T13 La sera del dì di festa , 13 Canti Questo idillio, composto a Recanati nella primavera del 1820, affronta, come   (  T11, p. 947), il motivo dell’estraneità del poeta alle gioie della giovinezza e, come   (  T12, p. 951), il tema della fuga del tempo che porta tutto via con sé. Il passero solitario ▶ L’infinito ▶ Endecasillabi sciolti. Metro L’ineluttabile trascorrere del  tempo Dolce e chiara è la notte e senza vento, e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna, e di lontan rivela serena ogni montagna. O donna mia, già tace ogni sentiero, e pei balconi 5      rara traluce la notturna lampa: tu dormi, che t’accolse agevol sonno nelle tue chete stanze; e non ti morde cura nessuna; e già non sai né pensi quanta piaga m’apristi in mezzo al petto. 10     Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno appare in vista, a salutar m’affaccio, e l’antica natura onnipossente, che mi fece all’affanno. A te la speme nego, mi disse, anche la speme; e d’altro 15     non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. Questo dì fu solenne: or da’ trastulli prendi riposo; e forse ti rimembra in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti piacquero a te: non io, non già ch’io speri, 20     al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo quanto a viver mi resti, e qui per terra mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi in così verde etate! Ahi, per la via odo non lunge il solitario canto 25     dell’artigian, che riede a tarda notte, dopo i sollazzi, al suo povero ostello; e fieramente mi si stringe il core, a pensar come tutto al mondo passa, e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito 30     il dì festivo, ed al festivo il giorno volgar succede, e se ne porta il tempo ogni umano accidente. Or dov’è il suono di que’ popoli antichi? or dov’è il grido de’ nostri avi famosi, e il grande impero 35     di quella Roma, e l’armi, e il fragorio che n’andò per la terra e l’oceano? Tutto è pace e silenzio, e tutto posa il mondo, e più di lor non si ragiona. Nella mia prima età, quando s’aspetta 40     bramosamente il dì festivo, or poscia ch’egli era spento, io doloroso, in veglia, premea le piume; ed alla tarda notte un canto che s’udia per li sentieri lontanando morire a poco a poco, 45     già similmente mi stringeva il core. sono svariati gli echi letterari di questo . Leopardi ammette di aver tenuto presente un verso dell’ (VIII, v. 555), ma non è difficile cogliere la suggestione di un celebre passo di Vincenzo Monti («Alta è la notte, ed in profonda calma / dorme il mondo sepolto, e in un con esso / par la procella del mio cor sopita», , 8, vv. 124-126). Dolce… vento: 1 incipit Iliade Alta è la notte Pensieri d’amore giardini. orti: 2 limpida. serena: 4 dalle finestre. pei balconi: 5 trapela qua e là. lampada (l’illuminazione nelle abitazioni). rara traluce: 6 lampa: facile. agevol: 7 quiete, tranquille. chete: 8 preoccupazione, tormento (latinismo). cura: 9 che grande ferita. quanta piaga: 10 a vederlo. in vista: 12 che mi creò per farmi soffrire. speme: speranza. che mi fece all’affanno: 14 festivo (latinismo). divertimenti. solenne: 17 trastulli: è modo indicativo; riferito alla donna del v. 4. ti ricordi. prendi: 18 ti rimembra: e certamente non oso sperarlo. non già ch’io speri: 20 i versi riecheggiano un passo di una lettera scritta a Pietro Giordani il 24 aprile 1820: «Io mi getto e mi ravvolgo per terra domandando quanto mi resta ancora da vivere. La mia disgrazia è assicurata per sempre: quanto mi resterà da portarla? quanto?». mi domando. Intanto… fremo: 21-23 chieggo: età giovanile. verde etate: 24 sul piacere concesso dalle sensazioni uditive il poeta scrive nello : «È piacevole per se stesso, cioè non per altro, se non per un’idea vaga ed indefinita che desta, un canto (il più spregevole) udito da lungi, o che paia lontano senza esserlo, o che si vada appoco appoco allontanando, e divenendo insensibile» (16 ottobre 1821). non lontano. odo… canto: 25 Zibaldone non lunge: torna. riede: 26 casa. ostello: 27  feriale. 32  volgar:  e il tempo (soggetto) porta via con sé ogni evento. L’espressione richiama due versi del petrarchesco («ma ’l vento ne portava le parole», 267, v. 14; «quante speranze se ne porta il vento», 329, v. 8), ma anche un dittico della poe­tessa cinquecentesca Veronica Gambara, che Leopardi erroneamente attribui­sce a Vittoria Colonna nella («Così si fugge il tempo: e col fuggire / ne porta gli anni e ’l viver nostro insieme»). e se ne porta… accidente: 32-33 se ne porta il tempo Canzoniere Crestomazia della poe­sia  l’eco. 33  il suono:  il ricordo, la fama. 34  il grido:  che di essa (Roma) si diffuse. 37  che n’andò:  è in quiete. 38  posa: non appena esso ( ) era terminato. 41-42  or poscia… spento:   egli giacevo nel letto. L’espressione ricorre di frequente nella tradizione lirica italiana, da Petrarca a Vincenzo Monti. a notte inoltrata. 43  premea le piume:   alla tarda notte: allontanandosi affievolirsi. 45  lontanando morire:   già allora allo stesso modo. 46  già similmente:    >> pagina 955 Dentro il TESTO I contenuti tematici La visione di un notturno dominato dalla luce lunare è improvvisamente interrotta dal pensiero di una figura femminile, invocata con il possessivo (v. 4) e dunque implicitamente oggetto d’amore. A lei, che dorme serena, ignara di aver aperto nel cuore del poeta una ferita dolorosa, si contrappone l’io lirico, portato crudelmente dalla natura a provare il desiderio amoroso ma reso, dalla stessa natura, incapace di realizzarlo. Il confronto accentua la : a differenza della donna, che sta sognando gli svaghi e gli incontri con gli altri giovani come lei (vv. 18-20), egli si trova irrimediabilmente escluso dal novero di quei fortunati ( , vv. 20-21), dove la ripetizione del pronome personale e della negazione, e le pause nel verso, sottolineano il sentimento di esclusione provato dal soggetto (Bazzocchi). Come nell’ (   ), il disinganno amoroso e la convinzione di essere perseguitati dalla natura si trovano dunque sullo stesso piano. mia drammatica consapevolezza del proprio destino esistenziale non io, non già ch’io speri / al pensier ti ricorro « » Ultimo canto di Saffo ▶ T10, p. 943 L’esclusione dalla gioia  >> pagina 956 Tuttavia lo sfogo emotivo del poeta passa presto dalla sfera personale e dalla condizione individuale a una in generale. Come nell’ (   ), una percezione sonora ( , vv. 25-26), una di quelle che vengono definite vaghe nello , acuisce in Leopardi il dolore per lo scorrere del tempo che non lascia traccia. riflessione più ampia sul mondo e sulla vita umana Infinito ▶ T12, p. 951 Odo non lunge il solitario canto / dell’artigian… « » Zibaldone Il giorno di festa è destinato a finire come tutti gli altri nel grigiore dell’oblio: allo stesso modo perfino le imprese degli antichi e la loro fama vengono cancellate dal silenzio del presente ( , vv. 38-39). Tutto è pace e silenzio, e tutto posa / il mondo, e più di loro non si ragiona La fuga del tempo Registro filosofico e registro soggettivo paiono intrecciarsi fino alla fine in un discorso senza soluzione di continuità. L’esperienza più intima del poeta si inserisce nella , sull’esito della Storia umana e sull’inevitabile decadere di ogni civiltà. Così non appare incongruo il fatto che, in conclusione dell’idillio, Leopardi torna a illuminare il proprio io, aprendo lo spazio della memoria. Rievocando il passato e la prima età, quando attendeva con l’urgenza dell’infanzia il giorno festivo, egli ricorda il dolore provato di notte dinanzi all’impietoso tramonto delle illusioni e delle speranze. In quel tempo remoto della fanciullezza, un secondo canto, lontano e indistinto ( , vv. 43-46), suggellava ed enfatizzava, con perfetta circolarità, la coscienza dell’illusione e dell’infelicità: la sensazione dell’indefinito, che per Leopardi fa scattare la sensazione del piacere, si rovescia qui nel tragico presagio di un . riflessione sulla caducità universale delle cose ed alla tarda notte / un canto che s’udia per li sentieri / lontanando morire a poco a poco, / già similmente mi stringeva il core irreparabile destino di sofferenza Infelicità personale e universale Le scelte stilistiche La stesura del canto avviene in un’epoca in cui il poeta è ancora convinto della superiorità del mondo antico, nobile ed eroico, su quello presente, caratterizzato dalla noia e dalla viltà. Le virtù del passato appaiono infatti morte ai suoi occhi, come attestano le canzoni civili, composte negli stessi anni della , nelle quali domina il . Sera del dì di festa tema morale della decadenza contemporanea Alcune spie stilistiche rivelano il rimpianto per la gloria del popolo romano: in primo luogo, compaiono nel lessico del componimento diversi ( , v. 9; , v. 17; , v. 36, nel senso di “quella grande”, ossia Roma). Nei vv. 33-37, riferiti proprio alla grandezza antica, Leopardi accresce l’intensità retorica con una serie di interrogative, che per contrasto esprimono il senso di vuoto nel quale sono state inghiottite le imprese di un tempo e perfino il loro ricordo. A quelle gesta è subentrato oggi il deserto di un mondo fermo e impassibile, che fa sprofondare nel silenzio il valoroso dell’età antica. latinismi cura solenne quella fragorio L’espressione di un passato eroico Verso le COMPETENZE Comprendere Fai la parafrasi dell’intero componimento. 1 A partire dal v. 13 la natura viene personificata. Quali caratteristiche assume e in che cosa consiste l’argomentazione del poeta? 2 Quale dei seguenti temi non è presente nella lirica? 3  L’inappagato desiderio di partecipare della bellezza della natura. a  L’esclusione dall’esperienza amorosa. b  L’angoscia per il dileguarsi della vita nel nulla. c  La gelosia e il risentimento nei confronti della donna. d  >> pagina 957 Analizzare Come descriveresti la struttura sintattica dei primi 5 versi? Quale figura si evidenzia? 4 Quale figura di significato troviamo al v. 10? Che cosa ? 5 indica Individua, ai vv. 13-16, alcune assonanze, spiegandone la funzione semantica. 6 Anche questo componimento si basa sulla poetica del vago. Individua i vocaboli che si riferiscono alle aree semantiche dell’oscurità, dell’indeterminatezza e della lontananza e riportali nella tabella. 7 Aree semantiche Vocaboli oscurità   indeterminatezza   lontananza   interpretare All’inizio del componimento quale tipo di descrizione offre il poeta del paesaggio? Rasserenante o angosciante? In quale rapporto si pone tale raffigurazione con quanto l’autore affermerà più avanti (dal v. 13 in poi) a proposito della natura? Motiva la tua risposta opportuni riferimenti testuali. 8 con 9 L’espressione Tu dormi , al v. 11, quali caratteristiche della donna sembra suggerire? COMPETENZE LINGUISTICHE Individua nel testo i termini la cui grafia è differente rispetto a quella dell’italiano contemporaneo e rifletti sul mutamento intercorso tra le due diverse forme. 10 Produrre 11   Scrivere per confrontare. Confronta in un testo espositivo di circa 30 righe La sera del dì di festa con ( T12, p. 951), evidenziando eventuali tematiche comuni ma anche le differenze nell’impostazione del discorso poetico.  L’infinito ▶ T14 Alla luna , 14 Canti Il testo, probabilmente del 1819 (lo stesso anno dell’ ,   T12, p. 951), è un doloroso monologo del poeta di fronte alla luna, eletta a confidente della propria angoscia. Infinito ▶ Endecasillabi sciolti. Metro Il piacere del  ricordo  Asset ID: 162 ( )  let-altvoc-alla-luna-canti40.mp3 Audiolettura O graziosa luna, io mi rammento che, or volge l’anno, sovra questo colle io venia pien d’angoscia a rimirarti: e tu pendevi allor su quella selva siccome or fai, che tutta la rischiari. 5       Ma nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci il tuo volto apparia, che travagliosa era mia vita: ed è, né cangia stile, o mia diletta luna. E pur mi giova 10     la ricordanza, e il noverar l’etate del mio dolore. Oh come grato occorre nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle passate cose, 15     ancor che triste, e che l’affanno duri! bella e benigna. graziosa: 1 ora si compie un anno, cioè un anno fa. colle: il monte Tabor, lo stesso dell’ . or volge l’anno: 2 Infinito sovrastavi, eri sospesa (dal latino ). Ma il verbo può sottintendere anche il benevolo protendersi dell’astro che rischiara il bosco. pendevi: 4 pendeo proprio come. siccome: 5 velato e tremante. ha valore causale (“per il”). nebuloso e tremulo: 6 dal: sgorgava. occhi. sorgea: 7 luci: travagliata, piena di affanni, di preoccupazioni. travagliosa: 8 e continua a esserlo. modo, maniera. ed è: 9 stile: mi piace ricordare. mi giova la ricordanza: 10-11 contare gli anni. noverar l’etate: 11 torna gradito. grato occorre: 12 quando la speranza ha davanti a sé una via lunga da percorrere (il futuro), mentre la memoria ha dietro di sé una breve via già percorsa (il passato). Vuol dire che quando si è giovani si hanno molte speranze e pochi ricordi. Questi versi sono stati aggiunti da Leopardi come postilla a margine dell’edizione dei stampata nel 1835: diventato ormai adulto, suo intento era evidentemente di limitare gli effetti positivi del ricordo all’età giovanile. quando… il corso: 13-14 Canti il ricordarsi (è soggetto di ). il rimembrar: 15 occorre sebbene esse siano dolorose e la pena sia ancora viva nel presente. ancor che… duri: 16  >> pagina 958  Dentro il TESTO I contenuti tematici Il motivo principale dell’idillio è il ricordo, che percorre tutto il testo (il cui titolo originario era, non a caso, , come dimostra la ricorrenza di termini a esso connessi: (v. 1), (v. 11), (v. 15). Allo stesso modo che nella (   ), la riflessione prende origine dalla vista di un notturno: in particolare, dalla sommità del colle il poeta si rivolge alla luna con un’apostrofe* ( ) collocata all’inizio del primo verso. Egli ricorda di essere stato nello stesso luogo, esattamente un anno prima, nella medesima condizione di disagio esistenziale. Eppure tornare con la mente al passato (nell’età giovanile, quando la speranza è ancora molta, come indicano i vv. 12-14, aggiunti successivamente dal poeta) produce una sensazione di dolcezza, anche se il dolore e lo stato di infelicità non sono cambiati: è come se la memoria avesse un valore lenitivo, suggerendo la presenza illusoria di un altro tempo – diverso e alternativo a quello uniforme della Storia – in cui sopravvivono i momenti della vita, altrimenti destinati a essere dimenticati. ) La ricordanza io mi rammento la ricordanza il rimembrar Sera del dì di festa ▶ T13, p. 954 O graziosa luna Il colloquio con la luna e la dolcezza del ricordo Le scelte stilistiche Il lessico della poesia è caratterizzato da termini che presentano una chiara , nella quale assume risalto l’elemento personale, evidenziato dalla frequenza di pronomi personali e aggettivi possessivi quali (vv. 1 e 3), (vv. 7 e 10), (v. 7), (vv. 9 e 10), (v. 12). componente sentimentale ed emotiva io mi mie mia mio Nel verbo “rimirare” (v. 3) c’è l’idea di una dolce consuetudine, quella di recarsi spesso sul colle (il monte Tabor, lo stesso dell’ ), di sera, per contemplare la luna, definita con gli attributi affettuosi (v. 1) e (v. 10), e renderla partecipe del proprio dolore. Come si espresse Francesco De Sanctis, il poeta entra in colloquio con la luna e, come un amante, le ricorda con precisione dov’era lei, dov’era lui, e come la guardava; e le confida che era triste, con una rassegnazione piena di grazia, sciolta la lacrima in un sorriso tenero: la luna diventa la sua luna, la sua luna . Infinito graziosa diletta « graziosa diletta » Il linguaggio sentimentale Simeon Solomon, , 1894. Londra, Tate Gallery. La Luna e il Sonno  >> pagina 959  Verso le COMPETENZE Comprendere Fai la parafrasi della lirica. 1 Analizzare Individua tutti i termini che afferiscono alle aree semantiche del dolore e del ricordo. Commenta poi in un breve testo queste scelte lessicali dell’autore in relazione all’argomento di questa poesia. 2 interpretare A quale scopo il poeta presenta due volte un complemento vocativo ( , v. 1; , v. 10)? 3 O graziosa luna o mia diletta luna Come già nell’ ( , v. 15), anche qui Leopardi ricorre all’infinito sostantivato ( , v. 11; il rimembrar, v. 15). È una scelta espressiva efficace? Perché, a tuo giudizio? 4 Infinito il naufragar il noverar COMPETENZE LINGUISTICHE  Il termine   è ormai percepito come aulico e desueto: da quale suo derivato è stato sostituito? Hanno lo stesso identico significato? E quale altra espressione di uso comune ha la stessa origine? 5 noverar Produrre  Sei d’accordo con la tesi prospettata da Leopardi negli ultimi cinque versi della poesia, secondo cui da giovani, avendo molte speranze e pochi ricordi, la memoria, per quanto dolorosa, è comunque piacevole? Basandoti sulle tue esperienze personali, dirette e indirette, argomenta la tua risposta in un testo di circa 30 righe. 6 Scrivere per raccontare. T15 A Silvia , 21 Canti Composta a Pisa nel 1828, questa canzone inaugura la serie dei cinque componimenti pisano-recanatesi o “grandi idilli”, nei quali dal quadro d’ambiente si passa alla nostalgica rie­vocazione di quelle dolci illusioni poi perdute a contatto con l’«arido vero». Canzone libera composta da 6 strofe di diversa misura, formate da endecasillabi e settenari liberamente rimati. Metro L’  della  inganno natura  Asset ID: 163 ( )  let-altvoc-a-silvia-canti20.mp3 Audiolettura Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,   e tu, lieta e pensosa, il limitare 5     di gioventù salivi? Apostrofe a Silvia  dato il carattere simbolico di questa figura femminile, il problema dell’identificazione risulta del tutto marginale. In ogni caso, l’ipotesi ancora oggi più attendibile è che dietro il suo nome si celi Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta diciottenne di tisi nel 1818. Il poeta la rinomina come la ninfa amata dal protagonista del dramma pastorale di Tasso. ricordi. In versioni precedenti Leopardi aveva scelto «sovvienti» e «rammenti». Silvia: 1 Aminta rimembri: la giovinezza. quel… mortale: 2 luminosi (di gioia) e sfuggenti (il pudore della ragazza la porta a non fissare il proprio sguardo in quello altrui, ma piuttosto a evitarlo). L’aggettivo evoca anche «la malinconia per la rapida fuga della bellezza» (Dotti). ridenti e fuggitivi: 4 fuggitivi assorta; in coppia ossimorica con il precedente . la soglia. Silvia stava per varcare la soglia della giovinezza, cioè stava per passare dall’adolescenza agli anni della giovane età adulta. pensosa: 5 lieta il limitare: Sonavan le quiete stanze, e le vie dintorno, al tuo perpetuo canto, allor che all’opre femminili intenta 10     sedevi, assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi così menare il giorno. Silvia e la primavera  continuo. perpetuo: 9 si intende la tessitura, tradizionalmente attività femminile. opre femminili: 10 l’aggettivo evoca un sogno incerto e indeterminato, quale è spesso quello dei giovani in merito al loro futuro. vago: 12 maggio profumato dalla fioritura primaverile. Per alcuni critici, l’espressione ha una valenza realistica, in quanto Silvia morirà a settembre; prevale tuttavia tra gli studiosi l’ipotesi che il mese sia menzionato per il suo simbolico significato di rigenerazione oltre che per le sue evocazioni letterarie (maggio è il mese poetico per eccellenza). maggio odoroso: 13 trascorrere. menare: 14 Io gli studi leggiadri 15     talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte, d’in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, 20     ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. 25     Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno. La contemplazione di Silvia da parte del poeta  secondo l’interpretazione tradizionale i primi sarebbero gli studi di poesia italiana, le seconde l’apprendimento delle lingue antiche (soprattutto latino e greco). Ma non è necessario distinguere: qui Leopardi potrebbe anche intendere lo studio in generale, che è insieme fonte di piacere e di fatica. studi leggiadri… sudate carte: 15-16 nei quali si consumava la giovinezza ( ), che è la parte migliore di me (cioè della vita di ogni uomo). ove… parte: 17-18 il tempo mio primo dai balconi della casa paterna. è espressione ariostesca ( , XVIII, 73, v. 5). d’in su i veroni… ostello: 19 Paterno ostello Orlando furioso ascoltavo. porgea gli orecchi: 20 che si muoveva rapida sul telaio. Evidentemente Silvia è intenta a un lavoro di tessitura. che… tela: 22 contemplavo. Mirava: 23 da una parte ( ) il mare in lontananza ( ), dall’altra ( ) le montagne. quinci… il monte: 25 quinci da lungi quindi nessuna lingua umana è in grado di esprimere la dolcezza che provavo dentro di me. Lingua… in seno: 26-27 Che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia 30     la vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, un affetto mi preme acerbo e sconsolato, e tornami a doler di mia sventura. 35     O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi? Invettiva contro la natura affetti, sentimenti. cori: 29 il destino, il futuro. il fato: 31 quando mi torna alla memoria quella speranza così lieta. L’espressione deriva dal petrarchesco («Questo m’avanza di cotanta speme», 268, v. 32). Quando… speme: 32 cotanta speme Canzoniere un’angoscia mi opprime. un affetto mi preme: 33 mi torno. tornami: 35 mantieni. rendi: 37 Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, 40     da chiuso morbo combattuta e vinta, perivi, o tenerella. E non vedevi il fior degli anni tuoi; non ti molceva il core la dolce lode or delle negre chiome, 45     or degli sguardi innamorati e schivi; né teco le compagne ai dì festivi ragionavan d’amore. La morte di Silvia prima che l’inverno inaridisse le erbe. pria… verno: 40 una malattia nascosta, senza segni premonitori (la tisi). La natura sconosciuta della malattia di Silvia ribadisce il significato che il poeta dà alla sua morte come un evento ineluttabile che incombe su ogni essere vivente. chiuso morbo: 41 la tua giovinezza. il fior degli anni tuoi: 43 lusingava. molceva: 44 capelli neri. negre chiome: 45 sfuggenti, pudichi (ribadisce il del v. 4). schivi: 46 fuggitivi con te. teco: 47 Anche peria fra poco la speranza mia dolce: agli anni miei 50     anche negaro i fati la giovanezza. Ahi come, come passata sei, cara compagna dell’età mia nova, mia lacrimata speme! 55     Questo è quel mondo? questi i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell’umane genti? All’apparir del vero 60     tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano. Il venir meno della speranza del poeta morì poco dopo la scomparsa di Silvia. peria fra poco: 49 negarono. negaro: 51 non è Silvia, ma la (cioè la speranza compianta) del verso successivo. Ma è evidente che la figura di Silvia si sovrappone all’immagine della speranza, che assume così il volto della ragazza morta prematuramente. cara compagna: 54 lacrimata speme dei quali. onde: 58 quando il vero aspetto della vita si rivelò al mio animo. All’apparir del vero: 60 è sempre la speranza (ma anche, indirettamente, Silvia). tu: 61 nuda e spoglia. ignuda: 62  >> pagina 961 Dentro il TESTO I contenuti tematici Il poeta rievoca la figura di Silvia, una giovane coetanea di Recanati: egli ripensa a quando lei lavorava al telaio e faceva risuonare del suo canto tutte le case intorno; contemporaneamente egli studiava e faticava sui libri, ed entrambi erano accomunati dal sogno di un dolce avvenire, quando ancora, nella primavera della vita (non a caso siamo nel , v. 13) è possibile nutrire un’aspettativa di felicità. Il sopraggiungere del (v. 60) ha spento però i comuni sogni della giovinezza: per la ragazza è giunta presto la morte, a troncare ogni illusione di felicità; al poeta la natura ha invece consentito di continuare a vivere, ma vedendo cadere a una a una le promesse da lei ricevute ( , vv. 36-39), senza conforto e senz’altra certezza che quella della fine incombente. maggio odoroso vero O natura, o natura, / perché non rendi poi / quel che prometti allor? perché di tanto / inganni i figli tuoi? Ricordo e disinganno  >> pagina 962  Nonostante la costruzione poetica del canto sia condotta intorno alla figura femminile, invocata in apertura come se fosse presente, il suo ruolo, ben oltre ogni riferimento autobiografico, acquista progressivamente un . Anche gli accenni alla realtà della vita vissuta presenti nelle prime strofe ( vv. 7-8; , vv. 15-16), che sembrano conferire al componimento l’atmosfera dell’idillio, trascendono in una dimensione allegorica. significato universale , Sonavan le quiete / stanze Io gli studi leggiadri / talor lasciando Allo stesso tempo, però, la morte prematura di Silvia le conferisce anche un altro valore simbolico: la vicenda esemplare della ragazza simboleggia la separazione dell’uomo moderno dalla vita della natura, non più benigna ma matrigna secondo la visione cosmica del pessimismo elaborata da Leopardi. In tal modo, il destino della giovane prematuramente scomparsa riassume quello di tutte le (v. 59): diventa una sorta di , non solo di quella fisica, ma anche di quella delle speranze e delle illusioni. « », umane genti Silvia allegoria della morte stessa La funzione allegorica di Silvia Le scelte stilistiche Le sei strofe, di diversa lunghezza, si focalizzano su particolari aspetti o motivi, essendo alternativamente dedicate ora a Silvia ora al poeta stesso, ma con sottili richiami dall’una all’altra, in modo che il discorso lirico fluisca con un efficace sviluppo parallelo. La struttura del componimento La prima strofa è interamente occupata da un’apostrofe* a Silvia, che il poeta invita a ricordare il tempo felice della giovinezza. Con pochi aggettivi, distribuiti in due coppie, la seconda delle quali costituisce un ossimoro* ( , v. 4; , v. 5), Leopardi offre un ritratto psicologico concentrato di una fanciulla che si affaccia alla vita con gioia e insieme con trepidazione. L’idealizzazione delle speranze giovanili avviene mediante l’uso del lessico tipico della tradizione lirica, specialmente petrarchesca ( , v. 1; , v. 3; mentre gli occhi , v. 4, richiamano un’immagine tipica dello Stilnovo) e una accentuata musicalità, ottenuta dalle allitterazioni* in e ( ), oltre che dal gioco anagrammatico tra e (v. 1 e v. 6). ridenti e fuggitivi lieta e pensosa rimembri beltà ridenti v s S il v ia , v ita , s plendea , fuggiti v i , pen s o s a , s ali v i Silvia salivi La prima strofa: l’evocazione musicale di Silvia Nella seconda e nella terza strofa il poeta rievoca il contesto quotidiano della vita di Silvia e della propria. Il filtro della memoria suggerisce la messa in pratica della poetica del vago e dell’indefinito grazie ad aggettivi o espressioni quali , , , ecc., tramite cui viene espressa la piacevole sensazione di una realtà trasfigurata. Le promesse della giovinezza affiorano grazie alle immagini di un repertorio solare, quasi idillico: oltre al (v. 13), (vv. 23-24). perpetuo vago odoroso da lungi maggio odoroso abbiamo il ciel sereno, / le vie dorate e gli orti La seconda e la terza strofa: la vaghezza che trasfigura la realtà Nella quarta strofa le speranze coltivate dai due ragazzi si capovolgono in una realtà di sventura: si manifesta così l’inganno perpetrato dalla natura, oggetto di una dura apostrofe (vv. 36-39), in cui il ritmo, in una poesia dalla sintassi piana e dal periodare ampio e musicale, diventa più incalzante, quasi a rendere l’angoscia dell’autore. Il mutamento dei tempi verbali, che abbandonano l’imperfetto iniziale, suggella la verità del presente, spietatamente incaricato di rivelare le illusorie mistificazioni del passato. La quarta strofa: le macerie della realtà Le strofe finali istituiscono apertamente il parallelismo* tra la vicenda di Silvia e quella dell’io lirico, già precipitata o destinata a precipitare verso la morte. Lo svanire nel nulla è introdotto dalla sequenza delle negazioni (v. 42), (v. 44), (v. 47); il passato remoto (v. 61) accomuna Silvia e la speranza, la (v. 54) (v. 55) come una presenza fisica reale. La gelida presenza della (v. 62) conferma in conclusione l’unico fine della vita, anzi di tutte le vite. non non né cadesti cara compagna lacrimata tomba ignuda La quinta e la sesta strofa: la fine della vita e delle illusioni  >> pagina 963  Verso le COMPETENZE Comprendere Fai la parafrasi del componimento. 1 Traccia un breve ritratto di Silvia, soffermandoti sul suo aspetto fisico (per quanto esso si possa desumere dal testo), sulle caratteristiche psicologiche e sugli altri aspetti ricavabili dal componimento. 2 Analizzare 3 Ai versi 15-16 ( studi leggiadri … sudate carte ) e 21-22 ( man veloce … faticosa tela ) troviamo ripetuta la stessa figura retorica. Quale? 4 Ai versi 20-21 il poeta scrive: porgea gli orecchi … alla man veloce . Si può “ascoltare una mano”? Di quale figura si tratta? interpretare Ripercorrendo i punti del testo dove il poeta si sofferma sulle stagioni, sulla natura, sul paesaggio, spiega in che modo tale rappresentazione si lega ai temi del componimento. 5  6 A quali caratteristiche di Silvia allude secondo te il vocativo del v. 42 ( o tenerella )? Produrre   7 Scrivere per raccontare.  Ripercorrendo con il pensiero la tua esperienza, hai conosciuto solo brevemente una persona che poi non hai più visto, la cui immagine si è però fissata nella tua mente? A distanza di tempo in che modo e per quali ragioni il suo ricordo riaffiora ancora oggi?  Dibattito in classe La giovinezza di Silvia termina improvvisamente all’ (r. 60): quali eventi, oggi, possono essere considerati conclusivi del “fior degli anni”, cioè indicativi di una nuova condizione esistenziale, quella della maturità? Discutine con i tuoi compagni. 8 apparir del vero T16 Canto notturno di un pastore errante dell’Asia Canti, 23 Canzone libera di 6 strofe di diversa misura, formate da endecasillabi e settenari liberamente rimati. Scritto tra l’ottobre del 1829 e l’aprile del 1830, è l’ultimo canto pisano-recanatese a essere composto (benché sia collocato nei   prima della   e del  , scritti in precedenza) e approfondisce la meditazione leopardiana sull’essenza della vita umana, facendo parlare in prima persona il personaggio fittizio di un pastore nomade. Canti Quiete dopo la tempesta Sabato del villaggio Metro Il   del   della vita mistero perché Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi.   Ancor non sei tu paga 5     di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga di mirar queste valli? Somiglia alla tua vita la vita del pastore. 10     Sorge in sul primo albore; move la greggia oltre pel campo, e vede greggi, fontane ed erbe; poi stanco si riposa in su la sera: altro mai non ispera. 15     Dimmi, o luna: a che vale al pastor la sua vita, la vostra vita a voi? dimmi: ove tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale? 20     Il pastore si paragona alla luna e le domanda il senso della vita l’attributo connota l’atmosfera silenziosa della notte, ma allo stesso tempo allude ai silenzi impenetrabili della luna, alla quale il pastore rivolge una domanda senza risposta. silenziosa: 2 inizi il tuo percorso nel cielo. vai: 3 e poi tramonti. indi ti posi: 4 dopo tanti secoli non sei sazia ( ) di ripercorrere le vie eterne ( ) del cielo? Ancor… calli?: 5-6 paga sempiterni calli provi noia. desiderosa. prendi a schivo: 7 vaga: spinge davanti a sé ( ) il gregge attraverso la pianura. move… campo: 12 oltre a cosa serve. a che vale: 16 voi corpi celesti. voi: 18 qual è lo scopo della mia breve esistenza (sulla Terra) e qual è quello del tuo percorso eterno (nel cielo)? ove… immortale?: 18-20 Samuel Palmer, , 1830. Londra, Mary Evans Picture Library. Pastori sotto la luna piena Vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo, con gravissimo fascio in su le spalle, per montagna e per valle, per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, 25     al vento, alla tempesta, e quando avvampa l’ora, e quando poi gela, corre via, corre, anela, varca torrenti e stagni, cade, risorge, e più e più s’affretta, 30     senza posa o ristoro, lacero, sanguinoso; infin ch’arriva colà dove la via e dove il tanto affaticar fu volto: abisso orrido, immenso, 35     ov’ei precipitando, il tutto obblia. Vergine luna, tale è la vita mortale. Il vecchio nel burrone del nulla pallido e malato. L’immagine del vecchierel, ripresa da Petrarca («Movesi il vecchierel canuto et biancho», , 16, v. 1), rappresenta allegoricamente l’uomo che affronta con fatica la vita. bianco, infermo: 21 Canzoniere carico pesantissimo. Metaforicamente, è il peso stesso dell’esistenza, carica di affanni. gravissimo fascio: 23 rocce scoscese, sabbia profonda e intricati cespugli di arbusti; sassi acuti è espressione ariostesca («Di Tripoli appresso i sassi acuti», , XIX, 46, v. 3). sassi… e fratte: 25 Orlando furioso quando il caldo è più insopportabile. quando… l’ora: 26-27 respira affannosamente. anela: 28 si rialza. risorge: 30 sanguinante. sanguinoso: 32 finché arriva in quel luogo ( ) a cui in realtà erano indirizzate ( ) e la strada percorsa e la sua immensa fatica, cioè un precipizio spaventoso e senza fondo ( ), cadendo nel quale egli dimentica ( ) ogni cosa. infin… il tutto obblia: 32-36 colà fu volto immenso obblia intatta (non corrotta dalle vicende umane, alle quali è indifferente). Ma nella mitologia la luna veniva identificata con Diana, dea vergine della caccia. Vergine: 37 Nasce l’uomo a fatica, ed è rischio di morte il nascimento. 40     Prova pena e tormento per prima cosa; e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell’esser nato. Poi che crescendo viene, 45     l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre con atti e con parole studiasi fargli core, e consolarlo dell’umano stato: altro ufficio più grato 50     non si fa da parenti alla lor prole. Ma perché dare al sole, perché reggere in vita chi poi di quella consolar convenga? Se la vita è sventura 55     perché da noi si dura? Intatta luna, tale è lo stato mortale. Ma tu mortal non sei, e forse del mio dir poco ti cale. 60     Il pianto come prima esperienza dell’uomo il momento della nascita comporta un rischio di morte (per la madre e il bambino). rischio di morte il nascimento: 40 cominciano a consolarlo. il prende a consolar: 44 lo aiutano. continuamente (man mano che il bambino cresce). il sostiene: 46 via pur sempre: cercano di fargli coraggio. studiasi fargli core: 48 della condizione umana (che è di tragica infelicità). dell’umano stato: 49 i genitori non potrebbero esercitare un compito più utile e gradito di questo (cioè quello della consolazione) nei confronti dei propri figli ( ). altro… prole: 50-51 lor prole generare. dare al sole: 52 chi in seguito sia necessario ( ) consolare del fatto di essere in vita. chi… convenga: 54 convenga viene da noi sopportata. da noi si dura: 56 non ancora toccata dall’uomo. Intatta: 57 importa. cale: 60 Pur tu, solinga, eterna peregrina, che sì pensosa sei, tu forse intendi, questo viver terreno, il patir nostro, il sospirar, che sia; che sia questo morir, questo supremo 65     scolorar del sembiante, e perir dalla terra, e venir meno ad ogni usata, amante compagnia. E tu certo comprendi il perché delle cose, e vedi il frutto 70     del mattin, della sera, del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore rida la primavera, a chi giovi l’ardore, e che procacci 75     il verno co’ suoi ghiacci. Mille cose sai tu, mille discopri, che son celate al semplice pastore. Spesso quand’io ti miro star così muta in sul deserto piano, 80     che, in suo giro lontano, al ciel confina; ovver con la mia greggia seguirmi viaggiando a mano a mano; e quando miro in cielo arder le stelle; dico fra me pensando: 85     a che tante facelle? Che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? che vuol dir questa solitudine immensa? ed io che sono? Così meco ragiono: e della stanza 90     smisurata e superba, e dell’innumerabile famiglia; poi di tanto adoprar, di tanti moti d’ogni celeste, ogni terrena cosa, girando senza posa, 95     per tornar sempre là donde son mosse; uso alcuno, alcun frutto indovinar non so. Ma tu per certo, giovinetta immortal, conosci il tutto. Questo io conosco e sento, 100  che degli eterni giri, che dell’esser mio frale, qualche bene o contento avrà fors’altri; a me la vita è male. Pressanti interrogativi sul significato del mondo e dell’esistenza eppure tu (riferito alla luna). solitaria. viaggiatrice del cielo. Pur tu: 61 solinga: peregrina: che cosa significhino (i soggetti sono ). che sia: 64 questo viver terreno, il patir nostro e il sospirar l’estremo impallidire del volto (nel momento della morte). questo… sembiante: 65-66 sparire (latinismo). perir: 67 sottrarsi alla compagnia consueta e affettuosa di quelli che ci vogliono bene. consueta e affettuosa. venir… compagnia: 67-68 usata, amante: scopo, significato. frutto: 70 del susseguirsi del giorno e della notte. del mattin, della sera: 71 sorrida. rida: 74 a chi sia utile il caldo dell’estate e quale beneficio procuri l’inverno. a chi… verno: 75-76 vedi (con il tuo sguardo) e dunque comprendi. discopri: 77 pianura. piano: 80 all’estremo orizzonte ( ) confina con il cielo. in suo giro… confina: 81 in suo giro lontano oppure (quando ti vedo) seguire me e il mio gregge, spostandoti progressivamente (cioè passo passo con noi). ovver… mano: 82-83 a quale scopo esistono tutte queste piccole luci? a che… facelle: 86 qual è lo scopo dello spazio ( ) infinito e dell’infinita profondità del cielo ( )? Che fa l’aria infinita… infinito seren?: 87-88 aria seren che cosa significa il vuoto senza fine ( ) dell’universo? che… immensa?: 88-89 solitudine immensa tra me e me, nel mio intimo. meco: 90 e non so immaginare ( ) alcuna utilità ( ) e alcuno scopo ( ) del mondo ( ) così superbamente smisurato, degli innumerevoli esseri viventi ( ) che lo abitano, e anche ( ) di tanto affaticarsi ( ), di tanti movimenti ( ) dei corpi celesti e delle cose terrene, che girano senza mai fermarsi ( ), per poi tornare sempre al punto di partenza ( ). e della stanza… indovinar non so: 90-98 indovinar uso frutto stanza innumerabile famiglia poi adoprar moti senza posa là donde son mosse essendo immutabile, la luna è eternamente giovane. Continua la personificazione della luna, che qui incarna due qualità ossimoriche, la giovinezza e la durabilità del suo stato. giovinetta immortal: 99 questo soltanto (è prolettico di quanto dice subito dopo). Questo: 100 le orbite dei corpi celesti che si muovono sempre allo stesso modo. Si tratta di un calco dantesco («dietro le note degli etterni giri», , 30, v. 93). eterni giri: 101 Purgatorio la mia (e degli uomini tutti) fragile esistenza. esser mio frale: 102 vantaggio o piacere. bene o contento: 103 per me la vita è dolore, sofferenza, infelicità. a me… male: 104 O greggia mia che posi, oh te beata, 105  che la miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia ti porto! Non sol perché d’affanno quasi libera vai; ch’ogni stento, ogni danno, 110  ogni estremo timor subito scordi; ma più perché giammai tedio non provi. Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe, tu se’ queta e contenta; e gran parte dell’anno 115  senza noia consumi in quello stato. Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra, e un fastidio m’ingombra la mente, ed uno spron quasi mi punge sì che, sedendo, più che mai son lunge 120  da trovar pace o loco. E pur nulla non bramo, e non ho fino a qui cagion di pianto. Quel che tu goda o quanto,  non so già dir; ma fortunata sei. 125 Ed io godo ancor poco, o greggia mia, né di ciò sol mi lagno. Se tu parlar sapessi, io chiederei: dimmi: perché giacendo a bell’agio, ozioso, 130  s’appaga ogni animale; me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? Il pastore invidia la condizione del gregge riposi. Felice te, poiché (essendo priva di ragione) non sei consapevole ( ), credo, della tua sventurata vita ( ). posi… non sai!: 105-106 non sai miseria poiché (non avendo la facoltà di ricordare) dimentichi subito ogni sofferenza ( ), ogni dolore ( ) e ogni paura ( ), anche la più grande ( ). ch’ogni… scordi: 110-111 stento danno timor estremo noia. tedio: 112 ti riposi. siedi: 113 appagata. contenta: 114 qui nel senso di tormento, dolore, fastidio. noia: 116 anch’io (come il gregge). io pur: 117 eppure un’inquietudine mi opprime. e… m’ingombra: 118 un pungolo, per così dire ( ), mi tormenta. uno spron quasi mi punge: 119 quasi pur sedendo, pur volendo riposare. lontano. sedendo: 120 lunge: tranquillità. loco: 121 fino a questo punto della mia vita non ho avuto motivi di dolore e di lamentela. non ho… pianto: 123 non saprei dire in verità ( ) di quale specie o in che misura sia il tuo godimento; ma certo è che sei fortunata (perché non conosci il tedio, vv. 108-112). Quel… sei: 124-125 già e anche ( ) io, come te, provo pochi piaceri. Ed io… poco: 126 ancor ma non mi lamento soltanto di questo (cioè di avere pochi piaceri); infatti il pastore si lamenta soprattutto del tedio che lo tormenta (v. 132). né… lagno: 127 a proprio piacimento. a bell’agio: 130 è soddisfatto. s’appaga: 131 Forse s’avess’io l’ale da volar su le nubi, e noverar le stelle ad una ad una, 135  o come il tuono errar di giogo in giogo, più felice sarei, dolce mia greggia, più felice sarei, candida luna. O forse erra dal vero, mirando all’altrui sorte, il mio pensiero: 140  forse in qual forma, in quale stato che sia, dentro covile o cuna, è funesto a chi nasce il dì natale. La vita come male contare. noverar: 135 da una cima all’altra dei monti. di giogo in giogo: 136 ma forse, considerando il destino altrui (come quello del gregge o della luna), il mio pensiero si allontana dalla verità ( ). erra… pensiero: 139-140 erra dal vero in qualunque forma o condizione ( ). in qual forma… sia: 141-142 stato sia che si nasca in una tana ( ), come gli animali, sia che si nasca in una culla ( ), come gli esseri umani, il giorno della nascita ( ) porta dolore e infelicità ( ) a chi nasce. dentro… natale: 142-143 covile cuna il dì natale funesto  >> pagina 968  Analisi ATTIVA I contenuti tematici Nello Leopardi narra di aver letto nel settembre del 1826 sulla rivista scientifica francese “Journal des Savants” il resoconto di un viaggiatore russo nelle steppe dell’Asia centrale, nel quale si raccontava che i pastori kirghisi abitanti in quelle regioni trascorrono la notte seduti su un sasso a contemplare la luna, e a improvvisare parole molto tristi su arie che non lo sono meno . Da qui deriva con ogni probabilità lo spunto per il componimento, che segna il passaggio dai canti incentrati sul ricordo (come ) a quelli che si svolgono direttamente attorno a un nucleo di meditazione filosofica, affrontando il tema di un’infelicità esistenziale vista ormai come legge universale. Zibaldone « » A Silvia La tragedia di questa condizione si abbatte così a prescindere dalle sovrastrutture della civiltà e della cultura, essendo incombente sul destino di tutti gli uomini. Per questo il poeta sceglie di affidare il proprio pensiero a un pastore, cioè a un immerso in un tempo indefinibile, in uno spazio desertico e sterminato, figura estranea ai meccanismi del progresso, testimone di un dolore eterno, cosmico e senza eccezioni, connaturato all’esistenza in quanto tale: anche l’illusione di un armonico e primitivo stato di natura lontano dalla corruzione dei tempi moderni si rivela ormai come un’irrealizzabile utopia. alter ego  Individua nel testo i riferimenti alla vita nomade del pastore. 1  Quale finale desiderio di felicità viene espresso dal pastore? 2 L’infelicità come legge universale Dando la propria voce a un pastore nomade dell’Asia, il poeta rivolge alla luna ansiose domande sul senso della vita umana e sul mistero dell’universo, interrogativi che gli individui si pongono da sempre. L’interrogazione presenta da subito una contraddizione rivelatrice: il del v. 1, replicato nei vv. 16 e 18, si scontra infatti con il primo attributo conferito alla luna, (v. 2); ciò tuttavia non induce al silenzio il pastore, che presuppone nella reticente interlocutrice un sapere a lui ignoto; anzi, tale convinzione si accentua nel corso del canto, in un che parte in forma dubitativa per poi giungere a una assoluta certezza: , v. 62; , v. 69; , v. 73; , v. 77; vv. 98-99. dimmi silenziosa climax tu forse intendi E tu certo comprendi Tu sai, tu certo Mille cose sai tu, mille discopri Ma tu per certo, / giovinetta immortal, conosci il tutto , Successivamente (vv. 105-132) il pastore si rivolge con la stessa supplica ( , v. 129) al gregge, che ritiene più felice dell’uomo, poiché inconsapevole e dunque libero dal tedio che opprime gli esseri umani raziocinanti quando vengono meno le sensazioni, tanto piacevoli quanto dolorose, e l’animo si ritrova come svuotato dinanzi alla vanità e all’insignificanza dell’esistenza. Infine, nell’ultima strofa, egli immagina una felicità che potrebbe essere possibile se solo la sua condizione fosse diversa (come, per esempio, quella di un astro o di un tuono, che spaziano nel cielo). Ma subito dopo la constatazione della realtà lo porta a concludere che, con ogni probabilità, la vita è funesta per ogni essere, sia esso un individuo o un animale. dimmi  Quali sono le domande esistenziali che il pastore rivolge alla luna? 3  Quali sono le somiglianze e le differenze che il pastore individua tra la sua vita e quella della luna? 4  Qual è l’atteggiamento del pastore verso la sua  ? 5 greggia Domande senza risposta  >> pagina 969  Le scelte stilistiche La pretesa del pastore di comunicare con la luna, interpellandola sui grandi quesiti che turbano il suo animo, si rivela ingenua, in quanto irrealizzabile. Quello che, nella sua innocenza, vorrebbe essere un dialogo non è che un monologo, uno sconsolato interrogarsi su sé stesso, situazione di cui peraltro lo stesso pastore sembra a un certo punto prendere coscienza ( , v. 85; , v. 90). Tuttavia il suo canto rimane semplice, quasi monotono sia nel linguaggio sia nella sintassi: per suscitare la reazione della luna, la sollecita in modo infantile ripetendo le domande nel vano tentativo di comprendere (si notino le anafore di due volte al v. 1, e , ai vv. 1, 16 e 18) e omaggiandola con epiteti diversi ( , v. 37; , v. 57; , v. 61; , v. 99). A dispetto della drammaticità dei contenuti, anche la rima in - che chiude ogni strofa conferisce al testo l’inflessione di una cantilena. dico fra me pensando Così meco ragiono Che fai?, dimmi Vergine Intatta solinga, eterna peregrina giovinetta immortal ale  È possibile affermare che la luna abbia alcune caratteristiche tipiche di una divinità? Quali e perché? 6  Scegli una strofa e individua rime, assonanze,  . Rifletti sul ritmo complessivo del componimento. 7 enjambement Il monologo di un pastore ingenuo Per esprimere il carattere assoluto della sofferenza esistenziale, Leopardi insiste in tutto il componimento sulla rappresentazione del cammino come metafora di un disperato tentativo di sfuggire alla natura. Al pastore (nell’aggettivo si fondono l’idea del suo nomadismo e l’errore del suo pensiero: , v. 139) si aggiunge l’immagine allegorica del (v. 21), destinato a chiudere il proprio faticoso e frenetico viaggio nell’ (v. 35) del nulla. Né d’altra parte un movimento fittizio, creato dall’immaginazione, è in grado di produrre un esito diverso da quello reale: se anche il pastore, e con lui tutta l’umanità, potesse volare come un uccello sulle nubi o dilagare come un tuono da una cima all’altra dei monti, non potrebbe comunque sottrarsi alla condanna decretata dalla natura e fissata dal poeta con un’ultima, lapidaria e inequivocabile sentenza: È (v. 143). errante O forse erra dal vero vecchierel bianco abisso orrido funesto a chi nasce il dì natale  Individua nel testo i punti in cui vi sono riferimenti al viaggio della luna e a quello del pastore. 8  Spiega il significato della similitudine che si instaura nella seconda strofa: in particolare, che cos’è l’  (v. 35)? 9 abisso orrido, immenso  Il motivo del viaggio collega questo canto al   (  T7, p. 914). Confronta il passo delle   con questo canto in un testo argomentativo di circa 20 righe. 10 Scrivere per confrontare. Dialogo della Natura e di un Islandese ▶ Operette morali  Leopardi esprime il tedio e il profondo disagio interiore che esso determina. Hai mai provato direttamente questa sensazione oppure conosci qualcuno che ne soffre e te ne ha parlato? Anche se non hai sperimentato direttamente tale stato d’animo, quale ritieni possa essere un modo per liberarsi dalla cappa di malessere che esso provoca? Motiva la tua risposta in un testo di circa 30 righe. 11 Scrivere per raccontare. La metafora dell’inutilità del viaggio