T4 Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti , coro dell’atto III Adelchi Posto alla fine del terzo atto, è il primo dei due cori della tragedia. I franchi invadono la Pianura padana, mettendo in fuga i longobardi, che da tempo vi spadroneggiavano. Le popolazioni italiche assistono ansiose nella speranza che la sconfitta degli antichi oppressori si traduca nella loro emancipazione. Ma la voce del coro si incarica di dissipare le illusioni: un padrone sostituisce l’altro e la libertà non può arrivare per mano straniera. Composto in pochi giorni, nel gennaio del 1822, il testo venne sottoposto a un lungo lavoro di correzione per eliminare i riferimenti troppo espliciti alle strategie politiche della Restaurazione, che non avrebbero passato il vaglio della censura austriaca. 11 strofe di doppi senari, rimati AABCCB (la rima in B è sempre tronca). Metro frustrate di un Speranze popolo oppresso Parafrasi Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti, dai boschi, dall’arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta; intende l’orecchio, solleva la testa 5 percosso da novo crescente romor. Dagli atri degli antichi palazzi invasi dal muschio ( ), dalle piazze e dai monumenti antichi in rovina ( ), dai boschi, dalle officine rumorose (stridenti) e riarse dal fuoco, dai campi bagnati con sudore di schiavi, una plebe divisa all’improvviso ( ) si sveglia; tende l’orecchio e solleva il capo, scossa (percosso) da una notizia ( ) inattesa e dilagante. 1-6 muscosi Fori cadenti repente romor i palazzi invasi dal muschio, le vestigia di un lontano passato glorioso simboleggiano il periodo di decadenza vissuto dalle popolazioni italiche, offrendo una rappresentazione pittoresca delle rovine che ricorda le incisioni di Giambattista Piranesi (1720-1778). Dagli atrii muscosi… fucine stridenti: 1-2 cadenti si tratta della notizia della disfatta dei longobardi a opera dei franchi. novo crescente romor: 6 Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, qual raggio di sole da nuvoli folti, traluce de’ padri la fiera virtù: ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto 10 si mesce e discorda lo spregio sofferto col misero orgoglio d’un tempo che fu. Dagli sguardi dubbiosi, dai volti impauriti, balena ( ) il valore guerriero degli avi, come un raggio di sole tra nuvole fitte ( ): negli sguardi, nei volti, le umiliazioni subite (spregio sofferto) si mescolano e contrastano, confuse e incerte, con il misero orgoglio dei tempi andati. 7-12 traluce nuvoli folti anche l’antico valore non è ormai che un’ombra fuggevole, sui volti delle popolazioni italiche rese inerti dalla lunga oppressione. Dai guardi dubbiosi… fiera virtù: 7-9 S’aduna voglioso, si sperde tremante per torti sentieri, con passo vagante, fra tema e desire, s’avanza e ristà; 15 e adocchia e rimira scorata e confusa de’ crudi signori la turba diffusa, che fugge dai brandi, che sosta non ha. La gente si raduna speranzosa, si disperde intimorita per sentieri tortuosi, con passo incerto ( ), fra la paura e il desiderio ( ) avanza e si ferma ( ); e guarda e studia le schiere disordinate ( ) dei crudeli oppressori ( ), scoraggiate e confuse, che fuggono senza sosta dal campo di battaglia ( ). 13-18 vagante tema e desire ristà la turba diffusa signori dai brandi si riunisce. Soggetto di questo e dei verbi successivi è ancora il volgo del v. 4. S’aduna: 13 letteralmente, “dalle spade” dei franchi vittoriosi. dai brandi: 18 Ansanti li vede, quai trepide fere, irsuti per tema le fulve criniere, 20 le note latebre del covo cercar; e quivi, deposta l’usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, i figli pensosi pensose guatar. Li vede ansimanti, come spaventate ( ) bestie feroci, con le chiome ( ) fulve irte per la paura, cercare i noti anfratti ( ) del loro covo; e qui, abbandonato il consueto atteggiamento minaccioso, vede le donne altere, con il volto pallido, guardare ( ) inquiete i figli inquieti. 19-24 trepide criniere latebre guatar i longobardi sono paragonati a bestie spaventate, in fuga verso le loro tane. trepide fere: 19 per la paura dei franchi invasori. con pallida faccia: 23 E sopra i fuggenti, con avido brando, 25 quai cani disciolti, correndo, frugando, da ritta, da manca, guerrieri venir: li vede, e rapito d’ignoto contento, con l’agile speme precorre l’evento, e sogna la fine del duro servir. 30 E da destra e da sinistra vede arrivare addosso ai fuggitivi guerrieri con spade desiderose di colpire ( ), come cani sciolti che corrono e frugano: li vede, e presa da una gioia sconosciuta ( ), con la speranza che corre veloce ( ) precorre gli eventi, e sogna la fine della dura schiavitù. 25-30 avido brando ignoto contento l’agile speme Udite! quei forti che tengono il campo, che ai vostri tiranni precludon lo scampo, son giunti da lunge, per aspri sentier: sospeser le gioie dei prandi festosi, assursero in fretta dai blandi riposi, 35 chiamati repente da squillo guerrier. Ascoltate! Quei vincitori ( ) che occupano il campo di battaglia e che impediscono la fuga ai vostri tiranni sono arrivati da lontano,lungo strade faticose: hanno sospeso la gioia dei festosi pranzi ( ), in fretta si sono levati dai dolci riposi, chiamati all’improvviso da trombe di guerra ( ). 31-36 forti prandi squillo guerrier apostrofe del poeta agli italici. Udite!: 31 Lasciâr nelle sale del tetto natio le donne accorate, tornanti all’addio, a preghi e consigli che il pianto troncò: han carca la fronte de’ pesti cimieri, 40 han poste le selle sui bruni corsieri, volaron sul ponte che cupo sonò. Hanno lasciato ( ) nelle sale della casa (tetto) natia le donne affrante, che ripetevano i saluti di commiato ( ), intente a preghiere e a consigli interrotti dal pianto:hanno il capo gravato da elmi ammaccati ( ), hanno poste le selle sui bruni cavalli ( ), hanno galoppato sul ponte levato io che ha emesso un suono cupo al loro passaggio. 37-42 Lasciâr tornanti all’addio pesticimieri corsieri qui Manzoni indulge al gusto medievaleggiante diffuso nelle ballate romantiche del primo Ottocento, dove pullulano elmi, cavalli e ponti levatoi. han carca… cupo sonò: 40-42 A torme, di terra passarono in terra, cantando giulive canzoni di guerra, ma i dolci castelli pensando nel cor: 45 per valli petrose, per balzi dirotti, vegliaron nell’arme le gelide notti, membrando i fidati colloqui d’amor. A gruppi sono passati di paese in paese, cantando allegre canzoni di guerra, ma pensando in cuor loro ai dolci castelli lasciati: percorrendo valli pietrose e balze scoscese ( ) hanno vegliato armati nelle notti gelide, ricordando ( ) i fiduciosi colloqui d’amore. 43-48 balzi dirotti membrando Gli oscuri perigli di stanze incresciose, per greppi senz’orma le corse affannose, 50 il rigido impero, le fami durâr: si vider le lance calate sui petti, a canto agli scudi, rasente agli elmetti, udiron le frecce fischiando volar. Hanno sopportato ( ) gli ignoti pericoli di soste snervanti ( ), le corse affannose attraverso dirupi senza traccia di passaggi ( ), la disciplina ferrea ( ), la fame: hanno visto le lance nemiche contro i loro petti, accanto agli scudi, rasente agli elmi hanno sentito il fischio delle frecce scagliate. 49-54 durâr stanze incresciose greppi senz’orma rigido impero , bassorilievo. Pavia, Pinacoteca. Soldati longobardi E il premio sperato, promesso a quei forti, 55 sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, d’un volgo straniero por fine al dolor? Tornate alle vostre superbe ruine, all’opere imbelli dell’arse officine, ai solchi bagnati di servo sudor. 60 E il premio sperato, promesso a quei valorosi ( ) sarebbe, o illusi ( ), di mutare le vostre sorti, di porre fine alle sofferenze di una plebe straniera? Tornate alle vostre superbe rovine, alle mansuete ( ) opere delle vostre riarse officine, ai campi bagnati dal sudore di schiavi. 55-60 forti delusi imbelli in una redazione precedente il poeta osservava che se i franchi avessero voluto recare beneficio agli oppressi avrebbero potuto cominciare con la «lurida plebe» che abitava le loro terre. d’un volgo… dolor: 57 il passo riecheggia i versi iniziali, per rimarcare l’immutata condizione servile. Tornate… sudor: 58-60 Il forte si mesce col vinto nemico, col novo signore rimane l’antico; l’un popolo e l’altro sul collo vi sta. Dividono i servi, dividon gli armenti; si posano insieme sui campi cruenti 65 d’un volgo disperso che nome non ha. I vincitori si mescolano al nemico vinto, il vecchio signore rimane in compagnia del nuovo; l’uno e l’altro popolo incombono su di voi ( ). Si spartiscono i servi, il bestiame ( ); insieme si stanziano sui campi insanguinati ( ) di una plebe divisa e senza nome. 61-66 sulcollo vi sta gli armenti cruenti >> pagina 786 Dentro il TESTO I contenuti tematici Come spiega nella prefazione al , Manzoni nelle sue tragedie riprende dai modelli classici l’espediente dei cori, piegandoli però ad assumere una diversa funzione: ne fa dei «cantucci» che si riserva per commentare le vicende, sostituendo la propria voce a quella dei personaggi. In questa occasione, interrotta l’azione nel momento in cui i franchi trionfano, il poeta non propone in partenza una meditazione personale, ma ripercorre gli eventi adottando il di una terza componente rimasta sinora nell’ombra, ovvero i che assistono sbigottiti alla sconfitta dei loro signori longobardi (vv. 1-30). Conte di Carmagnola punto di vista popoli italici In armonia con lo spirito evangelico, Manzoni concentra la propria attenzione sugli , in opposizione alla prospettiva della tragedia classica, per la quale si dovrebbero ritenere degne d’interesse soltanto le gesta di eroi e grandi personaggi. Egli realizza così, allo stesso tempo, gli obiettivi delineati nella lettera a Chauvet e nel : completa cioè il nudo referto dei documenti storici integrandoli con i sentimenti di una massa di uomini passati sulla terra senza lasciare traccia. Il (vv. 4 e 66), le «genti meccaniche» che nell’ restano relegate nel coro del terzo atto balzeranno in primo piano nei , in tutta la loro vitale individualità. umili Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica volgo disperso Adelchi Promessi sposi Il punto di vista del volgo disperso Il poeta si rivolge con forza agli italici, che fanno da spettatori al corso della Storia (vv. 31-66). In primo luogo propone un sulle rinunce, sulle fatiche e sui rischi affrontati dai franchi nel corso della campagna militare. Nel descrivere gli invasori giunti da Oltralpe, Manzoni a tratti sembra cedere al fascino della saga barbarica, ma in realtà l’insistenza sul loro coraggio e vigore risulta funzionale al passaggio successivo, in quanto essa alimenta l’interrogativo retorico rivolto agli italici: perché illudersi? A che pro sperare che un esercito straniero intervenga gratuitamente per restituire la libertà a un popolo che ha dimenticato le antiche glorie, ormai ridotto a in stato di schiavitù? flash back * volgo disperso Incapaci di agire, gli italici non possono che assistere agli avvenimenti, con il cuore in tumulto. Ma questa è già una sconfitta: ancora una volta gli autentici vinti, al di là delle apparenze, sono loro. I longobardi, che non si sono mai fusi con le popolazioni locali (ma la storiografia moderna ha poi smussato questa tesi troppo netta), troveranno presto un accordo con i nuovi oppressori: / (vv. 62-63). col novo signore rimane l’antico; l’un popolo e l’altro sul collo vi sta Udite!: il commento del poeta >> pagina 787 In tal modo Manzoni lancia un evidente , che – un millennio più tardi – si trovavano a fronteggiare situazioni non troppo dissimili. Tramontato il Regno d’Italia, satellite della Francia napoleonica, il ritorno degli Asburgo aveva dissipato molti generosi sogni d’autonomia. L’ , scritto all’indomani della repressione violenta con cui l’Austria aveva reagito ai moti del 1821, risente fortemente del clima di tensione che allora si respirava a Milano. rimprovero ai patrioti a lui contemporanei Adelchi Le conseguenze politiche della Restaurazione e il dominio repressivo dell’Austria insegnano come libertà e rispetto si debbano conquistare con le proprie forze, ma non solo: le sconfitte dei carbonari sono le sconfitte di un progetto elitario, che non aveva cercato né trovato vasta condivisione popolare. Manzoni, indifferente al mito romantico dell’eroe solitario, ritiene invece che sia fondamentale il più possibile . Il rinnovamento della società italiana e la conquista dell’indipendenza devono essere perseguiti da tutti gli italiani, non solo dagli intellettuali, ai quali pure spetta il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica. suscitare la volontà del popolo intorno all’idea di nazione La lezione della Storia Le scelte stilistiche L’uso di versi parisillabi quali i doppi senari*, in cui gli accenti sono fissi, conferisce al coro , molto adatte a scene belliche e di folla. Questo ritmo, che mima l’andamento di una poesia popolare, ricalca i caratteri della ballata romantica. Se il si mantiene su un registro , con abbondante presenza di aulicismi ( , , , , ), scarseggiano tuttavia le perifrasi auliche, e soprattutto la sintassi appare molto lontana dalla tendenza all’uso delle subordinate secondo il costrutto latino tipica di poeti come Parini o Monti. cadenze regolari e incalzanti lessico elevato tema desire brandi latebre speme Alla semplicità della metrica fa riscontro infatti la , in cui prevalgono le proposizioni coordinate per asindeto* ( , vv. 4-5), mai troppo estese: nessun periodo oltrepassa la misura della strofa. Insieme alle numerose figure della ripetizione (inaugurate dall’insistita anafora* dei primi tre versi), sono questi i mattoni su cui Manzoni costruisce i continui crescendo che danno al lettore l’ . semplicità della sintassi si desta; / intende l’orecchio, solleva la testa impressione complessiva di una drammatica concitazione La resa drammatica Giambattista Piranesi, (particolare), XVIII sec. Firenze, Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi. Veduta di Campo Vaccino >> pagina 788 Verso le COMPETENZE Comprendere 1 Sintetizza in 10-15 righe il contenuto informativo del testo. Analizzare 2 Individua gli aggettivi e le espressioni utilizzate per descrivere i tre diversi popoli. Quali atteggiamenti e caratteristiche di ciascuno emergono? 3 Quale similitudine viene usata nella quarta e quinta strofa per descrivere la fuga dei Longobardi inseguiti dai Franchi? Che effetto produce? 4 Quali elementi ricordano la passata gloria e grandezza dei popoli Italici? A quale periodo storico si allude? 5 A chi si rivolge, in realtà, l’autore ai vv. 31 e 58? Interpretare 6 Quale giudizio complessivo sulle popolazioni italiche emerge dal testo? Confronta la situazione storica descritta nel brano con quella in cui scrive Manzoni: quali analogie e quali differenze cogli? 7 Produrre 8 Scrivere per argomentare. Quale pittore o disegnatore (anche di fumetti)a tuo parere potrebbe efficacemente ritrarre las cena a cui gli italici assistono? Spiega i motivi della tua scelta in un testo argomentativo di circa 20 righe. Storia e Provvidenza 5 in sintesi La ha un ruolo fondamentale in tutta l’opera creativa e saggistica di Manzoni, che a essa guarda per comporre tanto le due tragedie, e (ambientate la prima nel XV secolo, la seconda nell’VIII), quanto il romanzo (situato nel XVII secolo). Dagli francesi frequentati in gioventù, lo scrittore milanese prende spunto per guardare al passato in modo non tradizionale. Lungi dal ridurre la Storia a celebrazione di imprese militari e di vicende politiche, egli mira a una ricostruzione più ampia, che non si limiti a proiettare in primo piano le gesta di principi e generali, ma tenga conto dell’esistenza di chi nel tempo si sia trovato a subire le ragioni della forza, dunque anche degli appartenenti alle . La letteratura e gli oppressi meditazione sulla Storia Il conte di Carmagnola Adelchi I promessi sposi idéologues classi più umili Questa impostazione, sottesa al disegno dei , è chiaramente espressa da Manzoni nel , scritto e pubblicato a margine dell’ , nel 1822. Trovatosi dinanzi alla mancanza di testimonianze sulla vita degli italici durante la dominazione longobarda, ai fini di una rappresentazione corretta l’autore si dice convinto dell’esigenza di dar voce ai «desideri, i timori, i patimenti» di quei milioni di uomini che sulla Terra passarono senza lasciare traccia, come comparse invisibili e salgono adesso sul palcoscenico della letteratura e della storiografia. Promessi sposi Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia Adelchi La trama delle tragedie e e quella dei si sviluppano tutte intorno a . La Storia che interessa a Manzoni è quella degli , degli , dei : ai loro sentimenti inespressi e alle loro mute tribolazioni dà voce sul palcoscenico della letteratura. Adelchi Il conte di Carmagnola Promessi sposi vicende storiche umili sconfitti reietti A ossessionarlo è la questione relativa alla presenza del , a causa del quale, in ultima analisi, nella vita terrena non vi è spazio per azioni nobili o disinteressate, ma solo per la violenza che divide il mondo in «oppressori» e «oppressi». Come dice con amarezza Adelchi, agli uomini «non resta / che far torto o patirlo». «Far torto o patirlo» male nella Storia La Grazia divina si presenta allora nei confronti degli eroi manzoniani sotto forma di « », ovvero di una disgrazia terrena che li colloca fra gli «oppressi»: sconfitte e umiliazioni portano la salvezza eterna ad Adelchi, alla sorella Ermengarda, come anche a Napoleone nel . Da buon cattolico, l’autore vede nella Storia il compimento del volere divino. La Provvidenza agisce in modo imperscrutabile, ma ciò non diminuisce d’altra parte le . provida sventura Cinque maggio responsabilità degli uomini Manzoni ha una , in cui si manifesterebbe senza rimedio la violenza di chi esercita il da . Ma la sventura degli è definita «provida», perché inviata dalla divina , la quale ha, sì, disegni imperscrutabili ma può compensare l’uomo con la salvezza eterna. visione pessimistica della Storia potere oppressore oppressi Provvidenza >> pagina 789 La più alta e intensa riflessione di Manzoni su quest’ultimo punto è costituita dal saggio , dove rifiuta le opinioni espresse da Pietro Verri nelle . Verri aveva ricondotto l’esito del processo agli untori che ebbe luogo nella Milano del 1630, devastata dalla peste, all’ignoranza diffusa in un’epoca violenta e alle leggi sbagliate, che giustificarono le torture e procurarono condanne ingiuste. La Storia della colonna infame Storia della colonna infame Osservazioni sulla tortura Manzoni, tornando sul medesimo processo, sostiene che ridurre quel risultato abominevole a «un effetto de’ tempi e delle circostanze» è inaccettabile per un credente. Il peso della responsabilità a suo parere ricade interamente sui giudici che punirono degli innocenti, calpestando ogni regola: «se non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell’ignoranza che l’uomo assume e perde a suo piacere, e non è una scusa, ma una colpa». Nella Manzoni confuta le opinioni di chi ha giustificato, in nome del clima violento del XVII secolo, il ricorso alla e alla . Storia della colonna infame tortura pena di morte Al di là di ogni condizionamento, dunque, pienamente . I comportamenti morali nei sono ampiamente valutati e commentati, senza attenuanti. Nel romanzo che consentono di verificare e temprare la fede dei personaggi, che la chiamano in causa a più riprese, a differenza del narratore onnisciente che non la nomina mai esplicitamente. Il mistero della Grazia l’uomo risponde delle sue azioni Promessi sposi la Provvidenza trasforma il male in una serie di prove La Provvidenza mette alla prova l’uomo, ne tempra la e, pur lasciandogli la responsabilità delle sue azioni, lo sostiene con l’intervento della . fede Grazia T5 Sparsa le trecce morbide , coro dell’atto IV Adelchi Ripudiata da Carlo Magno, Ermengarda è stata relegata a Brescia, nel monastero di San Salvatore. La prima parte dell’atto quarto e il coro sono incentrati sull’inesorabile agonia della donna, vittima designata della ragion di Stato, che muore incolpevole, ricordando l’amore perduto dello sposo. Accudita dalle suore e confortata dalla presenza della sorella Ansberga, Ermengarda spira illuminata dalla luce della fede. Sestine di settenari, alternativamente sdruccioli e con il verso finale tronco, con schema di rime ABCBDE. METRO La di un’ disillusione innocente PARAFRASI Sparsa le trecce morbide sull’affannoso petto, lenta le palme, e rorida di morte il bianco aspetto, giace la pia, col tremolo 5 sguardo cercando il ciel. L’agonia di Ermengarda Con le trecce morbide sciolte sul petto affannato, con le mani ( ) abbandonate ( ) e con il volto pallido ( ) bagnato dal sudore della morte ( ), giace la pia (Ermengarda) cercando il cielo con lo sguardo tremante ( ). 1-6 palme lenta il bianco aspetto rorida di morte tremolo è un complemento di relazione (o accusativo alla greca), come i successivi e rorida di morte il (vv. 3-4). sparsa le trecce morbide: 1 lenta le palme bianco aspetto letteralmente “rugiadosa”, “bagnata di rugiada”. Qui la rugiada è, metaforicamente, il sudore della morte. rorida: 3 l’aggettivo è utilizzato insieme nel significato attivo (“religiosa”) e in quello passivo (“degna di pietà”). pia: 5 Cessa il compianto: unanime s’innalza una preghiera: calata in su la gelida fronte, una man leggiera 10 sulla pupilla cerula stende l’estremo vel. Cessa il lamento (delle suore): si innalza una preghiera collettiva ( ): una mano delicata, scesa ( ) sulla fronte ormai fredda, stende l’ultimo ( ) velo sugli occhi azzurri ( ). 7-12 unanime calata estremo sulla pupilla cerula concretamente la mano di una delle suore, che chiude gli occhi a Ermengarda subito dopo il trapasso ( , v. 12), ma allusivamente anche la mano di Dio. una man leggiera: 10 stende l’estremo vel Sgombra, o gentil, dall’ansia mente i terrestri ardori; leva all’Eterno un candido 15 pensier d’offerta, e muori: fuor della vita è il termine del lungo tuo martir. Cancella ( ) le passioni terrene ( ) dalla mente agitata ( ), o nobile donna ( ); innalza ( ) a Dio ( ) un puro pensiero di offerta, e muori: la meta ( ) della tua prolungata sofferenza ( ) è oltre la vita. 13-18 Sgombra i terrestri ardori ansia gentil leva all’Eterno il termine del tuo lungo martir è aggettivo, dal latino (- , - ), che significa “affannato”, “inquieto”, “ansioso”. ansia: 13 anxius a um «le passioni terrestri, che ardono e consumano come fuoco» (Cappuccio). i terrestri ardori: 14 Manzoni invita Ermengarda a offrire sé stessa a Dio. un candido… d’offerta: 15-16 il poeta esorta così Ermengarda ad accogliere in pace la morte. e muori: 16 il vocabolo non indica solo la fine, ma anche la meta, il traguardo e dunque lo scopo. Il senso della vita di Ermengarda si può cogliere soltanto nella prospettiva dell’eternità. il termine: 17 Tal della mesta, immobile era quaggiuso il fato: 20 sempre un obblìo di chiedere che le saria negato; e al Dio de’ santi ascendere santa del suo patir. L’insorgere dei ricordi Tale era quaggiù (sulla Terra) il destino ( ) immutabile ( ) dell’infelice: chiedere sempre una dimenticanza ( ) che le sarebbe stata ( ) negata; e salire al Dio dei santi resa santa dalle sue sofferenze ( ). 19-24 fato immobile obblìo le saria patir la dimenticanza del suo amore per Carlo e del dolore che ne era conseguito per lei. un obblìo: 21 Ahi! nelle insonni tenebre, 25 pei claustri solitari, tra il canto delle vergini, ai supplicati altari, sempre al pensier tornavano gl’irrevocati dì; 30 Oh! nelle notti ( ) insonni, tra i chiostri ( ) solitari, tra i canti delle suore ( ), dinanzi agli altari presso i quali pregava ( ), ritornavano sempre al suo pensiero i giorni non richiamati volontariamente alla memoria ( ); 25-30 tenebre claustri vergini supplicati irrevocati quando ancor cara, improvida d’un avvenir mal fido, ebbra spirò le vivide aure del Franco lido, e tra le nuore Saliche 35 invidiata uscì: quando ancora amata (da Carlo), ignara ( ) del futuro infìdo ( ), respirò inebriata (di felicità) l’aria piena di vita ( ) della terra ( ) di Francia, e comparve ( ) come oggetto d’invidia tra le spose ( ) dei Franchi ( ). 31-36 improvida mal fido le vivide aure lido uscì nuore Saliche letteralmente, appartenenti alla tribù franca dei Salii. Saliche: 35 quando da un poggio aereo, il biondo crin gemmata, vedea nel pian discorrere la caccia affaccendata, 40 e sulle sciolte redini chino il chiomato sir; quando da un poggio elevato ( ), con i biondi capelli adorni di gemme, vedeva svolgersi ( ) nella pianura la caccia frenetica ( ), e il re dai lunghi capelli ( , Carlo) chinato sulle redini sciolte; 37-42 poggio aereo discorrere affaccendata il chiomato sir altro accusativo alla greca. il biondo crin gemmata: 38 latinismo, “correre qua e là”. discorrere: 39 del cavallo spinto al galoppo. sulle sciolte redini: 41 e dietro a lui la furia de’ corridor fumanti; e lo sbandarsi, e il rapido 45 redir dei veltri ansanti; e dai tentati triboli l’irto cinghiale uscir; e dietro di lui (vedeva) l’impeto ( ) dei cavalli ( ) fumanti (di sudore); e il cambio di direzione ( ), e poi il veloce ritorno dei cani da caccia ( ) ansimanti; e il cinghiale irsuto ( ) uscire dai cespugli spinosi ( ) frugati ( , dai cani); 43-48 la furia corridor lo sbandarsi veltri irto triboli tentati e la battuta polvere rigar di sangue, colto 50 dal regio stral: la tenera alle donzelle il volto volgea repente, pallida d’amabile terror. e (vedeva il cinghiale) rigare di sangue la polvere battuta, colpito dalla freccia del re ( ): la dolce Ermengarda ( ) volgeva rapidamente ( ) il volto verso le sue damigelle ( ), pallida per la paura che la rendeva ancor più amabile. 49-54 dal regio stral la tenera repente donzelle Oh Mosa errante! oh tepidi 55 lavacri d’Aquisgrano! Ove, deposta l’orrida maglia, il guerrier sovrano scendea del campo a tergere il nobile sudor! 60 Oh Mosa dal corso tortuoso ( )! Oh tiepidi bagni termali ( ) di Aquisgrana! Dove il re guerriero, tolta l’orribile armatura ( ), si immergeva per lavare il nobile sudore della battaglia ( )! 55-60 errante lavacri orrida maglia del campo fiume che scorre presso Aquisgrana, dove Carlo Magno aveva stabilito la propria dimora. Mosa: 55 nell’aggettivo c’è tutto lo sguardo di Ermengarda, che aborre la guerra e la violenza. orrida maglia: 57-58 Come rugiada al cespite dell’erba inaridita, fresca negli arsi calami fa rifluir la vita, che verdi ancor risorgono 65 nel temperato albor; Come la rugiada (che scende) su un cespuglio ( ) di erba inaridita fa rifluire la vita negli steli rinsecchiti ( ), che si rialzano nuovamente ( ) verdi nell’alba dalla temperatura mite ( ); 61-66 cespite arsi calami ancor temperato albor steli, canne sottili. calami: 63 il pronome relativo è complemento oggetto del verbo (v. 68), di cui è soggetto l’ (vv. 67-68). cui: 67 fatica empia virtù tale al pensier, cui l’empia virtù d’amor fatica, discende il refrigerio d’una parola amica, 70 e il cor diverte ai placidi gaudii d’un altro amor. così ( ) il conforto ( ) di una parola amica scende sul pensiero che ( ) la spietata forza ( ) dell’amore opprime ( ), e rivolge ( ) il cuore alle gioie serene ( ) di un altro amore. 67-72 tale refrigerio cui empia virtù fatica diverte ai placidi gaudii nel significato latino di “forza”. virtù: 68 Ma come il sol che reduce l’erta infocata ascende, e con la vampa assidua 75 l’immobil aura incende, risorti appena i gracili steli riarde al suol; Ma come il sole che risorgendo ( ) sale la volta ( ) infuocata del cielo, e infiamma ( ) l’aria senza vento ( ) con il suo implacabile calore ( ), brucia e prostra nuovamente al suolo ( ) i gracili steli appena rialzatisi ( ); 73-78 reduce erta incende immobil vampa assidua riarde al suol risorti letteralmente “salita”. erta: 74 ratto così dal tenue obblìo torna immortale 80 l’amor sopito, e l’anima impaurita assale, e le sviate immagini richiama al noto duol. così, con la stessa rapidità ( ), l’amore acquietato ( ) ritorna invincibile ( ) dopo il breve periodo in cui era stato dimenticato ( ), e assale l’animo sgomento, e richiama all’usuale sofferenza le immagini momentaneamente allontanate ( ). 79-84 ratto sopito immortale dal tenue obblìo sviate l’amore viene qui definito , mentre l’ viene detto . A fronte della forza insopprimibile della passione, il tentativo di dimenticarla è un proposito destinato a fallire. dal tenue... sopito: 79-81 immortale obblìo tenue Sgombra, o gentil, dall’ansia 85 mente i terrestri ardori; leva all’Eterno un candido pensier d’offerta, e muori: nel suol che dee la tenera tua spoglia ricoprir, 90 La «provida sventura» Cancella ( ) dalla mente agitata ( ), o nobile donna ( ), le passioni terrene ( ); innalza ( ) a Dio ( ) un puro pensiero di offerta, e muori: nella terra che ricoprirà il tuo giovane corpo, 85-90 Sgombra ansia gentil i terrestri ardori leva all’Eterno altre infelici dormono, che il duol consunse; orbate spose dal brando, e vergini indarno fidanzate; madri che i nati videro 95 trafitti impallidir. sono sepolte ( ) altre infelici, che il dolore ha consumato ( ); spose rese vedove ( ) dalla spada ( ), e fanciulle ( ) fidanzate inutilmente ( ); madri che videro morire ( ) i loro figli ( ) trafitti (dalle armi). 91-96 dormono che il duol consunse orbate brando vergini indarno impallidir nati sono le donne latine. altre infelici: 91 private (dei mariti). orbate: 92 dalla spada, cioè dalla violenza della guerra. dal brando: 93 è il pallore della morte. impallidir: 96 Te dalla rea progenie degli oppressor discesa, cui fu prodezza il numero, cui fu ragion l’offesa, 100 e dritto il sangue, e gloria il non aver pietà, Te che discendi dalla stirpe ( ) colpevole ( ) degli oppressori, per i quali fu prodezza la superiorità numerica ( ) e ragione la violenza ( ), e diritto lo spargimento di sangue, e gloria l’essere spietati, 97-102 progenie rea il numero l’offesa i Longobardi. oppressor: 98 te collocò la provida sventura in fra gli oppressi: muori compianta e placida; 105 scendi a dormir con essi: alle incolpate ceneri nessuno insulterà. te la sventura provvidenziale ( ) pose tra gli oppressi: muori compianta e serena ( ); scendi a riposare con loro (con gli oppressi): nessuno oserà maledire ( ) le tue spoglie innocenti ( ). 103-108 provida placida insulterà incolpate ceneri Muori; e la faccia esanime si ricomponga in pace; 110 com’era allor che improvida d’un avvenir fallace, lievi pensier virginei solo pingea. Così Muori, e il tuo volto senza vita ( ) si ricomponga in pace; come era quando, ignaro ( ) del futuro ingannevole ( ), lasciava trasparire ( ) soltanto delicati ( ) pensieri di fanciulla ( ). Allo stesso modo ( ) 109-114 esanime improvida fallace pingea lievi virginei Così la pace discesa con la morte sul volto di Ermengarda non è conseguenza di un’immobilità funebre, fredda, glaciale, bensì quasi il ritorno della serenità giovanile di un animo proteso con fiducia verso il futuro e ancora ignaro delle tempeste della vita. e la faccia... in pace: 109-110 letteralmente “dipingeva”. pingea: 114 dalle squarciate nuvole 115 si svolge il sol cadente, e, dietro il monte, imporpora il trepido occidente: al pio colono augurio di più sereno dì. 120 il sole che tramonta si libera ( ) dalle nuvole squarciate, e da dietro le montagne colora di rosso ( ) la parte occidentale del cielo che si riempie di una luce tremula ( ): augurio di un tempo più sereno per il contadino che spera in Dio ( ). 115-120 si svolge imporpora il trepido occidente pio colono la speranza del contadino, che simboleggia quella di tutta l’umanità, è connotata, tramite l’aggettivo pio a lui riferito, anche in senso religioso. pio colono: 119 >> pagina 793 Dentro il TESTO I contenuti tematici Partendo dalla narrazione della vicenda storica, Manzoni s’inoltra nell’analisi dei sentimenti: da una parte l’ideale morale incarnato dalla virtù incontaminata dei principi Adelchi ed Ermengarda, dall’altra la realtà politica dominata dalla smania di potere del re longobardo Desiderio e del re franco Carlo Magno. appare come e delle sue dinamiche, ma proprio che essa è costretta a subire , i Longobardi, che – prima dell’arrivo dei Franchi – hanno a lungo oppresso le popolazioni italiche. Ermengarda vittima incolpevole del potere politico il dolore la redime dalle colpe della sua gente Ermengarda vittima innocente Come spesso accade con le maggiori liriche manzoniane, anche questo testo, che rappresenta una pausa nello sviluppo narrativo della tragedia, può essere . (vv. 1-24) è occupata dalla raffigurazione di , alla quale il poeta rivolge pietose parole di conforto: la terza strofa, attraverso l’apostrofe al personaggio ( / ecc., vv. 13-14 e ss.), segna il passaggio alla sezione più propriamente lirica del coro. suddiviso in tre parti La prima Ermengarda morente Sgombra, o gentil, dall’ansia mente i terrestri ardori parte (vv. 25-60) illustra, dopo una strofa di raccordo e di commento (vv. 19-24), il , combattuta tra il desiderio di dimenticare il passato e il continuo ripresentarsi della memoria del suo amore per Carlo: le strofe dalla quinta alla nona (vv. 25-54) formano sintatticamente un unico periodo, costruito sull’affollarsi incalzante dei ricordi; le patetiche esclamazioni della decima strofa (vv. 55-60), in cui vengono rievocati i momenti di intimità dei bagni termali, segnano una più diretta immedesimazione del poeta con l’animo di Ermengarda. La seconda dramma morale della donna e ultima parte (vv. 85-120), dopo una lunga similitudine che occupa ben quattro strofe (vv. 61-84, / ecc.), attraverso la ripresa (ai vv. 85-88) delle parole già in precedenza rivolte dal poeta a Ermengarda (vv. 13-16) viene sviluppato il (vv. 103-104): lei, discesa dalla (v. 97) degli oppressori, ora purificata dalla sofferenza ( , come era stato anticipato al v. 24) (v. 105), con il volto finalmente rasserenato. Nella terza Come rugiada al cespite dell’erba inaridita motivo della provida sventura rea progenie santa del suo patir può morire compianta e placida Tuttavia, a garantire la coerenza e la compattezza del testo, sono presenti diversi legami tra le varie parti: per esempio, oltre alla ripetizione dello stesso gruppo di versi (vv. 13-16 e 85-88), ai vv. 31 e 111 Ermengarda viene definita , aggettivo al quale fa da contrappunto (v. 103) riferito alla sventura; al v. 51 è indicata come , aggettivo ripreso ai vv. 89-90 nel sintagma / . improvida provida la tenera la tenera tua spoglia La struttura tripartita Le scelte stilistiche In passato gli interpreti hanno a lungo dibattuto sull’identità della voce che parla nel coro. A parlare sono le suore del convento bresciano di San Salvatore che accudiscono Ermengarda? Oppure è il poeta in prima persona? Si tratta, in realtà, di un falso dilemma: se sul piano drammatico, quello dell’azione scenica in senso stretto, a parlare possono essere le monache, su un piano poetico più profondo non c’è dubbio che , interloquendo intimamente con la sventurata Ermengarda. Il poeta esprime così i propri , innalzando il dramma terreno della donna a un livello trascendente, nell’ambito, cioè, di una riflessione sulla fede religiosa e sul significato che essa può conferire all’esito estremo di una vita umana tanto travagliata. Manzoni sovrappone la propria voce a quella delle donne sentimenti di pietà e di compassione Il problema della voce parlante >> pagina 794 Come in tutti i testi lirici manzoniani di maggior impegno morale e religioso, anche qui il è . Per esempio, spesso gli sono e molte volte collocati in posizione rilevata (alla fine del verso) tramite gli , che peraltro dilatano in un ritmo solenne la cadenza ritmata dei settenari: / (vv. 13-14); / (vv. 15-16); / (vv. 19-20); (v. 25); (v. 30); / (vv. 33-34); / (vv. 67-68); / (vv. 71-72); / (vv. 79-80); / (vv. 103-104); (v. 107). Ancora, in numerosi casi – attraverso l’artificio dell’inversione sintattica – il è posto ( , v. 36; , v. 96) e il viene collocato ( , v. 21; , v. 71; / , vv. 81-82; / , vv. 83-84; / , vv. 89-90; / , vv. 113-114). tono alto e solenne aggettivi anteposti ai sostantivi enjambement ansia mente candido pensier immobile ... fato insonni tenebre irrevocati dì vivide aure empia virtù d’amor placidi gaudii tenue obblìo provida sventura incolpate ceneri verbo alla fine della frase invidiata uscì trafitti impallidir complemento oggetto prima del predicato sempre un obblìo di chiedere il cor diverte l’anima impaurita assale le sviate immagini richiama al noto duol la tenera tua spoglia ricoprir lievi pensier virginei solo pingea A impreziosire il dettato, al quale l’autore vuole evidentemente conferire movenze classicheggianti, sono da notare gli (già segnalati in nota) e i numerosi nelle coppie aggettivo-sostantivo: [...] (vv. 1-2); [...] (vv. 25-26); [...] (vv. 62-63). Il lessico, poi, è ricco di : (v. 3), (v. 37), (v. 39), come aggettivo (vv. 13 e 85), (v. 26), (v. 46), (v. 47), (v. 57), (v. 63), (v. 71), (v. 97), (v. 107). accusativi alla greca chiasmi trecce morbide affannoso petto insonni tenebre claustri solitari erba inaridita arsi calami latinismi lenta aereo discorrere ansia claustri redir tentati triboli orrida calami diverte rea progenie incolpate ceneri L’elevatezza dell’eloquio Verso le COMPETENZE COMPRENDERE 1 Perché al v. 36 Ermengarda viene detta invidiata ? 2 Qual è l’ altro amor di cui si parla al v. 72? 3 Quali sono le sviate immagini del v. 83? 4 Perché le vergini del v. 93 sono state indarno fidanzate (v. 94)? ANALIZZARE 5 Il testo è articolato su tre piani temporali (passato, presente e futuro): evidenzia i tre momenti nelle diverse parti del testo. 6 Rintraccia nel coro ed elenca tutti gli aggettivi impiegati dal poeta in riferimento a Ermengarda. Quale immagine del personaggio ne scaturisce? 7 Individua nel testo almeno altri due esempi di chiasmo nelle coppie aggettivo-sostantivo oltre a quelli già segnalati nel nostro commento. 8 Quale figura retorica troviamo ai vv. 23-24 ( e al Dio de’ santi ascendere / santa del suo patir )? Un chiasmo. a Un poliptoto. b Una metonimia. c Un parallelismo. d 9 Al v. 91 il verbo dormono è utilizzato per metafora. a sineddoche. b eufemismo. c similitudine. d INTERPRETARE 10 Come possiamo spiegare l’immagine finale del coro (quella del sole che al tramonto squarcia le nuvole)? Quale può essere il suo valore simbolico? COMPETENZE LINGUISTICHE Individua nel testo almeno cinque esempi di participiocon valore verbale e trasformali nella corrispondentesubordinata. Segui l’esempio. 11 (v. 28) → altari dove sono stateinnalzate preghiere di supplica supplicati altari Produrre Ha scritto Riccardo Bacchelli: «La morte d’Ermengarda, drammaticamente un episodio, anziun fuor d’opera, fa sbiadire il regio furore di Desiderio contro papa Adriano, la missione imperiale e sacra di Carlo, l’eroismo di Adelchi, grande, ma più elegiaco che drammatico». Commenta questo giudizio critico e spiega in che senso esso può essere più o meno condiviso. 12 Scrivere per argomentare.