I temi in sintesi Un ritratto nuovo Machiavelli non è certo il primo a proporsi l’obiettivo di ragionare sulle qualità necessarie al principe per raggiungere e consolidare il potere. Nel , infatti, assai fiorente era stata la trattatistica sulle caratteristiche del perfetto principe. Si trattava di opere finalizzate a creare un modello ideale, ispirato chiaramente all’ : il perfetto principe era colui che sapeva tradurre nello svolgimento delle proprie mansioni le virtù più nobili della morale religiosa. Il principe ideale nel Medioevo e nell’Umanesimo Medioevo etica cristiana Anche nell’ il fine della trattatistica politica era stato quello di elencare le virtù necessarie alla realizzazione del buon governo. Non erano più virtù basate sulla teologia, ma sulla , insegnata dalle fonti classiche: il sovrano esemplare doveva essere dotato di sensibilità e cultura, lealtà e moderazione, secondo il prototipo del saggio antico. Umanesimo morale laica Nel Medioevo , il sovrano ideale doveva saper agire nel pieno rispetto della morale cristiana . Nell’ , il principe perfetto doveva possedere le virtù fondate sulla : sensibilità, cultura, lealtà e moderazione, come indicato dalle fonti classiche. Umanesimo morale laica La distanza di Machiavelli e della sua opera da tale impostazione moralistica è nettissima. Egli non si propone più di offrire una sintesi di valori etici: a suo giudizio, e del potere, per mantenere i quali in certi casi sono necessari comportamenti che il buon senso comune, la morale religiosa ma anche quella laica giudicano intollerabili e spregevoli. di Machiavelli, poiché essi non sono sufficienti per rappresentare fedelmente, cioè senza intenti idealizzanti, la verità spesso brutale della lotta politica. La novità del Principe la morale non deve interferire con l’efficace gestione dello Stato I concetti di bene e male non rientrano più nella riflessione Sulla base di questa impostazione, il profilo delle qualità del principe risulta spregiudicato e scandaloso. La gerarchia dei comportamenti essenziali per il principe «virtuoso» non contempla più sentimenti e costumi morali: , cioè l’interesse dei sudditi e dello Stato, da realizzare con qualsiasi mezzo, anche il più crudele, se le circostanze lo richiedono. La «saviezza» del principe non è più legata quindi alla lealtà e alla rettitudine, ma alla capacità di simulare e dissimulare, di alternare il bene e il male, il positivo e il negativo. ciò che conta è soltanto il successo dell’azione L’originalità del Principe sta nel sostenere che l’azione politica deve prescindere dalle leggi della morale: per governare con efficacia, i concetti di bene e male sono inutili. Il sovrano deve pensare all’ : se necessario, deve ricorrere anche ai mezzi più crudeli. Il principe non deve essere leale, ma abile nell’uso della forza e dell’inganno. interesse dei sudditi e dello Stato In politica l’unica antitesi sensata, secondo Machiavelli, è quella che oppone alla violenza fine a sé stessa (e pertanto controproducente) il comando razionale della forza, che va perseguito e realizzato con inflessibilità, anche quando esso obbliga a compiere azioni a cui la coscienza morale assegna un valore negativo. E tuttavia ciò può anche non essere sufficiente a raggiungere lo scopo prefissato: l’uomo di Stato infatti è costantemente chiamato a fare i conti con il , muovendosi all’interno di un campo in cui si annidano forze e circostanze che solo in parte possono essere sondate e gestite dalla ragione. In altre parole, resta sempre un momento che sfugge al dominio dell’uomo, che è perciò costretto a fronteggiare fattori capricciosi e incostanti indipendenti dalla sua volontà. Machiavelli chiama « » questo momento non distintamente calcolabile e prevedibile. Essa può vanificare ogni cosa, ergendosi come arbitro della metà delle vicende umane: l’unica arma che l’individuo può opporvi è la « », lo strumento che consente di valutare le situazioni e progettarne i rimedi con coraggio e tempestività, allestendo tutti i « » e gli « » necessari per attenuare, se non evitare, le avversità. «Virtù» e «fortuna» risvolto oscuro e imprevedibile degli eventi fortuna virtù ripari argini In politica, Machiavelli distingue la violenza fine a sé stessa dall’uso razionale ma inflessibile della forza. Ma la volontà del principe può essere resa inutile dalla «fortuna», un elemento imprevedibile e capriccioso che controlla la metà delle vicende umane. L’unico rimedio è la «virtù», che permette di valutare le situazioni e arginare tempestivamente le avversità . >> pagina 855 Un metodo rivoluzionario Il cardine centrale del pensiero di Machiavelli è rappresentato dal . La sua è interamente e i processi utili a comprendere la verità dei fatti devono essere aderenti a ragioni terrene e concrete, mentre le valutazioni di ordine religioso e morale non fanno altro che offuscare o mistificare la realtà, alterandola con princìpi astratti. realismo visione dello Stato laica L’unica realtà riconosciuta come utile per analizzare l’azione politica è l’esperienza, perché ogni costruzione teorica deve partire dall’ . Con questo approccio alla conoscenza, Machiavelli applica alle scienze umane lo stesso metodo di indagine che sarà sperimentato nel Seicento da Galileo nell’ambito delle scienze naturali. La conoscenza dei casi singoli, ricavati dalla Storia e dalla realtà contemporanea, permette, grazie al , di desumere una norma valida sempre. Dal particolare, insomma, all’universale, dal fatto concreto al principio generale: il procedimento sperimentato da Machiavelli poggia sulla ricerca di fatti ed esperienze che pur nella loro specificità si rivelino capaci di fissare regole costanti e immutabili nella Storia, nella politica e nella condotta individuale. Metodo induttivo o deduttivo? osservazione dei dati concreti metodo induttivo Va detto però che alcuni studiosi recentemente hanno individuato nel metodo logico di Machiavelli un , che trae origine da un assunto generale per trovarvi conferma nel particolare. Secondo questa interpretazione, l’enunciato di carattere universale è preesistente e l’autore si incarica di suffragarlo con gli esempi, che ne confermino la fondatezza. procedere deduttivo Per Machiavelli, ogni teoria deve derivare dall’esame dei dati concreti. Egli applica il : dall’analisi di un fatto reale ricava una norma che è valida sempre. metodo induttivo Secondo alcuni studiosi, però, l’autore usa il , cioè parte da un principio generale e ricerca esempi che ne dimostrino la fondatezza. metodo deduttivo Al di là delle divergenti interpretazioni critiche, resta fondamentale il fatto che l’obiettivo di Machiavelli sia seguire la « »: fare cioè della realtà, senza sovrastrutture etiche o religiose, l’unico dato a cui attenersi. La «verità effettuale della cosa» e l’autonomia della politica verità effettuale della cosa Questo approccio realistico e pragmatico, che cogliamo in tutte le sue opere, fa della politica un territorio a sé, , laica o cristiana che sia. Proprio perché autonoma, la politica è una scienza con leggi specifiche e con necessità che richiedono talvolta la violazione delle norme etiche precostituite. non più condizionato dalla morale Il pensiero di Machiavelli è impostato sul realismo : lo scopo è seguire la «verità effettuale della cosa». La politica è una regolata da leggi autonome dalle valutazioni religiose e morali, che falsificano la realtà. scienza Machiavelli si rende conto della scandalosa provocatorietà del suo metodo; sa di infrangere convenzioni radicate, ipocrisie millenarie e falsi moralismi. Per questo precisa che per il principe «operare contro la fede, contro la carità, contro l’umanità, contro la religione» è doveroso solo se «costretto» ( T9, p. 879). In altre parole, è la necessità (cioè il mantenimento dello Stato) a determinare la condotta dell’uomo di potere e a richiedere, a seconda delle circostanze, l’adozione di questo o quel comportamento. Sarebbe auspicabile, ribadisce Machiavelli, che il principe si comportasse come richiedono i cardini della morale ma talvolta è necessario che non lo faccia. In politica, infatti, : e utile può essere anche la crudeltà, quando sia funzionale al bene comune e al consolidamento del potere. Il criterio dell’utile ▶ è bene quel che è utile Machiavelli sa che il suo metodo sfida il pensiero tradizionale, perciò specifica che il principe deve violare la morale solo se non ha altra scelta per conservare lo Stato. In politica, : anche la crudeltà può essere utile, se è necessaria per difendere il bene comune. il bene corrisponde all’utile Il carattere concreto della riflessione machiavelliana Il pensiero di Machiavelli non procede in modo astratto né si struttura secondo uno schema sistematico, come nella trattatistica politica del tempo. Il suo scopo infatti non è delineare una figura ideale di principe né i tratti di un governo valido in assoluto. Sotto l’apparenza fredda e scientifica della sua trattazione, si agita il di chi vuole incidere nella propria epoca, al tempo stesso elaborando una teoria della politica fondata su leggi applicabili di volta in volta alle differenti situazioni concrete nelle quali il politico può trovarsi. tono appassionato >> pagina 856 Machiavelli ha piena consapevolezza della crisi dell’epoca e della decadenza italiana. Dalla sua diretta esperienza politica e diplomatica, capisce che la condizione degli Stati della penisola, esposti all’arbitrio e alle , può essere riabilitata solo se le sottili dispute morali e le sagge dissertazioni diplomatiche sono supportate dalla consapevolezza che la politica rappresenta un campo di battaglia dove si vince solo se si è forti e astuti. La coscienza machiavelliana della crisi italiana invasioni straniere Per Machiavelli, gli Stati italiani possono liberarsi dal dominio straniero soltanto rendendosi conto che in politica vince solo chi è forte e astuto . Allo stesso tempo, Machiavelli può giovarsi della propria posizione all’interno della turbinosa vita politica fiorentina: appartenente alla vecchia classe dirigente comunale, egli non aveva mai aderito a una precisa fazione politica. Critico dell’estremismo del governo democratico di Savonarola, non era stato un sostenitore né della vecchia repubblica aristocratica né tanto meno del principato mediceo. Aveva partecipato alla lotta politica nella sua città come , come militante schierato a favore di un’ideologia precostituita, come un funzionario, un segretario della Cancelleria, un . L’impegno politico di Machiavelli: un osservatorio privilegiato non uomo di parte ma tecnico al servizio dello Stato Ciò spiega perché, alla caduta della repubblica, egli non abbandoni l’idea di collaborare e prestare il proprio contributo, mettendo a disposizione competenze e capacità per il bene dello Stato, anche se questo è retto da referenti da lui non amati come sono i Medici. Quest’idea della nasce dal presupposto che occuparsi dello Stato sia un da svolgere con dedizione per il , tanto più quando i conflitti interni ed esterni rendono confuso e drammaticamente incerto il contesto politico. politica come professione servizio bene della collettività Nell’ambito della turbinosa vita politica fiorentina, Machiavelli non si era mai schierato con una precisa fazione, ma era stato un funzionario al servizio dello Stato . Ecco perché, dopo la caduta della repubblica, egli vuole rimettere a disposizione di Firenze le sue competenze e capacità: per Machiavelli la politica è una da svolgere per il , specialmente in un’epoca di grande crisi. professione bene collettivo In poco più di quarant’anni, Firenze e Machiavelli vedono alternarsi il governo popolare di Savonarola (1494-1498), la repubblica oligarchica (1498-1512), il ritorno dei Medici (1512-1527) e un’altra instabile restaurazione repubblicana (nel 1527: tre anni dopo, i Medici torneranno ancora al potere). Tuttavia, questo periodo di crisi non distoglie Machiavelli dal coltivare la che sia ancora viva una tradizione di civiltà e libertà. La violenza polemica con cui si scaglia contro le divisioni dell’Italia e l’inettitudine dei suoi governanti non gli suggerisce infatti di rinunciare all’ e di relegare i propri interessi alla sfera del privato. Al contrario, analizzando la realtà concreta della situazione italiana, egli si impegna nell’appassionata ricerca di una via d’uscita: una soluzione grazie alla quale far rivivere il patrimonio intellettuale e politico della propria civiltà. La ricerca di una soluzione fiducia impegno civile Tra il 1494 e il 1530, a Firenze si alternano il governo democratico di Savonarola, la repubblica e il principato mediceo. Nonostante il caos politico, Machiavelli non perde la fiducia nell’impegno civile e analizza la realtà italiana per trovare una soluzione contro la decadenza . Questa soluzione, l’unica praticabile in quanto favorita dalle circostanze, è contenuta nell’ultimo capitolo del , nel quale Machiavelli esorta i Medici a prendere le armi e a mettersi alla guida di un per cacciare gli stranieri dall’Italia ( T11, p. 888). Realismo e illusione Principe fronte unitario composto dai principi italiani ▶ Gli storici hanno sottolineato l’illusorietà di questo progetto, viste le condizioni politiche in cui esso veniva espresso. Tuttavia, proprio auspicando un tale scenario il pensatore fiorentino conferma la natura militante e profondamente coinvolta della sua indagine. A Machiavelli non bastava fornire a un aspirante principe la scienza e gli strumenti del potere: la sua opera doveva invece proporsi come un , indicando uno scopo da realizzare, per quanto lontano esso potesse essere. Per questo, non è il risultato delle riflessioni di uno specialista della politica ma l’espressione del , nel momento in cui essa vive uno tra i momenti più rovinosi della sua storia. Proprio questa tragica condizione può però rappresentare l’«occasione» tanto attesa, il momento del riscatto grazie all’azione forte e determinata di un «principe nuovo». manifesto operativo Il Principe desiderio di contribuire a trasformare l’Italia L’ultimo capitolo del Principe incita i Medici a guidare i sovrani italiani in una guerra per liberare la penisola dagli invasori stranieri. L’autore non si limita dunque a illustrare la scienza e gli strumenti del buon governante: la sua opera indica un da realizzare, anche se si rivelerà illusorio. esprime il desiderio di Machiavelli di contribuire alla traformazione dell’Italia, cogliendo proprio nella rovina attuale l’opportunità di riscatto. progetto concreto Il Principe