L epoca e le idee in sintesi La lingua La codificazione del volgare Alcuni letterati si oppongono alla regolarizzazione della lingua letteraria voluta da Pietro Bembo: questi autori mescolano latino e volgare nel linguaggio maccheronico e usano anche il dialetto, all insegna della sperimentazione e del pluringuismo. Si afferma il regolismo : ogni aspetto della lingua letteraria deve essere regolamentato con precisione e senza eccezioni. L autorevole filologo e grammatico Leonardo Salviati conferma la tesi di Bembo e indica come modello il fiorentino del Trecento, perché quello contemporaneo avrebbe perso la sua purezza. Salviati è uno dei fondatori dell Accademia della Crusca e si batte perché il fiorentino trecentesco non venga alterato: attacca Torquato Tasso per le scelte linguistiche compiute nella Gerusalemme liberata, e considera invece esemplari i versi di Ludovico Ariosto. Tra norma e trasgressione Come abbiamo visto, il successo delle Prose della volgar lingua ha conferito a Pietro Bembo il ruolo di grande regolarizzatore della lingua letteraria italiana. La sua tesi arcaizzante, fondata sul modello di Petrarca e Boccaccio, ha prevalso su tutte le altre, anche se non mancano in tutto il corso del Cinquecento letterati che con le loro opere si mostrano estranei o ostili al suo classicismo restrittivo. La sperimentazione e il plurilinguismo affiorano nella mescolanza del latino e del volgare tipica del linguaggio maccheronico e in molte commedie che danno voce a personaggi e ambienti sociali e culturali diversi, senza trascurare sorprendenti incursioni nel dialetto (così avviene, per esempio, nelle opere teatrali di Pietro Aretino, di Giordano Bruno o di autori minori come il napoletano Giambattista Della Porta). Un regolismo dilagante Tuttavia il carattere normativo della cultura controriformistica accentua ulteriormente il desiderio di uniformare caratteri e stili dell espressione letteraria. Si parla, a questo proposito, di un vero e proprio regolismo : ogni aspetto della lingua deve essere soggetto a una codificazione precisa e priva di eccezioni. Significativo, per esempio, è il dibattito sorto sull uso dell articolo: davanti a consonante è opportuno usare la forma il o quella lo ? A far prevalere la prima ipotesi è il più influente filologo e grammatico dell epoca, il fiorentino Leonardo Salviati (1540-1589), il quale riprendendo gli spunti di Bembo in un opera dal titolo Avvertimenti della lingua sopra il Decamerone, indica nel Trecento il «buon secolo al quale rifarsi per contrastare la corruzione del fiorentino contemporaneo, troppo incline ad accogliere latinismi e forestierismi. Il modello ariostesco Lo stesso Salviati, non a caso tra i fondatori e tra i massimi promotori dell Accademia della Crusca (1582), si segnala per la sua battaglia senza quartiere contro ogni tentativo di compromettere la purezza del fiorentino: per esempio, ha una grande risonanza la sua polemica contro la Gerusalemme liberata e il suo autore, Torquato Tasso, accusato di aver adoperato forme difficili, costrutti innaturali, espressioni astruse, insomma di scrivere male. I fiorentinisti preferiscono di gran lunga i versi di Ariosto, che si aggiunge così a Petrarca e Boccaccio come grande modello linguistico da imitare. Pala di Leonardo Salviati, detto l Infarinato , fine XVI sec. Firenze, Accademia della Crusca. 957