T10 Addio, monti Cap. 8 Fallito il matrimonio a sorpresa, sventato il tentativo di rapimento di Lucia, i promessi sposi su consiglio di fra Cristoforo fuggono in barca dal paese. Alla movimentata «notte degli imbrogli» (quella in cui i due giovani hanno provato – inutilmente – a sposarsi con l’inganno davanti a don Abbondio, nello stesso momento in cui i bravi irrompevano in casa di Lucia per rapirla) fa seguito una silenziosa scena al chiaro di luna. Lucia voltandosi vede sulla sponda il torvo palazzotto di don Rodrigo, che incombe sul paese. Riconosce la propria casa, la finestra della sua stanza, e si abbandona a un segreto pianto in cui formula interiormente un commosso addio. È la pagina più celebre del romanzo. Insieme alla versione definitiva ne diamo la prima stesura: il confronto fra il punto di partenza (il  ) e il punto d’arrivo (la “quarantana”) consente di misurare l’evoluzione dello stile e delle tecniche narrative di Manzoni. Fermo e Lucia Lo struggente   dalla   natìa distacco terra  Asset ID: 160 ( )  let-altvoc-addio-monti-i-promessi-50.mp3 Audiolettura Versione del 1840 Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra 1 voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono 5       delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti 2 sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo 3 di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, 10     tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, 4 i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, 5 se non pensasse che, un giorno, tornerà 15     dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, 6 il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città 7 tumultuose; le case aggiunte a case, le strade 20     che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, 25     e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire,   8 e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa!      30 Chi, staccato a un tempo dalle più care   9 abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare      35 a un momento stabilito per il ritorno!  Addio, 10 casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore.  Addio, casa ancora      40 11 straniera,  casa sogguardata tante volte alla 12 sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le      45 lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito;  dove il sospiro segreto del cuore doveva 13 essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità  è per tutto;      50 14 15 e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli  andava      55 16 avvicinando alla riva destra dell’Adda. di altezza differente, come quelle del monte Resegone, che si erge alle spalle di Lecco. inuguali: 1 villaggi. ville: 2 al pascolo. pascenti: 3 perdono fascino. si disabbelliscono: 4 decidere. risolvere: 5 ricco. dovizioso: 6 pesante e stantia. gravosa e morta: 7 racchiusi in essi tutti i progetti futuri. composti… avvenire: 8 contemporaneamente. a un tempo: 9 non riesce a immaginare il momento del ritorno. non può… ritorno: 10 il passo dell’innamorato in visita. passo… timore: 11 quella in cui entrerà da sposa. casa ancora straniera: 12 il matrimonio. un rito: 13 si intende Dio. Chi… giocondità: 14 dappertutto. per tutto: 15 li. gli: 16 Versione del Fermo e Lucia Addio, monti posati sugli abissi dell’acque ed elevati al cielo; cime ineguali, conosciute a colui che fissò sopra di voi i primi suoi sguardi, e che visse fra voi, come egli distingue all’aspetto l’uno dall’altro i suoi famigliari, valli segrete, 5       ville sparse e biancheggianti sul pendio come branco disperso di pecore pascenti, addio! Quanto è tristo il lasciarvi a chi vi conosce dall’infanzia! quanto è nojoso  l’aspetto della 1 pianura dove il sito a cui si aggiunge  è simile a 10     2 quello che si è lasciato addietro, dove l’occhio cerca invano nel lungo spazio, dove riposarsi e contemplare, e si ritira fastidito come dal fondo d’un quadro su cui l’artefice non abbia ancor figurata alcuna immagine della creazione. 15     Che importa che nei piani deserti sorgano città superbe ed affollate? il montanaro che le passeggia avvezzo alle alture di Dio, non sente il diletto della maraviglia nel mirare edificj che il cittadino chiama elevati perché gli  ha fatti egli 20     3 ponendo a fatica pietra sopra pietra. Le vie, che hanno vanto di ampiezza, gli sembrano valli troppo anguste, l’afa immobile lo opprime, ed egli che nella vita operosa del monte non aveva forse provato altro malore che la fatica, divenuto 25     timido e delicato come il cittadino, si lagna del clima e della temperie, e dice che morrà se non torna ai suoi monti. Egli che sorto col sole, non riposava che al mezzo giorno e al cessare delle fatiche diurne, passa le ore intere nell’ozio 30     malinconico ripensando alle sue montagne. Ma questi sono piccioli dolori. L’uomo sa tormentar l’uomo nel cuore; e amareggiargli il pensiero di modo che anche la memoria dei momenti passati lietamente affacciandosi ad 35     esso perde ogni bellezza, e porta un rancore non temperato da alcuna compiacenza; è tutta dolorosa: reca all’afflitto una certa maraviglia che abbia potuto altre volte godere, e non desidera più quelle contentezze delle quali non gli 40     par più capace la sua mente trasformata. Dolore speciale: la contemplazione della perversità d’una mente simile alla nostra: idea predominante in chi è afflitto dal suo simile. Addio, casa natale, casa dei primi passi, dei primi giuochi, 45     delle prime speranze; casa nella quale sedendo con un pensiero s’imparò a distinguere dal romore delle orme comuni il romore d’un’orma desiderata con un misterioso timore. Addio, addio casa altrui, nella quale la fantasia intenta, 50     e sicura vedeva un soggiorno di sposa, e di compagna. Addio chiesa dove nella prima puerizia 4 si stette in silenzio e con adulta gravità, 5 dove si cantarono colle compagne le lodi del Signore, dove ognuno esponeva tacitamente le 55     sue preghiere a Colui che tutte le intende e le può tutte esaudire, Chiesa, dove era preparato un rito, dove l’approvazione e la benedizione di Dio doveva aggiungere all’ebbrezza della gioia il gaudio tranquillo e solenne della santità. 60     Addio! Il serpente nel suo viaggio torto e insidioso, si posta talvolta vicino all’abitazione dell’uomo, e vi pone il suo nido, vi conduce la sua famiglia, riempie il suolo e se ne impadronisce; perché l’uomo il quale ad ogni passo 65     incontra il velenoso vicino pronto ad avventarglisi, 6 che è obbligato di guardarsi e di non dar passo senza sospetto, che trema pei suoi figli, sente venirsi in odio la sua dimora, maledice il rettile usurpatore, e parte. E l’uomo pure caccia 70     talvolta l’uomo sulla terra come se gli fosse destinato per preda: allora il debole non può che fuggire dalla faccia del potente oltraggioso: ma i passi affannosi del debole sono contati, e un giorno ne sarà chiesta ragione. 75     fastidioso. nojoso: 1 giunge. aggiunge: 2 li. gli: 3 infanzia. prima puerizia: 4 serietà. gravità: 5 aggredirlo. avventarglisi: 6  >> pagina 835  Dentro il TESTO I contenuti tematici L’ prende forma sullo sfondo di un paesaggio quanto mai romantico. Sui monti, sulle acque, sui paesi (rr. 6-7), illuminati dal plenilunio, si posa lo sguardo dei fuggiaschi, caricando la scena di una commossa emotività. Il tema portante è quello dell’amarezza dovuta al distacco dalla terra natale dell’emigrante, mosso dal desiderio di fare fortuna o da una minaccia insostenibile, come è il caso dei promessi sposi. L’inquietudine aumenta al pensiero dell’incerto destino che attende chi lascia la propria terra nella baraonda della città moderna, con la quale di lì a poco Renzo avrà modo di scontrarsi. Manzoni riprende qui l’antico motivo del confronto con la campagna, anticipando una vocazione fondamentale nella narrativa dell’Italia unita. Addio biancheggianti sul pendìo Ai sogni infranti d’amore invece è riservato soltanto un cenno. Restano un (rr. 37-38) che la pudica Lucia non confessa neppure a sé stessa, il (r. 40) di un passo su cui il narratore reticente non intende insistere, al di là del riferimento agli sguardi lanciati (rr. 41-42) alla casa del futuro sposo. Prontamente subentra un ulteriore addio, alla chiesa dove (r. 47) avrebbe dovuto trovare la solenne benedizione del matrimonio. Il pianto cede infine il passo a una riflessione dell’autore che tiene viva la speranza. pensiero occulto misterioso timore alla sfuggita, passando, e non senza rossore il sospiro segreto del cuore Gli addii, l’amore Le scelte stilistiche Durante l’attraversamento del lago, Manzoni avrebbe potuto immaginare un dialogo tra i passeggeri, o con il barcaiolo, come avviene in seguito. Sceglie invece di impostare un’effusione lirica, che meglio si addice al temperamento di Lucia, mantenendola su , in cui più volte si nasconde la misura classica della poesia italiana, l’endecasillabo* ( ). Spina dorsale del passo è l’anafora* della parola , ripetuta sei volte: due nel periodo iniziale e quattro, con un vistoso crescendo, in prossimità della conclusione. ritmi lenti e calibrati ad-di-o-mon-ti-sor-gen-ti-dal-l’ac-que addio Si tratta di un modulo tipico del discorso diretto, che concorre ad aumentare la commozione, in combinazione con i diminutivi riservati a ciò che si lascia ( , ); eppure non siamo di fronte a un semplice monologo interiore. Sarebbe eccessivo attribuire meccanicamente alla sola Lucia fantasticherie melanconiche che appartengono anche ad Agnese e Renzo: (rr. 53-55). Come si mostra in questo fondamentale inciso, , innalzandoli al di là delle loro vicende personali, un po’ come accadeva già nei cori delle tragedie. A questo scopo collabora l’insistente ricorso al pronome indefinito e alle forme verbali impersonali. La portata del discorso si allarga così a dismisura, e nel pianto sommesso di Lucia si riconosce l’eco di un . casuccia campicello Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini è il narratore a esprimere i sentimenti che si agitano nei cuori dei personaggi chi dolore universale Un intermezzo lirico La differenza più evidente fra le due stesure del brano è di natura quantitativa: nel Manzoni usa giri sintattici molto articolati e propone passaggi che nella “ventisettana” deciderà di sopprimere, insieme al lessico troppo ricercato o libresco. Nella “quarantana” lavora solo su quest’ultimo versante, per avvicinarsi ancor più al fiorentino vivo: sostituisce per esempio con , con , con , e interviene sulla punteggiatura, per meglio adeguarla alle pause della voce. Fermo e Lucia aere aria simiglia par orme passi Vanno inoltre segnalati l’introduzione dell’inciso finale e il taglio del paragone fra città e campagna, che nel viene svolto in termini oppositivi: da una parte i monti, sublime creazione del Signore, dall’altra i palazzi, edificati dall’uomo (r. 21); da una parte le ariose valli prealpine, dall’altra le malsane vie urbane. In quest’ottica è rilevante nel testo di arrivo l’eliminazione della lunga similitudine* di sapore biblico con il serpente; con essa cade il minaccioso riferimento finale alla giustizia divina ( , rr. 72-75), in cui riecheggia il «Verrà un giorno» rivolto da fra Cristoforo a don Rodrigo già nello stesso (  T9, p. 828, r. 96). Fermo e Lucia ponendo a fatica pietra sopra pietra il debole non può che fuggire dalla faccia del potente oltraggioso: ma i passi affannosi del debole sono contati, e un giorno ne sarà chiesta ragione Fermo e Lucia ▶ Le varianti  >> pagina 836 Verso le COMPETENZE Comprendere Elenca tutti gli oggetti affettivi a cui viene dato l’addio. 1 A chi appartiene la (rr. 40-42)? 2 casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore Analizzare Rintraccia le similitudini presenti nel testo. 3 Confronta il paragone tra città e campagna nel testo di partenza e in quello di arrivo: quali analogie e differenze noti? 4 Interpretare (rr. 50-52): interpreta questa frase, alla luce del tema della «provida sventura». 5 Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande Produrre Il testo descrive lo stato d’animo di chi è costretto a partire dalla propria terra: oggi nel mondo accade a milioni di persone, in seguito a guerre, carestie, persecuzioni politiche o religiose. Svolgi una ricerca su questo drammatico fenomeno e illustra i risultati in un testo espositivo-argomentativo di circa 40 righe. 6 Scrivere per esporre. Immagina di dovere dare l’addio a qualcosa o a qualcuno, in un testo di circa 10 righe. 7 Scrivere per raccontare. Michele Fanolli, , 1831. Padova, Museo Civico degli Eremitani. La partenza dei promessi sposi T11 Il ritratto della monaca di Monza Cap. 9 Abbandonato il paese natale, salutato Renzo, Lucia è indirizzata a Monza in compagnia della madre Agnese, nella speranza che la «signora» del convento, una monaca di famiglia potentissima, accetti di dare loro protezione. La comparsa in scena di Gertrude, la monaca di Monza, è abilmente preparata da Manzoni, che crea tutte le premesse per suscitare la curiosità del lettore. Il primo a nominarla, con rispetto e cautela, è il padre guardiano dei cappuccini, una volta appreso dalla lettera di fra Cristoforo della persecuzione subita da Lucia: «non c’è che la signora: se la signora vuole prendersi quest’impegno…». La domanda sull’identità della «signora», che è anche del lettore, viene posta da Agnese e Lucia al carrettiere che le porta in convento. La risposta aumenta la  : «La chiamano la signora, per dire ch’è una gran signora; e tutto il paese la chiama con quel nome, perché dicono che in quel monastero non hanno mai avuto una persona simile; e i suoi d’adesso, laggiù a Milano, contan molto, e son di quelli che hanno sempre ragione». In attesa del colloquio, Lucia si aggira spaesata nel parlatorio del convento. Dietro una finestra «con due grosse e fitte grate di ferro», vede una monaca che la fissa intensamente. Esitante, si avvicina. suspense La   di una   enigmatica descrizione donna Giuseppe Molteni, (particolare), 1847. Pavia, Pinacoteca Civica. La monaca di Monza Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d’inferiore bianchezza; un’altra benda 5       a pieghe circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si 1 stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d’un nero saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli 2 neri si ravvicinavano, con un rapido movimento. Due occhi, neri neri anch’essi, si fissavano talora in viso alle persone, con un’investigazione superba; talora si chinavano 10     in fretta, come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; 3 altre volte avrebbe creduto coglierci la rivelazione istantanea d’un odio inveterato 4 e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce: quando restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi 15     avrebbe potuto sospettarci il travaglio d’un pensiero nascosto, d’una preoccupazione familiare all’animo, e più forte su quello che gli oggetti circostanti. Le gote 5 pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque appena tinte d’un roseo 6 sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli 20     7 occhi, subitanei, vivi, pieni d’espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c’era qua e là qualcosa di studiato o di negletto, 8 che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca, 25     9 e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella cerimonia solenne del vestimento. 1 0 fascia che copre il collo e incornicia il viso, indossata dalle suore. soggolo: 1 è il sintomo di un profondo dissidio interiore. contrazione dolorosa: 2 amicizia. corrispondenza: 3 radicato. inveterato: 4 a cui l’animo era abituato. familiare all’animo: 5 stanchezza. estenuazione: 6 movimenti. moti: 7 trascurato. negletto: 8 cura mondana, di chi non vive nella regola monacale. cura secolaresca: 9 della vestizione. del vestimento: 10  >> pagina 838  Verso le COMPETENZE I contenuti tematici L’apparizione della «signora» è il : non a caso, la splendida resa di una bellezza tormentata, inquieta, profondamente romantica, nell’Ottocento ha ispirato numerosi artisti, che hanno tentato di darne un’interpretazione pittorica. capolavoro della ritrattistica manzoniana Il narratore inizia con un’impressione d’insieme, per poi concentrarsi sui singoli particolari del volto, insistendo sugli occhi, in cui balenano ora la superbia, ora l’odio, ora la disperazione, ora la solitudine e perfino una richiesta di affetto. Non scioglie dunque il mistero sull’animo della donna, accentuato anzi da ambigui dettagli, dal singolare (r. 22) e da quella maliziosa (r. 26), in contrasto con la regola monacale. Tutti gli indizi esterni concorrono a suggerire una pericolosa ambiguità, destinata a trovare conferme nel percorso della storia. Sarà proprio la «signora», infatti, a favorire il rapimento di Lucia, per mano del suo amante Egidio. abbandono del portamento ciocchettina di neri capelli L’insieme e i particolari Per quanto crudele, volubile, viziosa, la monaca di Monza è nel lettore , in quanto il male di cui si rende responsabile discende da una gravissima violenza psicologica subita. Come chiarisce in seguito il narratore in una lunga digressione, il convento è stato scelto per lei dal «principe padre», che sin dall’infanzia aveva tentato invano di abituarla all’idea, arrivando a regalarle bambole vestite da suora. Accettato l’abito senza vocazione, la «signora» scivola presto nel peccato, e dal peccato al delitto: si rende complice infatti dell’assassinio della monaca che aveva scoperto la sua tresca con Egidio. Il convento è per lei innanzitutto una prigione, come suggerisce l’insistenza, una volta concluso il ritratto, sulle grate di ferro dietro le quali si staglia la sua figura. Nel crearla l’autore si ispirò alla figura di Marianna de Leyva, nobildonna davvero esistita, condannata dal cardinale Borromeo a espiare i suoi misfatti in una stanzetta murata, dove rimase tredici anni. un personaggio che ispira pietà Una vicenda tragica Le scelte stilistiche Per dare immediato rilievo visivo a una personalità contrastata, il narratore valorizza l’ , i due colori dell’abito delle benedettine, che connotano anche l’aspetto fisico della monaca. Bianca la fronte, nere le sopracciglia, neri gli occhi e i capelli, il volto tanto pallido che il (rr. 19-20) delle labbra vi spicca. Su queste tinte prende forma una bellezza efficacemente sintetizzata dall’allitterazione* che lega i tre participi: (r. 2). Manzoni evita di spingersi oltre: la frequenza dei , dei , delle formule dubitative ( , r. 14), delle indecisioni ( , r. 24) lascia il lettore esitante, come Lucia al cospetto della monaca. antitesi fra bianco e nero roseo sbiadito sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta ma come un non so che qualcosa di studiato o di negletto Bianco e nero Verso le COMPETENZE Comprendere Elenca le parti del viso e i dettagli dell’abbigliamento su cui si sofferma la descrizione, accostando a ciascuno il significato che gli attribuisce il narratore. 1 Analizzare Nell’espressione (r. 2) si può cogliere un ossimoro: per quale ragione tale figura retorica è adatta alla personalità della monaca? 2 bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta Rintraccia nel testo i riferimenti alla sfera cromatica. 3 Individua tutti gli elementi che suggeriscono nella monaca un disordine interiore. 4 Interpretare Considera il lungo passo dedicato alla descrizione degli occhi. Che cosa vuole suggerire a tuo parere Manzoni? 5 Perché a tuo giudizio il narratore in questo passo non propone mai il punto di vista della «signora»? 6