autorizza, o meglio sostiene un’interpretazione della che vada al di là di quella puramente letterale: « , anzi può essere definito , cioè contenente più significati. Infatti il primo significato è quello che si ha dalla lettera del testo, l’altro è quello che si ha da ciò che viene significato dalla lettera del testo. Il primo si dice letterale, il secondo, invece, allegorico o morale o anagogico». Oltre il significato letterale Commedia Il significato di quest’opera non è uno solo polisemico In riferimento alla propria opera scrive: «È dunque il soggetto di tutta l’opera, se si prende alla lettera, lo stato delle anime dopo la morte inteso in generale […]. Ma se si considera l’opera sul piano allegorico, il soggetto è l’uomo in quanto, per i meriti e i demeriti acquisiti con il libero arbitrio, ottiene premi o punizioni da parte della giustizia divina».  >> pagina 283  Nel Dante distingueva tra l’allegoria dei poeti, nella quale il livello letterale del discorso è finto, e l’allegoria dei teologi, nella quale il livello letterale è vero. Ora, scrivendo a Cangrande, afferma che il tipo di allegria da applicare alla lettura della sua opera è l’allegoria dei teologi. Allegoria dei poeti e allegoria dei teologi Convivio Sostiene cioè che, nel caso del suo poema, . Dante ci dice così che il viaggio nell’oltretomba che egli racconta nella è stato un viaggio reale, un’esperienza accaduta davvero. Proprio per questo la lettura verso cui ci indirizza Dante è quella figurale e non quella semplicemente allegorica. anche il livello letterale è veritiero Divina Commedia Un altro punto importante della lettera a Cangrande è quello inerente alla finalità dell’opera. Dante afferma di averla scritta con un intento, per così dire, missionario: dalla sua condizione di degenerazione e corruzione morale, per guidarlo verso la salvezza eterna. Lo scopo dell’opera riscattare il genere umano L’architettura dell’aldilà  L’universo secondo Dante   La descrizione della struttura dell’universo sviluppata da Dante riflette le sue conoscenze astronomiche e cosmologiche, fondate sul e sulla tradizione araba. Secondo queste concezioni, la natura divina è condivisa in misura differente dai vari gradi dell’essere: la bontà di Dio si trasmette infatti diversamente alle varie creature, dagli angeli all’anima umana fino agli animali. I diversi gradi di partecipazione alla vita divina sistema aristotelico-tolemaico Tale disuguale diffusione è spiegata attraverso la , che simboleggia, con la maggiore o minore intensità, la maggiore o minore presenza divina: per questo l’Inferno viene descritto da Dante come il luogo della massima oscurità, mentre il Paradiso è visto come il luogo della massima luminosità. metafora della luce Per immaginare e descrivere l’oltretomba Dante prende le mosse dalle   conoscenze astronomiche e cosmologiche   del suo tempo, ossia dalla concezione aristotelico-tolemaica della terra quale centro dell’universo. L’aldilà è descritto da Dante secondo un . L’oltretomba si dispone intorno a che parte dal centro di Gerusalemme e, attraverso la voragine infernale che si apre sotto la città, giunge al centro della Terra. Da qui, prolungato sino all’altro emisfero, diventa l’asse di un tronco di cono, il Purgatorio, un monte che si erge dalle acque dell’emisfero australe, andando a terminare al centro di un piano, il Paradiso terrestre, collocato sulla sommità dello stesso monte del Purgatorio, che è quindi diametralmente opposto a Gerusalemme. Prolungandosi ancora, l’asse ideale sale, di cielo in cielo, sino al centro della rosa dei beati, cioè dell’Empireo. La struttura oltremondana preciso schema architettonico un asse ideale L’ Inferno   ha la forma di un cono che ha la base al centro dell’emisfero settentrionale, sotto la città di Gerusalemme, e il vertice nel centro della terra, dove si trova Lucifero. Alla cavità dell’Inferno corrisponde nell’emisfero meridionale, disabitato e acqueo, la montagna del   Purgatorio , che ha forma di tronco di cono con alla sommità il Paradiso terrestre. Il   Paradiso , la sede dei beati, è l’Empireo, il cielo immobile che avvolge le sfere dell’aria e del fuoco e i nove cieli che ruotano intorno alla Terra. Dalla lettura continuata della il lettore trae un’impressione apparentemente contraddittoria: quella di spirituale e fisico e complesso, e insieme quella di , lineare e quasi elementare . Varietà e coerenza Divina Commedia un mondo infinitamente vario una salda unità È facile rendersi conto di questa simultanea varietà e semplicità se si osserva il mondo fisico rappresentato nel poema. Il lettore scende nel buio ventre della Terra, risale all’aperto su una montagna alta e aperta alla luce, sola nell’oceano sconfinato, penetra infine nella densa e pur non corporea luce del Paradiso. Nella troviamo bufere, fetide piogge, brulicare di serpenti, guizzare di fiamme parlanti, livide paludi, cimiteri, fiumi di sangue, boschi allucinanti, deserti, paesaggi polari, ma anche visioni del vasto cielo stellato, valli fiorite, leggiadre foreste, infinite feste di luci: mille aperture sui più vari orizzonti, nelle comparazioni, nelle rievocazioni dei personaggi e degli eventi. Commedia  >> pagina 284  L’architettura dell’aldilà  >> pagina 285  L’Inferno   La discesa nell’Inferno mette Dante nella condizione di vedere quale sia il destino dei peccatori, che egli incontra suddivisi in , sempre più piccoli: l’Inferno si presenta, infatti, come un , formato dalla Terra stessa per evitare il contatto con , un tempo il più caro a Dio tra gli angeli, il quale, acchiatosi del peccato di superbia, fu scaraventato nel centro del pianeta, dove rimase conficcato all’altezza della vita. nove cerchi concentrici cono rovesciato Lucifero   Testi plus: Guido da Motefeltro; Marco Lombardo; L'antica Firenze di Cacciaguida I cerchi dell’Inferno sono popolati dalle anime dei peccatori, che scontano una pena comminata sulla base della legge del    , per la quale esse subiscono un tormento che – per antitesi o per analogia – richiama il peccato compiuto. Colpe e pene ▶ contrappasso Tuttavia le pene infernali non sono di tipi soltanto , bensì anche : privati della grazia del pentimento, i dannati persistono nelle passioni malvagie che in vita li hanno corrotti e che, eternamente insoddisfatte, diventano a loro volta fonte di rabbia e angoscia. La gravità dei peccati aumenta a mano a mano che ci si avvicina al centro della Terra, e ci si allontana, quindi, dal cielo. materiale morale Le pene che scontano i dannati nei nove cerchi concentrici in cui è suddiviso l’Inferno, sono assegnate in base alla legge del contrappasso, ossia   per antitesi o per analogia   con il peccato commesso. La parola  Il termine – dal latino medievale , composto di (“contro”) e (“soffrire”), participio passato («contrapasso», , XXVIII, 142) – indica la corrispondenza della pena alla colpa, per cui viene inflitto al peccatore un supplizio che ha a che fare, per contrasto o per analogia, con il peccato da lui commesso. Così la punizione riproduce i caratteri essenziali della colpa o alcuni di essi. Contrappasso contrapassum contra pati passus Inferno Un esempio di contrappasso per contrasto è rappresentato dalla pena a cui sono sottoposti gli ignavi ( , III): in vita non hanno saputo scegliere da che parte stare, ora sono costretti a correre dietro a stendardi (simbolo di un partito o di un’idea), tormentati da vespe e mosconi. Contrappasso per analogia è invece quello dei lussuriosi ( , V): come in vita sono stati travolti dalla passione amorosa, adesso vengono sballottati qua e là da una tempesta che non si arresta mai. Inferno Inferno La visita dei gironi infernali colpisce nel profondo Dante, che si trova spesso nella condizione di (cioè del venir meno della coscienza, per esempio attraverso gli ): da una parte perché l’esperienza vissuta dal personaggio è davvero sconvolgente, dall’altra perché l’autore ha talvolta bisogno di una sorta di effetto speciale di tipo narrativo per passare da un cerchio all’altro. Un’esperienza sconvolgente excessus mentis svenimenti Dopo una zona chiamata comunemente dai commentatori “vestibolo” o , dove sono puniti gli (vale a dire i pusillanimi, condannati a correre incessantemente dietro a uno stendardo e a essere martoriati da vespe e mosconi), troviamo il fiume Acheronte, presso le cui sponde si raccolgono tutte le anime dannate che poi il demonio Caronte (il nocchiero infernale) trasporta su una barca da una riva all’altra. La struttura fisico-morale Antinferno ignavi Il è costituito dal , dove si trovano le anime dei bambini morti prima di avere ricevuto il battesimo e di coloro che, virtuosi, vissero prima della venuta di Cristo (eccetto gli antichi del “popolo eletto” che credettero nella venuta del Messia, liberati dal Limbo da Gesù dopo la sua resurrezione con la discesa agli Inferi). Una particolare categoria di abitanti del Limbo è costituita dai grandi dell’antichità (scrittori, filosofi ed eroi), ospitati in un castello sfolgorante di luce: da qui proviene Virgilio, la guida di Dante. La pena del Limbo non è di tipo materiale, ma puramente morale: il desiderio (senza speranza di realizzazione) di vedere Dio. primo cerchio Limbo Dopo il Limbo ha inizio l’Inferno vero e proprio, diviso in due parti. Nella prima (cerchi 2-5), detta , sono puniti i peccati di incontinenza cioè l’incapacità di dominare le passioni (meno gravi); nella seconda (cerchi 6-9), detta , alto Inferno basso Inferno sono puniti i peccati di malizia, cioè di malvagità (più gravi). L’alto e il basso Inferno sono separati dalle mura della città di Dite. Nel  , guardato da Minosse (che esamina e giudica le colpe di tutti i peccatori), sono condannati i  , battuti e travolti da una tremenda bufera. secondo cerchio lussuriosi Nel  , sotto una lurida pioggia mista di acqua e fango, sono puniti i  , sorvegliati e straziati da Cerbero, mostro dalle tre teste. terzo cerchio golosi Nel  , guardato da Plutone (il dio pagano della ricchezza, qui un demone), stanno gli   e i  , costretti a spingere con il petto enormi massi e a insultarsi continuamente a vicenda. quarto cerchio avari prodighi Il   è costituito dalla palude Stigia, dove gli   e gli  , immersi nel fango, si straziano crudelmente tra di loro, gorgogliando parole di dolore che fanno ribollire l’acqua in superficie. Il traghettatore Flegias vigila dall’alto della sua navicella. quinto cerchio iracondi accidiosi Nel   (e siamo così nel basso Inferno), dentro le mura della città di Dite sorvegliate dalle Furie, sono puniti gli  , posti in tombe infuocate. sesto cerchio eretici Nel  , guardati dal Minotauro, stanno i  , distribuiti in tre gironi: 1) violenti contro il prossimo e le sue sostanze (tiranni, omicidi, predoni), immersi nel sangue bollente del Flegetonte e colpiti con saette dai centauri; 2) violenti contro sé stessi e le proprie sostanze (suicidi e scialacquatori), i primi trasformati nelle piante di una selva, i secondi costretti a correre attraverso di essa inseguiti da cagne fameliche; 3) violenti contro Dio (bestemmiatori), natura (sodomiti) e arte (usurai), condannati a un deserto su cui si riversa una pioggia di fuoco. settimo cerchio violenti Nell’  (Malebolge), diviso in dieci bolge, con a guardia il mostro Gerione, simbolo dell’inganno, sono condannate dieci specie di  : 1) ruffiani e seduttori: sferzati da demoni; 2) adulatori: tuffati nel letame; 3) simoniaci (coloro che hanno fatto commercio delle cose sacre): conficcati a terra con la testa all’ingiù e con le piante dei piedi bruciate da fiamme; 4) indovini: con il volto girato dalla parte della schiena; 5) barattieri (coloro che si sono arricchiti illecitamente in virtù degli incarichi pubblici ricoperti): immersi nella pece bollente e uncinati da diavoli; 6) ipocriti: gravati da pesantissime cappe di piombo dorate e costretti a camminare lentissimamente; 7) ladri: continuamente trasformati in serpenti e altri esseri mostruosi; 8) consiglieri fraudolenti: avvolti da fiamme; 9) seminatori di scandali e scismi: straziati da un demonio a colpi di spada; 10) falsari: lebbrosi, rabbiosi, idropici (malati di idropisia), febbricitanti. ottavo cerchio fraudolenti Nel   e ultimo  , formato da un lago (il Cocito) ghiacciato dal vento freddo prodotto dall’agitarsi delle ali di Lucifero, sono puniti i  , divisi in quattro zone concentriche che prendono il nome da personaggi dell’antichità tristemente famosi: 1) Caina (da Caino, assassino del fratello Abele): traditori dei parenti; 2) Antenora (da Antenore, l’eroe troiano che, secondo una leggenda medievale, avrebbe consegnato ai greci il Palladio, la statua di Atena che garantiva protezione alla città): traditori della patria; 3) Tolomea (da Tolomeo di Gerico, personaggio biblico che uccise alcuni parenti durane un banchetto; secondo altri, da Tolomeo re d’Egitto, che fece assassinare Pompeo, rifugiatosi presso di lui per sfuggire a Cesare): traditori degli ospiti; 4) Giudecca (da Giuda, il traditore di Cristo): traditori dei benefattori. nono cerchio traditori Confitto al centro è  , con tre facce; ognuna delle sue orribili bocche stritola e maciulla con i denti un traditore: Giuda (traditore di Cristo), Bruto e Cassio (traditori di Cesare, simbolo dell’autorità imperiale). Lucifero Rappresentazione di Lucifero nella , manoscritto del XIV sec. Milano, Biblio­te­ca Trivulziana. Divina Commedia  >> pagina 287  Il Purgatorio   Dopo la visione terribile di Lucifero, Dante e Virgilio passano attraverso il centro della Terra per approdare alla base della montagna del Purgatorio, formata dall’accumulo della terra ritiratasi per evitare il contatto con Lucifero; sulla vetta, piatta, è la sede dell’Eden (o Paradiso terrestre). L’isola è sorvegliata da : Dante lo assume, sebbene suicida, quale simbolo della libertà interiore (perché ha preferito la morte al vivere in uno Stato privo di libertà), che rimanda alla libertà dal peccato, obiettivo perseguito dalle anime purganti. Anche nel Purgatorio le anime espiano le loro colpe sulla base della legge del contrappasso, mediante atti di penitenza opposti ai peccati commessi. Un regno dalle caratteristiche umane Catone l’Uticense Le anime passano in tutte le cornici (disposte, specularmente all’Inferno, dal peccato più grave al meno grave), ma si soffermano solo in quelle in cui devono compiuti in vita. Tutte quante gioiscono ogniqualvolta una di loro è pronta a salire in Paradiso: tale evento è segnalato da una sorta di terremoto che scuote la montagna del Purgatorio. scontare i peccati Il Purgatorio, unico dei tre regni, ha caratteristiche “umane”: vi scorre il , vi è delle esperienze, vi sono realistici. Qui, in almeno due occasioni, Dante partecipa in modo molto sentito alle pene scontate dalle anime purganti, camminando e pregando con loro: nella cornice dei superbi e in quella dei lussuriosi, rispettivamente la prima e l’ultima, quasi a voler sottolineare la chiara consapevolezza della propria fragilità umana. tempo condivisione paesaggi L’isola-montagna del Purgatorio è costituita di un antipurgatorio, di   sette cornici   sempre più piccole verso la sommità (dove le anime espiano le loro colpe, dalla più grave alla meno grave, sempre secondo la legge del contrappasso) e del   Paradiso terrestre . Dopo che i due hanno visitato le sette cornici in cui è suddivisa la montagna, Virgilio deve lasciare Dante perché, non avendo ricevuto il battesimo, non può salire oltre. finalmente , che lo condurrà in Paradiso, non prima però che egli abbia compiuto un rito di purificazione che si svolge nel Paradiso terrestre, una tappa comune a tutte le anime pronte alla salita in Cielo. Da Virgilio a Beatrice Sulla sommità del monte il poeta incontra Beatrice Le del Purgatorio, a ciascuna delle quali è preposto un angelo che rappresenta la virtù opposta al peccato punito, sono precedute da un Antipurgatorio e sovrastate dal Paradiso terrestre. La struttura fisico-morale sette cornici Nell’ sono relegati quattro gruppi di peccatori negligenti a pentirsi, cioè riconciliatisi con Dio soltanto negli ultimi momenti della loro vita: i morti scomunicati, i pigri, i morti di morte violenta, i principi negligenti. Essi rimangono nell’Antipurgatorio tanti anni quanti hanno vissuto, tranne i morti scomunicati, che vi debbono rimanere trenta volte gli anni in cui hanno vissuto sotto scomunica. Antipurgatorio Le sette cornici possono essere raggruppate in specifici relativi alle caratteristiche (origine e qualità) delle colpe che vi si espiano: peccati commessi rispettivamente per amore rivolto al male (cornici 1-3), scarso amore del bene (cornice 4), smodato amore dei beni terreni (cornici 5-7). tre gruppi Nella , tutta istoriata sulle pareti e sul pavimento con esempi di umiltà premiata e di superbia punita, espiano la loro colpa i , costretti a camminare ricurvi sotto pesanti macigni. Vi si trova l’Angelo dell’umiltà. prima cornice superbi Nella sono puniti gli , addossati gli uni agli altri, ricoperti di un vile cilicio e con le palpebre cucite con filo di ferro. In alto risuonano voci misteriose di amore e di carità verso il prossimo e si ricordano esempi di invidia punita. Vi si trova l’Angelo della misericordia. seconda cornice invidiosi Nella , in cui appaiono visioni di mansuetudine e di ira punita, espiano la loro colpa gli , costretti ad aggirarsi in mezzo a un fumo denso che li acceca e li affanna. Vi si trova l’Angelo della pace. terza cornice iracondi Nella   quarta cornice   sono gli   accidiosi , cioè coloro i quali ebbero scarso amore verso le cose divine, che corrono incessantemente e ascoltano esempi di sollecitudine e di accidia punita, recitati da alcuni di loro. Vi si trova l’Angelo della sollecitudine. Nella   troviamo gli   e i  , che giacciono bocconi con mani e piedi legati, ascoltando esempi di liberalità e di avarizia punita, gridati da alcuni di loro. Vi si trova l’Angelo della giustizia. quinta cornice avari prodighi Nella   stanno i  , pallidi, magrissimi, tormentati da lungo digiuno. Da due alberi carichi di frutti profumati escono voci che gridano in un caso esempi di astinenza, nell’altro di intemperanza. Vi si trova l’Angelo della temperanza. sesta cornice golosi Nella  , l’ultima, in mezzo a fiamme ardenti, proclamano esempi di castità i  . Vi si trova l’Angelo della castità. settima cornice lussuriosi Dalla settima cornice si passa al  , una selva verdeggiante e fiorita, luogo di ogni delizia, attraversato da due limpidi fiumi, il Lete e l’Eunoè, dove si immergono e bevono le anime, dopo aver espiato le loro colpe, prima di salire al Paradiso celeste. Il Lete cancella il ricordo del male, l’Eunoè ravviva quello del bene. Paradiso terestre  >> pagina 288  Il Paradiso   Di tutt’altro tenore è l’esperienza vissuta da Dante in Paradiso, dove una luce progressivamente più forte lo accompagna, con la guida di Beatrice, a una finale e rapidissima visione di Dio, che l’autore confesserà di non avere gli strumenti per descrivere in modo adeguato. È proprio la potenza dello sguardo di Beatrice a consentirgli di essere trasportato di cielo in cielo sino all’ : il cielo incorporeo, immobile, infinito, sede del Paradiso celeste. Empireo Gli altri cieli, tra loro concentrici, sono invece corporei, mobili e finiti; tanto più velocemente quanto più sono vicini all’Empireo e quindi a Dio. A ciascun cielo è preposto un coro angelico. I nove cieli concentrici girano su sé stessi Le anime dei beati si mostrano a Dante nei diversi cieli dove egli di volta in volta si trova (ciascuna nel cielo che rappresenta la sua specifica e peculiare virtù morale), ma hanno tutte la loro sede nell’Empireo. Esse appaiono sempre in forma di luci, tanto più splendenti quanto più si avvicinano a Dio. Il Paradiso è costituito di   nove cieli concentrici   che ruotano intorno alla terra a velocità crescente man mano che si avvicinano all’ Empireo , il cielo immobile e infinito, sede delle anime beate. L’atmosfera del Paradiso – , nel quale, come nell’Inferno, è assente lo scorrere del tempo – è molto più rarefatta e astratta; assai meno numerose sono le anime incontrate da Dante; più complessi, sia linguisticamente sia per quanto riguarda i contenuti, i dialoghi con i beati; più lunga e meditata la sosta nei vari cieli. Un’atmosfera rarefatta regno eterno La salita attraverso i cieli avviene senza che il poeta-pellegrino ne abbia alcuna percezione fisica, sebbene egli compia tutto il viaggio con il suo corpo mortale, particolare costantemente ricordato ai lettori. Nel , quello della Luna (mosso dalla gerarchia celeste degli angeli), appaiono, sotto forma di immagini riflesse, le anime di coloro che vennero meno involontariamente ai voti religiosi. La struttura fisico-morale primo cielo Nel , quello di Mercurio (mosso dalla gerarchia angelica degli arcangeli), si mostrano gli spiriti di coloro che operarono virtuosamente per amore di fama e di onore nel mondo. secondo cielo Nel , quello di Venere (mosso dalla gerarchia angelica dei principati), si trovano le luci degli spiriti amanti. terzo cielo Nel , quello del Sole (mosso dalla gerarchia angelica delle podestà), emettono il loro splendore gli spiriti sapienti (dottori in filosofia e in teologia). quarto cielo Nel   quinto cielo , quello di Marte (mosso dalla gerarchia angelica delle virtù), fiammeggiano gli spiriti dei guerrieri che combatterono per la fede in Cristo. Nel  , quello di Giove (mosso dalla gerarchia angelica delle dominazioni), sprigionano la loro luminosità gli spiriti giusti, che, per parlare a Dante, si dispongono in forma di aquila (simbolo della giustizia e dell’Impero). sesto cielo Nel  , quello di Saturno (mosso dalla gerarchia dei troni), appaiono, disposte lungo una scala altissima di cui non si vede la fine, le luci degli spiriti contemplanti. settimo cielo Nell’ , quello delle stelle fisse (mosso dalla gerarchia angelica dei cherubini), Dante contempla il trionfo di Cristo e di Maria. Da san Pietro, san Giacomo e san Giovanni Evangelista viene esaminato sulle virtù teologali. ottavo cielo Nel  , detto cristallino o Primo Mobile (mosso dalla gerarchia angelica dei serafini), il poeta vede i nove cori angelici che ruotano con rapidità e splendore intorno a un punto luminosissimo che è Dio. nono cielo Nell’ , dove può abbracciare con lo sguardo tutto il Paradiso «in forma […] di candida rosa», Dante ha finalmente la visione suprema di Dio e del mistero della Trinità. Empireo  >> pagina 289  Le simmetrie e la numerologia   Quando si percorre la dall’inizio alla fine, ci si rende conto della straordinaria e complessa coerenza del suo organismo compositivo. Divina Commedia Dante ha immaginato un mondo ultraterreno ordinato e coerente, in cui tutte le parti si rispondono a vicenda: tale armonia è lo specchio di quell’ordine cosmico di cui Dio stesso è garante. I rimandi tra le cantiche Quest’ordine intrinseco alla creazione divina è reso da Dante, sul piano letterario, attraverso una serie di , spesso giocati sulla simmetria. Per esempio il Purgatorio rappresenta un simmetrico rovesciamento dell’Inferno: la forma (conica) e le dimensioni sono le stesse; entrambi presentano una selva (la «selva oscura» dell’inizio dell’ e il Paradiso terrestre alla sommità del Purgatorio). artifici narrativi Inferno Anche nella struttura della esistono precisi rimandi tra l’ e il : in entrambe le cantiche i primi personaggi con cui Dante parla sono donne, Francesca nell’ e Piccarda Donati nel . Commedia Inferno Paradiso Inferno Paradiso Altri legami ancora uniscono le tre cantiche: , e si concludono con la parola «stelle»; tutti i canti sesti sono dedicati a tematiche politiche, in base a un progressivo allargarsi della visuale (nel canto VI dell’ si parla di Firenze, nel VI del dell’Italia e nel VI del dell’Impero). Inferno Purgatorio Paradiso Inferno Purgatorio Paradiso La complessità e la varietà di personaggi, ambienti, situazioni e linguaggi della   Divina Commedia   è contenuta, e si potrebbe dire ordinata, dentro un   organismo compositivo rigido e coerente , fatto di simmetrie e corrispondenze interne, regolato dalla ricorrenza di   numeri simbolici : l’1, il 3, il 9, il 10. È importante notare anche la fitta simbologia numerologica. : sono i numeri di Dio, che in base alla teologia cristiana è uno e trino. Altri numeri significativi sono il 9 e il 10: 9 è 3 al quadrato; 10 è 9+1 (cioè la completezza). I numeri come simboli I numeri fondamentali del poema sono l’1 e il 3 Tali numeri vengono chiaramente ripresi nella struttura dell’opera: come abbiamo visto, il metro è la terzina (una strofa di 3 versi); le cantiche sono 3; i canti di ogni cantica 33, più uno di introduzione generale al poema (così 100 sono i canti in totale: 10 al quadrato). Anche sul piano della costruzione fisico-morale dei 3 regni torna la stessa numerologia. Ogni regno è infatti suddiviso in 10 zone: nell’Inferno abbiamo l’Antinferno più 9 cerchi; nel Purgatorio le 3 zone dell’Antipurgatorio (poiché la prima delle 4 zone dell’Antipurgatorio è in realtà una spiaggia ai piedi del monte) più le 7 cornici (7, peraltro, sono i peccati capitali e le virtù, 4 cardinali e 3 teologali); nel Paradiso 9 cieli più l’Empireo.