La vita in sintesi Un’esistenza segnata dal dolore La breve felicità dell’infanzia Quarto figlio di una famiglia numerosa piuttosto agiata, Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli) il 31 dicembre del 1855 . Cresce circondato dagli affetti e a stretto contatto con la natura e i paesaggi della campagna romagnola, temi e visioni che saranno cardini del suo immaginario poetico. Il padre, Ruggero, amministratore della tenuta La Torre di proprietà dei principi Torlonia, lungo il Rio Salto, lo manda a studiare a Urbino , nel Collegio Raffaello, gestito dai padri Scolopi, ecclesiastici noti per la loro erudizione e, soprattutto, eccellenti latinisti. Giovanni Pascoli a San Mauro di Romagna nel 1855. Bambino, è mandato dal padre a studiare a Urbino, nel collegio dei padri Scolopi, eruditi ed eccellenti latinisti. nasce Giovanni è in collegio, insieme ai fratelli maggiori Luigi e Giacomo e al minore Raffaele, quando, il , lo raggiunge la notizia che interrompe traumaticamente un’infanzia fino a quel momento felice: è stato mentre tornava in calesse da Cesena, dove era andato per affari. Il colpevole e il movente del gesto rimarranno un mistero: i sospetti della famiglia cadono su un tale Pietro Cacciaguerra, il quale sarebbe stato spinto all’assassinio dal desiderio di subentrare a Ruggero nella carica di amministratore della tenuta. Tuttavia le indagini non approdano a nulla, e gli esecutori e i mandanti del delitto non saranno mai individuati. L’assassinio del padre 10 agosto 1867 il padre ucciso da una fucilata Pascoli ha dodici anni ed è in collegio con i fratelli quando il padre Ruggero, amministratore di una grande tenuta, viene ucciso con un colpo di fucile mentre torna a casa in calesse. Il colpevole non verrà mai individuato. È il 10 agosto 1867. Questa rimarrà nella memoria del poeta e nei suoi versi. Nei cinque anni successivi segnano la sua adolescenza: muore la sorella maggiore, poi la madre, poi il fratello Luigi. Con il fratello Giacomo si trasferisce allora a studiare a Firenze. tragedia altri lutti Il poeta rimarrà segnato per sempre da questa tragedia, primo anello di una interminabile catena di lutti che funesta la sua adolescenza e ne condiziona la vita: l’anno dopo, nel 1868, muore di tifo la sorella maggiore, Margherita, seguita subito dalla madre e poi dal fratello Luigi, stroncato nel 1871 dalla meningite. Rimasto e privo di mezzi economici, nell’arco di pochi anni Giovanni è costretto a seguire a Rimini il fratello Giacomo, ormai il capofamiglia, e poi a trasferirsi a Firenze, dove gli Scolopi gli garantiscono un’istruzione gratuita presso il locale liceo. Le tragedie familiari orfano Da studente a docente I risultati scolastici di Pascoli sono assai scoraggianti, ma la vittoria in un concorso per una borsa di studio indetto nel 1873 dalla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna gli apre una strada imprevista. Presidente della commissione esaminatrice è , il maestro di un’intera generazione di letterati italiani. L’incontro con Carducci a Bologna Giosuè Carducci Grazie a una borsa di studio si iscrive alla facoltà di Lettere dell’ . In questa città frequenta circoli socialisti e partecipa a riunioni e manifestazioni, e viene accusato di attività sovversive. Dopo aver trascorso tre mesi in carcere abbandona la , riprende gli studi e si laurea nel 1882. Viene subito nominato professore di Lettere greche e latine nel liceo di Matera. Università di Bologna politica attiva Il successo universitario non mitiga le inquietudini del giovane. Più per istinto che per reale convinzione ideologica, Pascoli si lega ai bolognesi. Mentre la scarsa frequenza ai corsi accademici (assiste solo alle lezioni di Carducci) gli costa la revoca della borsa di studio, diventa amico di Andrea Costa, principale esponente emiliano dell’internazionalismo anarchico e successivamente tra i primi rappresentanti del socialismo in Italia, e inizia a frequentare riunioni clandestine e manifestazioni di piazza. La partecipazione, nel 1876, a una protesta studentesca contro l’allora ministro dell’Istruzione Ruggero Bonghi lo segnala alla pubblica autorità; tre anni dopo, nel (era morto, nel 1876, anche il fratello Giacomo), Pascoli , accusato di attività sovversive. Trascorre in carcere tre mesi, dopo i quali abbandonerà la militanza politica attiva, concentrandosi unicamente sullo studio e sulla poesia. L’impegno politico e la povertà circoli socialisti 1879 viene arrestato Ripresi nel 1880 gli studi, grazie all’intercessione di Carducci che riesce a fargli ottenere di nuovo una borsa di studio, Pascoli si laurea nel 1882 con una tesi sul poeta greco Alceo e subito dopo viene nominato nel liceo di . La laurea e l’insegnamento professore di Lettere latine e greche Matera >> pagina 324 Il «nido», la poesia, la fama Nel 1884 Pascoli viene trasferito al liceo di , dove riesce a portare con sé le sorelle, che le vicende familiari avevano relegato prima in un convento nel Forlivese, poi presso una zia. L’ormai trentenne Giovanni può così ricostituire il nucleo familiare, che mantiene unito anche dopo il suo trasferimento nel liceo di , dove insegna fino al 1895. La ricostruzione del nucleo familiare e il legame con le sorelle Massa Livorno Il legame con le sorelle, strette intorno a lui all’interno del tanto desiderato «nido», perpetua – o almeno così vorrebbe Giovanni – la condizione infantile, recuperata con un , quasi maniacale, che esclude ingerenze esterne ed esige la castità e il culto della memoria dei genitori. affetto totalizzante Trasferito nei licei di Massa e poi di Livorno, Pascoli chiama a vivere con lui le sorelle Maria e Ida, ricostruendo un ambiente familiare, un «nido» protettivo e rassicurante. Dopo qualche anno Ida si sposa e il poeta, disperato per quello che gli appare un tradimento, riversa e quasi maniacale. su Maria un affetto esclusivo Alla fine del 1894, però, si fidanza e pochi mesi dopo : Pascoli ne è sconvolto, considera il matrimonio della sorella come un affronto, un tradimento e, cosa ancora più grave, un attentato all’integrità del «nido». Costretto a Roma da un incarico ministeriale, riversa su Maria la propria disperazione: «Come farò a dormire questa notte? queste altre notti? Come passerò questi giorni? Oh! povero Giovanni!». Il “tradimento” di Ida Ida si sposa Il 1895, anno delle nozze di Ida, diventa per Giovanni «l’anno terribile»: . «Non sono sereno: sono disperato. Io amo disperatamente angosciosamente la mia famigliola che da tredici anni, virtualmente, mi sono fatta e che ora si disfà, per sempre» Nel frattempo il nome di Pascoli si è imposto sulla scena letteraria: dopo aver pubblicato solo su rivista e occasionalmente i suoi versi, nel dà alle stampe , il suo primo libro. Ma si tratta di una pubblicazione quasi clandestina: il timido poeta, quasi vergognandosi dei suoi testi, chiede che il libretto (che comprende 22 poesie) esca in sole cento copie. L’anno dopo, finalmente, viene preparata un’edizione a più ampia tiratura (72 poesie), che rivela Pascoli come uno dei migliori poeti italiani. Contemporaneamente, un suo poemetto in lingua latina, , vince l’importante concorso internazionale di poesia latina di Amsterdam, in cui trionferà per altre dodici volte e a cui ha deciso di partecipare dopo estenuanti tentennamenti, poiché l’idea della fama letteraria, anziché gratificarlo, lo inquieta. Il lavoro poetico 1891 Myricae Veianius Nel 1891 Pascoli pubblica la sua , : è riconosciuto come uno dei migliori poeti italiani. prima raccolta di poesie Myricae La carriera universitaria I successi letterari, del resto, gli aprono le porte dell’università: dal 1895 al 1897 insegna Grammatica greca e latina all’ Università di Bologna ; dal 1897 al 1903 è ordinario di Letteratura latina a Messina ; quindi viene trasferito a Pisa , dove insegna Grammatica latina e greca sino al 1905, quando, coronando la sua carriera accademica, ritorna a Bologna, chiamato a succedere a Carducci alla cattedra di Letteratura italiana. Dal 1895 Pascoli insegna Grammatica latina e greca all’Università di Bologna, poi a Messina e a Pisa, poi di nuovo a Bologna dove ricopre la che era stata di Carducci. cattedra di Letteratura italiana Pascoli si dedica anche alla , nella quiete della casa di campagna che acquista nel 1895 a Castelvecchio e dove abiterà per il resto della vita con la sorella Maria. poesia a Bologna nel 1912 e viene sepolto a Castelvecchio. Muore Maria vivrà ancora quarant’anni, custode della memoria del fratello. Gli ultimi anni All’insegnamento, Pascoli affianca lo studio e il lavoro poetico, a cui ama dedicarsi nella casa di Castelvecchio (oggi Castelvecchio Pascoli, nel comune di Barga) in Garfagnana , dove si è trasferito con Maria fin dal 1895. Qui Pascoli vive, come in un rifugio, la sua esistenza di poeta e insieme di contadino. A questa dimensione si sottrae solo nelle rare uscite pubbliche, in occasione di discorsi celebrativi che lo vedono nei panni del letterato ufficiale, ereditati dal maestro Carducci. Celebre, in particolare, è l’orazione intitolata La grande proletaria si è mossa , con cui nel novembre 1911 si schiera a favore dell’impresa coloniale in Libia . Malato di cirrosi epatica, Pascoli nel e viene sepolto a Castelvecchio, dove Maria resterà sino alla fine dei suoi giorni (1953), gelosa custode delle memorie e delle carte del fratello. muore a Bologna 1912 il CARATTERE Una personalità complessa Per avere un’idea della complessa personalità di Pascoli basterebbe affidarsi alla sua biografia o, meglio ancora, alla lettura dei suoi versi, in cui un diffuso simbolismo e oscuri sottintesi rivelano gli elementi della sua sofferenza esistenziale: ansia, inquietudine, vergogna, sessualità repressa, senso di colpa. Il vittimismo Duramente segnato dal trauma della morte del padre, Giovanni vive nel costante angoscioso ricordo di quel lutto mai risolto e nel rimpianto della perduta condizione infantile, su cui proietta desideri e nostalgie. L’età adulta lo spaventa, con il suo carico di responsabilità, e ad essa egli oppone il disperato bisogno di un ancoraggio sicuro al proprio piccolo universo privato: solo il «nido» lo preserva dal mondo e dalle sue stesse pulsioni. Quel microcosmo, condiviso con le sorelle, il cane Gulì, un merlo dall’ala rotta e una capretta, e consacrato con altarini e reliquie al ricordo ossessivo dei cari scomparsi, può sembrare una macabra “prigione” di campagna dove, più che la protezione, Pascoli cerchi la segregazione. Non c’è dubbio, d’altronde, che la sensibilità del poeta abbia molte caratteristiche nevrotiche e maniacali, e non a caso è diventata oggetto di studi e indagini psicanalitiche. L’ansia sotto la superficie Le sue esigenze affettive, soddisfatte dal rapporto con le sorelle-madri, il senso del proibito che avvolge e inibisce ogni espressione della sessualità, la tutela del «nido» da cui allontanare ogni minaccia di profanazione, il rifiuto delle “tentazioni” sociali e mondane sono ossessioni che lo legano a pochi salvifici valori: l’innocenza, il candore, l’amore per la semplicità e per le piccole cose che affiorano dai suoi versi apparentemente semplici. Sta a noi lettori cogliere dietro le sue immagini infantili di pace e serenità il drammatico groviglio di una personalità irrisolta. CRONACHE dal PASSATO Pascoli sovversivo La breve stagione di passione politica di Pascoli terminata con un processo per oltraggio e attività sediziose Il 17 novembre 1878 la famiglia reale è in visita a Napoli e la città è addobbata a festa per l’evento. Qualche politico, di fede repubblicana, ha contestato in consiglio comunale le spese sostenute per accogliere trionfalmente i Savoia e non mancano le polemiche degli agitatori internazionalisti (anarchici e socialisti), che nei giorni precedenti hanno organizzato manifestazioni, subito represse dalle autorità. Ma quando Umberto I, la moglie Margherita e il figlio - il futuro Vittorio Emanuele III - sfilano per le strade della città, nessuno ci pensa più: una calca di uomini e donne fa ressa presso la carrozza reale, molti per chiedere favori e porgere suppliche. Tra i presenti c’è anche un giovane lucano, di professione cuoco. Il suo nome è Giovanni Passannante e ha già alle spalle mesi di carcere per la sua attività di sovversivo, prima come repubblicano poi come anarchico. Passannante attende che la carrozza lentamente gli sfili davanti, quindi sale sul predellino, tira fuori un coltello avvolto in un fazzoletto rosso e colpisce il re gridando: «Viva la Repubblica Universale!». L’attentato fallisce: il re, protetto dal primo ministro Benedetto Cairoli, viene solo ferito a un braccio. Passannante viene subito arrestato e morirà nel 1910 nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino dopo una detenzione di inaudite sofferenze. Una poesia perduta Pascoli, che l’amicizia con Andrea Costa ha portato sulla strada della militanza politica, è coinvolto nelle manifestazioni che repubblicani e anarchici organizzano a Bologna. Tiene lui stesso qualche comizio: in uno, dal palco, recita un’ode a Passannante, che ha composto in onore dell’attentatore del re. Fa in tempo a declamare «Colla berretta d’un cuoco, faremo una bandiera»: poi, prima che arrivi la forza pubblica a disperdere la folla, strappa il foglio su cui ha scritto i versi. Di questo testo non rimane dunque traccia, ma solo l’intrigante mistero del suo contenuto. Il poeta in carcere L’autore non rinuncia però alla militanza: tra l’agosto e il settembre del 1879 si tiene un processo contro alcuni rivoluzionari di Imola. Pascoli è tra i più assidui a partecipare alle udienze. Il 7 settembre, davanti al carcere in San Giovanni in Monte, dove sono stati portati gli imputati, urla insieme ai compagni: «Viva la Comune, viva l’Internazionale, viva i malfattori, avanti vigliacchi sgherri», e viene arrestato per grida sediziose e oltraggio. Tre mesi dopo, al processo è assolto, ma abbandona la partecipazione alla politica attiva.