La vita in sintesi La biografia di William Shakespeare è assai lacunosa: le poche testimonianze certe parlano quasi esclusivamente di un suo legame intenso con i teatri di Londra. Sappiamo che nasce a nel . Suo padre, John, ha abbandonato il mestiere contadino della famiglia d’origine per cercare migliore fortuna come guantaio e commerciante di lana. La madre, Mary Arden, è di condizione sociale più agiata, essendo figlia di un possidente di campagna. Le origini familiari e i primi studi Stratford-upon-Avon 1564 Il giovane Shakespeare studia alla di Stratford, dove si insegnano grammatica e retorica latine. grammar school Sulla vita di Shakespeare abbiamo  scarse notizie . Nasce nel 1564 a Stratford-upon-Avon, da una famiglia di  origini modeste . Nella biografia di Shakespeare adolescente vi è, tra il 1576 e il 1582, un periodo oscuro, corrispondente a una fase di . Lo ritroviamo nel 1582, fidanzato con Anne Hathaway, figlia di contadini benestanti, che sposa lo stesso anno. Al momento del matrimonio la donna è incinta di tre mesi; la bambina, che nasce l’anno seguente, è chiamata Susannah. Anne darà alla luce anche due gemelli, Hamnet (l’unico figlio maschio della coppia, che morirà appena undicenne) e Judith. L’adolescenza e il matrimonio difficoltà economica del padre Nel 1582 sposa   Anne Hathaway , con cui avrà   tre figli : Susannah, e i gemelli Hamnet e Judith. Nel 1588 o 1589, Shakespeare lascia Stratford per stabilirsi a Londra, dove intraprende con fortuna la professione di , ma moglie e figli non lo seguono. Nel 1592 è già un artista affermato, non solo come attore, ma anche come . All’epoca – come oggi, del resto – le due professioni sono per lo più separate; egli le unisce in sé, procurandosi, insieme ai lauti guadagni che gli consentono un’agiatezza sempre più notevole, anche ostilità e invidie. Londra e il teatro attore autore di opere teatrali In questo periodo si lega anche agli – la regina Elisabetta è amante del teatro e spesso ospita spettacoli a palazzo –, ottenendo la protezione necessaria alla sopravvivenza della sua arte, accusata di immoralità dai puritani. ambienti della corte Si trasferisce senza la famiglia a Londra , dove si afferma come attore e autore di testi teatrali. Grazie al successo ottenuto si inserisce negli ambienti della corte della regina   Elisabetta I , amante del teatro. Nel 1603, alla morte di Elisabetta, sale al trono : il nuovo sovrano autorizza la compagnia di Shakespeare a fregiarsi del titolo di (“Uomini del re”). Per diversi anni la troupe di Shakespeare occupa il palcoscenico del , per poi eleggere il teatro coperto di a sede degli spettacoli invernali. Gli ultimi anni Giacomo I Stuart King’s Men Globe Theatre Blackfriars Divenuto ricchissimo, nel Shakespeare , in una grande casa che ha acquistato e fatto restaurare, dove può godere della quiete della campagna nativa, cui anela ormai con la stessa intensità con cui un giorno aveva desiderato lasciarla. Qui vive fino alla morte, avvenuta – secondo l’unica fonte documentaria in nostro possesso, l’iscrizione sul suo monumento funebre – il 23 aprile . 1611 si ritira a Stratford 1616 Nel 1603 ottiene la protezione anche del successore di Elisabetta, Giacomo I Stuart. La sua compagnia teatrale recita al   Globe Theatre   e, nei mesi invernali, nel teatro di Blackfriars. Shakespeare trascorre gli ultimi anni, ormai  , a Stratford, dove muore nel 1616. ricco e famoso Le opere  La situazione testuale   Sulla gran parte della produzione di Shakespeare . In molti casi gli studiosi sono cauti riguardo al numero delle opere, alle datazioni e alle fonti dei singoli lavori. Complessa è anche l’analisi dello stile, essendo i testi che leggiamo oggi il risultato di un confronto sistematico fra le varianti delle edizioni contemporanee – i cosiddetti    , limitati a drammi singoli – e di quelle che si sono succedute nel corso del tempo, raccolte in volumi    ed edizioni critiche. Una delle fonti più importanti per la datazione dei drammi di Shakespeare è il  L’incertezza di date e attribuzioni non esistono dati certi ▶ in quarto ▶ in folio cosiddetto   First Folio , pubblicato sette anni dopo la sua morte, nel   1623 , e curato da due attori suoi colleghi, John Heminge e Henry Condell: la loro suddivisione delle opere in tragedie, commedie e drammi storici è tuttora valida. Il numero e la cronologia delle sue opere sono incerti. Il primo catalogo,   First Folio , risale al 1623 e suddivide la sua produzione in   tragedie ,   commedie   e   drammi storici . La parola   In quarto   e   in folio In bibliologia si dice   in quarto   il formato di volume più in uso nel Quattrocento, composto da fogli di stampa piegati due volte per ottenere 8 pagine (che corrispondono, nel linguaggio tipografico, a una segnatura a ottavo). Attualmente si considerano   in quarto   le edizioni di altezza compresa tra 28 e 38 cm. È invece denominato   in folio   il formato di un libro i cui fogli di stampa risultino piegati una volta sola, in modo che ciascuno di essi presenti quattro facciate. Nell’uso moderno l’ in folio , indipendentemente dal numero di piegature, misura come minimo 40 cm di altezza e 26 di larghezza.  >> pagina 151  I drammi di Shakespeare non nascono come testi firmati dall’autore, ma come privi di suddivisione in atti e in scene. La compagnia li modifica nel corso delle recite e ne è a tutti gli effetti la proprietaria, mentre la pubblicazione avviene soltanto dopo la rappresentazione, spesso clandestinamente e in forma rimaneggiata. Non stupisce dunque l’ . La costituzione dell’insieme delle opere shakespeariane è il frutto di un intenso lavoro della critica, iniziato nel XVIII secolo e tuttora in corso. Il problema editoriale copioni assenza di manoscritti e di versioni a stampa autorizzate da Shakespeare Non esistono manoscritti e opere pubblicate a stampa da Shakespeare. I suoi   testi   nascono come copioni   per rappresentazioni teatrali , spesso modificati e pubblicati, talvolta clandestinamente, dopo la messa in scena. Attualmente il catalogo è composto da , oltre che da alcune composizioni poe­tiche scritte nell’ultimo decennio del Cinquecento, in un breve periodo di chiusura dei teatri a causa della peste: ( , 1592-1593; , 1593-1594 ) e costruiti in modo originale sul modello petrarchesco, dominante nel Rinascimento inglese Il catalogo attuale 37 drammi 2 poemetti narrativi Venere e Adone Lucrezia violentata ▶   T2 154 sonetti .   Testi plus: ( ) Il mio specchio non mi persuaderà d’essere vecchio I sonetti Il   catalogo   ufficiale, tuttora   oggetto di studio   da parte della critica, comprende 37 opere teatrali, 2 poemetti narrativi e 154 sonetti. Le quattro fasi della scrittura per le scene   Per comodità, si è soliti suddividere la carriera di Shake­speare in quattro fasi. La prima, compresa , è considerata il periodo di . Il giovane autore si va formando su alcuni generi allora in voga: elabora gli elementi truculenti delle tragedie latine di Seneca imperniate sul tema del potere ( ) e porta in scena le cronache che in quegli anni ricostruivano la storia d’Inghilterra con l’intento di presentare l’assolutismo come l’unica soluzione all’anarchia delle guerre civili ( , ). La prima fase: l’apprendistato tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del Cinquecento apprendistato Tito Andronico Riccardo III Riccardo II In questa varietà di temi e di generi, il tratto comune è costituito dall’ , in continuità con la tradizione del dramma medievale. Questa caratteristica, che diverrà parte integrante dello stile di Shakespeare, è evidente nella e nel , senza riguardo per i rigidi criteri classici – le cosiddette unità aristoteliche – in base ai quali l’azione scenica doveva svolgersi in un tempo limitato e in un unico luogo. indifferenza verso una rappresentazione impostata su criteri di realismo presenza del soprannaturale trattamento spregiudicato del tempo e dello spazio   Testi plus: ( ) Gli spettri di re Riccardo Riccardo III La produzione teatrale di Shakespeare è divisibile in quattro fasi . Nella prima fase , considerata un periodo di formazione , emerge già la scelta dell’autore di privilegiare rappresentazioni di tipo non realistico , con la presenza di elementi soprannaturali e il libero impiego del tempo e dello spazio rispetto alle regole del teatro classico. Alla , che vede Shakespeare attivo con la compagnia dei (“Uomini del Lord Ciambellano”), risalgono , e l’ , oltre che alcune come , mutuate dal gusto italiano per il gioco del travestimento e gli equivoci del linguaggio. Le fasi centrali: i grandi capolavori seconda fase (gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento) Lord Chamberlain’s Men Romeo e Giulietta Il mercante di Venezia Enrico V commedie di grande leggerezza Sogno d’una notte di mezza estate La (corrispondente all’incirca al ), in cui è impegnato con i presso il , comprende i drammi romani ( , ), le grandi tragedie ( , , , ) e le terza fase primo decennio del Seicento King’s Men Globe Theatre Giulio Cesare Antonio e Cleopatra Amleto Otello Macbeth Re Lear dark  comedies   ( Troilo e Cressida   e   Misura per misura ), che insieme all’ Amleto   rientrano nella categoria dei “drammi dialettici”, così definiti in quanto opere aperte, non risolte, prive dell’elemento purificatorio. Anche nelle tragedie più cupe, comunque, non mancano   inserti comici , come il dialogo fra i becchini in attesa della sepoltura di Ofelia, nell’ Amleto , o il grottesco monologo del portiere dopo il delitto, nel   Macbeth ; nell’ Otello , inoltre, Iago recita spesso la parte del buffone, e un buffone ( fool ) ha un ruolo importantissimo in   Re Lear . D’altro canto, anche le commedie composte in questa fase ( Come vi piace, La dodicesima notte ) sono più complesse delle precedenti, e il riso assume spesso un sapore amaro.   Testi in lingua: ( ) Saint Crispin’s day speech Enrico V Risalgono alla   seconda fase   (fino ai primi anni del Seicento) alcuni suoi   capolavori , tra cui   Romeo e Giulietta . Nella   terza fase   (1600-1611 ca.), oltre ai drammi romani, spiccano le sue   tragedie   più famose,   Amleto ,   Otello ,   Macbeth   e   Re Lear .  >> pagina 152  All’ della produzione shakespeariana, in cui il commediografo lavora al teatro di , risale la svolta dei , nei quali il motivo del perdono subentra alla soluzione tragica ( , ). Anche in queste opere, comunque, al lieto fine si intrecciano tinte più fosche, a dimostrazione di come sia impossibile collocare la produzione di Shakespeare nella gabbia dei generi. La quarta fase: i drammi romanzeschi ultima fase (tra la fine del primo e l’inizio del secondo decennio del Seicento) Blackfriars drammi romanzeschi Il racconto d’inverno La tempesta Nell’ ultima fase   (dal 1611 ca al 1620 ca) Shakespeare si dedica alla composizione di drammi romanzeschi, come   La tempesta . La scrittura shakespeariana si caratterizza dunque per la . Il assolve a : risponde a esigenze di organizzazione interna del dramma, attraverso l’inserto di ( ) che alleggeriscono situazioni di forte intensità emotiva; come socialmente e moralmente bassi; si trasforma infine in , come accade nell’episodio del contadino che, portando a Cleopatra l’aspide da lei richiesto per suicidarsi, prova su sé stesso l’efficacia del morso velenoso del serpente. Il comico e il tragico compresenza di elementi tragici e comici comico diverse funzioni scene comiche di sollievo relief qualifica i personaggi ironia tragica Nei suoi drammi Shakespeare combina elementi tragici e comici. Gli inserti comici alleggeriscono le scene più intense provocando un   riso   al contempo ironico e   amaro . CRONACHE dal PASSATO  Genio universale o semplice prestanome?   È davvero esistito un grande drammaturgo di nome Shakespeare? L a biografia di Shakespeare è basata su una serie di ipotesi e leggende. Gli unici documenti firmati da un uomo che risponde al suo nome riguardano sempre aridi episodi della vita di tutti i giorni (atti notarili, contratti di compravendita). Di conseguenza, è sorto il dubbio che il provinciale William Shake­speare da Stratford, venuto a Londra in cerca di fortuna, abbia finito con il fare da prestanome a un personaggio importante, magari un esponente dell’alta aristocrazia elisabettiana, il quale, per ragioni di opportunità, non poteva rivelarsi come autore di teatro. Ma chi sarebbe stato il misterioso personaggio a cui Shakespeare avrebbe accettato di fare da “controfigura”? Sono state avanzate varie ipotesi: il conte di Oxford, quello di Rutland, quello di Derby, o ancora sir Edward Dyer, o addirittura una donna, la contessa di Pembroke. Bacon… Nel 1857 Delia Bacon, discendente del filosofo Francis Bacon (1561-1626), formulò la teoria secondo la quale il pensatore sarebbe stato a tempo perso anche un autore teatrale, ma poiché tale attività mal si accordava con la gravità dei suoi studi, avrebbe deciso di ricorrere a uno pseudonimo, William Shakespeare, appunto. … o Marlowe? Nel Novecento si è fatta strada un’altra ipotesi, avvincente e insieme rocambolesca: dietro a Shake­speare si celerebbe il drammaturgo e poeta Christopher Marlowe (1564-1593), artista inquieto, figlio di un ciabattino ma educato a Cambridge grazie a una borsa di studio, e morto a ventinove anni in una bettola londinese nel corso di una rissa. Alcuni studiosi ritengono che Marlowe fosse un informatore segreto della Corona britannica, e qualcuno si è spinto a credere che egli non sia morto nella famosa zuffa, ma si sia invece rifugiato in Francia sotto falso nome per mettersi al sicuro o per svolgere qualche incarico riservato per conto di Sua Maestà. Dalla Francia Marlowe avrebbe continuato a scrivere, affidando le sue opere a qualcuno che le facesse passare come proprie: William Shakespeare. Un’ipotesi meno romanzesca Una spiegazione delle lacune nella biografia del grande drammaturgo, in realtà, non deve necessariamente calcare strade così romanzesche. All’epoca, il pubblico era interessato soprattutto agli attori, mentre gli autori restavano nell’ombra. Spesso le compagnie compravano i copioni per poco denaro, e da quel momento se ne assicuravano la proprietà esclusiva: l’autore perdeva così ogni diritto sull’opera. Inoltre, Shake­speare non era un attore di primo piano, quanto piuttosto un comprimario, se non un “caratterista”, ricoprendo talvolta, anche nelle rappresentazioni dei suoi drammi, parti decisamente minori (come per esempio lo spettro nell’ Amleto , che pare fosse il suo “pezzo forte” come attore). Non deve perciò stupire il fatto che nessun contemporaneo si sia preoccupato di annotare i fatti della sua vita o di conservare i documenti che lo riguardavano. Alcuni fra i drammi maggiori   Nell’impossibilità di soffermarci su tutti i drammi shakespeariani, focalizziamo l’attenzione su alcune delle opere di maggior rilievo. Di  , invece, tratteremo diffusamente nella seconda parte dell’Unità ( p. 178). Amleto ▶  Romeo e Giulietta ▶   T1 Come la maggior parte dei drammi shakespeariani, la tragedia (composta tra il 1594 e il 1597) è caratterizzata dalla . I protagonisti sono due giovani veronesi appartenenti a due famiglie nemiche: i Montecchi e i Capuleti. Nella piazza del Mercato, le fazioni appartenenti alle due famiglie si azzuffano; solo l’arrivo del principe della città mette fine ai duelli. Tra i Montecchi manca però : di animo nobile e pacifico, egli pensa soltanto all’amore per una bella giovinetta di nome Rosalina. La tragedia dell’amore impossibile Romeo e Giulietta compresenza di versi (per lo più endecasillabi) e prosa Romeo A una festa in maschera a casa Capuleti, alla quale si è recato insieme al cugino e al fraterno amico , Romeo incontra Giulietta. I due giovani si innamorano subito, ma si rendono anche conto di appartenere alle due casate rivali. Durante la notte, finita la festa, Romeo scambia parole d’amore con Giulietta, sotto il suo balcone. Prima di salutarsi, i due innamorati hanno già deciso di sposarsi. Benvolio Mercuzio Romeo si reca da , che, intuendo come quel matrimonio possa porre fine alla faida che insanguina Verona, sposa i due giovani in gran segreto. Quello stesso giorno Romeo incontra Mercuzio e Benvolio proprio mentre sopraggiungono i Capuleti capeggiati dal bellicoso cugino di Giulietta, , che provoca Romeo dandogli del vigliacco. Il giovane non reagisce, ma Mercuzio impugna la spada e, nello scontro, rimane ucciso da Tebaldo (che lo trafigge quasi senza volerlo). Folle di rabbia, Romeo insegue Tebaldo e lo sfida, uccidendolo a sua volta. I cadaveri di Mercuzio e Tebaldo vengono portati al cospetto del principe, che sentenzia l’esilio a Mantova per Romeo. Frate Lorenzo invita il ragazzo a non opporsi, promettendo di risolvere la situazione; Romeo e Giulietta trascorrono così la loro prima e ultima notte d’amore. frate Lorenzo Tebaldo Romeo ha appena lasciato la sposa alla volta di Mantova quando madonna Capuleti annuncia alla figlia che le nozze con il conte – che aveva chiesto la mano della ragazza, ottenendo il consenso del padre – si terranno di lì a tre giorni. Disperata, Giulietta si confida con frate Lorenzo, il quale escogita un piano per riunire i ragazzi: consegna a Giulietta una pozione che la ridurrà in uno stato di morte apparente; al suo risveglio, le dice, troverà Romeo, con cui potrà fuggire. Poco prima dei finti funerali, frate Lorenzo invia un fraticello verso Mantova, a dorso di mulo, per avvisare Romeo; ma è più veloce il servo , che, credendo Giulietta morta, raggiunge a cavallo il padrone, comunicandogli la tragica fine dell’amata. Nella tomba dei Capuleti si compie il destino degli amanti: vedendo il corpo di Giulietta, Romeo si avvelena; al risveglio la ragazza scopre lo sposo morto, e segue la sua sorte pugnalandosi al petto. Paride Baldassarre Romeo e Giulietta   è una tragedia in versi e prosa. I protagonisti appartengono a   due famiglie rivali   di Verona: i Montecchi e i Capuleti. Durante una festa in maschera a casa Capuleti si incontrano e si innamorano: decidono di sposarsi in segreto. Romeo viene però esiliato dalla città per aver vendicato la morte dell’amico Mercuzio. Nel frattempo Giulietta viene promessa sposa a Paride e, disperata, si rivolge a frate Lorenzo; questi escogita un piano per ricongiungere i due sposi: bevendo una pozione Giulietta cadrà in   morte apparente   e potrà così fuggire con Romeo. Romeo viene avvisato, erroneamente, della morte di Giulietta e alla vista dell’amata si avvelena. Al suo risveglio Giulietta trova il suo sposo morto e si uccide a sua volta con un pugnale. L’opera si ispira ad alcune fonti note a Shakespeare, probabilmente, in traduzione: le novelle di , e , ma soprattutto il poema (1562) di . Come accade in molte altre sue opere, tuttavia, Shakespeare piega i contenuti e i significati della storia alla sua poetica e alla sua visione del mondo. Le fonti Masuccio Salernitano Luigi da Porto Matteo Bandello La tragica storia di Romeo e Giulietta Arthur Brooke L’autore trae   ispirazione   e rielabora in maniera personale alcune   novelle italiane   e il poema di Arthur Brooke.    è forse il più popolare e imitato dramma di Shakespeare, il primo in cui la forza creativa dell’autore sembra dispiegarsi liberamente. Esso prelude alla stagione delle grandi tragedie, anche se forse non si può ancora parlare di tragedia in senso propriamente shakespeariano, perché la   non è strettamente determinata dai personaggi, ma   e in qualche misura fortuite (l’equivoco per cui Romeo crede morta Giulietta). Un’opera celebre e celebrata Romeo e Giulietta catastrofe ha luogo in virtù di circostanze esterne Non meno importante dell’elemento tragico è la    , a tratti molto ricercato e ricco di concetti e immagini raffinate, attinte dal repertorio della poesia cortese e petrarchista. Motivi del successo dell’opera sono infine l’  di alcuni personaggi minori assai riusciti (come Mercuzio, che tende spesso a parodiare la materia amorosa e le forme in cui essa era tradizionalmente espressa) e, soprattutto, la resa del   in termini di esaltazione emotiva e di acceso erotismo. preziosità dello stile arguzia sentimento La tragica storia dell’ amore assoluto   e passionale di Romeo e Giulietta è diventata una delle più famose al mondo, grazie anche a uno   stile raffinato   in grado di esaltare il sentimento amoroso.  Un teatro essenziale Per approfondire L’edificio e l’illusione scenica La tecnica drammatica di Shakespeare è coerente con il tipo di teatro per il quale scrive. La maggior parte dei suoi drammi è composta per il   Globe , un   teatro in legno di forma circolare   («Questa O di legno», com’è definito nel prologo dell’ Enrico V ), che fin dal nome suggerisce l’immagine del mondo. Oggi ricostruito fedelmente sulla riva sud del Tamigi, presso il Millennium Bridge, era un edificio a due piani, scoperto e dotato di una piattaforma aggettante verso il pubblico, dietro la quale correvano balconate e si aprivano le porte per l’entrata e l’uscita degli attori. Si trattava di un teatro sostanzialmente povero, pensato per dare risalto alla figura dell’attore: gli scenari erano rudimentali e il sipario assente, sicché la scenografia era quasi interamente creata dalle parole. Proprio alla carenza di realismo scenico si deve lo spessore simbolico del linguaggio, che esigeva un’intensa partecipazione immaginativa degli spettatori all’azione rappresentata sul palcoscenico. Prosegue il prologo dell’ Enrico V , rivolgendosi agli spettatori: Fate conto che entro la cerchia di queste mura siano racchiuse due potenti monarchie e che un pericoloso stretto divida le loro alte fronti, a picco, sul mare. Riempite le nostre lacune col vostro pensiero, dividete in mille parti ogni uomo e create, così, un imponente esercito immaginario. Se si parlerà di cavalli, fate conto di vederli stampare gli zoccoli superbi sul molle terreno che ne riceve le impronte. Il vostro pensiero, infatti, è chiamato ora a fornire ricche vesti ai nostri re e a trasportarli qua e là, saltando lunghe stagioni, riassumendo gli avvenimenti di molti anni in un volger di clessidra… “ ” Attori e pubblico Mentre gli attori erano esclusivamente uomini, anche per le parti femminili (la recitazione non era infatti permessa alle donne), la composizione del pubblico era mista, anche dal punto di vista sociale: c’erano esponenti della corte, gentiluomini, membri delle classi medie e popolani chiassosi che pagavano un penny all’ingresso. Spiega lo scrittore inglese Peter Ackroyd: «La costruzione misurava 30 metri di diametro e si suppone potesse contenere circa 3300 spettatori. Ognuna delle due gallerie inferiori poteva ospitare un migliaio di persone. In altre parole, c’era una bella calca di corpi elisabettiani, dato che i proprietari permettevano l’ingresso a un pubblico due o tre volte maggiore di quello di un moderno teatro londinese. Ma l’atmosfera doveva essere più quella di uno stadio di football che quella di un teatro, con qualche elemento di luna park». La presenza assidua di un pubblico così variegato testimonia la diversità di piani di lettura del teatro shakespeariano ed elisabettiano in generale: dall’umile facchino al colto rappresentante della corte, tutti trovavano motivo d’interesse nelle vicende rappresentate sulla scena. Cyril Walter Hodges, , 1948. Collezione privata. Il Globe Theatre visto dall’alto Otello Questa tragedia in versi e in prosa – la cui fonte è una novella del 1564 dello scrittore italiano Giovan Battista Giraldi Cinzio – viene rappresentata per la prima volta probabilmente nel 1604 davanti a Giacomo I re d’Inghilterra.  La tragedia della gelosia Due uomini si incontrano, di notte, a Venezia. Discutono della  fuga della bella, giovane e ricca Desdemona con Otello, un generale mercenario moro   al servizio della Repubblica di Venezia. Entrambi gli uomini hanno motivi di risentimento contro di lui, e avvisano il padre della ragazza. Otello è profondamente innamorato di Desdemona ed è da lei corrisposto, ma il suo luogotenente,   Iago , turba questa armonia: dopo il loro trasferimento a Cipro, questi tesse una complicata trama per far credere al suo generale che Desdemona lo tradisce. Accecato dalla gelosia, Otello soffoca la donna nel suo letto, scoprendo troppo tardi la falsità di Iago. Sconvolto, si uccide. Otello,   generale moro   al servizio della Repubblica di Venezia, si innamora e sposa in segreto Desdemona, gentildonna veneziana. Quando i due si trasferiscono a Cipro, il perfido Iago fa credere al suo generale che Desdemona lo tradisca.   Folle di gelosia , Otello soffoca la donna amata e, dopo aver scoperto l’inganno, si uccide a sua volta. Otello e Iago rappresentano una : sono due (l’uomo tradito e il suo ingannatore) ma anche (il generale e il suo uomo di fiducia, «l’onesto Iago», come lo chiama Otello). Le parti dei due protagonisti sono di pari importanza, ed è accaduto spesso che essi fossero interpretati sul palcoscenico da attori di analogo livello. Otello e Iago coppia tragica personaggi opposti complementari I   due protagonisti   sono opposti e complementari rispetto al valore della fiducia.   Macbeth La tragedia, anche in questo caso in versi e in prosa, viene scritta e rappresentata tra il 1605 e il 1608; il testo che ci è pervenuto è invece pubblicato nel 1623, dopo la morte del poeta, ed è costituito probabilmente dal copione più volte usato in teatro, comprendente alcune modifiche apportate dagli attori. La tragedia del potere e del sangue incontrano nella brughiera due generali del re di Scozia, e , che hanno sedato una rivolta. Le streghe preannunciano a Macbeth che diventerà re, e a Banquo che i suoi figli regneranno. Il desiderio del potere, rafforzato dalla predizione e dall’incitamento della moglie ambiziosa e priva di scrupoli, , spinge il protagonista a uccidere il re legittimo, , mentre questi è ospite del suo castello. Tre streghe Macbeth Banquo Lady Macbeth Duncan Divenuto re, Macbeth sembra progressivamente assuefarsi all’uso della violenza: elimina Banquo, tenta di ucciderne il figlio, fa assassinare la moglie e i figli di un barone ribelle, . Tuttavia, questa catena di delitti non rimane senza effetto su di lui: profondamente turbato, durante un banchetto vede apparire il terrificante spettro di Banquo. Torna quindi a far visita alle streghe, che emettono però una profezia ambigua: nessun nato da donna potrà mai ucciderlo, né sarà mai sconfitto finché la foresta di Birnam non avanzerà verso di lui; poi gli mostrano la futura stirpe regale di Scozia, che ha i volti dei discendenti di Banquo, e non dei suoi.  Macduff Lady Macbeth, nel sonno, ripete ossessivamente il gesto di lavarsi le mani, compiuto per eliminare il sangue dopo l’assassinio del re, di cui aveva nascosto le tracce. Subito dopo muore, e Macbeth, raggiunto dalla notizia, commenta la sua morte con alcuni tra i più famosi versi della tragedia: «Spegniti, spegniti breve candela! / la vita non è che un’ombra che cammina; un povero attore / che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena / e del quale poi non si ode più nulla: è una storia / raccontata da un idiota, piena di rumore e furore / che non significa nulla». Il barone ribelle Macduff e il figlio del vecchio re Duncan muovono con il loro esercito contro Macbeth. Per nascondere la moltitudine dei soldati, li occultano dietro i rami tagliati dalla foresta di Birnam: sembra così che il bosco stesso avanzi, come avevano profetizzato le streghe. Ormai sconfitto, Macbeth viene ucciso dallo stesso Macduff, non prima di aver appreso che questi era stato «strappato» dal ventre di sua madre prima di nascere (e che quindi non era propriamente “nato” da una donna). Macbeth   è una tragedia sulla   sete di potere . Tre streghe rivelano a Macbeth, generale del sovrano di Scozia, che diventerà re. Tale profezia innesca una crudele e violenta lotta da parte di Macbeth per prendere il potere. Egli commette una serie di   sanguinosi delitti   (come l’assassinio del re), diventa sempre più spietato. Alla fine anch’egli sarà sconfitto.  >> pagina 156  Il protagonista si contraddistingue in primo luogo per la sua , progressivamente più spietata, che ben si inserisce nella che caratterizza i drammi storici shakespeariani: la vicenda si apre con la cruenta ascesa del protagonista al trono e si chiude con un epilogo altrettanto violento e un nuovo re in ascesa. Violenza e soprannaturale violenza omicida struttura circolare A caratterizzare Macbeth, in secondo luogo, è l’ : le ambigue profezie delle streghe rappresentano per il protagonista, più che l’incarnazione di un fato inesorabile, il pretesto per l’inizio della sua parabola omicida. incontro con il soprannaturale In questa tragedia l’elemento soprannaturale (le   profezie   delle streghe) gioca un ruolo importante, perché rappresenta il   motore   della follia omicida di Macbeth. Re Lear ▶   T3 Scritto in versi e in prosa nel 1605-1606 e messo in scena per la prima volta nel 1606, presenta due vicende parallele, simili nelle linee generali: la prima, la principale, è incentrata sulla storia di , e delle sue tre figlie; la seconda sul e dei suoi due figli maschi. La tragedia del tradimento Re Lear Lear, re di Britannia conte di Gloucester I due anziani padri commettono lo stesso errore: Lear divide il regno tra le due figlie maggiori, e , fidandosi delle loro false dichiarazioni di amore filiale, mentre la minore, la sua prediletta , l’unica davvero sincera nell’affetto verso di lui, è allontanata in seguito al rifiuto di gareggiare con le sorelle nell’adulazione verso il padre; analogamente, si fa ingannare dal figlio , perfido e mentitore, preferendolo all’onesto e fedele . Entrambi i personaggi, in questo modo, corrono verso la propria rovina. Goneril Regan Cordelia Gloucester Edmund Edgar Quando Lear si accorge della falsità delle due figlie maggiori, che lo hanno circuito con ipocrite esibizioni di affetto solo per accaparrarsi il suo potere, il regno è ormai diviso a metà, ed esse non mantengono fede alla promessa di ospitare il padre, a turno, con la sua scorta. Ridotto a vagabondare senza una dimora, Lear, riparato durante una tempesta in una capanna abbandonata, perde il senno per la disperazione provata di fronte alla crudeltà e all’ingratitudine del mondo. Nell’infuriare della tempesta, con re Lear c’è anche il conte di Gloucester, che si trova in una simile situazione di rovina. Nella sventura, i due vecchi si ritrovano accanto i figli fedeli, che non serbano loro rancore per le in giustizie subite: Gloucester è assistito da Edgar; Lear ritrova Cordelia, che, sposatasi con il re di Francia, giunge con un esercito per soccorrere il padre. L’esercito francese, tuttavia, è sconfitto da quello di Edmund, divenuto intanto conte di Gloucester, e, prima che questi paghi le proprie colpe venendo ucciso dal fratello in duello, Cordelia viene impiccata. La morte della figlia rappresenta per Lear l’ultimo, terribile colpo: egli muore sul suo cadavere. Anche le due figlie maggiori sono morte, entrambe vittime di un’insana passione per Edmund: Regan avvelenata dalla sorella, Goneril suicida, dopo che è stato scoperto il suo piano per eliminare il marito. Sopravvivono invece Edgar, reintegrato nei suoi diritti di conte di Gloucester, e il suo vecchio padre, ormai cieco. Al trono di Britannia sale   il duca d’Albania , marito di Goneril, da lui odiata. In   Re Lear   si intrecciano   due vicende . Nella principale   Lear , re di Britannia, si lascia morire,   solo e disperato , dopo la morte della figlia più giovane, l’unica che provava un sincero amore filiale. Le due maggiori, alle quali aveva lasciato il regno, mostrano solamente falsità e sete di potere. Louis Boulangere, , 1836. Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris. Re Lear e il giullare durante la tempesta  >> pagina 157  , storia di , è forse il dramma shakespeariano più angoscioso e più disperato, i cui protagonisti diventano un’allegoria della condizione umana, presentando al pubblico, attraverso le loro dolorose vicende, la grande questione morale del . Se dalla vicenda si può ricavare una morale, essa è forse contenuta nelle parole che Edgar rivolge al padre cieco e disperato: «Gli uomini debbono pazientare per uscir di questo mondo come per entrarvi: tutto sta nell’essere pronti» (atto V, scena II). Immagine emblematica di questa triste condizione è la tempesta, che campeggia al centro del dramma travolgendo Lear. La lotta tra bene e male Re Lear crudeltà e violenza rapporto tra bene e male La tragica storia di   Re Lear   è   brutale e spietata , mostrando al pubblico, attraverso le tristi vicende dei protagonisti, il difficile rapporto tra il bene e il male. La vicenda di re Lear e delle sue figlie si trova nella (1140 ca) dello scrittore medievale Geoffrey di Monmouth, oltre che in diverse opere successive. Essa presenta alcuni tratti comuni con la storia di : «la figura di Cordelia è una delle tante incarnazioni del tipo di fanciulla virtuosa perseguitata» (Praz), mentre Goneril e Regan sono vicine alle “sorellastre” malvagie della protagonista della favola di origine popolare che ha ispirato gli scrittori Charles Perrault (1628-1703) e i fratelli Jacob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859) Grimm. Nelle fonti, tuttavia, il destino di Lear non è così tremendo: egli non muore, ma trascorre serenamente l’ultima vecchiaia accanto alla figlia Cordelia, che riconquista, con l’aiuto del marito, il regno perduto. «Oltre a dimostrare l’assoluta libertà del drammaturgo rispetto alle fonti cui attinge, la variante finale, rovinosa e totale, è un esempio in più del disperato pessimismo della maturità shakespeariana» (Orlandi). Le fonti e la loro rielaborazione Storia dei re di Britannia Cenerentola Shakespeare prende spunto dall’opera di uno storico medievale sui re britanni, aggiungendovi però un   finale tragico . Il personaggio della figlia minore   Cordelia , inoltre, ha molti elementi in comune con la figura di Cenerentola, anche lei maltrattata dalle perfide sorelle. La vita   Le opere  Nasce a Stratford-upon-Avon • 1564    Sposa Anne Hathaway • 1582    Lascia Stratford e si trasferisce a Londra • 1588 ca     1582-1608 I sonetti   1594-1597 Romeo e Giulietta   1600-1601 Amleto   1602-1604 Otello  Muore Elisabetta I e sale al trono Giacomo I: Shakespeare fa parte dei  • King’s Man 1603     1605-1606 Re Lear   1605-1608 Macbeth  Si ritira a Stratford • 1611    Muore a Stratford • 1616