T6 Il cinque maggio Odi L’ode viene scritta di getto nel luglio del 1821, alla notizia della morte di Napoleone, che circolava accompagnata da voci di una sua conversione all’ultimo momento. Profondamente colpito, Manzoni compone in pochi giorni questa “orazione funebre”, in cui ricapitola la vicenda umana dell’imperatore, sublime dimostrazione del carattere precario delle glorie umane, al cospetto di una prospettiva eterna. La censura austriaca ne proibisce la stampa, ma l’ode si diffonde ampiamente tramite copie manoscritte, riscuotendo ammirazione e consensi. Nel 1822 Goethe la traduce in tedesco. L’anno successivo viene pubblicata a Torino. 18 strofe di 6 settenari, disposti secondo lo schema SASAST (dove S indica i versi sdruccioli, T i versi tronchi). Metro e  di un imperatore Grandezza  miseria  Parafrasi Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro,   così percossa, attonita 5      la terra al nunzio sta, La decisione del poeta di cantare Napoleone  Napoleone è morto. Come ( ) il suo corpo ( ), dopo avere esalato l’ultimo respiro ( ) rimase immobile ( ), senza memoria ( ) e privato ( ) di uno spirito tanto grande, così il mondo all’annuncio ( ) della sua morte si ferma ( ), 1-6 Siccome spoglia sospiro stette immemore orbo nunzio sta egli (per antonomasia Napoleone). Ei: 1 muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale; né sa quando una simile orma di piè mortale 10     la sua cruenta polvere a calpestar verrà. 7-12  colpito, attonito, silenzioso, pensando all’ultima ora dell’uomo che ha deciso tanti destini ( fatale ); e si chiede quando mai l’orma di un individuo altrettanto grande tornerà a calpestare la terra insanguinata dalle guerre ( cruenta polvere ). voluto dal fato, cioè – cristianamente – dalla Provvidenza. fatale: 8 alcuni commentatori hanno fatto notare che le “orme” non calpestano la terra; il poeta è però preoccupato di evocare la visione delle marce di Napoleone e far quasi sentire lo scalpitare del suo cavallo sulla polvere dei campi di battaglia. orma… verrà: 10-12 Lui folgorante in solio vide il mio genio, e tacque; quando, con vece assidua, 15     cadde, risorse e giacque, di mille voci al sonito mista la sua non ha: 13-18  La mia ispirazione poetica ( genio ) lo vide trionfante sul trono imperiale ( folgorante in solio ), ma non si espresse ( e tacque ); e quando con alterne vicende ( vece assidua ) cadde, si riprese e di nuovo cadde definitivamente, non ha mescolato la sua voce al suono ( sonito ) di mille altre: complemento oggetto di (v. 14), con una forte inversione sintattica. Evidente è il richiamo, anche per l’antonomasia, dell’ iniziale. Lui: 13 vide Ei richiama l’espressione foscoliana «con veci eterne» ( , v. 96). vece assidua: 15 Dei Sepolcri il verso rias­sume le vicende che nel giro di due anni (1813-1815) decretarono il tramonto di Napoleone, passato dalla sconfitta di Lipsia all’esilio all’Elba, dai Cento giorni all’esilio definitivo a Sant’Elena, dopo la battaglia di Waterloo. cadde, risorse e giacque: 16 vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, 20     sorge or commosso al subito sparir di tanto raggio: e scioglie all’urna un cantico che forse non morrà 19-24  immune ( vergin ) da elogi servili e insulti vigliacchi, all’improvvisa sparizione di una luce così gloriosa ( subito sparir di tanto raggio ) si leva commossa: e sulla sua tomba innalza ( scioglie all’urna ) un canto solenne che forse resterà nel tempo. è il motivo già foscoliano della poesia che si eleva sulla tomba dei forti. scioglie all’urna un cantico: 23 Dall’alpe alle piramidi, 25     dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar. 30     Trionfi e sconfitte di Napoleone 25-30  Dalle Alpi alle piramidi, dal Manzanares al Reno, le azioni fulminee di quell’uomo deciso ( quel securo ) seguivano immediatamente i suoi piani ( tenea ); imperversò dallo stretto di Messina ( Scilla ) al Don ( Tanai ), da un mare all’altro. l’autore allude, nell’ordine, alle campagne napoleoniche in Italia, Egitto, Spagna, Germania. Il fiume Manzanares scorre nei pressi di Madrid. Dall’alpe… Reno: 25-26 il toponimo calabrese rimanda agli scontri nell’Italia meridionale; , ovvero il Don, alla campagna in Russia. da Scilla al Tanai: 29 Scilla Tanai riecheggia il v. 8 della Pentecoste, allora incompiuta. dall’uno all’altro mar: 30 Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo fattor, che volle in lui del creator suo spirito 35     più vasta orma stampar. 31-36  Fu gloria autentica? Ai posteri il difficile giudizio ( ardua sentenza ): noi pieghiamo il capo ( nui chiniam la fronte ) dinanzi a Dio ( Massimo fattor ) che ha voluto imprimere ( stampar ) in quell’uomo un segno così grande del suo potere ( più vasta orma ). arcaismo (“noi”), dovuto a esigenze di rima. Anche qui, come negli , Manzoni ricorre al plurale. nui: 32 Inni sacri La procellosa e trepida gioia d’un gran disegno, l’ansia d’un cor che indocile serve, pensando al regno, 40     e il giunge, e tiene un premio ch’era follia sperar; 37-42  La gioia tempestosa ( procellosa ) e trepidante di un grande progetto, l’ansia di un cuore che, sia pure controvoglia ( indocile ), deve obbedire ( serve ), pensando alla conquista del potere, e lo raggiunge, e anzi ottiene un premio che sarebbe stato folle sperare; Manzoni si riferisce al periodo in cui Napoleone serviva nelle armate della Repubblica francese, prima del colpo di Stato del 18 brumaio (novembre 1799). cor… regno: 39-40 tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, 45     la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte in sull’altar. 43-48  egli provò tutto: provò la gloria, aumentata dai pericoli corsi ( maggior dopo il periglio ), la fuga e la vittoria, il potere e l’amarezza dell’esilio; due volte nella polvere, due volte sul trono. due volte sul trono, prima della sconfitta a Lipsia (1813) e durante i Cento giorni (1815). due volte in sull’altar: 48 Ei si nomò: due secoli, l’un contro l’altro armato, 50     sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe’ silenzio, ed arbitro s’assise in mezzo a lor. 49-54  Egli pronunciò il proprio nome: due secoli, in guerra tra loro, a lui si volsero sottomessi ( sommessi ), come aspettando la decisione sul proprio destino ( fato ); egli impose il silenzio, e si sedette tra loro in posizione di giudice. è come se Napoleone, presentandosi sulla scena del mondo, pronunciasse il proprio nome per affermare sé stesso e i propri progetti. Ei si nomò: 49 il Settecento e l’Ottocento, che rispettivamente con la Rivoluzione francese e la successiva Restaurazione furono portatori di visioni del mondo differenti e opposte. due secoli… armato: 49-50 Vincenzo Vela, , 1860 ca. Gli ultimi giorni di Napoleone E sparve, e i dì nell’ozio 55     chiuse in sì breve sponda, segno d’immensa invidia, e di pietà profonda, d’inestinguibil odio e d’indomato amor. 60     L’amarezza dell’esilio e la consolazione della fede 55-60  E scomparve, e terminò i suoi giorni nell’ozio di un’isola così piccola ( sì breve sponda ), oggetto ( segno ) di enorme invidia e di profonda pietà, di odio inestinguibile e di amore indomito. alla solennità che caratterizza l’apertura della strofa precedente si contrappone la dolorosa mestizia di un verbo che traduce efficacemente la riflessione manzoniana sulla caducità delle vicende umane. E sparve: 55 cioè a Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico meridionale. in sì breve sponda: 56 come sul capo al naufrago l’onda s’avvolve e pesa; l’onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa scorrea la vista a scernere 65     prode remote invan; 61-66  Come l’onda turbina ( s’avvolve ) e grava ( pesa ) sul capo del naufrago, quell’onda sulla quale sino a poco prima ( pur dianzi ) lo sguardo del misero scorreva, invano proteso ( alta e tesa ) a riconoscere lontani approdi ( scernere prode remote ); tal su quell’alma il cumulo delle memorie scese: oh quante volte ai posteri narrar se stesso imprese, 70     e sull’eterne pagine cadde la stanca man! 67-72  così il peso dei ricordi scese su quell’anima: oh quante volte cominciò ( imprese ) a raccontare le proprie imprese ( se stesso ) ai posteri, e sulle pagine interminabili la mano stanca cadde! in esilio Napoleone fu tentato più volte di scrivere un’autobiografia, ma vi rinunciò nello scoprire l’inadeguatezza delle proprie forze. Con Manzoni riprende un’espressione dell’ . oh quante volte… stanca man!: 69-72 cadde la stanca man Eneide Oh quante volte, al tacito morir d’un giorno inerte, chinati i rai fulminei, 75     le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l’assalse il sovvenir! 73-78  Oh quante volte, al silenzioso tramonto ( tacito morir ) di un giorno ozioso, abbassato lo sguardo ( rai ) fulmineo, rimase immobile ( stette ), con le braccia conserte, e lo assalì il ricordo dei giorni andati! l’anafora (come al v. 69) introduce il tema della vanità del ricordo. Oh quante volte: 73 letteralmente, “raggi”, cioè gli occhi. rai: 75 E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, 80     e il lampo dei manipoli, e l’onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere obbedir. 79-84  E ripensò allo spostarsi degli accampamenti ( mobili tende ), alle fortificazioni colpite ( percossi valli ), alle incursioni dei drappelli ( lampo dei manipoli ), all’incalzare ( onda ) della cavalleria, ai suoi ordini ( imperio ) concitati sùbito eseguiti ( celere obbedir ). Ah! forse a tanto strazio 85     cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere pietosa il trasportò; 90     85-90  Ahi! Forse l’animo spossato ( spirto anelo ) crollò per lo strazio di questi ricordi, e si abbandonò alla disperazione; ma venne dal cielo una mano forte ( valida ), che pietosa lo trasportò in un’aria più serena ( in più spirabil aere ); e l’avviò sui floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, ove è silenzio e tenebre 95     la gloria che passò. 91-96  e lo guidò ( avviò ) sui felici sentieri della speranza verso il cielo ( campi eterni ), verso il premio che è superiore ( avanza ) a qualunque desiderio, là dove la gloria terrena diventa silenzio e tenebre. reminiscenza classica dei campi Elisi. campi eterni: 93 nella dimensione dell’eterno non giunge immagine né rumore della gloria terrena. ove… passò: 95-96 Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! scrivi ancor questo, allegrati; che più superba altezza 100  al disonor del Golgota giammai non si chinò. 97-102  O Fede benefica, bella e immortale, abituata ai trionfi! Aggiungi anche ( ancor ) questo, e gioisci; perché mai potenza più superba si è inchinata alla croce di Cristo ( al disonor del Golgota ). alla santa umiliazione della Croce. è il Calvario, monte di Gerusalemme, dove Cristo subì il supplizio. al disonor del Golgota: 101 Golgota Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, 105  che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò. 103-108  Tu allontana ( sperdi ) dagli stanchi resti di Napoleone ogni parola malvagia ( ria ): il Dio che può abbattere e rialzare, far patire e consolare, si è posto accanto a lui, sul solitario letto di morte ( deserta coltrice ).  >> pagina 798  Analisi ATTIVA I contenuti tematici è divisibile in tre parti. La prima inscena lo stupore che coglie il mondo alla notizia della morte di Napoleone; commosso, il poeta decide di rompere il rigoroso riserbo al quale sino ad allora si era attenuto (vv. 1-24). A differenza degli altri grandi letterati del suo tempo (come Vincenzo Monti, Carlo Porta, Ugo Foscolo), Manzoni non aveva mai celebrato le imprese dell’imperatore, quando questi era in vita. Né intende farlo ora: se nella seconda parte ne ripercorre la sfolgorante carriera, i trionfi e le disfatte (vv. 25-54), maggiore spazio è riservato nella terza ai giorni amari dell’esilio sull’isola di Sant’Elena, sigillati dal decisivo intervento della Grazia, in punto di morte (vv. 55-108). Siamo dinanzi a una «provida sventura» simile a quella di Ermengarda chiusa in convento, o del conte di Carmagnola imprigionato. Anche Napoleone si trova a vivere un’esperienza di reclusione, che scatena l’onda insostenibile dei ricordi. La fede, infine, gli consente di affrontare la morte placato, trasformando le sue vicende terrene nella più istruttiva delle parabole. Il cinque maggio  Che cosa si augura l’autore per il proprio   (v. 23)? 1 cantico  La seconda parte dell’ode, quella dedicata alla vicenda di Napoleone, può essere ulteriormente suddivisa: come? 2 La struttura dell’ode  >> pagina 799  Operando con vigorosa determinazione nel mondo, senza evitare il ricorso a ingiustizie e violenze, da oscuro ufficiale nato in una provincia remota, la Corsica, Napoleone diventa imperatore dei francesi. Signore degli eserciti, giudice dei secoli (v. 50), (v. 8) che da solo si dà il nome, sollevandosi al di sopra della massa anonima degli uomini, raggiunge un premio (v. 42) e pretende di decidere l’avvenire del mondo. l’un contro l’altro armato uom fatale ch’era follia sperar Più che ricordare Ulisse o Alessandro Magno, egli incarna dunque il . In questa prospettiva non stupisce come la pietà e l’ammirazione di Manzoni nascano non al cospetto dei trionfi, ma nel momento esatto in cui Napoleone mette da parte la superbia con cui aveva cercato di sostituirsi a Dio e si trova a riconoscerne la suprema grandezza. prototipo dell’uomo moderno, l’eroe romantico che cerca di costruirsi da solo un destino  Ricostruisci le tappe principali della vicenda di Napoleone menzionate nel testo, eventualmente aiutandoti con una mappa. 3  Una delle caratteristiche di Napoleone è la rapidità: individua nel testo tutti i termini e le espressioni che vi si riferiscono. 4 Napoleone: il prototipo dell’uomo moderno Ancora una volta Manzoni riconosce nella sconfitta l’opportunità di dimostrare un eroismo ben diverso dal modello titanico di stampo romantico, nonché l’unico mezzo per giungere alla salvezza eterna. L’esistenza di Napoleone, che finisce i suoi giorni su uno scoglio in mezzo all’Atlantico dopo avere imperversato (vv. 25-26), è ai suoi occhi un’altissima dimostrazione della divina onnipotenza. I posteri pronunceranno (v. 32) sulla gloria terrena dell’imperatore, ma questa conta infinitamente meno del giudizio di Dio, a cui spetta l’unica vera gloria: le imprese umane, anche le più ardite, viste dalla prospettiva dell’eternità si riducono a polvere. Animato da questa convinzione, Manzoni conclude con una vibrante apostrofe* alla Fede, che avvicina l’ode a un inno sacro, composto, questa volta, non in occasione di una festa liturgica, ma per interpretare a maggior lode di Dio la morte di un grande protagonista della Storia. dall’alpe alle piramidi, / dal Manzanarre al Reno l’ardua sentenza Il cinque maggio  Nella terza parte dell’ode, alla rapidità dell’azione si sostituisce la staticità: perché? Individua termini ed espressioni ad essa riferiti. 5  Attraverso quali passaggi viene descritta la crisi umana e spirituale di Napoleone? 6 La vera gloria Le scelte stilistiche L’ode è caratterizzata da uno sin dall’attacco, divenuto proverbiale, che riduce a due monosillabi la più straordinaria delle vite: (v. 1). Anche in seguito l’insistenza sul passato remoto contribuisce a fissare in una dimensione di compiutezza la rievocazione delle imprese di Napoleone, il cui nome non viene mai pronunciato. stile solenne Ei fu A innalzare il discorso contribuiscono l’uso degli aggettivi, che spesso ricorrono prima del verbo, in posizione di rilievo ( ), i latinismi ( ecc.) e il fitto tessuto di figure retoriche, tra le quali è opportuno segnalare almeno le due estese similitudini* (vv. 1-8; vv. 61-68), le anastrofi*, gli iperbati*, la metafora* tesa a sottolineare la rapidità d’azione di Napoleone ( , vv. 27-28). valida venne, pietosa il trasportò nunzio, solio, coltrice, securo di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno Allo scopo di sottolineare il vorticoso turbine degli accadimenti è frequente il ricorso all’antitesi* (per esempio , vv. 47-48; , vv. 59-60). Per contrasto, ai due estremi dell’ode Manzoni delinea una situazione di stasi, evocando la salma immobile del condottiero, alla quale nella conclusione si accosta Dio. due volte nella polvere, / due volte in sull’altar d’inestinguibil odio / e d’indomato amor  Individua nel testo almeno altri tre esempi di antitesi. 7  In quali punti del testo, e perché, viene usato il presente? 8  Altri due grandi artisti e intellettuali sono rimasti affascinati dalla figura di Napoleone, il musicista Ludwig van Beethoven e il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Svolgi una ricerca sul rapporto tra Napoleone e queste due personalità e illustra i risultati in un testo espositivo di circa 40 righe. 9 Scrivere per esporre. Una forma tradizionale Jacques-Louis David, , 1801. Malmaison, Musée National du Château. Napoleone Bonaparte al passaggio del Gran San Bernardo  >> pagina 800  La riflessione sulla lingua 6 in sintesi Ai tempi di Manzoni erano in pochi a capire il toscano, e pochissimi in grado di parlarlo, persino fra i ceti colti. Tra milanese e francese Nella seconda introduzione al , addirittura, Manzoni riconosce nel milanese l’unica lingua «nella quale ardirei promettermi di parlare […] tanto da stancare il più paziente uditore, senza proferire un barbarismo [vocabolo straniero]; e di avvertire immediatamente qualunque barbarismo che scappasse altrui». In realtà l’autore conosce molto bene anche il e periodicamente esercitato nelle lettere. In una di esse, scritta all’amico Claude Fauriel nel 1806, confessa di aver visto «con un piacere misto d’invidia il popolo di Parigi intendere ed applaudire alle commedie di Molière», mentre in Italia l’eccessivo scarto fra lingua scritta e lingua parlata rende impossibile agli scrittori l’effetto di erudire «la moltitudine, di farla invaghire del bello e dell’utile, e di rendere in questo modo le cose un po’ più come dovrebbono essere». Fermo e Lucia francese, perfezionato negli anni trascorsi a Parigi Manzoni rileva lo scarto che esiste fra la  lingua scritta e  quella  parlata  nei diversi Stati della penisola, fatto che impedisce un generale e diffuso livello di  comprensione delle opere  letterarie e teatrali. Il problema della , che tormenta Manzoni sin dalla gioventù, diviene pressante nel momento in cui egli inizia a dedicarsi alla stesura del romanzo, rendendosi conto ben presto dell’estrema difficoltà del compito, moltiplicata dalla mancanza di una lingua comune nella penisola e di una norma universalmente riconosciuta. La scelta del fiorentino popolarità del linguaggio Di qui i dubbi che accompagnano la transizione dall’eclettismo del al “toscano-milanese” della ventisettana (ovvero l’edizione del 1827), figlio di febbrili consultazioni di vocabolari e altre fonti libresche. Subito dopo, il viaggio a Firenze, con la celebre “risciacquatura dei panni in Arno”, contribuisce a orientare l’autore verso l’uso vivo del . A questa opzione è improntata la revisione linguistica del romanzo, che sfocia nell’edizione definitiva, comparsa in dispense fra il 1840 e il 1842. Fermo e Lucia ceto colto cittadino Deplorando la mancanza di una lingua comune che renda popolare la produzione letteraria, Manzoni elegge il   a lingua degna di questa funzione e lo impiega nella   dei   dalla prima edizione a quella definitiva del 1840-1842. fiorentino ventennale riscrittura linguistica Promessi sposi  >> pagina 801 D’altra parte, alla produzione creativa Manzoni accompagna intense riflessioni teoriche, che avrebbero dovuto convergere nel trattato , al quale lavora per decenni, scrivendone cinque redazioni senza mai giungere a un esito ritenuto soddisfacente. Nelle carte di questo «eterno lavoro», pubblicate solo nel XX secolo, lo scrittore articola le sue idee in materia di lingua, ragionando sul concetto di “uso” e confutando le posizioni espresse in merito da puristi e Classicisti. Nelle pagine di , egli insiste sui , unico idioma utilizzato dagli italiani di varia provenienza per comunicare tra loro. Le riflessioni teoriche sulla lingua Della lingua italiana Sentir messa vantaggi del toscano La viene pubblicamente espressa e difesa dallo scrittore in interventi più estemporanei, a cominciare dalla a Giacinto Carena, pubblicata nel 1850, in cui auspica la redazione di un vocabolario dell’uso vivo e caldeggia l’individuazione di una capitale linguistica da assumere a modello. Come il latino fu la lingua di Roma e il francese è la lingua di Parigi, il fiorentino sarà la lingua dell’Italia. , secondo Manzoni, : la nuova nazione dovrà porsi e risolvere il problema. Queste convinzioni impregnano i numerosi interventi, pubblici e privati, che negli anni della vecchiaia Manzoni instancabilmente dedica a una questione che ritiene non puramente estetica, ma innanzitutto sociale e politica. tesi “fiorentinista” Lettera sulla lingua italiana L’unità politica non può prescindere dall’unità linguistica La scelta della lingua d’uso più versatile e diffusa nella penisola non ha per Manzoni solo ragioni estetiche ma anche sociali, perché l’  è un presupposto fondamentale dell’unità politica di una nazione. unità linguistica T7 La  al ministro Broglio Relazione  Il ministro della Pubblica istruzione Emilio Broglio, all’inizio del 1868, istituisce una commissione incaricata di occuparsi delle strategie con cui promuovere «in tutti gli ordini del popolo la notizia della buona lingua e della buona pronunzia». Ne affida la presidenza a Manzoni, che in breve tempo consegna e fa stampare su varie riviste una  , dove ribadisce gli orientamenti più volte espressi in precedenza, rimarcando la necessità di una diffusione capillare del fiorentino parlato. Relazione intorno all’unità della lingua e ai mezzi di diffonderla Una   per gli  lingua italiani Una nazione dove siano in vigore vari idiomi e la quale aspiri ad avere una lingua in comune, trova naturalmente in questa varietà un primo e potente ostacolo al suo intento. In astratto, il modo di superare un tale ostacolo è ovvio ed evidente: sostituire a que’ diversi mezzi di comunicazione d’idee un mezzo unico, il quale, sottentrando 5        a fare nelle singole parti della nazione l’ufizio essenziale che fanno i particolari linguaggi, possa anche soddisfare il bisogno, non così essenziale, senza dubbio, 1 ma rilevantissimo, d’intendersi gli uomini dell’intera nazione tra di loro, il più pienamente e uniformemente che sia possibile. Ma in Italia, a ottenere un tale intento, s’incontra questa tanto singolare quanto 10     dolorosa difficoltà, che il mezzo stesso è in questione; e mentre ci troviamo 2 d’accordo nel voler questa lingua, quale poi essa sia, o possa, o deva essere, se ne 3 disputa da cinquecento anni. sostituendo nelle singole parti della nazione le funzioni ( ) essenziali svolte dai dialetti. sottentrando… particolari linguaggi: 1 ufizio in Italia si discute ancora di quale debba essere la lingua nazionale. il mezzo stesso è in questione: 2 debba. deva: 3 Una tale, si direbbe quasi, perpetuità di tentativi inutili potrebbe, a prima vista, 4 far credere che la ricerca stessa sia da mettersi, una volta per sempre, nella gran classe di quelle che non hanno riuscita, perché il loro intento è immaginario, e il mezzo che si cerca non vive che nei desideri. Lontani per sé da un tale scoraggimento, e animati dall’autorevole e patriottico 5 invito del sig. Ministro, i sottoscritti non esitano a esprimere la loro persuasione, 6 che il mezzo c’era, come c’è ancora; che il non avere esso potuta esercitare la sua 20     naturale attività ed efficacia, è avvenuto per la mancanza di circostanze favorevoli, 7 senza però, che una tale mancanza abbia potuto farlo dimenticare, né renderlo affatto inoperoso; e che questa sua debole attività è quella che ha data occasione ai tanti sistemi che hanno potuto sovrapporglisi come le borraccine e i licheni a un albero che vegeti stentatamente. 25     8 Questo mezzo, indicato dalla cosa stessa, e messo in evidenza da splendidi esempi, è: che uno degl’idiomi, più o meno diversi, che vivono in una nazione, 9 venga accettato da tutte le parti di essa per idioma o lingua comune […]. In verità, pensando a que’ due gran fatti delle lingue latina e francese, non si può a meno di non ridere della taccia di municipalismo che è stata data e si vuol 30     10 mantenere a chi pensa che l’accettazione e l’acquisto dell’idioma fiorentino sia il mezzo che possa dare di fatto all’Italia una lingua comune. Senza il municipalismo di Roma e di Parigi non ci sarebbe stata, né lingua latina, né lingua francese. […] Riconosciuta poi che fosse la necessità d’un tal mezzo, la scelta d’un idioma che possa servire al caso nostro, non potrebbe esser dubbia; anzi è fatta. Perché 35     è appunto un fatto notabilissimo questo: che, non c’essendo stata nell’Italia moderna una capitale che abbia potuto forzare in certo modo le diverse province a adottare il suo idioma, pure il toscano, per la virtù d’alcuni scritti famosi al loro primo apparire, per la felice esposizione di concetti più comuni, che regna in molti altri, e resa facile da alcune qualità dell’idioma medesimo, che non importa 40     di specificar qui, abbia potuto essere accettato e proclamato per lingua comune dell’Italia, dare generalmente il suo nome (così avesse potuto dar la cosa) agli 11 scritti di tutte le parti d’Italia, alle prediche, ai discorsi pubblici, e anche privati, che non fossero espressi in nessun altro de’ diversi idiomi d’Italia. E la ragione per cui questa denominazione sia stata accettata così facilmente, è che esprime 45     un fatto chiaro, uno di quelli la di cui virtù è nota a chi si sia. Ognuno infatti, che non sia preoccupato da opinioni arbitrarie e sistematiche, intende subito che 12 per poter sostituire un linguaggio novo a quello d’un paese, bisogna prendere il linguaggio d’un altro paese. S’aggiunga un altro fatto importante anch’esso, cioè che, o tutti o quasi tutti 50     quelli che negano al toscano la ragione di essere la lingua comune d’Italia, gli concedono pure qualcosa di speciale, una certa qual preferenza, un certo qual privilegio sopra gli altri idiomi d’Italia […]. eterna continuità. perpetuità: 4 sconforto. scoraggimento: 5 i membri della commissione, di cui oltre all’autore facevano parte il filologo e politico Ruggero Bonghi (1826-1895) e lo scrittore e giornalista Giulio Carcano (1812-1894). i sottoscritti: 6 per la divisione della penisola in più entità statali. mancanza… favorevoli: 7 le tante teorie sulla lingua si sono sovrapposte all’ipotesi del fiorentino come lingua della nazione, nello stesso modo in cui il muschio ( ) e i licheni si attaccano a un albero che stenta a svilupparsi. tanti sistemi… vegeti stentatamente: 8 borraccine il latino e il francese, come si spiega subito sotto. splendidi esempi: 9 accusa di provincialismo, cioè di avere una visione ristretta del problema. taccia di municipalismo: 10 s’intende in ambito letterario, dove il ruolo dominante del toscano è fuori discussione. lingua comune dell’Italia: 11 pregiudizi accademici. opinioni… sistematiche: 12 È da osservarsi, del rimanente, che la denominazione di lingua toscana non corrisponde esattamente alla cosa che si vuole e si deve volere, cioè a una lingua 55     una; mentre il parlare toscano è composto d’idiomi pochissimo dissimili bensì 13 tra di loro, ma dissimili, e quindi non formanti una unità. Ma l’improprietà del vocabolo non potrà cagionare equivoci, quando si sia, in fatto, d’accordo nel concetto; in quella maniera che le denominazioni di latino, di francese, di castigliano, quantunque derivate, non da delle città, ma dai territori, non hanno impedito che 60     per latino s’intendesse il linguaggio di Roma, come, per francese e per castigliano, s’intendono quelli di Parigi e di Madrid. Uno poi de’ mezzi più efficaci e d’un effetto più generale, particolarmente nelle nostre circostanze, per propagare una lingua, è, come tutti sanno, un vocabolario. E, secondo i princìpi e i fatti qui esposti, il vocabolario a proposito per l’Italia non 65     14 potrebbe esser altro che quello del linguaggio fiorentino vivente. certamente. bensì: 13 adatto. a proposito: 14  >> pagina 803 Dentro il TESTO I contenuti tematici Infervorato dall’incarico ricevuto dal ministero, che lo chiama a intervenire operativamente sulla questione che più gli stava a cuore, l’ormai vecchio Manzoni si pone al lavoro e in pochi mesi appronta la , che suscita accese discussioni. La componente fiorentina della commissione, in particolare, dissente sul ruolo secondario che in essa viene attribuito agli scrittori, ritenuti tradizionalmente modelli fondamentali in materia di lingua. Manzoni, convinto che la nel nuovo contesto nazionale sia un’ , assegna, come si è detto, un . Approva per questo motivo l’invio di maestri toscani in tutto il paese, e incoraggia la compilazione di un vocabolario dell’uso vivo, che bandisca gli usi storici degli autori dei secoli andati e funga da punto di riferimento per una serie di dizionari bilingui, atti a suggerire il corrispondente fiorentino corretto dei termini dialettali. Relazione questione della lingua urgenza sociale prima che una questione letteraria ruolo cruciale alla parlata della classe colta fiorentina Un’urgenza sociale Il ruolo di Manzoni nel promuovere la sovrapposizione fra italiano e lingua parlata a Firenze (che in quegli anni era capitale del Regno) è senza dubbio decisivo, ma più sotto forma di esempio pratico che come proposta teorica. Già alla fine dell’Ottocento, infatti, diventano nelle scuole del Regno una fondamentale palestra di lingua. I tormentati ripensamenti linguistici che avevano accompagnato la stesura del romanzo vengono così premiati da un esito che supera ogni più rosea aspettativa. I promessi sposi I “travagli” di “uno scrittore non toscano” Verso le COMPETENZE Comprendere Sintetizza il contenuto del brano in circa 5 righe. 1 Analizzare Individua ed esamina i passi in cui si espongono le ragioni del accordato al toscano. 2 privilegio Interpretare In che senso Manzoni sminuisce il ruolo degli scrittori in materia di lingua, e per quali motivi? 3 Produrre  Per ciò che riguarda la lingua, oggi un problema analogo si pone con i numerosi stranieri presenti in Italia che conoscono l’italiano solo in parte. Fai una ricerca sull’argomento e illustra i risultati in un testo espositivo di circa 30 righe. 4 Scrivere per esporre.  >> pagina 804  I grandi temi di Manzoni 1 La formazione illuministica le ascendenze familiari: nipote (per parte di madre) di Cesare Beccaria e figlio naturale di Giovanni Verri • l’adesione, a Parigi, all’Illuminismo liberale degli • idéologues lo sviluppo degli ideali democratici ed egualitari, che dopo la conversione non vengono abbandonati ma elaborati in chiave cristiana • la tensione morale: letteratura come servizio per la collettività • i modelli morali e stilistici di Alfieri, Monti, Foscolo, Parini • la fedeltà al «santo Vero» nella pratica letteraria • 2 La conversione religiosa una fede razionale, intesa come strumento di conoscenza e di giudizio sulle cose umane • il rigore morale derivante dall’influsso della corrente giansenista • la fedeltà alla Chiesa pur nel rifiuto del potere temporale dei papi • il messaggio rivoluzionario del Vangelo • l’attenzione verso gli “ultimi” • il pessimismo cristiano: l’uomo è predisposto per natura al peccato e può trovare la salvezza solo attraverso la Grazia • 3 La partecipazione al movimento romantico l’appoggio esterno al movimento romantico milanese • il rifiuto della mitologia e delle unità aristoteliche di tempo e luogo in nome della verosimiglianza • la concezione della letteratura: «l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo» • il “vero poetico”, cioè l’analisi dei sentimenti e dei pensieri, integra il “vero storico” nelle opere d’arte • la dominante ispirazione religiosa nel romanticismo di Manzoni • 4 L’impegno politico-patriottico Manzoni come padre riconosciuto del Risorgimento italiano • la partecipazione defilata agli eventi storici della sua epoca • i sentimenti patriottici e l’adesione ai moti del 1821 e del 1848 • 5 Storia e Provvidenza la meditazione sulla Storia come elemento essenziale in tutta l’opera di Manzoni • l’apertura alle masse popolari, normalmente escluse dalle trattazioni storiche • la presenza del male nella Storia: pessimismo giansenistico di Manzoni • il concetto di «provida sventura»: attraverso le umiliazioni e le sconfitte gli uomini conquistano la salvezza • la “iniquità dei tempi”, ovvero le ingiustizie presenti nel contesto storico, non sollevano l’uomo dalle sue responsabilità • 6 La riflessione sulla lingua la ricerca di una lingua nazionale e popolare • le tre redazioni dei • Promessi sposi la riflessione teorica, che si svolge in molte lettere e testi sparsi e nel trattato mai compiuto • Della lingua italiana la scelta del fiorentino parlato dalle persone colte • la prosa di Manzoni come modello linguistico nazionale • la per il ministro Broglio, in cui si auspica la redazione di un vocabolario della lingua d’uso • Relazione