L’opera Canti T10 Ultimo canto di Saffo T11 Il passero solitario T12 L’infinito T13 La sera del dì di festa T14 Alla luna T15 A Silvia T16 Canto notturno di un pastore errante dell’Asia T17 La quiete dopo la tempesta T18 Il sabato del villaggio T19 A se stesso T20 La ginestra o il fiore del deserto in sintesi I rappresentano l’esperienza fondamentale dell’intera attività letteraria di Giacomo Leopardi. Essi riflettono il suo doloroso e, insieme, offrono idee e ancora oggi. Non si tratta infatti di un intimistico sfogo romantico, bensì di una poesia che fa convergere bellezza delle immagini e tensione conoscitiva. I ci parlano di illusioni giovanili, ricordi d’infanzia, angosce esistenziali, e del divario incolmabile tra le aspirazioni dell’individuo e i limiti della realtà; il poeta ha la straordinaria capacità di renderci partecipi della sua vita interiore, facendocela sentire, almeno in parte, anche nostra e suggerendo alle generazioni successive un messaggio di speranza non in un astratto futuro, ma in un presente da vivere con consapevolezza e solidarietà. Certo, nei c’è il , ma c’è soprattutto la e sulla sua dignità, che la natura e il destino, più ostili che amici, non sono in grado di piegare. Universalità dell’io poetico Canti percorso personale prospettive di riflessione valide universalmente Canti Canti pessimismo scommessa sull’uomo La che anima i di Leopardi è la ragione della loro . Nei versi del poeta le esperienze personali diventano temi condivisi dalla moltitudine degli uomini, a cui viene trasmesso un messaggio di speranza nella possibilità di guardare con consapevolezza, coraggio e dignità alla dura condizione di dolore a cui sono destinati. tensione filosofica Canti universalità Nascita e sviluppo dell’opera Sotto il titolo di , nell’ordine che oggi conosciamo, Leopardi riunisce la gran parte delle sue composizioni poetiche, scritte in un ampio arco di tempo (dal 1817 al 1836) e apparse precedentemente, nel corso degli anni, in : nel 1818 erano state pubblicate a Roma le canzoni e ; a Bologna nel 1820 era stata edita la canzone e nel 1824 le (cioè le 9 canzoni giovanili); nel 1825-1826 il poeta aveva presentato a Milano, sulla rivista “Nuovo Ricoglitore”, gli (quelli che chiameremo “piccoli idilli”); infine nel 1826 era stata stampata, ancora a Bologna, una raccolta dal titolo Versi, che conteneva le canzoni e i “piccoli idilli”. Prima dei Canti Canti raccolte parziali All’Italia Sopra il monumento di Dante Ad Angelo Mai Canzoni Idilli Usciti parzialmente a gruppi su riviste fra il 1818 e 1831, con titoli come o , i di Leopardi devono il titolo definitivo alla volontà di far rientrare sotto una definizione generica componimenti di varia forma, sottolineando nel contempo il loro . Idilli Versi Canti carattere musicale La scelta del titolo richiama i diversi momenti lirici che segnano la parabola poetica dell’autore, non racchiusa in un impianto unitario (come accadeva al petrarchesco), ma frammentata in una , che comprende temi diversi e forme assai varie (dalla canzone tradizionale a quella libera, senza schema metrico fisso, dall’epistola in versi all’idillio), suggerendo allo stesso tempo la presenza del dei testi, congeniale alla loro natura soggettiva e sentimentale. Un titolo che nasce tardi Canzoniere struttura aperta carattere musicale >> pagina 935 Leopardi intitola le sue poesie raccolte per la prima volta in un’edizione del , uscita a Firenze presso l’editore Piatti, che conta 23 testi. Il titolo viene conservato anche in una successiva edizione del , stampata questa volta a Napoli, che giunge a 39 testi (si aggiungono infatti altri 16 componimenti, tra i quali quelli del cosiddetto “ciclo di Aspasia”). Dopo la morte dell’autore, nel esce a Firenze, presso Le Monnier, un’edizione, curata da Antonio Ranieri nel primo volume delle complessive, che annovera per la prima volta e : il libro si attesta così definitivamente su 41 componimenti. Le edizioni Canti 1831 1835 1845 Opere Il tramonto della luna La ginestra Prima dell’edizione definitiva, uscita postuma nel 1845 a cura di Antonio Ranieri e comprendente , la raccolta dei aveva già avuto due edizioni incomplete nel 1831 e nel 1835. 41 componimenti Canti Nonostante l’ispirazione dei diversi testi sia talvolta discontinua, perfino contraddittoria, e non permetta di un coerente sviluppo narrativo, tuttavia il volume risponde a un preciso progetto dell’autore e a un ben meditato itinerario sentimentale, esistenziale e filosofico. Dobbiamo infatti considerare i non una semplice raccolta, bensì ; un libro, cioè, nel quale i diversi componimenti, pur essendo poeticamente autosufficienti, stanno in una relazione reciproca, essendo ordinati sulla base di partizioni interne cronologiche, tematiche e di genere. Non una raccolta, ma un libro disignare Canti un libro costruito secondo un ordine significativo e tutt’altro che casuale Senza trascurare il piano cronologico, cercheremo però di evidenziare lo svolgimento del percorso leopardiano riunendo le diverse poesie in gruppi omogenei e seguendo l’ordinamento in cui ciascuna di esse appare nel volume, prescindendo dalla data di stesura. I componimenti sono ordinati sostanzialmente su , ma anche, in parte, su base tematica e formale. base cronologica La struttura e i temi Le canzoni giovanili (1818-1822) Il primo gruppo di testi del libro comprende le canzoni , (entrambe del 1818) e (1820) e corrisponde al periodo del cosiddetto “pessimismo storico”. Le canzoni civili All’Italia Sopra il monumento di Dante Ad Angelo Mai Si tratta delle “canzoni civili”, componimenti legati tra loro dalla comune . Attraverso un vibrante richiamo al mito dell’antichità, il poeta si propone di scuotere gli italiani dal torpore mostrando , colpevole di aver tradito il proprio passato eroico. È questo il suo personale contributo alle istanze risorgimentali, anche se l’approccio al problema dell’unificazione del paese resta su un piano soprattutto retorico, non essendo il frutto, cioè, di un’approfondita analisi politica. tematica patriottica indignazione per la decadenza morale e civile dell’Italia Nella canzone la nazione divisa e ostaggio dello straniero viene raffigurata come una formosissima [bellissima] donna , prostrata dalle ferite e dalle catene, avvilita dall’abbattimento morale dei suoi abitanti, che hanno sostituito la viltà alla virtù, la paura al coraggio. All’Italia « » Più interessante è la canzone , dedicata al cardinale e filologo (prefetto della Biblioteca Vaticana) il quale nel 1819 aveva scoperto alcuni libri di un’opera di Cicerone (il ) che prima si credeva perduta: accanto all’argomento politico, qui più sfumato, si colgono già le espressioni poetiche dell’universo psicologico e ideologico di Leopardi. Ad Angelo Mai De re publica L’autore rievoca alcuni grandi italiani del passato, ai quali lega aspetti fondamentali della propria poetica: Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Alfieri, ma anche Cristoforo Colombo. Tramite la figura di Petrarca, l’autore introduce , mentre con il personaggio di Colombo si affaccia , poiché le sue scoperte non hanno reso l’uomo più felice, avendolo privato del gusto dell’ignoto con il suo alone di suggestiva indefinitezza. È a Tasso, però, che Leopardi si rivolge con maggiore affetto, esprimendo un legame intimo con l’autore della , considerato vero e proprio per aver provato anch’egli l’«inganno estremo», vale a dire la . i motivi della noia e della vacuità esistenziale il tema delle illusioni Gerusalemme liberata alter ego delusione amorosa La raccolta si apre con i primi componimenti giovanili, databili agli anni 1818-1822, ossia con le canzoni “patriottiche” di dei costumi presenti e confronto con un passato più glorioso ed eroico: , , . deplorazione All’Italia Sopra il monumento di Dante Ad Angelo Mai Pelagio Pelagi, , 1815 ca. Milano, Pinacoteca Ambrosiana. Ritratto di Angelo Mai >> pagina 936 Nei testi successivi (composti tra il 1821 e il 1822), l’iniziale immagine positiva della natura lascia il posto a una più sofferta : , , e soprattutto le cosiddette “ ” ( , , , ). Le canzoni filosofiche meditazione sul «vero» Nelle nozze della sorella Paolina e A un vincitore nel pallon canzoni filosofiche Bruto minore Alla primavera Inno ai patriarchi Ultimo canto di Saffo In questi componimenti Leopardi (in particolare nel e nell’ , note come le “canzoni del suicidio”) si sofferma a riflettere sull’infelicità dell’uomo moderno, individuandone la ragione prima in una , cioè nella caduta di quei valori, propri di una classicità leggendaria, che rendevano la vita degna di essere vissuta. Bruto minore Ultimo canto di Saffo motivazione storica Allo stesso tempo però il poeta acquista consapevolezza che il dolore costituisce una che domina ineluttabilmente l’esistenza umana. Agli antichi valori smarriti, sul piano della Storia collettiva, con l’avanzare della conoscenza e del progresso, corrisponde, sul piano della vita individuale, la nel passaggio dalla giovinezza all’età matura: in Bruto (il cesaricida che suicidandosi afferma la propria libertà) è distrutto il mito della virtù e della patria, in Saffo (la poetessa greca che ama non ricambiata) quello dell’amore. condizione esistenziale caduta delle illusioni Seguono testi composti negli anni 1821-1822: le canzoni , , e le cosiddette “canzoni filosofiche”, in cui si esprime il di Leopardi: , , , . Nelle nozze della sorella Paolina A un vincitore nel pallone “pessimismo storico” Bruto minore Alla primavera Inno ai patriarchi Ultimo canto di Saffo I “piccoli idilli” (1819-1821) Contemporaneamente alle canzoni, Leopardi compone i cosiddetti “piccoli idilli”, che nella struttura dei vengono però posposti come gruppo a sé, a sottolinearne la diversità sia dei temi, più intimi e autobiografici, sia dello stile, più sobrio e colloquiale. Al carattere civile e filosofico delle canzoni subentrano una più profonda e una più accentuata dell’anima. Una poesia nuova Canti confessione personale disposizione all’analisi dei moti interiori Negli stessi anni, fra il 1819 e il 1821, oltre alle canzoni, il poeta compone cinque idilli, i cosiddetti “piccoli idilli” in cui, rielaborando un genere antico, prende spunto dalla rappresentazione di oggetti e figure per trasfondere in essi . i moti del proprio animo Il termine “ ” proviene da un vocabolo del greco antico ( ) che significa “piccola immagine”, “quadretto”; tradizionalmente indicava una poesia di argomento per lo più agreste o pastorale. Leopardi rielabora questo genere classico in modo del tutto personale: egli offre infatti la rappresentazione di (un fatto, un oggetto, un elemento della natura, una persona) che viene non per ciò che è oggettivamente ma mentre lo osserva. La natura e il paesaggio diventano così proiezione della condizione interiore del soggetto lirico, che trae da essi l’occasione per fissare sulla carta le proprie sensazioni. Il punto di partenza ▶ idillio eidyllion un aspetto del mondo esterno cantato per il significato e per le risonanze che assume nell’animo del poeta La parola Con il termine “idillio” i greci designarono in origine qualsiasi poesia breve, di genere descrittivo. La tematica pastorale prevalse nel periodo ellenistico: di argomento bucolico sono, in gran parte, gli idilli del poeta siracusano Teocrito (IV-III sec. a.C.). Da qui, in epoca moderna, si è affermato l’uso di considerare come idilli brevi poesie che abbiano attinenza con la rappresentazione idealizzata della vita campestre, concepita come un’esistenza di pura contemplazione, lontana dalle preoccupazioni. Per estensione il vocabolo idillio indica uno stato di vita serena, in cui i rapporti di convivenza tra le persone siano improntati a un perfetto accordo. Idillio >> pagina 937 I “piccoli idilli” sono cinque: , , , , . Leopardi non fa più riferimento alla Storia o ai miti della tradizione classica, ma privilegia lo scorrere libero della propria immaginazione, con cui esplora lo spazio dell’interiorità, sperimentando un linguaggio lirico nuovo, basato sulla musicalità del verso e sulla ( ). Abbandonando la solennità delle canzoni, egli sviluppa una sorta di “mitologia personale”, che non attinge a reminiscenze letterarie, ma si alimenta grazie al , al , all’ , alle che spaziano oltre il limite del conoscibile. Una poesia più personale L’infinito La sera del dì di festa Alla luna Il sogno La vita solitaria poetica del vago e dell’indefinito ▶ p. 894 ricordo vagheggiamento dell’amore amarezza del disincanto sensazioni Nei cinque “piccoli idilli” ( , , , , ) il è , si accentua la del verso e trova espressione la poetica del e dell’ , cara all’autore. L’infinito La sera del dì di festa Alla luna Il sogno La vita solitaria linguaggio lirico musicalità vago indefinito I “grandi idilli” (1828-1830) Tra i “piccoli idilli” e i “grandi idilli” c’è una (che va dal 1823 al 1827 e che corrisponde al soggiorno a Bologna, Milano e Firenze), fatta di : . In questi anni il poeta compone soltanto due liriche: la canzone (1823), incentrata sul tramonto della speranza amorosa, e l’epistola in versi (1826), in cui dichiara di rinunciare alle illusioni, con il proposito di dedicarsi allo studio del «vero» La pausa poetica parentesi quinquennale studi e approfondimenti filosofici è infatti il periodo in cui Leopardi scrive gran parte delle Operette morali Alla sua donna Al conte Carlo Pepoli . Dopo una pausa di cinque anni, in cui si dedica alla scrittura delle e di due sole poesie, e , Leopardi compone , detti “grandi idilli” o “canti pisano-recanatesi” (1828-1830): , , , , , e . Operette morali Alla sua donna Al conte Carlo Pepoli sette nuovi idilli Il risorgimento A Silvia Le ricordanze Canto notturno di un pastore errante dell’Asia La quiete dopo la tempesta Il sabato del villaggio Il passero solitario Il avviene nel 1828 e dà origine ai sette “grandi idilli”, detti anche : (la lirica che Leopardi definì «la mia personale risurrezione alla poesia»), , , , , e che nell’edizione napoletana del 1835 verrà premesso dall’autore ai “piccoli idilli”. Il ritorno dell’ispirazione ritorno alla poesia “canti pisano-recanatesi” Il risorgimento A Silvia Le ricordanze Canto notturno di un pastore errante dell’Asia La quiete dopo la tempesta Il sabato del villaggio , Il passero solitario Tornano ora l’impostazione strutturale e le modalità espressive dei “piccoli idilli”: tuttavia il poeta appare meno coinvolto dalla realtà immediata, dalla quale si distacca attraverso la riflessione filosofica, che lo conduce definitivamente al materialismo e all’elaborazione del “pessimismo cosmico”. La dolcezza dei ricordi, delle fantasie e dei sogni giovanili è ora fortemente temperata dall’ determinato dalla ragione, che : il dolore e l’infelicità sono condizioni inevitabili della vita umana. , le ribellioni, gli accenti di rivolta, lo sdegno, i fremiti, mentre emerge uno stato d’animo che medita con ferma lucidità sul tradimento della , . Persino la disperazione appare lucida e serena. Il superamento delle tonalità tragiche amaro distacco sfata miti e illusioni Scompaiono i toni tragici natura « matrigna » indifferente alla sorte dei suoi figli Il informa la poesia dei “grandi idilli”: il tono è ora distaccato, la ribellione giovanile cede il posto a una razionale disillusione, a una della condizione umana che placa la disperazione. “pessimismo cosmico” consapevolezza superiore In queste poesie affiorano soprattutto il triste , la ormai tramontata, la desolata , la dispersi dall’«arido vero». L’avventura dell’immaginazione, sfrenata nei piccoli idilli giovanili, è ora sostituita dall’oggettività di una voce matura, che abbandona i sogni dell’adolescenza per esprimere una verità universale. La centralità della memoria e il paesaggio del dolore ricordo delle cose passate rievocazione della giovinezza nostalgia di una felicità perduta caduta di sogni e sentimenti La meditazione filosofica scaturisce però spesso dall’esperienza personale, dall’evocazione iniziale di : il passero che canta sulla torre della chiesa di Sant’Agostino a Recanati, la giovinetta che tesse e canta, le stelle che scintillano, il sabato sera, un temporale, la vista della luna come sospesa nel cielo, solo per fare alcuni esempi. Il poeta, tornato per l’ultima volta a , osserva la realtà dell’ambiente dove era stato felice in quanto inconsapevole delle dure leggi della vita, mentre ora può comparare le illusioni di un tempo con l’esperienza degli anni. Il «natio borgo selvaggio» è il microcosmo in cui il poeta ha potuto inaugurare la propria riflessione sul male che non conosce eccezioni: con il , un luogo reale o di una situazione familiare Recanati Canto notturno di un pastore errante dell’Asia i confini si dilatano per mostrare il patimento dell’uomo che formula alla luna domande sul senso dell’esistenza, destinate però a rimanere senza risposta. La rievocazione del passato, con il suo carico di illusioni, sogni e speranze, non ha più nulla di emozionante o consolatorio. La è intervenuta a dissipare quelli che erano solo miti e fantasie e a riconoscere come di ogni essere umano. ragione verità universale l’infelicità >> pagina 938 L’ultima fase della poesia leopardiana (1831-1837) Dopo aver lasciato definitivamente Recanati (1830), Leopardi compone le liriche del cosiddetto . Si tratta di cinque testi, scritti tra il 1831 e il 1834 – , , , , – nei quali il poeta esprime l’amaro disinganno amoroso seguito al tramonto definitivo della passione per la nobildonna fiorentina Fanny Targioni Tozzetti. L’amore viene definito «l’inganno estremo» ( , ), l’ultima illusione a cui egli ha creduto. Il “ciclo di Aspasia” e i “canti napoletani” “ciclo di Aspasia” Il pensiero dominante Amore e morte Consalvo A se stesso Aspasia A se stesso ▶ T19, p. 977, v. 2 Agli anni 1831-1837 appartengono le cinque liriche del cosiddetto “ciclo di Aspasia” ( , , , , ), dedicate alla caduta dell’ , quella della passione amorosa nutrita negli anni fiorentini per Fanny Targioni Tozzetti. Il pensiero dominante Amore e morte Consalvo A se stesso Aspasia ultima illusione In questi testi è possibile scorgere un , più combattivo, polemico e raziocinante, il quale è alla base di un atteggiamento “eroico” che porta il poeta ad accettare il destino rifiutando ogni passione consolatoria: dinanzi all’illusorio fantasma dell’amore, egli afferma con potente energia il disprezzo per le false speranze della vita, essendo pronto ormai a sostenere l’infelicità con fredda consapevolezza. Poesia come riflessione razionale nuovo tono della poesia leopardiana In passato alcuni critici, da Francesco De Sanctis a Benedetto Croce, avevano svalutato quest’ultimo Leopardi, accusandolo di essere più filosofo che poeta. In realtà – come ha poi mostrato lo studioso Walter Binni – si tratta di una sorta di che trova la propria originalità appunto nel procedere argomentativo. Sono meno presenti le immagini poetiche degli idilli mentre appare più scarno il ragionamento, che si sviluppa in una poesia meno musicale, caratterizzata dalla sintassi spezzata e da toni più aspri. poesia-pensiero Al soggiorno napoletano appartengono infine le “canzoni sepolcrali” ( e ), incentrate sul tema della morte, e le ultime poesie scritte tra il 1835 e il 1837: , . In quest’ultima fase Leopardi, analizzando la natura e la società, pronuncia un combattivo : l’individuo è chiamato ad accettare la propria reale condizione e la tragica realtà dell’esistenza, senza sottomettersi passivamente al destino, ma contrapponendosi a esso, pur essendo consapevole dell’inutilità di tale ribellione. Le “canzoni sepolcrali” e i canti napoletani Sopra un bassorilievo antico sepolcrale Sopra il ritratto di una donna ▶ Palinodia al marchese Gino Capponi , Il tramonto della luna La ginestra o il fiore del deserto messaggio di solidarietà tra gli uomini contro la natura matrigna In particolare ( ), scritta l’anno prima della morte, può essere considerata un vero e proprio testamento poetico, messaggio individuale e insieme universale: attraverso lo strumento della ragione, il poeta punta a smascherare, con le armi dell’ e del , le finzioni religiose, le illusioni spiritualistiche e le ipocrisie sociali. L’umile ginestra diventa così il simbolo della dignità dell’uomo, offeso dalla natura, ma non rassegnato al suo potere. La ginestra ▶ T20, p. 979 ironia sarcasmo Negli anni napoletani Leopardi scrive due canzoni sul tema della morte: e , e le : , e . Nella contro la natura matrigna Leopardi invita a non abbandonare le conquiste della ragione e a contrapporre al comune infelice destino la fra gli uomini. Sopra un bassorilievo antico sepolcrale Sopra il ritratto di una donna ultime poesie Palinodia al marchese Gino Capponi Il tramonto della luna La ginestra o il fiore del deserto lotta titanica solidarietà La parola Si dice palinodia una composizione poetica in cui viene ritrattato, modificato, smentito quanto era stato affermato in un testo precedente. Il nome deriva dal titolo dell’ode , in cui il poeta greco Stesicoro (VII-VI sec. a.C.) scagionava Elena da ogni colpa, mentre in un’opera precedente, l’ , l’aveva considerata responsabile della guerra di Troia. Per estensione il termine palinodia può indicare uno scritto (anche non poetico) o un discorso nel quale si sconfessano opinioni già professate, illustrando i motivi del cambiamento. Nella Leopardi simula ironicamente una ritrattazione del suo pensiero pessimistico. Palinodia Palinodia Elena Palinodia al marchese Gino Capponi