di   PALESTRA scrittura Il tramonto della luna , 33 Canti Come  , questa lirica è stata composta probabilmente nella primavera del 1836, durante il soggiorno in una villa sulle falde del Vesuvio, presso Torre del Greco. Il poeta riprende uno dei motivi più frequenti della sua poesia, il compianto della giovinezza e delle sue speranze e illusioni, tracciando un paragone tra il tramonto della luna e la fine di questa età. La ginestra Analisi e interpretazione di un testo LETTERARIO Quale in notte solinga, sovra campagne inargentate ed acque, là ’ve zefiro aleggia, e mille vaghi aspetti   e ingannevoli obbietti 5     fingon l’ombre lontane infra l’onde tranquille e rami e siepi e collinette e ville; giunta al confin del cielo, dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno 10     nell’infinito seno scende la luna; e si scolora il mondo; spariscon l’ombre, ed una oscurità la valle e il monte imbruna; orba la notte resta, 15     e cantando, con mesta melodia, l’estremo albor della fuggente luce, che dianzi gli fu duce, saluta il carrettier dalla sua via; tal si dilegua, e tale 20     lascia l’età mortale la giovinezza. In fuga van l’ombre e le sembianze dei dilettosi inganni; e vengon meno le lontane speranze, 25     ove s’appoggia la mortal natura. Abbandonata, oscura resta la vita. In lei porgendo il guardo, cerca il confuso viatore invano del cammin lungo che avanzar si sente 30     meta o ragione; e vede che a sé l’umana sede, esso a lei veramente è fatto estrano. come. Va unito a del v. 12. solitaria. Quale: 1 scende la luna solinga: là dove zefiro soffia e dove le ombre lontane creano mille forme indefinite e oggetti irreali, tra le onde calme e tra rami, siepi, collinette e ville, giunta (la luna) all’orizzonte ( ), dietro l’Appennino o dietro le Alpi, o nell’ampio golfo ( ) del Tirreno. là ’ve... seno: 3-11 confin del cielo infinito seno perde colore e luminosità. si scolora: 12 un buio totale ( è latinismo). una oscurità: 13-14 una priva di luce. orba: 15 triste. mesta: 16 l’ultimo chiarore della luce che se ne va, che fino a poco prima gli aveva fatto da guida. l’estremo albor… che dianzi gli fu duce: 17-18 così, allo stesso modo; si riferisce al soggetto la del v. 22. si riferisce invece al complemento oggetto del v. 21, cioè in questa condizione, priva di luce come la notte. Tal: 20 giovinezza tale: l’età mortale sono le false immagini, piacevoli ma ingannevoli, già ricordate ai vv. 4-5. le sembianze... inganni: 23-24 su cui la natura umana si appoggia. ove... natura: 26 il viaggiatore, disorientato, cerca invano, nella vecchiaia, il termine o lo scopo del suo lungo cammino; e si accorge che la terra, durante la vecchiaia, gli si fa estranea e lui diventa estraneo alla terra. In lei... estrano: 28-33 Troppo felice e lieta nostra misera sorte 35     parve lassù, se il giovanile stato, dove ogni ben di mille pene è frutto, durasse tutto della vita il corso. Troppo mite decreto quel che sentenzia ogni animale a morte, 40     s’anco mezza la via lor non si desse in pria della terribil morte assai più dura. D’intelletti immortali degno trovato, estremo 45     di tutti i mali, ritrovàr gli eterni la vecchiezza, ove fosse incolume il desio, la speme estinta, secche le fonti del piacer, le pene maggiori sempre, e non più dato il bene. 50     Voi, collinette e piagge, caduto lo splendor che all’occidente inargentava della notte il velo, orfane ancor gran tempo non resterete; che dall’altra parte 55     tosto vedrete il cielo imbiancar novamente, e sorger l’alba: alla qual poscia seguitando il sole, e folgorando intorno con sue fiamme possenti, 60     di lucidi torrenti inonderà con voi gli eterei campi. Ma la vita mortal, poi che la bella giovinezza sparì, non si colora d’altra luce giammai, nè d’altra aurora. 65     Vedova è insino al fine; ed alla notte che l’altre etadi oscura, segno poser gli Dei la sepoltura. agli dèi. lassù: 36 il decreto che sentenzia che ogni animale è destinato a morire (sarebbe parso) troppo mite (agli dèi), se essi, durante la vita degli uomini, non avessero dato loro un’età che è più terribile della morte stessa. Gli dèi escogitarono la vecchiaia, che è una degna invenzione di intelletti immortali e il peggiore di tutti i mali, nella quale il desiderio è ancora immutato, le speranze sono sparite, le fonti del piacere si sono esaurite, le pene sono sempre maggiori e il bene non è più dato. Troppo... il bene: 39-50 spiagge. piagge: 51 prive di luce. orfane: 54 a oriente. dall’altra parte: 55 ben presto. tosto: 56 all’alba seguendo il sole. alla quale... sole: 58 si riferisce alle del v. 51. il cielo. voi: 62 collinette e piagge eterei campi: dopo che. poi che: 63 la vita rimane triste fino alla fine; e gli dèi posero fine alla vecchiaia ( ), che oscura tutte le altre età precedenti, con la morte ( ). Vedova... sepoltura: 66-68 notte sepoltura COMPRENSIONE E ANALISI Le prime due strofe istituiscono un paragone. Quale? 1 La terza strofa è incentrata sul motivo dell’invidia degli dèi: spiega le ragioni di tale sentimento negativo verso gli esseri umani. 2 Perché secondo il poeta la vecchiaia è un male peggiore della morte? 3 Quale differenza viene sottolineata, nella parte conclusiva della lirica, tra il paesaggio e l’uomo? 4 Sintetizza, a questo punto, il contenuto complessivo della poesia in circa 10 righe. 5 Individua nel testo almeno tre da te ritenuti particolarmente significativi e spiega quali concetti ne vengono evidenziati. 6 enjambement INTERPRETAZIONE E COMMENTO Scegli una delle seguenti tracce e sviluppala in un testo di circa 2 facciate di foglio protocollo. a Commenta il contenuto del componimento, collegandolo alla poetica leopardiana e confrontandolo con altre liriche dell’autore, in particolare La ginestra . b Soffermati sulla rappresentazione del paesaggio, spiegando in che modo esso corrisponda alla condizione interiore del poeta. Tieni presenti anche le altre rappresentazioni della natura contenute nei componimenti dell’autore da te letti.  >> pagina 1001 Tutto il fuoco di Leopardi Lo scrittore e insegnante Alessandro D’Avenia (n. 1977) indirizza una lettera immaginaria a Giacomo Leopardi. Partendo dall’esperienza di insegnamento della sua poesia, l’autore cerca nelle parole del poeta di Recanati spunti di riflessione sulla condizione dei ragazzi di oggi. Analisi e produzione di un testo ARGOMENTATIVO Questa ed altre misere circostanze ha posto la fortuna intorno alla mia vita, dandomi una cotale apertura d’intelletto e di cuore Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Giordani, 2 marzo 1818 Caro Giacomo, quando devo iniziare la parte di programma che ti riguarda, non dichiaro la tua identità, ma dico che è venuta l’ora di leggere il più grande poeta moderno, un poeta che ha trasformato ogni limite in bellezza, ed ebbe chiaro che questa era la sua vocazione all’età dei ragazzi che ho di fronte. Mi guardano con gli occhi grandi per quei pochi secondi che dura l’attenzione 5       al nuovo di questa generazione, in attesa del nome. Ma dal momento che non lo rivelo, cominciano a fare ipotesi. Quando qualcuno indovina, quasi subito una voce aggiunge: «No... quello sfigato di Leopardi, no!». Abbi pazienza, sono giovani e ignoranti: si fanno prestare i luoghi comuni pur di avere un pensiero in bocca. Ma vedi, Giacomo, io spero che usino quell’aggettivo, perché smaschera tutta la 10     paura che nasconde, quella di una cultura per la quale chi si chiede il senso delle cose non è altro che “sfigato”, tanto quanto chi non ha un corpo perfetto. Eri veramente uno sfortunato da cui stare alla larga? Chi ha la gobba porta fortuna, si dice, ma tu ce l’avevi davvero? Pensa che c’è chi, per giustificare la tua poesia, parte proprio dalla gobba, anziché dal rapimento. Sei morto per una crisi respiratoria 15     provocata dalla compressione del tuo corpo storto sul cuore. Non hai trovato mai un amore che corrispondesse ai tuoi innamoramenti. Insomma, sei la quintessenza del giovane che nessun giovane vorrebbe essere. È vero, Giacomo? Ti difendi da solo o devo farlo io? Puoi farlo da solo, ma io devo ridurre la distanza tra la corazza dei miei studenti e la tua pelle. Devo spaccare quell’armatura di paure che 20     impedisce loro di capire che l’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti. Per spaccare la corazza ho bisogno di una punta affilata e temprata, e allora ti impugno come una spada e leggo come se tu stesso parlassi ad alta voce, con le pause giuste: 25     Questa ed altre misere circostanze ha posto la fortuna intorno alla mia vita, dandomi una cotale apertura d’intelletto perch’io le vedessi chiaramente, e m’accorgessi di quello che sono, e di cuore perch’egli conoscesse che a lui non si conviene 30 l’allegria, e, quasi vestendosi a lutto, si togliesse la malinconia per compagna      eterna e inseparabile.  (Lettera a Pietro Giordani, 2 marzo 1818) Chi ha l’ardire di chiamare sfigato un ragazzo così, capace di accettare e trasformare le sue sfortune in trampolino per aprire la testa e il cuore? Chi è capace come lui di affrontare la vita con questo coraggio e avere la malinconia come compagna 35     di cammino, e nonostante questo creare così tanta bellezza? Mi fermo e chiedo: riuscireste voi a trasformare in canto il dolore della vita, i vostri fallimenti, la vostra inadeguatezza? A nutrirvi del vostro destino, più o meno fortunato che sia, per farne un capolavoro immortale? Alle tue parole cala il silenzio. Abbiamo capito che con te non si scherza, non 40     si banalizza. Così, proprio dalla porta della sfortuna, entriamo nella tua grandezza, Giacomo, e io li vedo risvegliarsi, perché ciascuno di noi nasconde dentro di sé la stanza della sfortuna, quella in cui le fragilità e inadeguatezze sono evidenti. Abbassano le difese, ché questo è il compito della letteratura: rendere l’uomo più vero e autentico, spogliandolo delle menzogne che lo allontanano da sé, dalla vita, 45     dagli altri. Così si risveglia la passione assopita, la propria originalità, e si confina la paura di non essere “abbastanza”: Sebbene è spento nel mondo il grande e il bello e il vivo, non ne è spenta in noi 50  l’inclinazione. Se è tolto l’ottenere, non è tolto né possibile a togliere il desiderare.     Non è spento nei giovani l’ardore che li porta a procacciarsi una vita, e a sdegnare la nullità e la monotonia.  ( , 1° agosto 1820) Zibaldone Ma questo desiderio di vita, di felicità, d’amore, fondamento del cuore dei giovani 55     (e di tutti), è materia naturale e inestinguibile, e, quando non è indirizzato alla costruzione del mondo e della speranza, «circola e serpeggia e divora sordamente come un fuoco elettrico», scrivi in un altro passaggio del tuo diario nell’agosto del 1820. Non più un fuoco che riscalda e dà luce, ma un fuoco che prima o poi esploderà «in temporali e terremoti». Io vedo oggi con molta chiarezza questa energia 60     che si disperde nel nulla. Incontro centinaia di ragazzi, e centinaia sono quelli che mi scrivono, stufi di non sapere per cosa giocarsi quell’infinito che sentono nel cuore. Vogliono progetti, non oggetti. Mentre noi cerchiamo di soddisfare il desiderio con le cose, loro chiedono quello che il desiderio contiene: la speranza dell’impossibile reso possibile. 65     Forse, in fondo, non è cambiato molto da quando eri giovane tu. L’adolescenza,  secondo i ragazzi stessi a cui ho chiesto di definirla, è “energia” che vuole indirizzarsi  alla vita per costruirla. Ecco la prima cosa che vedo in loro e che tu hai definito tanto bene: una forza creatrice, che si libera trovando forma in parole impugnate come armi per far esplodere il dolore o la gioia, per fuggire da «nullità 70     e monotonia». Un ragazzo una volta mi ha detto: «Quando ho finito di leggere il suo libro un fuoco si era acceso dentro di me, e mi dicevo: io voglio vivere così. Adesso lei deve spiegarmi come mai questo è accaduto». Adolescenza è questo fuoco  che non vuole altro che arde re di passione e di passioni, a volte fino a bruciare sé stessa per mancanza di combustibile. Questo fuoco c’è, io l’ho visto. È il fuoco 75     della vita. Può trasformarsi in distruzione e, al limite, in autodistruzione, ma non può essere spento, e se sembra estinguersi, languire, divorato dal cinismo, dalla mancanza di speranza, poi riaffiora sotto forme esplosive o implosive, «temporali e terremoti» tu li chiami, io li chiamo: dipendenze, violenze, fughe, autolesionismi, suicidi, disturbi alimentari... 80     Questa generazione vuole testimoni, prima che maestri, perciò, Giacomo, tu devi aiutarmi. Le passioni si risvegliano a contatto con il fuoco, non con le istruzioni  per accenderlo, soprattutto in questi ragazzi che le istruzioni non le leggono più, ma vogliono mettersi subito in gioco, on fire, come si dice nella lingua di Shakespeare. 85     Alessandro D’Avenia, , Mondadori, Milano 2016 L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita COMPRENSIONE E INTERPRETAZIONE Perché, per D’Avenia, Leopardi è un autore particolarmente adatto a parlare ai giovani? 1 Come appare all’autore la soglia di attenzione degli adolescenti di oggi? 2 Qual è il luogo comune su Leopardi che D’Avenia contesta? 3 Che cosa afferma Leopardi nella prima lettera citata da D’Avenia? Sintetizzane il contenuto con parole tue. 4 In che cosa è consistita la grandezza di Leopardi secondo D’Avenia? 5 Qual è la principale difficoltà dei giovani di oggi secondo l’autore? E quale l’errore degli adulti? 6 Che cosa insegna Leopardi sulla “fragilità”? 7 Qual è il “fuoco” che questo poeta può trasmettere ai ragazzi? 8 RIFLESSIONI E COMMENTO Scegli una delle seguenti tracce e sviluppala in un testo argomentativo di circa 2 facciate di foglio protocollo. a Confronta la visione della giovinezza che emerge dalle parole di D’Avenia con l’immagine leopardiana di questa età della vita contenuta nelle poesie che hai letto. Qual è la lettura dell’età giovanile offerta da Leopardi? Ti sembra che vi sia una corrispondenza con quanto detto da D’Avenia? Spiega perché. b Per D’Avenia i problemi e le emergenze sociali degli adolescenti ( dipendenze, violenze, fughe, autolesionismi, suicidi, disturbi alimentari... ) sono conseguenza della mancanza di speranza a cui i giovani stessi sono condannati da una società cinica e materialista. Per questo – scrive ancora l’autore – i ragazzi hanno bisogno di testimoni , più che di maestri . Sei d’accordo con questa sua interpretazione della realtà? Dove pensi che possano essere trovati questi “testimoni”? Ritieni che la letteratura sia in grado di rappresentare un serbatoio di voci e di esperienze utili ai giovani di oggi?