I grandi temi in sintesi La concezione della letteratura 1 Come abbiamo visto, dopo il silenzio che accompagna i primi due romanzi Svevo si ripromette di rinunciare alla scrittura. Il proposito viene enunciato molto spesso; eppure egli non riesce mai ad abbandonare del tutto quell’attività, sia pure relegandola tra le segrete occupazioni e considerandola come un vizio che distrae dalle incombenze pratiche. La “clandestinità” in cui Svevo relega la scrittura è un modo per non esporsi all’ostilità del proprio mondo familiare e sociale, secondo il quale la letteratura è un passatempo improduttivo adatto a persone inconcludenti senza voglia di lavorare. La necessità del “vizio” L’indifferenza che accoglie i suoi due romanzi induce Svevo a . riproporsi di smettere di scrivere D’altra parte, la vocazione alla scrittura costituisce per Svevo un’infrazione della propria identità sociale di uomo di successo ben inserito nell’ambiente borghese. Il profitto, l’attività commerciale, la morale perbenista: tutti i miti di questo mondo vengono minacciati dall’atto, gratuito e autoreferenziale, di scrivere. Quanto più si è integrati, tanto più la può assumere una , in quanto strumento capace di mettere a nudo l’uomo. La scrittura come trasgressione alla norma letteratura valenza dirompente e rivoluzionaria In una società basata su lavoro, profitto, denaro e interesse economico, la scrittura è considerata una distrazione se non addirittura un pericolo: è un nei confronti dei valori paterni. Per questo Svevo vi si dedica segretamente. atto di rottura Scrivere è dunque una trasgressione verso il mondo dei padri e l’educazione che ne deriva. Svevo, sia pure senza apparenti ribellioni, attua un implicito “rifiuto del padre” ( p. 606), quel padre che lo vorrebbe bravo commerciante: come accade a Luigi Pirandello, a Franz Kafka, a Thomas Mann, la scelta della scrittura è una sorta di rifiuto dell’autoritario sistema dei valori rappresentato dalla figura paterna. La rivolta contro i padri ▶ Al tempo stesso, se la letteratura va praticata con riserbo, ne consegue che essa potrà sottrarsi ai generi e alle poetiche prestabilite, liberandosi tanto dalle mode quanto dai vincoli istituzionali, poiché è un’ , non un mestiere da praticare. Con assoluta libertà Svevo può quindi affondare lo sguardo nel suo mondo, nei risvolti della quotidianità borghese e nei meandri di una mentalità mercantile che egli conosce benissimo perché è la sua. L’etica borghese vista dall’interno esigenza esistenziale Svevo concepisce la scrittura come , la propria esistenza, la propria quotidianità. La letteratura permette di analizzarsi e di rivelare di sé anche gli aspetti più nascosti e inconfessabili. necessità di raccontare sé stessi Accade così che vita e letteratura si incontrano, fondendosi sulla pagina. Ne scaturisce un’analisi tanto più spietata quanto più diventa autoanalisi che prende per oggetto le stravaganze, i tic, gli impulsi irrazionali dell’autore stesso. In questo senso, si può ben capire che tra l’uomo d’affari Ettore Schmitz, paranoico e nevrotico, e lo scrittore Italo Svevo, corrosivo e inesorabile, non c’è conflitto. Il rapporto letteratura-vita La scrittura è chiamata pertanto a svolgere un’ : l’esistenza può essere svelata solo se fissata sulla pagina scritta, tanto più se ad adempiere questo scopo vi è un intellettuale “inetto”, estraneo ai trucchi e alle finzioni dei letterati di mestiere e sensibile alle assurdità e alle incoerenze della vita. La penna come medicina azione chiarificatrice Come una forma di terapia, , fuori della quale «non c’è salvezza», diviene così uno . Attraverso essa, : il presente infatti non è conoscibile, perché manchiamo della distanza necessaria per scorgerne i dettagli, interpretarne le situazioni, intuirne la logica e le relazioni. la penna strumento di igiene interiore e di conoscenza di sé ciascuno potrà capire meglio sé stesso Scrivere consente di . Se chi scrive è un “inetto”, come accade nei romanzi sveviani, l’indagine interiore sarà ancora più efficace: un inetto infatti non ricorre agli accorgimenti e agli artifici degli scrittori di professione. Spesso la scelta di analizzarsi attraverso la scrittura manifesta la consapevolezza di una . conoscere e capire meglio sé stessi condizione di malattia e impotenza quindi : Alfonso Nitti scrive poesie, oltre alle lettere private e alla corrispondenza commerciale; Emilio Brentani è autore di romanzi, non solo di polizze d’assicurazione; Scrittura e malattia Non appare casuale che tutti i personaggi sveviani siano scrittori Zeno Cosini, il protagonista del romanzo La coscienza di Zeno , scrive la propria autobiografia su indicazione dello psicanalista, tra una nota contabile e l’altra. Si potrebbe pensare che quest’attività determini una condizione di superiorità, se non sociale, almeno culturale e intellettuale. Ma non è così, anzi, per Svevo è esattamente il contrario: sempre , di disorientamento, di impotenza. Chi scrive lo fa perché è malato, ma almeno ha il vantaggio di essere cosciente della propria situazione. la scrittura è posta in relazione con uno stato di inferiorità >> pagina 576 T1 «Fuori della penna non c’è salvezza» Saggi e pagine sparse In questo brano di diario, datato 2 ottobre 1899, Svevo riflette sulla funzione conoscitiva della scrittura. La come materia quotidiana per la vita scrittura Io credo, sinceramente credo, che non c’è miglior via per arrivare a scrivere sul serio che di scribacchiare giornalmente. Si deve tentar di portare a galla dall’imo del 1 2 proprio essere, ogni giorno un suono, un accento, un residuo fossile o vegetale di qualche cosa che sia o non sia il puro pensiero, che sia o non sia sentimento, ma bizzarria, rimpianto, un dolore, qualche cosa di sincero, anatomizzato, e tutto e 5 non di più. Altrimenti, facilmente si cade, – il giorno in cui si crede d’esser autorizzati 3 di prender la penna – in luoghi comuni o si travia quel luogo proprio che non 4 fu a sufficienza disaminato. Insomma fuori della penna non c’è salvezza. Chi crede di poter fare il romanzo facendone la mezza pagina al giorno e null’altro, s’inganna a partito. Ma d’altronde questa paginetta scritta sotto l’impressione di un dato 10 5 momento, del colore del cielo, del suono della voce di un proprio simile, non diverrà mai altro di quello ch’è; la pagina più sincera ma di un’impressione troppo immediata e violenta. Non bisogna pensare di rappezzare con 6 tali pagine qualche cosa di maggiore. Napoleone 15 usava notare quanto non voleva più dimenticare su un foglietto di carta che poi stracciava. Stracciate anche voi le vostre carte oh! formiche letterarie. Fate in modo che il vostro pensiero riposi sul segno grafico col quale una volta fissaste un 20 concetto, e vi lavori intorno alterandone a piacere parte o tutto, ma non permettete che questo primo immaturo guizzo di pensiero si fissi subito e incateni ogni suo futuro svolgimento. scrivere senza prestare attenzione alla cura formale. scribacchiare: 1 dal profondo. dall’imo: 2 «scrutato a fondo ( ) nella sua interezza e integrità, ma limitatamente a esso, non inserito in una costruzione più complessa» (Pazzaglia). anatomizzato… più: 3 anatomizzato si esce fuori da. si travia: 4 interamente, del tutto. a partito: 5 riassestare alla meglio. rappezzare: 6 Jean-Auguste-Dominique Ingres, , 1804. Liegi, Musée des Beaux-Arts. Ritratto di Napoleone Bonaparte, primo console >> pagina 577 Dentro il TESTO I contenuti tematici In questo breve brano di diario, Svevo condensa la sua poetica fondata sull’ . atto quotidiano dello scrivere Dobbiamo tenere presente che il suo consiglio di (r. 2, un verbo riduttivo, che sembra suggerire l’idea di un’attività priva di uno scopo e di un progetto definiti) nasce dalla sua stessa condizione: l’irresistibile vocazione alla scrittura è repressa dall’ambiente e dal suo stesso desiderio di mantenere un’immagine di uomo rispettabile, buon padre di famiglia, dedito a occupazioni ben più importanti che riempire la pagina bianca di frasi inutili. scribacchiare Una dichiarazione di poetica Per Svevo dunque l’esercizio della scrittura non può coincidere con il mestiere e tanto meno con la creazione fantasiosa di vicende romanzesche, composte e ordinate grazie a una meditata strategia artistica: la letteratura appare invece un’alternativa al non senso e alla menzogna dell’esistenza. perciò , “anatomizzandosi” a pezzetti, abbozzando, seppure in modo del tutto dilettantesco, brandelli di verità da sottrarre all’oblio: solo così è possibile salvare la verità dei fatti dalle deformazioni della memoria. Scrivere significa conoscersi Letteratura ed esperienza quotidiana Verso le COMPETENZE Comprendere Svevo indica due errori che non si devono commettere se si vuole arrivare a 1 scrivere sul s erio (r. 1). Rintraccia nel testo quali sono. Analizzare Il bran o assertivo e argomentativo. Individua le parole e le espressioni utilizzate per ottenere tale risultato. 2 o presenta un ton INTERPRETARE A chi si riferisce Svevo quando chiama in causa le 3 formiche letterar ie (rr. 18-19)? menti di ricordi, immagini, riflessioni ecc. può essere in conflitto con l’etica o le regole borghesi? 4 Alla luce del profilo biografico, in che cosa l’attività di portare a galla dall’imo (r. 2) fram Produrre 5 Scrivere per argomentare. In una società come la nostra in cui domina l’immagine e la distinzione tra sfera pubblica e privata è sempre più sfumata per la presenza massiccia dei social network, una scrittura privata quale quella di un diario può ancora avere una funzione? Esponi le tue riflessioni al riguardo in un testo argomentativo di circa 30 righe. 2 L’autobiografia di un uomo comune in sintesi Abbiamo già notato come una componente fondamentale dell’opera di Svevo sia il nesso esistente tra l’arte e la vita. La è infatti facilmente individuabile nei suoi romanzi: le circostanze di e il suo protagonista, impiegato presso la filiale triestina di una grande banca, rimandano direttamente alla biografia dell’autore; dietro la sagoma di alcuni personaggi di si possono cogliere uomini e donne conosciuti realmente da Svevo (la figura di Angiolina è ispirata alla prima fidanzata dello scrittore, mentre Balli è modellato in larga parte sull’amico pittore Umberto Veruda); le stesse caratteristiche psicologiche di Zeno Cosini, protagonista della , risultano per molti versi affini a quelle dell’autore stesso. La vita vera sulla pagina componente autobiografica Una vita Senilità Coscienza di Zeno La concezione sveviana della scrittura come analisi e indagine di sé fa sì che si crei nelle sue pagine un . Per questo sono evidenti i riferimenti autobiografici nei suoi romanzi. legame importante tra vita e letteratura >> pagina 578 Sarebbe tuttavia sbagliato ridurre la produzione di Svevo al semplice resoconto di una personale vicenda esistenziale. In una lettera scritta nel 1926 a Eugenio Montale, lo scrittore triestino riconosce che la sua opera è in sostanza un’autobiografia, ma aggiunge ambiguamente che non è la sua. Egli intende dire che per lui un pretesto, , ingrandire particolari a prima vista irrilevanti, registrare gli atti inconsci delle persone in relazione a loro stesse, agli eventi e al mondo che le circonda. Solo andando in fondo a sé stessi si è in grado di distinguere quelli che costituiscono i connotati essenziali e in questo modo di riconoscerli anche negli altri: si può qui individuare l’influenza dell’autore russo Fëdor Dostoevskij ( p. 277). Uno sguardo universale la vita privata rappresenta un punto di partenza per analizzare i comportamenti dell’uomo in generale ▶ La presenza di una componente autobiografica non deve far pensare che l’intera opera di Svevo sia un racconto della sua vita. Le vicende personali e private sono per lui lo , più in generale, . Ne analizza la psiche, gli impulsi, i moti interiori, smascherandone le menzogne e il disagio esistenziale. spunto per studiare l’uomo moderno Lo era un aspetto già ampiamente presente nel romanzo naturalista, ma il realismo di Svevo si concentra sui movimenti interni più che sul mondo esterno ed è interessato a cogliere le incoerenze dei comportamenti, i meccanismi involontari che guidano l’agire individuale, il fallimentare venir meno di ogni coerenza logica. Un realismo dell’interiorità studio dell’io Tale volontà di conoscere si accompagna al rifiuto di ogni ipotesi precostituita. infatti l’ottimismo e e non crede nella scienza come base oggettiva per comprendere il reale, molto più frammentario e ingannevole. L’assenza di alternative consolatorie Svevo respinge la fiducia nel progresso di stampo positivistico Per questa ragione, se la sua opera costituisce uno dei punti più alti di quella condizione antropologica e culturale primonovecentesca che chiamiamo , va aggiunto che essa non indica alcuna soluzione. “coscienza della crisi” L’ dell’autore gli impedisce di coltivare utopie: il socialismo, a cui pure in gioventù aveva guardato con simpatia, lo spaventa; il nazionalismo è del tutto estraneo al suo temperamento; il fascismo disturba con il suo sfoggio di saluti romani e retoriche parole d’ordine la sua indole di moderato liberale, ma non incrina la sua silenziosa accettazione. indifferenza ideologica Svevo è piuttosto uno che fa fatica a nascondere la propria misantropia e la cronica difficoltà a entrare in comunicazione con il prossimo. Il compito che si assegna è esclusivamente quello di rappresentare il disfacimento di un sistema a cui appartiene e di cui accetta assurdità e mancanze, riconoscendo però a sé stesso la capacità di guardarlo con la consapevolezza che il male di vivere è una condizione che tocca l’intera umanità. Non a caso l’esistenza è per l’autore . scettico «una malattia che, a differenza delle altre, non sopporta cure: è sempre mortale» Secondo Svevo, la realtà non è conoscibile a pieno né in maniera oggettiva, come pretendeva di fare la scienza positivista. Svevo prende le distanze da ogni ideologia. È uno scettico e, in quanto tale, che colpisce l’individuo nel primo Novecento . Il suo ruolo può essere soltanto quello di osservare e riprodurre il disagio e lo smarrimento dell’umanità. Egli è consapevole che è ormai necessario convivere con un malessere diffuso. analizza freddamente la crisi senza proporre soluzioni possibili Svevo dunque archivia il conflitto tra l’individuo e la società; al suo posto presenta il , da cui nascono a cascata tutti gli altri contrasti: tra forma e sostanza, tra ipocrisia e verità, tra onestà e malafede. Una società di uguali dualismo tra vita e coscienza Ciò spiega perché il suo universo di uomini e ambienti sia, in fondo, piuttosto uniforme: popolani e borghesi soffrono della stessa crisi, senza alcuna differenza di classe. E su questi individui, così come sulle vicende di cui sono protagonisti, l’autore non pronuncia alcun giudizio: a lui interessa esprimere l’ , facendone affiorare le ipocrisie e le menzogne. ambiguità dei personaggi Svevo non mette in scena il contrasto tra l’individuo e il contesto sociale in cui vive; predilige l’opposizione tra vita e coscienza. Tutti gli uomini ne sono toccati, senza distinzione sociale ed economica. Egli focalizza la sua attenzione sull’ e sulle gli a cui si ricorre per farvi fronte. Nei suoi personaggi non ci sono né eroismo né virtù. assurdità della vita giustificazioni e autoinganni In Svevo non vi sono eroi: per denunciare l’assurdità della vita, l’autore sceglie di , privo di qualità, caratterialmente incoerente e inetto: dal mediocre impiegato di banca Alfonso Nitti a Emilio Brentani, scrittore fallito che conduce una vita apatica, privo di qualsiasi energia vitale. Romanzi senza eroi rappresentare l’uomo comune