I grandi temi in sintesi Mondo e Teatro: la riforma di Goldoni 1 Fin dagli anni della formazione, Goldoni si dimostra e incline a seguire le proprie passioni. Il precoce interesse per il teatro lo porta a leggere i (Aristofane, Plauto, Terenzio), gli (il Machiavelli della ) e , ma, accanto alle letture e allo studio, assapora anche il gusto della trasgressione e del divertimento libertino. L’esperienza come strumento di conoscenza insofferente alle costrizioni commediografi antichi autori italiani Mandragola stranieri Il suo è insomma un , in cui si combinano impegno e libertà, crescita culturale ed esperienze di vita. Nello sviluppo della sua personalità, inoltre, hanno un ruolo importante i frequenti viaggi, che lo mettono in contatto con i più vari fermenti culturali. Durante i soggiorni a Milano ha modo di conoscere il , che alimenta la propensione a cogliere con spirito critico le contraddizioni della società; in Toscana, la frequentazione dell’ lo educa invece a una e avversa a ogni sterile formalismo. apprendistato “irregolare” pensiero illuminista Arcadia concezione dell’arte fondata sulla sobrietà I numerosi viaggi, i diversi ambienti frequentati, la di commediografi antichi e moderni e le di vita, talvolta trasgressive e , sono alla base della formazione di Goldoni e della sua passione per il teatro. lettura esperienze avventurose È però l’ambiente veneziano che offre allo scrittore le idee e i valori che lo ispireranno. Qui Goldoni assorbe la mentalità della , cui egli stesso appartiene per origini familiari, e forma la sua cultura concreta e razionale, che guarda soprattutto agli affari. Vivace centro editoriale, caratterizzato dalla circolazione di merci, di persone e quindi di idee, la città lagunare ospita inoltre molti teatri, nei quali si affolla un pubblico sempre più ampio e socialmente vario. La realtà veneziana borghesia mercantile e professionale La principale fonte d’ispirazione per le sue commedie è , vivace commerciali e culturali, città piena di teatri e animata da una ricca borghesia. Venezia centro di scambi Nel Settecento, il teatro è diventato un’ , gestita da affaristi che investono denaro affittando gli stabili, assoldando le compagnie e offrendo gli spettacoli a una platea pagante. Lo scopo principale è , perché questo garantisce l’affluenza degli spettatori. Il teatro come impresa attività imprenditoriale redditizia divertire il pubblico in modo leggero e disimpegnato La qualità della messa in scena, di conseguenza, è spesso sacrificata: si propongono soprattutto (melodrammi e commedie anziché tragedie, apprezzate di norma da spettatori culturalmente più avvertiti) e , mentre gli attori scadono spesso nella . generi popolari intrecci scontati e ripetitivi comicità triviale Nel Settecento il teatro è in mano agli , che ne fanno una fonte di reddito: preferiscono pertanto portare in scena e popolari che attirino un gran numero di spettatori. impresari commedie leggere Quando Goldoni entra in contatto con il mondo delle scene, il genere più in voga è la commedia dell’arte, molto diffusa fin dal Seicento, in un’epoca in cui il teatro, uscendo dagli ambienti chiusi delle corti, aveva cominciato a richiamare anche un pubblico borghese e popolare. Come si è visto, la commedia dell’arte è caratterizzata dalla presenza di un , cioè di una trama scritta nelle linee essenziali, mentre i dialoghi sono affidati all’ , che impersonano caratteri stereotipati (il servo sciocco, il mercante avaro, il dottore presuntuoso), riconoscibili grazie alle che indossano. La commedia dell’arte canovaccio improvvisazione degli attori maschere Prima di Goldoni la occupava interamente le scene. Essa si basava su personaggi fissi, riconoscibili dalle , e sull' degli attori che seguivano uno schema generale della trama cercando la risata del pubblico. commedia dell’arte maschere improvvisazione Goldoni si propone di superare questa consuetudine attraverso una riforma del teatro che operi su due piani strettamente connessi: quello tecnico-formale e quello contenutistico. In primo luogo , scrivendo tutte le battute e attribuendo quindi un ruolo prioritario all’autore. Trasforma inoltre le maschere tradizionali in . In questo modo, egli interviene anche sul piano dei contenuti, portando il teatro ad assumere un ruolo, oltre che di intrattenimento, di . Un programma di riforma abbandona lo strumento del canovaccio personaggi autentici, ispirati alla realtà quotidiana e dotati di una psicologia individuale riflessione critica su temi morali e sociali Goldoni vuole realizzare una vera e propria riforma del teatro: scrive tutte le parti del crea più e meno stereotipati. Il teatro è così strumento di sulla società. copione personaggi realistici riflessione >> pagina 308 Per spiegare la genesi della sua riforma, Goldoni ricorre a una metafora. Le sue più importanti , afferma, sono state due: «i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai d’essermi servito, furono il Mondo, e ’l Teatro». Il è costituito dalle esperienze di una vita ricca di avvenimenti, viaggi e incontri con abitudini e mentalità diverse, e dall’osservazione attenta della società e di tutti i suoi ambienti (botteghe, case, piazze, porti). Il rappresenta invece la conoscenza degli artifici scenici utili a mostrare nel modo più efficace le passioni, i sentimenti, i vizi e le virtù degli esseri umani, oltre che l’insieme degli aspetti pratici della professione – le esigenze economiche degli impresari, il lavoro concreto degli attori, le attese del pubblico – appresi nella sua attività di uomo di teatro. Da queste due dimensioni deriva una riforma fondata, anziché su princìpi astratti, sull’autentica realtà del teatro, e capace quindi di abbinare tradizione e innovazione, gusto personale e richieste del mercato. I due “libri” di riferimento fonti di ispirazione libro del Mondo libro del Teatro Goldoni utilizza un’ per spiegare la sua riforma. Dichiara di essersi ispirato a due libri: il libro del Mondo, grazie al quale ha osservato la e le diverse abitudini sociali;e il libro del Teatro, che gli ha mostrato sia gli aspetti pratici legati alla produzione teatrale sia le messe in atto sulla scena. immagine efficace realtà finzioni T1 «I due libri su’ quali ho più meditato» Prefazione dell’autore alla prima raccolta delle commedie (1750) Dopo aver rievocato la passione per il teatro coltivata fin dall’infanzia come inclinazione naturale e irrefrenabile, Goldoni ricorda le condizioni in cui versava a quel tempo la commedia: «Non correvano sulle pubbliche Scene se non sconce Arlecchinate, laidi e scandalosi amoreggiamenti, e motteggi: favole mal inventate, e peggio condotte, senza costume, senza ordine, le quali, anziché correggere il vizio, come pur è primario, antico e più nobile oggetto della Commedia, lo fomentavano». Da tale constatazione nasce il desiderio di rinnovare radicalmente la commedia, sia nella forma sia nei contenuti. Osservazione della ed realtà esperienza Non mi vanterò io già d’essermi condotto a questo segno, qualunque ei si sia, di 1 2 miglior senso, col mezzo di un assiduo metodico studio sull’opere o precettive, 3 4 o esemplari in questo genere de’ migliori antichi e recenti scrittori e poeti o greci, 5 o latini, o francesi, o italiani, o d’altre egualmente colte nazioni; ma dirò con ingenuità, che sebben non ho trascurata la lettura de’ più venerabili, e celebri autori, 5 da’ quali, come da ottimi maestri non ponno trarsi, che utilissimi documenti, ed 6 esempli, contuttociò i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai d’essermi servito, furono il Mondo, e ’l Teatro. Il primo mi mostra tanti, e 7 8 poi tanti vari caratteri di persone, me li dipinge così al naturale, che paion fatti 9 apposta per amministrarmi abbondantissimi argomenti di graziose, ed istruttive 10 10 commedie, mi rappresenta i segni, la forza, gli effetti di tutte le umane passioni; 11 mi provvede di avvenimenti curiosi; m’informa de’ correnti costumi, m’istruisce e de’ vizi, e de’ difetti, che son più comuni del nostro secolo, e della nostra nazione, 12 i quali meritan o la disapprovazione, o la derisione de’ saggi; e nel tempo stesso mi addita in qualche virtuosa persona i mezzi coi quali la virtù a codeste 15 corruttele resiste, ond’io da questo libro raccolgo, rivolgendolo sempre, e meditandovi, 13 14 in qualunque circostanza, od azione della vita mi trovi, quanto è assolutamente necessario che si sappia da chi vuole con qualche lode esercitare questa mia professione. Il secondo poi, il libro cioè del Teatro, mentre io lo vo maneggiando, mi fa conoscere con quali colori si debban rappresentare sulle scene i caratteri, le 20 passioni, gli avvenimenti, che nel libro del Mondo si leggono; come si debba ombreggiarli per dar loro un maggiore rilievo, e quali sien quelle tinte, che più li rendon grati agli occhi dilicati de’ spettatori. Imparo insomma dal Teatro a distinguere ciò, ch’è più atto a far impressione sugli animi, a destar la maraviglia, od il riso, o quel tal dilettevol solletico nell’uman cuore, che nasce principalmente dal trovar 25 15 nella commedia che ascoltasi effigiati al naturale, e posti con buon garbo nel loro 16 punto di vista i difetti, e ’l ridicolo che trovasi in chi tuttogiorno si pratica, in 17 18 modo però, che non urti troppo offendendo. di essere giunto a questo punto. 1 d’essermi condotto… segno: esso sia. 2 ei si sia: di miglior giudizio. 3 di miglior senso: precettistiche, che contengono precetti. Si riferisce a opere teoriche che stabiliscono regole e norme artistiche. 4 precettive: che forniscono esempi e modelli. 5 esemplari: possono. 6 ponno: la vita reale, le esperienze concrete, le relazioni interpersonali. 7 Mondo: l’esperienza diretta dell’ambiente e del lavoro teatrale. 8 Teatro: come sono. 9 al naturale: suggerirmi. 10 amministrarmi: i sintomi, gli indizi. 11 i segni: popolo. 12 nazione: cattive inclinazioni. 13 corruttele: sfogliandolo. 14 rivolgendolo: piacevole sollecitazione. dilettevol solletico: 15 rappresentati così come sono nella realtà. effigiati al naturale: 16 e collocati con sensibilità i difetti nella loro prospettiva. e posti… difetti: 17 si frequenta ogni giorno. tuttogiorno si pratica: 18 Ho appreso pur dal Teatro, e lo apprendo tuttavia all’occasione delle mie 19 20 stesse commedie il gusto particolare della nostra nazione, per cui precisamente io 30 debbo scrivere, diverso in ben molte cose da quello dell’altre. Ho osservato alle volte riscuoter grandissimi encomi alcune cosarelle da me prima avute in niun conto, altre riportarne pochissima lode, e talvolta eziandio qualche critica, dalle quali 21 non ordinario applauso io mi era sperato; dacché ho imparato, volendo render 22 utili le mie commedie, a regolar talvolta il mio gusto su quello dell’universale, a 35 23 cui deggio principalmente servire, senza mettermi in pena delle dicerie di alcuni 24 o ignoranti o indiscreti, e difficili, i quali pretendono di dar la legge al gusto di 25 tutto un popolo, di tutta una nazione, e fors’anche di tutto il mondo, e di tutti i secoli colla lor sola testa, non riflettendo, che in certe particolarità non integranti 26 i gusti possono impunemente cambiarsi, e convien lasciarne padrone il popolo 40 egualmente che delle mode del vestire, e de’ linguaggi. […] Ecco quanto ho io appreso da’ miei due gran libri, Mondo e Teatro. Le mie commedie sono principalmente regolate, o almeno ho creduto di regolarle, coi precetti che in essi due libri ho trovati scritti: libri per altro, che soli certamente furono studiati dagli stessi primi autori di tal genere di poesia, e che daran sempre 45 27 a chiunque le vere lezioni di quest’arte. La natura è una universale e sicura maestra a chi la osserva. «Quanto si rappresenta sul teatro (scrive un illustre autore) 28 non deve essere se non la copia di quanto accade nel mondo. La commedia, soggiunge, allora è quale esser deve quando ci pare di essere in una compagnia del vicinato, o in una familiar conversazione, allorché siamo realmente al teatro, e 50 29 quando non vi si vede se non ciò che si vede tuttogiorno nel mondo. Menandro, 30 segue a dire, non è riuscito se non per questo tra i greci, ed i romani credevano di 31 trovarsi in conversazione quando ascoltavano le commedie di Terenzio, perché 32 non vi trovavano se non quel ch’eran soliti di trovare nelle ordinarie lor compagnie». Anche il gran Lope de Vega, per testimonianza del medesimo scrittore, 55 33 non si consigliava, componendo le sue commedie con altri maestri, che col gusto de’ suoi uditori. anche. pur: 19 durante la rappresentazione. all’occasione: 20 persino, addirittura. eziandio: 21 perciò. dacché: 22 sul gusto della maggior parte delle persone. su quello dell’universale: 23 devo. deggio: 24 stabilire, imporre il gusto. dar la legge al gusto: 25 non necessarie. non integranti: 26 gli autori antichi. primi autori: 27 si riferisce all’umanista e teologo francese René Rapin (1621-1687). un illustre autore: 28 anche se in realtà siamo a teatro. allorché… teatro: 29 commediografo greco (342/341-291/290 a.C.), fu il massimo rappresentante della “commedia nuova”, che escludeva i riferimenti alla vita politica contemporanea per portare sulla scena vicende quotidiane e uomini comuni. Menandro: 30 non ha avuto successo. non è riuscito: 31 commediografo latino del II sec. a.C., fu autore di opere caratterizzate dall’interesse per la psicologia dei personaggi. Terenzio: 32 drammaturgo spagnolo (1562-1635), fu autore di centinaia di commedie basate sull’elemento popolare, sulla vivacità dell’azione e sulla naturalezza del linguaggio. Lope de Vega: 33 >> pagina 310 Dentro il TESTO I contenuti tematici Pur affermando di aver studiato i più grandi autori della letteratura (moderna e antica, italiana e straniera), Goldoni dichiara di aver tratto materia e procedimenti per l’esercizio della propria arte soprattutto dall’ e dall’ dell’attività teatrale. Il Mondo è la realtà in cui vive, che gli fornisce personaggi e situazioni e lo informa sulle abitudini, sui vizi e sulle virtù degli esseri umani. Il Teatro – cioè la concreta esperienza teatrale – gli ha insegnato invece come rappresentare questo patrimonio di contenuti, fornendogli i mezzi più efficaci per catturare l’attenzione del pubblico e divertirlo, mostrandogli i suoi difetti senza urtarne la suscettibilità ( […] , rr. 26-28). osservazione della realtà esperienza concreta posti con buon garbo nel loro punto di vista i difetti in modo però, che non urti troppo offendendo Mondo e Teatro per un commediografo ( , rr. 46-47). Le regole astratte sono inutili: se lo scopo è divertire e, allo stesso tempo, rendere utile la rappresentazione, è più opportuno capire i gusti e la mentalità del pubblico, che si evolvono nel tempo. D’altra parte, gli stessi scrittori antichi ritenevano che la commedia dovesse , in modo che gli spettatori riconoscessero sulla scena ciò che vedevano nella vita di ogni giorno. Il miglior modello è la natura La natura è una universale e sicura maestra a chi la osserva ritrarre la realtà La natura, maestra degli antichi e dei moderni Le scelte stilistiche Per esprimere l’esperienza diretta della realtà, dalla quale attinge la materia delle sue commedie, Goldoni usa la metafora* dei due libri (il e il ). Il richiamo alla natura, inoltre, echeggia un’altra analoga metafora utilizzata da Galileo, il quale proponeva di leggere il «libro della natura» – anziché i filosofi e la Bibbia – per raggiungere la conoscenza del mondo e delle leggi che lo regolano. Mondo Teatro La metafora attraversa il testo grazie all’uso di diversi termini che evocano l’uso del libro e l’azione dello studio: l’autore parla di volumi su cui ha (r. 7) e di cui si è (r. 8); egli sfoglia ( , r. 16) il libro del Mondo e va (r. 19) quello del Teatro per mettere in scena le cose che vi (r. 21). Inoltre, per sottolineare che la propria arte si fonda sull’esperienza, Goldoni impiega numerosi termini tratti dall’ambito dell’insegnamento ( , r. 8; , r. 11; , r. 20; , r. 23; , r. 29). meditato servito rivolgendolo maneggiando si leggono mi mostra mi rappresenta mi fa conoscere Imparo Ho appreso La metafora dei libri >> pagina 311 Verso le COMPETENZE Comprendere Riassumi ciò che l’autore afferma di avere imparato dall’esperienza del Mondo e del Teatro. Che relazione c’è tra questi due strumenti di conoscenza e quelli costituiti dai libri a stampa? 1 Analizzare A quale figura retorica ricorre l’autore alla : […], […], […]? 2 r. 38 popolo nazione mondo Anafora. a . b Climax Chiasmo. c Anastrofe. d Interpretare Se dovessi scegliere una metafora alternativa a quella del libro, quale adotteresti? Perché? 3 Produrre 4 Scrivere per esporre. Goldoni afferma che i gusti del popolo cambiano come le mode del vestire, e de’ linguaggi ( r. 41 ). Dopo aver esaminato qualche foto dei tuoi genitori o di altri parenti o conoscenti della generazione che ti ha preceduto, scattata quando avevano la tua età, osserva il loro modo di vestire e le acconciature; prova inoltre a documentarti sulle letture, i generi musicali, i passatempi, le espressioni gergali più diffuse tra i giovani a quel tempo. Scrivi poi u n testo di circa 30 righe su ciò che ti pare essere rimasto costante e ciò che invece ritieni cambiato, provando a individuare le cause (economiche, sociali, culturali) di tali differenze. Dibattito in classe 5 Goldoni, come già gli antichi Greci, attribuisce al teatro una funzione eminentemente educativa (rr. 23-28): sei d’accordo con lui? Il teatro ha ancora, nella nostra società, questa funzione o è stato sostituito da qualche altro mezzo di espressione? Discutine con i compagni. Aristocrazia, borghesia, popolo: lo sguardo sulla società 2 in sintesi L’atteggiamento di Goldoni in relazione al mondo che osserva e rappresenta non è mai dogmatico, e le sue commedie non propongono verità assolute o valori astratti. Sebbene egli non si collochi all’interno di un preciso movimento di idee, la sua visione del mondo è influenzata dalle e, pur senza porre in discussione il tradizionale assetto sociale, egli non rinuncerà mai alle posizioni di un cauto riformismo. Riformare, non sovvertire idee illuministiche In un primo tempo Goldoni si propone soprattutto l’obiettivo di , guardando con simpatia alle figure del mercante e del borghese laborioso. Nella seconda fase della sua esperienza di riforma della commedia (quella che coincide con il lavoro presso il teatro San Luca, dal 1753 al 1754), invece, la sua opera si fa sempre più spesso , che egli vede radicarsi e dilagare. Cresce, di conseguenza, la simpatia e l’ mettere in ridicolo una nobiltà retriva e parassitaria denuncia dei difetti e dei vizi della borghesia ammirazione nei confronti dei ceti popolari , senza peraltro che ciò induca Goldoni ad auspicare un sovvertimento dell’ordine sociale. In realtà, egli intende soprattutto mostrare al pubblico i comportamenti che scaturiscono dalla grettezza e dall’egoismo, promuovendo, attraverso l’ironia e il riso, una nuova moralità fondata sulla dignità, sulla giustizia e sulla ricerca del benessere individuale. Mancano invece analisi e teorizzazioni di natura psicologica o filosofica, così come è assente, nella rappresentazione del popolo, una denuncia delle difficili condizioni materiali che caratterizzano la vita dei ceti più umili. Goldoni è un della realtà sociale che lo circonda. All’inizio le sue commedie prendono di mira la antiquata e conservatrice, mentre in seguito il suo sguardo si concentra sui difetti della , troppo attenta al denaro. Il , infine, è sempre descritto come spontaneo e genuino. osservatore critico nobiltà borghesia popolo >> pagina 312 L’esigenza di riformare la commedia dell’arte nasce anche da questo . La scelta di Goldoni di scrivere le battute dei personaggi è dettata non soltanto dal desiderio di pulire il linguaggio dalle volgarità, né solo dalla volontà di rendere più realistiche le situazioni, ma anche dall’intenzione di attribuire alle commedie un ruolo formativo ed educativo. Il teatro, secondo Goldoni, deve sì offrire un’occasione di divertimento, ma anche costituire un’ , un veicolo di trasmissione di valori che l’autore deve rendere credibili e condivisibili, calandoli in una realtà quotidiana in cui il pubblico possa rispecchiarsi. I valori promossi dalla commedia riformata intento pedagogico esperienza di maturazione In che cosa consistono tali valori? Si tratta di princìpi ispirati alla e al rispetto delle regole della convivenza civile, auspicati mediante un atteggiamento edificante che addita la via della virtù e condanna il vizio con fermezza ma senza acrimonia: il teatro di Goldoni celebra così il , la , la , la , la , l’apertura al , la ricerca del , la dell’individuo all’interno di una comunità, mostrando quali storture siano provocate dalla mancanza di questi princìpi. moderazione lavoro famiglia lealtà solidarietà parsimonia dialogo progresso libertà La riforma di Goldoni esprime anche un’ : il teatro, secondo l’autore, oltre a intrattenere lo spettatore, deve anche , condannandoi vizi e trasmettendo valori positivi. esigenza educativa mostrare la realtà quotidiana T2 La sfida di Mirandolina La locandiera , atto I, scene IV-VI, IX; atto II, scene XVI-XIX Nell’ambiente della locanda, circoscritto ma aperto all’andirivieni dei clienti, entrano in relazione fra loro tutte le classi sociali, rappresentate dai singoli personaggi. La commedia si apre con un’esilarante schermaglia, costituita da frecciate e provocazioni, tra il Conte di Albafiorita e il Marchese di Forlipopoli, che vogliono guadagnarsi, ognuno con le proprie risorse, l’amore di Mirandolina. Un terzo cliente, il Cavaliere di Ripafratta (una località nei pressi di Pisa), manifesta invece la sua condanna per il comportamento dei due nobili, sostenendo un proprio, originale punto di vista. Il potere dell’ irresistibile astuzia femminile ATTO I, scena quarta II Cavaliere di Ripafratta dalla sua camera, e detti. Amici, che cos’è questo romore? Vi è qualche dissensione fra di voi altri? cavaliere 1 Si disputava sopra un bellissimo punto. conte 2 II Conte disputa meco sul merito della nobiltà. ( ) marchese ironico Io non levo il merito alla nobiltà: ma sostengo, che per cavarsi dei capricci, 5 conte vogliono esser denari. 3 Veramente, Marchese mio… cavaliere Orsù, parliamo d’altro. marchese Perché siete venuti a simil contesa? cavaliere Per un motivo il più ridicolo della terra. 10 conte Sì, bravo! il Conte mette tutto in ridicolo. marchese Il signor Marchese ama la nostra locandiera. Io l’amo ancor più di lui. conte Egli pretende corrispondenza, come un tributo alla sua nobiltà. Io la spero, 4 come una ricompensa alle mie attenzioni. Pare a voi che la questione non 5 sia ridicola? 15 Bisogna sapere con quanto impegno io la proteggo. marchese Egli la protegge, ed io spendo. ( ) conte al Cavaliere In verità non si può contendere per ragione alcuna che lo meriti meno. cavaliere 6 Una donna vi altera? vi scompone? Una donna? che cosa mai mi convien sentire? 7 Una donna? Io certamente non vi è pericolo che per le donne abbia che 20 dir con nessuno. Non le ho mai amate, non le ho mai stimate, e ho sempre 8 creduto che sia la donna per l’uomo una infermità insopportabile. 9 In quanto a questo poi, Mirandolina ha un merito estraordinario. marchese Sin qua il signor Marchese ha ragione. La nostra padroncina della locanda è conte veramente amabile. 25 Quando l’amo io, potete credere che in lei vi sia qualche cosa di grande. marchese 10 In verità mi fate ridere. Che mai può avere di stravagante costei, che non cavaliere 11 sia comune all’altre donne? Ha un tratto nobile, che incatena. marchese 12 È bella, parla bene, veste con pulizia, è di un ottimo gusto. 30 conte Tutte cose che non vagliono un fico. Sono tre giorni ch’io sono in questa cavaliere 13 locanda, e non mi ha fatto specie veruna. 14 Guardatela, e forse ci troverete del buono. conte Eh, pazzia! L’ho veduta benissimo. È una donna come l’altre. cavaliere Non è come l’altre, ha qualche cosa di più. Io che ho praticate le prime 35 marchese dame, non ho trovato una donna che sappia unire, come questa, la gentilezza 15 e il decoro. Cospetto di bacco! Io son sempre stato solito trattar donne: ne conosco li conte 16 difetti ed il loro debole. Pure con costei, non ostante il mio lungo corteggio e 17 le tante spese per essa fatte, non ho potuto toccarle un dito. 40 Arte, arte sopraffina. Poveri gonzi! Le credete, eh? A me non la farebbe. cavaliere 18 Donne? Alla larga tutte quante elle sono. Non siete mai stato innamorato? conte Mai, né mai lo sarò. Hanno fatto il diavolo per darmi moglie, né mai cavaliere 19 l’ho voluta. 45 Ma siete unico della vostra casa: non volete pensare alla successione? marchese cavaliere Ci ho pensato più volte, ma quando considero che per aver figliuoli mi converrebbe soffrire una donna, mi passa subito la volontà. 20 21 Che volete voi fare delle vostre ricchezze? conte Godermi quel poco che ho con i miei amici. 50 cavaliere Bravo, Cavaliere, bravo; ci goderemo. marchese E alle donne non volete dar nulla? conte Niente affatto. A me non ne mangiano sicuramente. cavaliere 22 Ecco la nostra padrona. Guardatela, se non è adorabile. conte Oh la bella cosa! Per me stimo più di lei quattro volte un bravo cane da 55 cavaliere caccia. Se non la stimate voi, la stimo io. marchese Ve la lascio, se fosse più bella di Venere. cavaliere 23 contrasto, discussione. dissensione: 1 argomento, questione. punto: 2 è necessario aver disponibilità di denari. vogliono esser denari: 3 di essere corrisposto. corrispondenza: 4 regali in denaro. attenzioni: 5 che abbia minore importanza. che lo meriti meno: 6 vi sconvolge? vi scompone?: 7 abbia motivo di discutere con qualcuno. abbia che dir: 8 disgrazia. infermità: 9 dal momento che. Quando: 10 straordinario. stravagante: 11 modo di fare. tratto: 12 non valgono nulla. non vagliono un fico: 13 non ha destato in me alcun interesse. non… veruna: 14 io che ho frequentato le signore più nobili. Io che ho praticate le prime dame: 15 perbacco! Cospetto di bacco!: 16 corteggiamento. corteggio: 17 sciocchi. gonzi: 18 hanno fatto di tutto. Hanno fatto il diavolo: 19 sarei costretto a sopportare. mi converrebbe soffrire: 20 la voglia. la volontà: 21 non me ne spillano (di denaro). A me non ne mangiano: 22 anche se. se: 23 Scena quinta Mirandolina e detti. M’inchino a questi cavalieri. Chi mi domanda di lor signori? 60 mirandolina 24 Io vi domando, ma non qui. marchese Dove mi vuole, Eccellenza? mirandolina Nella mia camera. marchese Nella sua camera? Se ha bisogno di qualche cosa verrà il cameriere a mirandolina servirla. 65 (Che dite di quel contegno?). ( ) marchese al Cavaliere (Quello che voi chiamate contegno, io lo chiamerei temerità, impertinenza). cavaliere 25 ( ) al Marchese Cara Mirandolina, io vi parlerò in pubblico, non vi darò l’incomodo di venire conte nella mia camera. Osservate questi orecchini. Vi piacciono? 70 Belli. mirandolina Sono diamanti, sapete? conte Oh, li conosco. Me ne intendo anch’io dei diamanti. mirandolina E sono al vostro comando. conte 26 (Caro amico, voi li buttate via). ( ) 75 cavaliere piano al Conte Perché mi vuol ella donare quegli orecchini? mirandolina Veramente sarebbe un gran regalo! Ella ne ha de’ più belli al doppio. marchese 27 Questi sono legati alla moda. Vi prego riceverli per amor mio. conte 28 (Oh che pazzo!). ( ) cavaliere da sé No, davvero, signore… 80 mirandolina Se non li prendete, mi disgustate. conte 29 Non so che dire… mi preme tenermi amici gli avventori della mia locanda. mirandolina Per non disgustare il signor Conte, li prenderò. (Oh che forca!). ( ) cavaliere 30 da sé (Che dite di quella prontezza di spirito?). ( ) 85 conte al Cavaliere (Bella prontezza! Ve li mangia, e non vi ringrazia nemmeno). ( ) cavaliere 31 al Conte Veramente, signor Conte, vi siete acquistato gran merito. Regalare una marchese donna in pubblico, per vanità! Mirandolina, vi ho da parlare a quattr’occhi, 32 fra voi e me: son cavaliere. (Che arsura! Non gliene cascano). ( ) Se altro non mi comandano, 90 mirandolina 33 da sé io me n’anderò. Ehi! padrona. La biancheria che mi avete dato, non mi gusta. Se non ne cavaliere 34 avete di meglio, mi provvederò. ( ) 35 con disprezzo Signore, ve ne sarà di meglio. Sarà servita, ma mi pare che la potrebbe mirandolina chiedere con un poco di gentilezza. 95 Dove spendo il mio denaro, non ho bisogno di far complimenti. cavaliere Compatitelo. Egli è nemico capitale delle donne. ( ) conte 36 a Mirandolina Eh, che non ho bisogno d’essere da lei compatito. cavaliere Povere donne! che cosa le hanno fatto? Perché così crudele con noi, mirandolina signor Cavaliere? 100 Basta così. Con me non vi prendete maggior confidenza. Cambiatemi cavaliere la biancheria. La manderò a prender pel servitore. Amici, vi sono schiavo. 37 38 ( ) parte desidera. domanda: 24 temerarietà. temerità: 25 a vostra disposizione. al vostro comando: 26 ne possiede di doppiamente belli. Dalla battuta si capisce che gli orecchini donati dal Conte sono di scarso valore. ne ha… al doppio: 27 sono incastonati secondo la moda. sono legati alla moda: 28 mi offendete. mi disgustate: 29 che furba! Si tratta di un’espressione popolare di uso toscano. che forca!: 30 ve li sottrae. Ve li mangia: 31 fare regali a una donna. L’uso transitivo di “regalare” è tipico del dialetto veneziano e riproduce la costruzione latina del verbo donare. Regalare una donna: 32 che spilorceria! Non gliene scappano (di soldi dalle tasche). Che arsura… cascano: 33 non mi piace. non mi gusta: 34 provvederò da solo (magari andando altrove). mi provvederò: 35 acerrimo. capitale: 36 dal. pel: 37 vi riverisco. È una formula veneta di cortesia e di saluto (da cui deriva il vocabolo moderno “ciao”). vi sono schiavo: 38 Scena sesta Il Marchese, il Conte e Mirandolina. Che uomo salvatico! Non ho veduto il compagno. 105 mirandolina 39 40 Cara Mirandolina, tutti non conoscono il vostro merito. conte In verità, son cosi stomacata del suo mal procedere, che or ora lo licenzio mirandolina 41 a dirittura. Sì; e se non vuol andarsene, ditelo a me, che lo farò partire immediatamente. marchese Fate pur uso della mia protezione. 110 E per il denaro che aveste a perdere, io supplirò e pagherò tutto. (Sentite, conte mandate via anche il Marchese, che pagherò io). ( ) piano a Mirandolina Grazie, signori miei, grazie. Ho tanto spirito che basta, per dire ad mirandolina 42 un forestiere ch’io non lo voglio, e circa all’utile, la mia locanda non ha mai 43 camere in ozio. 115 […] scontroso. salvatico: 39 non ho mai conosciuto nessuno come lui. Non ho veduto il compagno: 40 lo mando via (dalla locanda). lo licenzio: 41 coraggio. spirito: 42 quanto al guadagno. circa all’utile: 43 Scena nona Mirandolina, sola. Uh, che mai ha detto! L’eccellentissimo signor Marchese Arsura mi mirandolina sposerebbe? Eppure, se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà. Io 44 non lo vorrei. Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che farne. Se avessi sposati tutti quelli che hanno detto volermi, oh, avrei pure tanti mariti! Quanti arrivano 120 a questa locanda, tutti di me s’innamorano, tutti mi fanno i cascamorti; e tanti e tanti mi esibiscono di sposarmi a dirittura. E questo signor Cavaliere, 45 rustico come un orso, mi tratta sì bruscamente? Questi è il primo forestiere 46 capitato alla mia locanda, il quale non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico che tutti in un salto s’abbiano a innamorare: ma disprezzarmi così? 125 47 è una cosa che mi muove la bile terribilmente. È nemico delle donne? Non le 48 può vedere? Povero pazzo! Non avrà ancora trovato quella che sappia fare. Ma la troverà. La troverà. E chi sa che non l’abbia trovata? Con questi per l’appunto mi ci metto di picca. Quei che mi corrono dietro, presto presto mi annoiano. 49 La nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo e non la stimo. Tutto il mio 130 piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia 50 51 debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà. Tratto con tutti, ma non m’innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature di amanti spasimati; e voglio usar tutta l’arte per vincere, 135 52 abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che 53 54 siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura. [ La locandiera ha messo in atto il suo piano di seduzione per far innamorare il Cava- liere di Ripafratta, fingendo di approvare la sua avversione per le donne, dimostrando fastidio per le lusinghe del Conte e del Marchese e assumendo un atteggiamento di complicità con l’ospite, al quale dedica attenzioni particolari (come la biancheria preziosa o gli intingoli da lei stessa cucinati esclusivamente per lui). In seguito all’ar- rivo alla locanda di due attrici, Ortensia e Dejanira, che si fingono nobildonne ma vengono ben presto smascherate da Mirandolina, si innesca una sorta di giocosa com- petizione fra le tre donne per la conquista del Cavaliere misogino. Sarà la locandiera, ]. però, a prevalere Arsura è il nome ironico con cui Mirandolina ha ribattezzato il Marchese di Forlipopoli; nella scena precedente egli ha maledetto la propria mancanza di denaro, che gli impedisce di chiedere in moglie la locandiera. L’eccellentissimo… mi sposerebbe?: 44 mi propongono. mi esibiscono: 45 sgarbato, villano. rustico: 46 di colpo, subito (è un’espressione popolare). in un salto: 47 mi fa arrabbiare. mi muove la bile: 48 di puntiglio (dal francese ). di picca: 49 pique corteggiata. servita: 50 desiderata. vagheggiata: 51 tanti innamorati che si rendono ridicoli spasimando (per me). tante caricature… spasimati: 52 sconvolgere. conquassare: 53 rozzi. barbari: 54 ATTO II, scena sedicesima Il Cavaliere, solo. Tutti sono invaghiti di Mirandolina. Non è maraviglia, se ancor io principiava cavaliere a sentirmi accendere. Ma anderò via; supererò questa incognita forza… 140 55 56 Che vedo? Mirandolina? Che vuole da me? Ha un foglio in mano. Mi porterà il conto. Che cosa ho da fare? Convien soffrire quest’ultimo assalto. 57 Già da qui a due ore io parto. anch’io iniziavo a innamorarmi. ancor… accendere: 55 sconosciuta. incognita: 56 sopportare. soffrire: 57 Scena diciassettesima Mirandolina con un foglio in mano, e detto. Signore. ( ) 145 mirandolina mestamente Che c’è, Mirandolina? cavaliere Perdoni. ( ) mirandolina stando indietro Venite avanti. cavaliere Ha domandato il suo conto; l’ho servita. ( ) mirandolina mestamente Date qui. 150 cavaliere Eccolo. ( ) mirandolina si asciuga gli occhi col grembiale, nel dargli il conto Che avete? Piangete? cavaliere Niente, signore, mi è andato del fumo negli occhi. mirandolina Del fumo negli occhi? Eh! basta… quanto importa il conto? ( ) Venti cavaliere 58 legge paoli? In quattro giorni un trattamento sì generoso: venti paoli? 155 59 Quello è il suo conto. mirandolina E i due piatti particolari che mi avete dato questa mattina, non ci sono nel cavaliere conto? Perdoni. Quel ch’io dono, non lo metto in conto. mirandolina Me li avete voi regalati? 160 cavaliere Perdoni la libertà. Gradisca per un atto di… ( mirandolina si copre, mostrando di ) piangere Ma che avete? cavaliere Non so se sia il fumo, o qualche flussione di occhi. mirandolina 60 Non vorrei che aveste patito, cucinando per me quelle due preziose vi- 165 cavaliere vande. Se fosse per questo, lo soffrirei… volentieri… ( mirandolina mostra trattenersi di pian- ) gere (Eh, se non vado via!). ( ) Orsù, tenete. Queste sono due doppie. cavaliere da sé 61 Godetele per amor mio… e compatitemi… ( ) 170 62 s’imbroglia 63 ( ) mirandolina senza parlare, cade come svenuta sopra una sedia Mirandolina. Ahimè! Mirandolina. È svenuta. Che fosse innamorata di cavaliere me? Ma così presto? E perché no? Non sono io innamorato di lei? Cara Miran- dolina… Cara? Io cara ad una donna? Ma se è svenuta per me. Oh, come tu sei bella! Avessi qualche cosa per farla rinvenire. Io che non pratico donne, non 175 64 ho spiriti, non ho ampolle. Chi è di là? Vi è nessuno? Presto?… Anderò io. 65 66 Poverina! Che tu sia benedetta! ( ) parte, e poi ritorna Ora poi è caduto affatto. Molte sono le nostre armi, colle quali si mirandolina 67 vincono gli uomini. Ma quando sono ostinati, il colpo di riserva sicurissimo è uno svenimento. Torna, torna. ( ) 180 si mette come sopra ( ) Eccomi, eccomi. E non è ancor rinvenuta. Ah, cavaliere torna con un vaso d’acqua certamente costei mi ama. ( ) Animo, animo. Son la spruzza, ed ella si va movendo qui cara. Non partirò più per ora. a quanto ammonta l’importo del conto? quanto importa il conto?: 58 il paolo era una moneta pontificia, così chiamata da papa Paolo III, che nel 1540 ne fece aumentare il contenuto d’argento. paoli: 59 infiammazione (il termine indica precisamente un eccessivo flusso di sangue in una parte del corpo). flussione: 60 due monete d’oro (dal valore di due ducati, per questo dette doppie). due doppie: 61 perdonatemi. compatitemi: 62 si confonde. : 63 s’imbroglia frequento. pratico: 64 essenze usate un tempo per far rinvenire chi era soggetto a svenimento. spiriti: 65 boccette per contenere essenze e liquori in piccole quantità. ampolle: 66 è completamente innamorato. è caduto affatto: 67 Scena diciottesima Il Servitore colla spada e cappello, e detti. Ecco la spada ed il cappello. ( ) 185 servitore al Cavaliere Va via. ( ) cavaliere al Servitore, con ira I bauli… servitore Va via, che tu sia maledetto. cavaliere Mirandolina… servitore Va, che ti spacco la testa. ( ) E non rinviene 190 cavaliere lo minaccia col vaso; il Servitore parte ancora? La fronte le suda. Via, cara Mirandolina, fatevi coraggio, aprite gli occhi. Parlatemi con libertà. Scena diciannovesima Il Marchese ed il Conte, e detti. Cavaliere? marchese Amico? 195 conte (Oh maledetti!). ( ) cavaliere va smaniando Mirandolina. marchese Oimè! ( ) mirandolina s’alza Io l’ho fatta rinvenire. marchese Mi rallegro, signor Cavaliere. 200 conte Bravo quel signore, che non può vedere le donne. marchese Che impertinenza? cavaliere Siete caduto? conte 68 Andate al diavolo quanti siete. ( cavaliere getta il vaso in terra, e lo rompe verso il Conte ) 205 ed il Marchese, e parte furiosamente Il Cavaliere è diventato pazzo. ( ) conte parte Di questo affronto voglio soddisfazione. ( ) marchese 69 parte L’impresa è fatta. Il di lui cuore è in fuoco, in fiamme, in cenere. Restami mirandolina solo, per compiere la mia vittoria, che si renda pubblico il mio trionfo, a scorno degli uomini presuntuosi, e ad onore del nostro sesso. ( ) 210 70 parte ci siete cascato? Siete caduto?: 68 un risarcimento. soddisfazione: 69 umiliazione. scorno: 70 >> pagina 318 Dentro il TESTO I contenuti tematici Nella locanda di Mirandolina sono ospitati tre nobili, ognuno dei quali esprime una diversa anima del ceto aristocratico messo in ridicolo da Goldoni. Il Marchese di Forlipopoli e il Conte d’Albafiorita rappresentano rispettivamente una nobiltà di sangue, irrimediabilmente decaduta per avere dilapidato le proprie risorse, e una nobiltà acquisita di recente, che fa sfoggio della ricchezza con l’esibizionismo tipico degli arricchiti; il Cavaliere di Ripafratta impersona invece un’aristocrazia ancora fiera e altera, che coltiva fino all’eccesso il proprio senso di superiorità, qui tradotto nel disprezzo per il sentimento amoroso e per l’universo femminile. Ogni personaggio è caratterizzato da : il Marchese dall’avarizia e dall’orgoglio per i propri privilegi ( , r. 110); il Conte dalla prodigalità e dalla volgarità, che lo porta a ostentare le proprie ricchezze ( , r. 111); il Cavaliere dalla misoginia, esibita come il segno della sua posizione di forza e di dominio ( , r. 92; , r. 96). manie e debolezze Fate pur uso della mia protezione E per il denaro che aveste a perdere, io supplirò e pagherò tutto Ehi! padrona. La biancheria che mi avete dato, non mi gusta Dove spendo il mio denaro, non ho bisogno di far complimenti Le diverse anime della nobiltà >> pagina 319 Tutt’altra condizione sociale contraddistingue il personaggio di Mirandolina. La locandiera eredita certi , vivace protagonista della commedia dell’arte, dove appariva con vari nomi (Colombina il più frequente); in particolare, Goldoni recupera dalla tradizione il piglio disinvolto e spregiudicato della maschera, approfondisce la sua personalità dotandola di una che la rende autentica, secondo la concezione della commedia riformata. requisiti della servetta ma psicologia complessa Dopo essere stata evocata dagli altri personaggi, Mirandolina si presenta agli spettatori con un lungo monologo in cui liquida la proposta di matrimonio del Marchese, troppo a secco di denaro (da cui il soprannome di che gli affibbia la donna) per essere preso in considerazione, censura l’atteggiamento del Cavaliere, (r. 123) e (r. 126), e rivela la propria attitudine a dominare gli uomini ( , rr. 130-131). Arsura rustico come un orso nemico delle donne Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata Ma Mirandolina non è soltanto . Da donna borghese, è anche ( , r. 73), scaltra ( , rr. 82-83) e abile negli affari ( , rr. 114-115). Intascando i regali degli ospiti, godendo della loro devozione e facendo mostra di non volerli offendere (per curare in realtà i propri interessi), Mirandolina tiene legati a sé i suoi corteggiatori senza concedersi e senza danneggiare la propria reputazione. sfuggente e seduttiva concreta e calcolatrice Oh, li conosco. Me ne intendo anch’io dei diamanti mi preme tenermi amici gli avventori della mia locanda. Per non disgustare il signor Conte, li prenderò e circa all’utile, la mia locanda non ha mai camere in ozio La locandiera: donna e borghese Il Cavaliere, tuttavia, sembra sottrarsi al gioco della locandiera, con l’intenzione di non cadere nella sua rete. Sentendosi sfidata, Mirandolina ingaggia allora una battaglia per il riscatto del genere femminile: (rr. 135-137). e voglio usar tutta l’arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura Recependo gli , però, Goldoni non si limita a far raggiungere a Mirandolina lo scopo immediato, vincere la ritrosia e la misoginia del Cavaliere: dopo aver fatto capitolare l’uomo, infatti, la donna pretenderà una dichiarazione d’amore pubblica, perché la sua sfida non rappresenta più soltanto una questione privata, ma assume una . ideali illuministi di emancipazione e uguaglianza valenza sociale e ideologica Orgoglio di genere e di ceto Le scelte stilistiche I protagonisti dialogano tra loro con , che coinvolgono direttamente o indirettamente tutti i personaggi. Alcune battute, rivolte a un unico personaggio, sono però pronunciate sottovoce, di nascosto, in modo che gli altri non sentano. Si crea così una , i quali sono più informati dei personaggi sulla scena. Ciò avviene in modo ancor più chiaro nelle battute che gli attori pronunciano tra sé e sé e nei monologhi: in quello di Mirandolina, la donna, sfogandosi, rivela al pubblico la sua indole e il piano che sta architettando. frasi brevi e vivaci complicità con gli spettatori Dialoghi e monologhi I monologhi mostrano inoltre un aspetto importante del temperamento di Mirandolina. Quando si rivolge agli ospiti, la locandiera parla in modo raffinato, con uno stile formale ed elevato, adeguato agli interlocutori ( , r. 60; , r. 62); nel monologo, invece, il suo linguaggio diventa spontaneo e colloquiale, con il ricorso a soprannomi di scherno ( , r. 117), a modi di dire proverbiali ( , r. 119), a similitudini* basse e colloquiali ( , r. 123) e a espressioni popolari ( , r. 126). M’inchino a questi cavalieri. Chi mi domanda di lor signori? Dove mi vuole, Eccellenza? Marchese Arsura Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che farne rustico come un orso mi muove la bile L’arma sottile del linguaggio >> pagina 320 Verso le COMPETENZE Comprendere 1 Riassumi il brano letto in circa 20 righe. 2 A quali mezzi fanno ricorso il Conte e il Marchese per sedurre Mirandolina? perché? 3 Quale atteggiamento ha inizialmente il Cavaliere nei confronti di Mirandolina? Analizzare 4 Qual è la funzione dei numerosi puntini di sospensione alla scena diciasettesima? Individua i vocaboli che caratterizzano le personalità del archese, sottolineando quelli riconducibili all’ambito semantico del denaro per il primo e del potere per il secondo. 5 Conte e del M Commenta le scelte sintattiche che contribuiscono a rendere la concitazione del valiere quando deve ammettere sé stesso i propri sentimenti e quando deve soccorrere Mirandolina svenuta. 6 Ca con Interpretare 7 Rileggi il monologo di Mirandolina nella scena nona: potresti definirla una “femminista ante litteram ”? perché? T3 Prima di tutto, le vacanze Le smanie per la villeggiatur a, atto II, scena I è la commedia che apre una trilogia dedicata alla passione dei benestanti per le vacanze in campagna, vissute come un’esibizione del proprio status sociale. In questa scena Vittoria si confronta con Paolo, il servo di suo fratello Leonardo, che prova invano a farle capire come certe spese siano insostenibili. Le smanie per la villeggiatura L’ di obbligo sociale partire Asset ID: 152 ( ) let-audlet-prima-di-tutto-le-vaca600.mp3 Audiolettura ATTO II, scena prima Camera di Leonardo. Vittoria e Paolo. Via, via, non istate più a taroccare. Lasciate, che le donne finiscano di fare vittoria 1 quel che hanno da fare, e piuttosto v’aiuterò a terminare il baule per mio fratello. 5 Non so che dire. Siamo tanti in casa, e pare ch’io solo abbia da fare ogni cosa. paolo Presto, presto. Facciamo, che quando torna il signor Leonardo, trovi tutte vittoria le cose fatte. Ora son contentissima, a mezzogiorno avrò in casa il mio abito nuovo. Gliel’ha poi finito il sarto? 10 paolo Sì, l’ha finito; ma da colui non mi servo più. vittoria E perché, signora? Lo ha fatto male? paolo No, per dir la verità, è riuscito bellissimo. Mi sta bene, è un abito di buon vittoria gusto, che forse forse farà la prima figura, e farà crepar qualcheduno d’invidia. brontolare. taroccare: 1 E perché dunque è sdegnata col sarto? 15 paolo Perché mi ha fatto un’impertinenza. Ha voluto i danari subito per la stoffa vittoria 2 e per la fattura. Perdoni, non mi par che abbia gran torto. Mi ha detto più volte che ha un paolo conto lungo, e che voleva esser saldato. E bene, doveva aggiungere alla lunga polizza anche questo conto, e sarebbe 20 vittoria 3 stato pagato di tutto. E quando sarebbe stato pagato? paolo Al ritorno della villeggiatura. vittoria Crede ella di ritornar di campagna con dei quattrini? paolo È facilissimo. In campagna si gioca. Io sono piuttosto fortunata nel gioco, 25 vittoria e probabilmente l’avrei pagato senza sagrificare quel poco che mio fratello mi 4 passa per il mio vestito. A buon conto quest’abito è pagato, e non ci ha più da pensare. paolo 5 Sì, ma sono restata senza quattrini. vittoria Che importa? Ella non ne ha per ora da spendere. 30 paolo E come ho da far a giocare? vittoria Ai giochetti si può perder poco. paolo 6 Oh! io non gioco a giochetti. Non ci ho piacere, non vo’ applicare. In città vittoria 7 gioco qualche volta per compiacenza; ma in campagna il mio divertimento, la 8 mia passione, è il faraone. 35 9 Per quest’anno le converrà aver pazienza. paolo Oh, questo poi, no. Vo’ giocare, perché mi piace giocare. Vo’ giocare, perché vittoria ho bisogno di vincere, ed è necessario che io giochi, per non far dire di me la conversazione. In ogni caso io mi fido, io mi comprometto di voi. 10 11 Di me? 40 paolo Sì, di voi. Sarebbe gran cosa, che mi anticipaste qualche danaro, a conto del vittoria mio vestiario dell’anno venturo? 12 Perdoni. Mi pare che ella lo abbia intaccato della metà almeno. paolo Che importa? Quando l’ho avuto, l’ho avuto. Io non credo, che vi farete vittoria pregare per questo. 45 Per me la servirei volentieri, ma non ne ho. È vero che quantunque io non paolo abbia che il titolo, ed il salario di cameriere, ho l’onor di servire il padrone da fattore e da mastro di casa. Ma la cassa ch’io tengo è così ristretta, che non 13 arrivo mai a poter pagare quello che alla giornata si spende; e per dirle la verità, sono indietro anch’io di sei mesi del mio onorario. 50 14 Lo dirò a mio fratello, e mi darà egli il bisogno. vittoria 15 Signora, si accerti che ora è più che mai in ristrettezze grandissime, e non paolo 16 17 si lusinghi, perché non le può dar niente. 18 uno sgarbo. un’impertinenza: 2 l’elenco dei crediti. polizza: 3 sacrificare. sagrificare: 4 non deve pensarci più. non ci ha più da pensare: 5 giochi di società senza posta in denaro. giochetti: 6 non voglio mettermici. non vo’ applicare: 7 per fare piacere a chi lo desidera. per compiacenza: 8 gioco di carte, molto popolare nel Settecento. faraone: 9 perché non sparlino di me. per non far dire di me la conversazione: 10 mi affido a voi. io mi comprometto di voi: 11 da mettere nelle spese per il mio guardaroba. a conto del mio vestiario: 12 debbo fare anche da amministratore dei beni di campagna (fattore) e maggiordomo (mastro di casa). fattore… casa: 13 stipendio. onorario: 14 il necessario. il bisogno: 15 si renda conto. si accerti: 16 difficoltà economiche. ristrettezze: 17 non si illuda. non si lusinghi: 18 Ci sarà del grano in campagna. vittoria Non ci sarà nemmeno il bisogno per fare il pane che occorre. 55 paolo L’uva non sarà venduta? vittoria È venduta anche l’uva. paolo Anche l’uva? vittoria E se andiamo di questo passo, signora... paolo Non sarà così di mio zio. 60 vittoria Oh! quello ha il grano, il vino e i danari. paolo E non possiamo noi prevalerci di qualche cosa? vittoria 19 Non signora. Hanno fatto le divisioni. Ciascheduno conosce il suo. Sono paolo 20 separate le fattorie. Non vi è niente da sperare da quella parte. Mio fratello dunque va in precipizio. 65 vittoria 21 Se non ci rimedia. paolo E come avrebbe da rimediarci? vittoria Regolar le spese. Cambiar sistema di vivere. Abbandonar soprattutto la paolo villeggiatura. Abbandonar la villeggiatura? Si vede bene che siete un uomo da niente. 70 vittoria Ristringa le spese in casa. Scemi la tavola in città, minori la servitù; le dia 22 23 meno salario. Si vesta con meno sfarzo, risparmi quel che getta in Livorno. Ma 24 la villeggiatura si deve fare, e ha da essere da par nostro, grandiosa secondo il 25 solito, e colla solita proprietà. 26 : Crede ella, che possa durar lungo tempo? 75 paolo Che duri fin che io ci sono. La mia dote è in deposito, e spero che non vittoria 27 tarderò a maritarmi. E intanto?... paolo E intanto terminiamo il baule. vittoria Ecco il padrone. 80 paolo Non gli diciamo niente per ora. Non lo mettiamo in melanconia. Ho piacere vittoria che sia di buon animo, che si parta con allegria. Terminiamo di empir il 28 baule. (Si affrettano tutti e due a riporre il baule.) approfittare. prevalerci: 19 nossignora. Non signora: 20 in rovina. in precipizio: 21 diminuisca. Ristringa: 22 abbatta le spese alimentari e tagli il numero dei servitori. Scemi… servitù: 23 spreca. getta: 24 alla nostra altezza. da par nostro: 25 distinzione. proprietà: 26 messa da parte. in deposito: 27 riempire. empir: 28 >> pagina 322 Dentro il TESTO I contenuti tematici Nei suoi Goldoni scrive che «è proprio in Italia e specialmente a Venezia che questa mania di andare in villa fornisce situazioni così strambe che si prestano alla commedia». è per l’appunto una commedia di costume, incentrata sul desiderio di esibire la propria ricchezza, a costo di vivere sopra le proprie possibilità. A ciò si intreccia una complessa vicenda amorosa, che coinvolge i personaggi principali in colpi di scena continui, nei quali danno il peggio di sé. Non sorprende perciò che la vicenda sia ambientata a Livorno, e non a Venezia: la cautela era d’obbligo per evitare problemi con la censura e con la buona società lagunare, colpita nelle sue debolezze. Ma ciò non limita l’acutezza satirica dello sguardo di Goldoni, che dà prova di grande maestria nel raccontare i preparativi per la partenza, fra dubbi, litigi, intralci, ripicche. Mémoires Le smanie per la villeggiatura Una commedia di costume >> pagina 323 Vittoria, sorella di Leonardo, sta finalmente per ricevere il suo abito all’ultima moda francese, ordinato a un sarto che ha avuto il cattivo gusto (l’ , ) di chiederle di pagare. Il suo temperamento è brioso e superficiale: ossessionata dalla reputazione e da ciò che pensa la gente, non ha alcuno spirito pratico. Addirittura, spera di saldare il conto con i soldi che conta di vincere giocando d’azzardo in villeggiatura. Paolo, servitore del fratello, cerca di farla ragionare, ma non c’è verso: giocare senza poste in danaro non la appassiona, anche perché teme che qualcuno possa pensare che sia in difficoltà economiche ( , ). Di fronte a un simile rischio, giunge al paradosso di chiedere dei soldi in prestito al servitore, che rifiuta, essendo al verde e in arretrato di stipendio. Invano il cameriere, da buon rappresentante di un popolo parsimonioso e perciò attento all’economia domestica, si affanna a consigliarla, certo non di lavorare, ma almeno di ridurre le spese, lasciando perdere i costosi capricci della moda. La sua è la voce del buonsenso, che resta inascoltata. impertinenza r. 16 è necessario che io giochi, per non far dire di me la conversazione rr. 38-39 Le ambizioni borghesi e il buon senso popolare Per aprire gli occhi a Vittoria, Paolo le dice senza mezzi termini che il fratello si trova in ( ), e non è più in grado di far fronte a esborsi gravosi. La donna ribatte evocando le ricchezze della campagna, come il grano e l’uva: la moda della villeggiatura nacque in effetti dall’usanza dei nobili di trascorrere la fine dell’estate nelle proprie tenute, per sorvegliare i lavori agricoli, dai quali dipendeva la loro ricchezza. ristrettezze grandissime r. 52 Vittoria però non si rende conto che i tempi dell’abbondanza sono finiti, e di grano – le precisa duramente il servitore – (r. 55). Parole al vento per chi non può fare a meno di mantenere ed esibire un tenore di vita elevato. Di rinunciare alla villeggiatura, la frivola Vittoria non si sogna neppure. È una spesa inutile, ma necessaria per tacitare le male lingue, in una società nella quale conta innanzitutto apparire e che Goldoni ritrae nella sua frivola e sciocca mondanità. Lo incita dunque a riempire il baule con quanto necessario a una permanenza in campagna che dovrà essere (rr. 73-74). non ci sarà nemmeno il bisogno per fare il pane che occorre da par nostro, grandiosa secondo il solito, e colla solita proprietà “In ristrettezze grandissime” Nel prosieguo della commedia, Leonardo annuncia alla sorella che la partenza per la villeggiatura è rimandata. Vittoria è disperata ma comprende che c’è qualcosa sotto. In effetti il fratello ha scoperto che Guglielmo, suo rivale nell’amore per Giacinta, partirà in carrozza insieme a loro, e non lo può accettare in alcun modo. Le cose precipitano, e il rischio di un duello fra i due pretendenti si fa concreto. Ma gli equivoci saranno presto chiariti, anche grazie all’intervento provvidenziale di un mediatore: il matrimonio tra Leonardo e Giacinta si farà. E – quel che più conta – anche la vacanza tanto attesa. L’esito della vicenda Verso le COMPETENZE COMPRENDERE Dove si svolge la scena? 1 Che cosa stanno facendo Vittoria e Paolo? 2 Perché Vittoria si lamenta del sarto? 3 Per quali motivi Vittoria in villeggiatura gioca spesso? 4 ANALIZZARE Individua nel testo tutte le frasi pronunciate da Vittoria che dimostrino quanto sia interessata soprattutto a far bella figura in società. 5 Nelle battute relative al gioco d’azzardo scambiate tra Vittoria e Paolo quali figure di ripetizione sono presenti? Che funzione hanno? 6 >> pagina 324 INTERPRETARE Come viene interpretata, da Vittoria, la richiesta del sarto di essere pagato in anticipo? Che tipo di atteggiamento ? 7 rivela Perché Paolo rifiuta la richiesta di prestito di Vittoria? Quale situazione la sua risposta? 8 rivela Quale frase l’egoismo di Vittoria, completamente indifferente alla situazione economica della famiglia? 9 rivela appieno Produrre 10 Scrivere per argomentare. Il gioco d’azzardo, soprattutto per le sue derive patologiche, è una delle piaghe sociali dei nostri tempi: in che modo sarebbe possibile contrastarlo? Dopo aver fatto una ricerca sul tema, argomenta la tua risposta in un testo di circa 40 righe. 11 Scrivere per raccontare. Secondo Vittoria, l’immagine che diamo di noi stessi durante la villeggiatura è più importante di quella che si dà nella quotidianità? Tu che cosa ne pensi? In vacanza ti senti o ti comporti in modo diverso dal solito o no? Perché? Tra italiano e dialetto 3 in sintesi Quando Goldoni inizia a scrivere per il teatro, si trova ad affrontare un nodo difficile quanto ineludibile: il . Egli mira a creare opere che raggiungano un pubblico socialmente e culturalmente vario, e siano comprensibili in buona parte d’Italia. Gli Stati italiani del tempo, tuttavia, non dispongono di una lingua davvero unitaria, se si esclude il , che ha però un carattere prevalentemente libresco, inadeguato a esprimere le mille sfaccettature della vita quotidiana. Le lingue utilizzate nella vita di tutti i giorni sono dunque i , che presentano una ricchezza e una duttilità straordinarie ma hanno potenzialità d’impiego limitate dal fattore geografico. La creazione di un nuovo “italiano” problema della lingua toscano letterario dialetti Per risolvere questo problema, Goldoni inventa un “italiano” che si serve di strumenti linguistici di diversa provenienza, approdando a un’originale costituita da un da termini lombardi, venetismi, francesismi e forme colloquiali fiorentine. miscela plurilinguistica toscano “dialettizzato” Le commedie di Goldoni sono rivolte a un di diversa provenienza sociale e regionale. L’Italia non ha ancora una lingua usata da tutti e la maggior parte delle persone si esprime nei diversi dialetti. Goldoni inventa allora un per il suo teatro: una sorta di toscano con inserzioni dialettali provenienti da diverse parti d’Italia. pubblico nuovo linguaggio Per Goldoni, la lingua è soprattutto un mezzo di comunicazione, efficace se raggiunge un pubblico ampio. Per questa ragione, al fine di rendere chiari i discorsi dei suoi personaggi, Goldoni li fa interloquire con un , caratterizzato da una (i periodi sono sempre brevi), che privilegia la paratassi alla subordinazione; il , inoltre, è sempre coerente con l’ambiente di provenienza dei protagonisti della scena. Lo stile al servizio della naturalezza espressiva linguaggio non letterario sintassi semplice lessico quotidiano e familiare Intendendo ritrarre con naturalezza e realismo il mondo in cui gli spettatori si devono riconoscere, Goldoni mira insomma all’«imitazione delle persone che parlano più di quelle che scrivono». Rivendicando di essere un «poeta comico» e non un «accademico della Crusca», egli attinge il linguaggio direttamente dalle conversazioni che ascolta tra le persone, dai dialoghi tra uomini e donne, che riflettono le mentalità e gli orizzonti culturali delle diverse classi sociali. I personaggi si esprimono in maniera . I dialoghi hanno una sintassi semplice, che riproduce il . realistica parlato >> pagina 325 Il ricorso al si spiega proprio in relazione a questo , che in alcuni casi porta Goldoni a sacrificare la fruibilità delle sue commedie da parte di un pubblico non veneziano per esaltare l’effetto realistico della lingua. Il dialetto veneziano è utilizzato sia in concomitanza con l’italiano, per caratterizzare i personaggi del popolo o le maschere più tradizionali (come Arlecchino), sia come lingua esclusiva di alcune commedie ( , , ). Il dialetto come strumento realistico dialetto veneziano principio di verosimiglianza I rusteghi Sior Todero brontolon Le baruffe chiozzotte Si tratta di una scelta meditata e non caricaturale, compiuta per dare forza e credibilità all’ che la riforma goldoniana si propone. Il dialetto, infatti, esprime perfettamente la concretezza delle esperienze quotidiane, rende con immediatezza sentimenti e riflessioni, fa scaturire e dall’istintività delle reazioni. Non a caso Goldoni vi ricorre per rappresentare un’umanità popolare genuina e autentica, che egli descrive dall’interno, mettendone in luce vizi e virtù senza scadere in atteggiamenti parodistici o paternalistici. intento mimetico la comicità dalla semplicità La ricerca del realismo porta l’autore a scegliere molto spesso il dialetto veneziano, perché le sue commedie sono ambientate a e i si esprimono sempre in dialetto. Venezia personaggi popolari T4 Todero: il vincitore sconfitto Sior Todero brontolon , atto III, scene XIV-ultima Benché ricco, Todero - un “rustego” (cioè uno zotico) brontolone e dispotico - priva il figlio, Pellegrino, e la nuora, Marcolina, di qualsiasi agio e libertà. Grazie all’iniziativa dell’amica Fortunata, Marcolina trova per la figlia Zanetta un buon partito, Meneghetto: ricco, rispettoso, di modi eleganti, parente della stessa Fortunata. I due giovani si piacciono, ma Todero ha già stabilito di far unire in matrimonio Zanetta con il modesto Nicoletto, figlio del suo fattore, Desiderio, così da tutelare i propri interessi e risparmiare sulla dote. Marcolina si oppone al progetto, ma non può contare sull’aiuto del marito, debole di carattere e succube del padre. Così, con la complicità di Zanetta combina il matrimonio tra la propria servetta e Nicoletto; poi, grazie all’onestà di Meneghetto, che si dichiara disposto a rinunciare alla dote (almeno finché vive Todero), riesce a far sposare i due giovani. Riportiamo le ultime tre scene della commedia, in cui compaiono tutti i personaggi per lo scioglimento finale, in un vivace e incalzante scambio di battute. Come di un vecchio burlarsi avaro Scena quattordicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto e Desiderio. E mi? Cossa ha da esser de mi? desiderio E vu tornerè a Bergamo a arar i campi. todero Oh! sior patron, la sa con quanta attenzion, con quanta fedeltà l’ho servia. desiderio La servirò ancora per gnente, senza salario, per gnente. 5 Me servirè per gnente? ( ) todero con più dolcezza Sior sì, ghe lo prometto. desiderio Sior sì, sior sì, el ve servirà per gnente. Ma de aria no se vive. El ve servirà fortunata per gnente, e el se pagherà da so posta. ( ) a Todero, forte Cossa gh’ìntrela ela? Me vorla veder precipità? 10 desiderio Tasè là. ( ) Son poveromo; mi no posso pagar un fattor. ( todero a Desiderio a ) nata Fortu Caro sior missier, no gh’avè vostro fio? marcolina Nol xe bon da gnente. ( ) todero a Marcolina Sior Meneghetto lo assisterà. ( ) 15 fortunata a Todero Cossa gh’ìntrelo elo in ti fatti mii? ( ) todero a Fortunata El gh’intreria, sel volesse. ( ) fortunata a Todero, dolcemente Intèndelo, sior missier? ( ) marcolina a Todero, dolcemente Coss’è, coss’è stà? Cossa voleu che intenda? Che zente seu? No savè gnanca todero parlar. 20 Parlè vu, sior zerman. ( ) fortunata a Meneghetto Sior Todero, la vede che quella scrittura sì fatta xe revocada dal fatto. meneghetto Ben; e cussì? todero Se la se degna de accordarme so siora nezza… meneghetto Via; gh’è altro? 25 todero Son pronto a darghe la man. meneghetto E no disè altro più de cussì? todero La comandi. meneghetto No m’aveu ditto che la torrè senza dota? todero Sior sì, senza dota. 30 meneghetto Mo vedeu? No savè parlar. Sior sì, son galantomo: quel che ho promesso, todero mantegno: ve la darò. Bravo, sior missier, son contenta anca mi. marcolina No ghe xe bisogno che siè contenta, o che no siè contenta; co son contento todero mi, basta. 35 (Mo el xe ben un omazzo!). marcolina E vu, sior, cossa feu qua? ( ) todero a Desiderio Stago a veder sta bella scena: vedo tutto, capisso tutto. Che i se comoda, desiderio che i se sodisfa; ma mi non anderò via de qua. Ho servio, semo parenti. Faremo lite. 40 Avanti de far lite, che sior Desiderio renda conto della so amministrazion. meneghetto El diavolo che ve porta. Vago via per no precipitar. ( ) desiderio parte Scena quindicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto, poi Zanetta. Credeu che el m’abbia robà? todero Anemo, anemo: ve sè liberà, no ghe pensè più. La vegna, la vegna, siora fortunata Zanetta. ( ) alla porta Cossa comàndela? zanetta (Ala savesto?). ( ) fortunata a Zanetta (Ho sentìo tutto). ( ) ZANETTA a Fortunata, con allegria Finalmente, siora Zanetta, spero che el cielo seconderà le mie brame e 50 meneghetto me concederà l’onor de conseguirla per mia consorte. Sior sì… la fortuna… per consolarme… El compatissa, che no so cossa dir. ZANETTA Via, deve la man. marcolina Tasè là, siora: tocca a mi a dirghelo. ( ) todero a Marcolina ( ). 55 ZANETTA Oh poveretta mi! Sposeve. (a Zanetta e Meneghetto) todero Questa xe mia muggier. meneghetto Questo xe mio mario. ( ) ZANETTA forte con spirito, e presto Brava, brava. La l’ha ditto pulito. fortunata Scena ultima 60 Pellegrino e detti. Coss’è? Cossa xe stà? Ghe xe strepiti, ghe xe sussuri? Me maraveggio; son pellegrino qua mi; son paron anca mi. ( ) in aria di voler far il bravo Martuffo! todero Saveu che strepiti, saveu che sussuri che ghe xe? Che vostra fia xe novizza. marcolina Con chi? 65 pellegrino Co sior Meneghetto. marcolina No ve l’oggio ditto, che sarave andà tutto ben? pellegrino Sior sì, xe andà tutto ben; ma no per vu, no per la vostra direzion. Muè marcolina sistema, sior Pellegrin; za che sior missier ha mandà via de casa sior Desiderio, preghelo che el ve fazza operar, che el ve prova, che el se prevala de vu. In quel 70 che no savè, sior Meneghetto ve assisterà. Mi pregherò sior missier de compatirme, de averme un poco de carità, de non esser con mi cussì aspro, de non esser in casa cussì suttilo. Ringraziemo el cielo de tutto, e ringraziemo de cuor chi n’ha sofferto con tanta bontà; pregandoli, che avendo osservà che brutto carattere che xe l’indiscreto, che xe el brontolon, no i voggia esser contra de mi 75 né indiscreti, né brontoloni. >> pagina 327 traduzione ATTO III, scena quattordicesima Todero , Marcolina , Fortunata , Meneghetto e Desiderio . E di me? Che cosa ne sarà di me? desiderio E voi tornerete a Bergamo ad arare i campi. todero Oh! signor padrone, sa con quanta cura, con quanta fedeltà l’ho servita. La servirò ancora per niente, senza salario, per niente. desiderio Mi servirete per niente? ( ) todero con più dolcezza Signor sì, glielo prometto. DESIDERIO Signor sì, signor sì, vi servirà per niente. Ma di aria non si vive. Vi servirà per niente, e si pagherà da solo. ( ) fortunata 1 a Todero, forte Che cosa c’entra lei? Mi vuole vedere andare in rovina? DESIDERIO Taci. ( ) Sono un poveruomo; non posso pagare un fattore. ( ) TODERO a Desiderio 2 a Fortunata Caro signor suocero, non avete vostro figlio? marcolina È un buono a nulla. ( ) TODERO a Marcolina Il signor Meneghetto lo assisterà. ( ) FORTUNATA a Todero Che cosa c’entra lui nei fatti miei? ( ) TODERO a Fortunata C’entrerebbe se voi voleste. ( ) fortunata a Todero, dolcemente Capite, signor suocero? ( ) MARCOLINA a Todero, dolcemente Cos’è, cos’è questa cosa? Cosa volete che capisca? Che gente siete? Non sapete neanche parlare. TODERO 3 cioè imbrogliando sui conti. si pagherà da solo: 1 Todero sperava di ottenere gratuitamente le prestazioni di Nicoletto in virtù del suo matrimonio con Zanetta. Sono… fattore: 2 : perché non parlano della cosa più importante, cioè che Meneghetto rinuncia alla dote. Non sapete neanche parlare 3 Parlate voi, signor cugino. ( ) FORTUNATA a Meneghetto Signor Todero, vede che quel contratto è stato sciolto da ciò che è successo. meneghetto 4 Bene; e perciò? TODERO Se si degna di concedermi la sua signora nipote… MENEGHETTO Via; c’è altro? TODERO Sono pronto a darle la mano. MENEGHETTO E non dite altro più di così? TODERO Comandi. MENEGHETTO Non mi avevate detto che la prendete senza dote? TODERO Signor sì, senza dote. MENEGHETTO Dunque vedete? Non sapete parlare. Signor sì, son galantuomo: quello che ho promesso, mantengo: ve la darò. TODERO 5 Bravo, signor suocero, sono contenta anch’io. MARCOLINA Non c’è bisogno che tu sia contenta, o che non sia contenta; quando sono contento io, basta. TODERO (Ma costui è davvero un grand’uomo!). MARCOLINA 6 E voi, signore, che cosa fate qua? ( ) TODERO a Desiderio Sto a vedere questa bella scena: vedo tutto, capisco tutto. Che facciano quel che vogliono, quel che a loro pare; ma io non andrò via di qua. Ho servito, siamo parenti. Andremo in tribunale. DESIDERIO Prima di ricorrere al tribunale, che il signor Desiderio renda conto della sua amministrazione. MENEGHETTO Che il diavolo vi porti. Vado via per non andare in rovina. ( ) DESIDERIO 7 parte Scena quindicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto, poi Zanetta. Credete che mi abbia derubato? TODERO Andiamo, andiamo: vi siete liberato, non ci pensate più. Venga, venga, signora Zanetta. ( ) fortunata alla porta Che cosa comanda? zanetta (Lo ha saputo?). ( ) fortunata a Zanetta (Ho sentito tutto). ( ) zanetta a Fortunata, con allegria Finalmente, signora Zanetta, spero che il cielo asseconderà i miei desideri e mi concederà l’onore di averla come mia consorte. MENEGHETTO Signor sì… la fortuna… per consolarmi… Cerchi di capire, che non so che cosa dire. zanetta Via, datevi la mano. marcolina Tacete, signora: tocca a me a dirglielo. ( ) todero a Marcolina (Oh poveretta me!). ZANETTA Meneghetto si riferisce alla promessa di matrimonio tra Nicoletto, figlio di Desiderio, e Zanetta, nipote di Todero, promessa ormai superata dal matrimonio tra Nicoletto e Cecilia, la cameriera di Marcolina. contratto: 4 Todero si dice “galantuomo” ma mantiene la promessa solo perché risparmia la dote. Signor sì… ve la darò: 5 l’espressione esprime l’ammirazione verso la generosità di una persona; in questo caso, rivolta (con l’enfasi resa dal punto esclamativo) da Marcolina a Todero, che ha appena dimostrato il proprio irriducibile e gretto egoismo, assume un valore ironico: significa infatti l’esatto contrario di ciò che afferma. Ma costui… grand’uomo!: 6 grand’uomo : è chiaro, a questo punto, che Desiderio imbrogliava Todero. Che il diavolo… rovina 7 Sposatevi. ( ) todero a Zanetta e Meneghetto Questa è mia moglie. MENEGHETTO Questo è mio marito. ( ) ZANETTA forte con spirito, e presto Brava, brava. L’ha detto ben chiaro. fortunata Scena ultima Pellegrino e detti. Cosa c’è? Cos’è questa faccenda? Si fanno strepiti, si sussurra? Mi meraviglio; sono qua io; sono padrone anch’io. ( ) pellegrino con l’aria di voler fare il bravaccio Sciocco! TODERO Volete sapere che strepiti, che sussurri, che cosa c’è? Che vostra figlia è sposa. MARCOLINA Con chi? PELLEGRINO Con il signor Meneghetto. MARCOLINA Non ve l’avevo detto, che sarebbe andato tutto bene? PELLEGRINO Signor sì, è andato tutto bene; ma non per voi, non per la vostra iniziativa. Cambiate sistema, signor Pellegrino; giacché il signor suocero ha mandato via di casa il signor Desiderio, pregatelo che vi faccia agire, che vi metta alla prova, che si avvalga di voi. In quel che non sapete, il signor Meneghetto vi assisterà. Io pregherò il signor suocero di scusarmi, di concedermi un poco di carità, di non esser con me così aspro, di non esser in casa così suscettibile. Ringraziamo il cielo di tutto, e ringraziamo di cuore chi ci ha sopportato con tanta bontà; pregandoli che, avendo osservato che brutto carattere è l’indiscreto, è il brontolone, non voglia che ci siano contro di me né indiscreti, né brontoloni. MARCOLINA 8 gli spettatori. chi: 8 >> pagina 329 Dentro il TESTO I contenuti tematici «Non vi è niente di più fastidioso, di più molesto alla Società, di un uomo che brontola sempre; cioè che trova a dire su tutto, che non è mai contento di niente, che tratta con asprezza, che parla con arroganza e si fa odiare da tutti. in questa commedia non è solamente, ma avaro e superbo […]. Tutta la morale di questa Commedia consiste nell’esposizione di un carattere odioso, affinché se ne correggano quelli che si trovano, per loro disgrazia, da questa malattia attaccati»: così spiega Goldoni nell’introduzione ( ) che, nell’edizione a stampa, precede la commedia. Todero brontolon L’autore a chi legge Tutti i difetti di Todero contribuiscono in effetti a renderlo agli occhi degli spettatori. In queste scene finali, pur dovendo accettare il fatto compiuto (l’impossibilità* di far sposare la nipote Zanetta con Nicoletto), egli cerca ancora di imporsi come vincitore ( , r. 54), mettendo così in evidenza il contrasto tra la sua meschinità ( , rr. 34-35), che fino all’ultimo non gli permette di avere altri interessi se non il proprio guadagno ( , r. 29), e la dignità e nobiltà d’animo del giovane Meneghetto, il quale dimostra disinteresse per il denaro ( , r. 30). ridicolo e odioso Tasè là, siora: tocca a mi a dirghelo co son contento mi, basta No m’aveu ditto che la torrè senza dota? Sior sì, senza dota Correggere i costumi con l’ironia >> pagina 330 Accanto alla , l’opera contiene anche una dimensione di . Todero è un vecchio e ricco mercante, dunque un rappresentante di quella borghesia veneziana cui Goldoni aveva attribuito, nelle commedie della prima fase, un ruolo preminente nella società, e che ora dipinge con i vizi e le ottusità tipiche della nobiltà. Egli non è soltanto burbero e scostante, ma anche incapace di condurre i propri affari in modo conveniente. satira dei comportamenti umani denuncia sociale Alla fine della vicenda, è proprio Meneghetto a liberare il vecchio Todero dall’amministratore Desiderio, che si rivela profittatore e truffatore ( , r. 41). Si viene così a scoprire come il vecchio despota, che allo scopo di rimanere l’unico padrone della sua attività non aveva mai concesso considerazione e stima al figlio, si sia in realtà lasciato truffare proprio da colui che aveva scelto come collaboratore. Il confronto tra i due personaggi, Todero e Meneghetto, fa emergere dunque, su un piano sociale, l’involuzione di una classe mercantile avida e cinica, che ha dimenticato i valori positivi della bontà, della lealtà e della sincerità. Avanti de far lite, che sior Desiderio renda conto della so amministrazion Un borghese ottuso Pellegrino, il figlio di Todero, conferma anche nell’ultima scena l’incapacità di opporsi al padre o di assumersi responsabilità; al contrario, Marcolina e Fortunata – grazie alle quali si è concluso il matrimonio – sono intraprendenti e determinate. La ribellione di Marcolina, però, è tutta privata: si è opposta al suocero e ha sottratto la figlia a un destino di tristezze e frustrazioni, ma sa di averlo fatto per conto del marito, di cui non contesta il ruolo. Alla fine della commedia, infatti, esorta Pellegrino a prendere parte attiva negli affari del padre e si propone di chiedere comprensione e benevolenza al suocero, dimostrando di adeguarsi alle gerarchie che governano la famiglia e la società borghese, dove il matrimonio è contrattato dai parenti affinché sia conveniente alle parti in gioco. Ancora una volta, quindi, alla pari di quella maschile – condividendo la posizione degli Illuministi –, ma dalla tradizione. Goldoni mostra di stimare l’intelligenza femminile senza mettere in discussione l’assetto sociale consolidato Le donne: il motore della storia Le scelte stilistiche L’avidità e la mancanza di sensibilità di Todero sono messe alla berlina soprattutto attraverso i dialoghi. Rispondendo a Meneghetto con domande incalzanti, e solo apparentemente ingenue ( , r. 23; , r. 25; , r. 27), il vecchio brontolone spinge il giovane a confermare la propria rinuncia alla dote, prima di concedere la mano della nipote ( , rr. 31-32), presentandosi sfacciatamente come uomo leale, attraverso l’uso del termine (r. 31) e dei verbi (r. 31) e (r. 32), quando il suo comportamento è ispirato soltanto alla difesa del proprio interesse. Ben; e cussì? Via; gh’è altro? E no disè altro più de cussì? Sior sì, son galantomo: quel che ho promesso, mantegno: ve la darò galantomo promesso mantegno Lo strumento del dialogo Il è utilizzato nei registri più adatti alla : più studiato e formale quello di Meneghetto ( , r. 22), più colloquiale quello di Desiderio ( , r. 42). dialetto caratterizzazione dei personaggi Sior Todero, la vede che quella scrittura sì fatta xe revocada dal fatto El diavolo che ve porta. Vago via per no precipitar La sua non è solo , ma anche , costituendo una riserva di espressioni spontanee che danno colore e vivacità ai dialoghi con immagini iperboliche dal significato ironico ( , r. 36), termini popolari ( r. 63) ed esortazioni che rendono bene la concretezza della quotidianità ( , rr. 45-46). efficacia realistica comica Mo el xe ben un omazzo! Martuffo!, Anemo, anemo: ve sè liberà, no ghe pensè più. La vegna, la vegna, siora Zanetta Le sfumature del dialetto >> pagina 331 Verso le COMPETENZE Comprendere Riassumi in circa 10 righe il contenuto del brano. 1 Come appare, nelle scene qui antologizzate, il rapporto fra Todero e il figlio Pellegrino? 2 Analizzare Spiega quali scelte stilistiche conferiscono un significato ironico alla seguente battuta di Fortunata: […] . 3 Sior sì, sior sì el se pagherà da so posta (rr. 8-9) Interpretare Cerca nel testo il passaggio in cui Meneghetto viene presentato a Todero e spiega in che cosa consista l’astuzia di Fortunata nel convincere il vecchio mercante a concede mano di Zanetta. 4 rgli la COMPETENZE LINGUISTICHE 5 Associa a ciascun termine o espressione dialettale il corrispondente italiano. gnente gh’ìntrela xe missier zente nezza zerman la vegna tase me maraveggio za cussì Jean-Baptiste Greuze, , 1761. Parigi, Museo del Louvre. Contratto nuziale >> pagina 332 I grandi temi di Goldoni 1 Mondo e Teatro: la riforma di Goldoni • il superamento della commedia dell’arte, percepita come ripetitiva, stereotipata e volgare • l’abbandono del canovaccio in favore della scrittura di tutte le battute; la trasformazione delle maschere tradizionali in personaggi verosimili • il teatro come occasione, oltre che di intrattenimento, di riflessione critica su temi morali e sociali l • e fonti di ispirazione della riforma: non i trattati teorici, ma il Mondo e il Teatro, cioè l’esperienza della vita e l’attività teatrale 2 Aristocrazia, borghesia, popolo: lo sguardo sulla società l • a satira della nobiltà retriva e parassitaria • l’esaltazione dell’intraprendenza borghese in una prima fase; la denuncia dei vizi che la borghesia condivide con la nobiltà in una seconda fase • la simpatia nei confronti dei ceti popolari, pur senza idee di sovvertimento dell’ordine sociale 3 Tra italiano e dialetto • il problema della lingua: uso di un toscano arricchito di termini lombardi, venetismi, francesismi e forme colloquiali fiorentine per raggiungere un pubblico più ampio • uno stile semplice (linguaggio non letterario, paratassi, lessico quotidiano) per una comunicazione più efficace l • ’uso del dialetto veneziano per una resa verosimile della realtà quotidiana