Raccontare la Shoah Nell aria, l rimane la tua radice, l , nell aria (Paul Celan) Un genocidio che non ha eguali Fra il 1939 e il 1945, sei milioni di persone furono trucidate dai nazisti per il solo fatto di essere ebree e per realizzare l aberrante aspirazione di Hitler a conservare la razza ariana pura, non contaminata cio dalla mescolanza con altre razze reputate inferiori. A questo folle e terribile disegno stato dato il nome di Shoah, una parola ebraica che significa catastrofe , annientamento , preferibile al termine olocausto (in greco rogo totale ), che indica invece una forma di sacrificio espiatorio a Dio in cui la vittima da offrire viene bruciata sull altare. Perch Shoah Il termine olocausto sembrerebbe dare un senso all orrore dello sterminio, in quanto tale parola richiama un contatto con la sfera religiosa. Invece il senso di quell inferno drammaticamente sfuggente e incomprensibile: alla domanda del perch ci sia accaduto difficile o forse impossibile rispondere. La Shoah non solo un episodio, per quanto il pi grande e orrendo, del progetto nazista di costruire un mondo a propria immagine e somiglianza, nel quale dovevano essere eliminati tutti i diversi : nei campi di sterminio trovano la morte, oltre agli ebrei, circa cinque milioni di appartenenti ad altre minoranze etniche e religiose, omosessuali, dissidenti politici, portatori di handicap ecc. Essa anche un momento della Storia che non ha eguali, un crimine contro l umanit del tutto particolare, perch mai prima di allora il genocidio di un popolo era stato perpetrato e realizzato me1086 todicamente dalle gerarchie e dall apparato militare, poliziesco e burocratico-amministrativo di uno Stato. La scienza al servizio della morte Il genocidio viene elaborato infatti con efficienza e scientificit straordinarie: i campi di sterminio in cui vengono deportati gli ebrei (da Auschwitz a Treblinka, da Mauthausen a Dachau) «vengono organizzati secondo i dettami di una tecnologia perversa, asservita al processo di industrializzazione della morte» (Miglianti). La razionalit posta al servizio della distruzione con una logica quasi inspiegabile, che si scontra con i limiti della parola e con l impossibilit di rappresentare e dire la tragedia. Scrivere dopo Auschwitz Come raccontare dal vero, dal punto di vista di chi ha vissuto direttamente il progetto e la realizzazione della cosiddetta soluzione finale ? Come narrare la macchina assassina che prepara alla morte una massa indifferenziata di inermi? E soprattutto come essere credibili di fronte all indicibile? La difficolt di fornire risposte sicure spiega la scelta del silenzio, tenacemente perseguita da molti sopravvissuti, i quali hanno preferito l oblio al resoconto, l invisibilit alla presenza. Per costoro, la scrittura stata infatti uno strumento inadeguato, una testimonianza insufficiente, al massimo un eco della catastrofe, incapace per di trasmetterne con chiarezza e concretezza le immagini, il senso, la verit pi profonda.