Le opere in sintesi L’inesauribile creatività pirandelliana attraversa , ma appare forte un’ispirazione diretta verso la rappresentazione teatrale. Anche quando la sua destinazione è un’altra, la pagina scritta si anima, il personaggio sembra farsi persona, uscendo dalla carta in cui si sente imprigionato per cercare una vita vera. E così i personaggi e le loro vicende circolano liberamente tra le novelle, i romanzi, le commedie e persino i saggi critici, tornando insistenti come variazioni di uno stesso tema. L’arte, come la vita, non sopporta limiti di genere né forme precostituite. tutti i generi letterari Le poesie La è l’unica a non aver sèguito nella piena maturità dello scrittore. Pirandello, in ogni caso, compone versi per circa trent’anni, tenendosi sempre lontano dalle correnti poetiche del tempo. Nel rispetto della tradizione, decide infatti di conservare moduli espressivi e forme metriche regolari, in cui si sente, in particolare all’inizio, la presenza di Carducci e della Scapigliatura, e poi anche quella di Dante e Leopardi, Goethe e Heine. passione giovanile per la poesia Le principali raccolte poetiche sono: (1889), (1895), (1901), (1912). Mal giocondo Elegie renane Zampogna Fuori di chiave Le novelle Ben altro peso ha l’ , la più costante nell’attività letteraria di Pirandello. Meglio del romanzo, la condensazione narrativa della novella permette di sperimentare la caratterizzazione dei personaggi, la tenuta delle situazioni tragicomiche, il manifestarsi di casi della vita ai limiti dell’assurdo. enorme produzione novellistica Novelle per un anno ▶ T2 Testi plus: Ciàula scopre la luna Testi plus: La patente Testi plus: Canta l’Epistola Scritte a partire dalla metà degli anni Ottanta dell’Ottocento, le vengono poi raccolte da Pirandello in : il primo, , è del 1894; seguono (1902), (1902), (1919). La sistemazione di un materiale così abbondante subisce continui rimaneggiamenti fino al progetto di , pubblicate in 15 volumi fra il 1922 e il 1937. Genesi, struttura e influenze novelle volumi autonomi Amori senza amore Beffe della morte e della vita Quand’ero matto... Berecche e la guerra Novelle per un anno In questo lavoro lo scrittore assembla un , privo di una cornice che, come accadeva nella novellistica classica, doni coerenza alla varietà del contenuto. Nemmeno l’idea iniziale di proporre una novella per ogni giorno dell’anno si realizza (anche considerando quelle postume, si arriva solo a 241 racconti). La della raccolta non è del resto casuale, ma riflette una visione pirandelliana del mondo come insieme caotico e disgregato. corpo volutamente frammentario e disorganico mancanza di struttura In molte novelle appare chiara l’ , reinterpretato però in forma del tutto personale. Descrivendo la società contadina siciliana o l’ambiente della borghesia impiegatizia romana, infatti, Pirandello non si ferma al dato documentario. Il suo è un : in realtà l’obiettivo non è denunciare una determinata realtà sociale, ma osservare la “propria” Sicilia attraverso una che ne svela però la natura più autentica e profonda. influenza del Verismo naturalismo soltanto apparente lente personale e caricaturale La produzione novellistica di Pirandello è riunita, sotto il titolo di , in 15 volumi, a partire dal 1922. La struttura non unitaria della raccolta riflette la visione pirandelliana del . L’influenza del Verismo è ancora evidente nelle ambientazioni ma i personaggi sono maschere stravolte e grottesche. Novelle per un anno mondo come insieme caotico e disgregato Nelle novelle, inoltre, la caratterizzazione dei personaggi prevale sulla descrizione del contesto. Da una società spesso appena tratteggiata emergono , volutamente stravolti nelle fattezze del volto e contraddistinti da una gestualità caricaturale. Si delinea così una , una sfilata di tipi umani varia quanto le infinite forme in cui si presenta la vita. Un repertorio di figure grottesche personaggi eccessivi galleria di maschere >> pagina 637 I romanzi Pirandello scrive complessivamente 7 romanzi, che presentiamo seguendo l’ordine cronologico della loro stesura. L’esclusa Il primo romanzo, scritto nel con il titolo , viene pubblicato a puntate nel sul quotidiano romano “La Tribuna” e poi rivisto e stampato in volume nel 1927. L’ ( p. 126) è particolarmente evidente nella , che fa da sfondo alla figura della giovane protagonista, Marta, una donna intelligente e sensibile accusata ingiustamente di tradimento. Il meccanismo deterministico del racconto naturalista, tuttavia, è qui già messo in dubbio: la causa motrice della narrazione, infatti, è qualcosa di irreale – una colpa inesistente – che ha però conseguenze reali. Al principio di causa-effetto si sostituiscono cioè la e l’ , l’amara constatazione che le azioni umane hanno esiti imprevedibili e che la menzogna vale più della verità. Fino alla conclusione spiazzante: Marta è perdonata proprio quando diviene davvero un’adultera. 1893 Marta Ajala 1901 influenza di Luigi Capuana ▶ denuncia di un ambiente sociale avvelenato da convenzioni arcaiche e provinciali fatalità assurdità del caso Pirandello pubblica il primo romanzo, , nel 1927. Il romanzo risente dell’influenza naturalista di Capuana, ma le vicende sono determinate dalla e dall’assurdità del caso. Nel secondo romanzo, , Pirandello del tutto e si concentra sul concetto del caso che governa le vicende umane. Marta Ajala casualtà Il turno supera il Naturalismo Il turno Il secondo breve romanzo, scritto nel , viene pubblicato nel . Pirandello , concentrandosi ancor più sull’idea che sia il a dominare le vicende umane. Vi si narra la storia di un giovane pretendente che aspetta il suo “turno” per sposare la donna amata. Smantellando uno dei capisaldi del Naturalismo – l’impersonalità – Pirandello , come ad avvertire il lettore che qualcuno sta inventando ciò che viene raccontato, e che questa è la “sua” visione delle cose, la “sua” verità. L’oggettività dei fatti è così negata in favore di una . 1895 1902 abbandona del tutto l’ambientazione naturalista caso rende visibile la presenza del narratore visione del reale irriducibilmente soggettiva Il fu Mattia Pascal ▶ T6-T8 Il terzo romanzo, il capolavoro di Pirandello, pubblicato nel 1904, verrà analizzato nella seconda parte dell’Unità ( p. 678). ▶ I vecchi e i giovani Pubblicato in parte nel e poi in modo completo nel , rappresenta per certi versi un passo indietro nel percorso pirandelliano di rinnovamento del genere romanzesco. L’autore sceglie infatti la , quella cioè in cui il narratore non è un personaggio della storia (usata anche nel romanzo successivo ), per tracciare un delineato entro precise coordinate spazio-temporali. Nella Sicilia post-risorgimentale, sullo sfondo della rivolta popolare dei Fasci siciliani (1891-1894) e dello scandalo politico-finanziario della Banca Romana (uno dei più importanti istituti di credito del tempo, cardine dei fenomeni di corruzione che accompagnano il disordinato sviluppo edilizio della capitale fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento), si svolgono le vicende della famiglia Laurentano e di una fitta serie di personaggi secondari. Uno sguardo amaro su un paese corrotto 1909 1913 I vecchi e i giovani narrazione eterodiegetica Suo marito quadro storico Il , suggerito dal titolo, viene filtrato da ricordi personali, che compongono una sorta di da cui emerge una lucida analisi della crisi di fine secolo. L’impianto narrativo lascia parlare la Storia come se fosse essa stessa un personaggio carico di esperienze variamente distribuite tra la folla delle comparse. Si tratta dell’ . conflitto generazionale tra i vecchi protagonisti del Risorgimento e i giovani corrotti della nuova realtà unitaria autobiografia pubblica unico esempio di romanzo storico pirandelliano Dopo , il suo terzo romanzo e suo capolavoro, pubblicato nel 1904, Pirandello dà alle stampe , un ambientato nella Sicilia post-risorgimentale, sul conflitto generazionale fra i vecchi protagonisti del Risorgimento e i giovani corrotti nella crisi di fine secolo. Il fu Mattia Pascal I vecchi e i giovani romanzo storico >> pagina 638 Suo marito Pubblicato nel e poi ripreso per una riedizione rimasta incompiuta, il romanzo è ambientato a Roma e racconta la , Silvia Roncella (dietro la quale molti hanno voluto riconoscere la figura di Grazia Deledda), , relegando il devoto e mediocre marito alla gestione materiale dei propri impegni e successi editoriali. Sullo sfondo emerge la vita letteraria romana, delineata con intenzioni caricaturali come regno della maldicenza e della vacuità. 1911 storia di una scrittrice che ribalta i tradizionali equilibri della famiglia borghese Quaderni di Serafino Gubbio operatore ▶ T4 Edito nel con il titolo , il romanzo verrà poi rivisto e ripubblicato nel con il titolo . L’operatore cinematografico Serafino Gubbio racconta in prima persona, in un , la straniante esperienza vissuta dietro la macchina da presa. Ne risulta una testimonianza, problematica e disincantata, di un’aperta , della quale Serafino-Pirandello dà un’interpretazione lucida e inquietante. 1915 Si gira… 1925 Quaderni di Serafino Gubbio operatore diario costituito da sette quaderni diffidenza verso i congegni omologanti della modernità La vicenda narra dell’arrivo di Serafino a Roma e del suo lavoro all’interno di una cinematografica che sta girando un film, di cui fa parte anche l’attore Aldo Nuti, che ha lasciato la fidanzata per seguire l’attrice russa Varia Nestoroff, “donna fatale” di cui si è innamorato. In quest’opera, che è stata definita dal critico Giacomo Debenedetti un «romanzo da fare» poiché gli eventi non sono ricostruiti, come accade di norma, a posteriori, il meccanismo narrativo pare seguire la fredda concatenazione degli ingranaggi di una macchina, sviluppando una serie di riprese fra loro separate e dunque prive di logica consequenziale. L’ultima di queste sequenze (il settimo dei quaderni di Serafino) contiene il tragico epilogo della vicenda: invece che uccidere la tigre portata sul set per girare la scena, Nuti spara alla Nestoroff, prima di essere a sua volta ucciso dall’animale. Serafino, incaricato delle riprese, non smette di filmare: , continua a registrare fedelmente la tragica scena fuori copione ma, per lo shock subito, rimane muto. Contro l’alienazione e la mercificazione della civiltà moderna, simboleggiata appunto dalla condizione esistenziale del protagonista, l’unica risposta possibile proposta dallo scrittore sembra essere il silenzio. La critica alla civiltà delle macchine troupe condannato a girare la manovella della cinepresa come un automa alienato Il sesto romanzo di Pirandello, , pubblicato nel 1915 e poi nel 1925, è una critica al mondo moderno e una affidata alla voce dal protagonista, un operatore cinematografico, che racconta in prima persona in sette quaderni di diario la sua vita da automa dietro una macchina da presa. Quaderni di Serafino Gubbio operatore denuncia dell’alienazione Uno, nessuno e centomila ▶ T3 Dopo una pausa decennale in cui Pirandello si dedica prevalentemente al teatro, nel esce il suo ( , dice l’autore), che conclude e insieme inaugura una forma narrativa ormai totalmente “frantumata”. 1926 romanzo “testamentario” «c’è la sintesi completa di tutto ciò che ho fatto e che farò» Analisi del testo interattiva: Com'io volevo esser solo La vicenda prende avvio da un di cui è protagonista Vitangelo Moscarda: una mattina, mentre si guarda allo specchio, scopre, per un’osservazione della moglie, che il suo naso non è dritto, come egli aveva sempre creduto che fosse, ma pende leggermente a destra. Il fatto, di per sé privo di importanza, dà luogo a una vera e propria crisi d’identità del personaggio, che si rende conto di non essere “uno”, ma “centomila” – e quindi in definitiva “nessuno” – a seconda della prospettiva da cui lo osservano gli altri. La banale scoperta di essere “nessuno” episodio di estrema banalità Da una semplice constatazione, in altre parole, scaturisce una che porta Vitangelo a compiere gesti folli, volti a cancellare ricordi, esperienze e persino il nome che lo identifica. Dopo aver liquidato i suoi beni ed essere stato abbandonato dalla moglie, egli finisce con il vivere in un ospizio, senza più un nome e un’identità definita. Considerato pazzo dagli altri, si sente in realtà finalmente felice: abbandonata la civiltà, con le sue forme e le sue convenzioni, si trova per la prima volta e nella natura. crisi esistenziale immerso nel fluire continuo della vita Il settimo e ultimo romanzo di Pirandello esce dieci anni dopo il precedente, nel 1926, ed è considerato il suo “testamento”: è la storia di , personaggio in preda a una devastante . Uno, nessuno e centomila Vitangelo Moscarda crisi esistenziale >> pagina 639 Il teatro Pirandello scrive per il teatro fin dagli anni giovanili, ma le sue prime opere sono rappresentate soltanto nel 1910, anno in cui vanno in scena al Teatro Minimo di Nino Martoglio, a Roma, i due atti unici e . Da questo momento in poi la sua attività drammaturgica diviene intensissima, attraversando . La morsa Lumìe di Sicilia diverse fasi stilistiche Gli esordi: oltre il dramma borghese La verosimiglianza naturalistica delle situazioni sentimentali e tragiche rappresentate dal teatro allora in voga è fin dall’inizio messa in discussione da Pirandello. Dopo una prima esperienza regionale in dialetto siciliano, lo scrittore torna alla lingua italiana e mostra di voler , portandoli allo scoperto e, così facendo, denunciandone la vacuità. Oltre ai due atti unici già citati, appartengono a questo periodo lavori come e (1916), (1917), ma anche (1916) e (1918), trasposizioni di sue celebri novelle. La fine delle certezze spingere fino al paradosso e all’assurdo i temi consolidati del teatro borghese dell’epoca Pensaci, Giacomino! Liolà Così è (se vi pare) La giara La patente Dopo una prima esperienza di teatro in dialetto siciliano, Pirandello traspone , nelle quali i temi del teatro borghese dell’epoca sono intaccati e stravolti. quattro novelle in altrettante commedie Commedia in tre atti scritta nel , tratta dalla novella , mette in scena la vicenda di una che si trasferisce in un piccolo paese di provincia, scatenando un coro di chiacchiere e pettegolezzi. Il signor Ponza vive in un appartamento con la seconda moglie, mentre la madre della prima, la signora Frola, è relegata al piano sottostante e costretta a comunicare con la moglie del signor Ponza, che è convinta sia sua figlia, per mezzo di bigliettini calati in un paniere dalla finestra. O meglio, questa è la verità del signor Ponza, il quale, incalzato dalla curiosità dei vicini, afferma che la suocera è diventata pazza dopo la morte della figlia, e che pertanto egli cerca di farle credere che sia ancora viva, assecondandone l’illusione con la complicità della seconda moglie. Così è (se vi pare) 1916 , Così è (se vi pare) La signora Frola e il signor Ponza, suo genero strana famiglia composta da tre persone Ma . Molto diversa, infatti, è la versione della signora Frola, che senza dubbi sostiene che la moglie del signor Ponza è sua figlia e accusa il genero di essere un marito a tal punto geloso e possessivo da volere la donna tutta per sé, tenendola isolata dal resto del mondo. L’unica a poter far luce sulla questione è la signora Ponza, che verso la fine della rappresentazione fa la sua apparizione coperta da un velo, simbolo : invece di una rivelazione definitiva, infatti, la donna dice semplicemente «Per me, io sono colei che mi si crede», lasciando lo spettatore nella completa incertezza sulla reale identità dei personaggi. ognuno ha la sua verità da raccontare dell’impossibilità di raggiungere la verità è una commedia in tre atti scritta nel 1916 e tratta dalla novella Alla suocera il signor Ponza fa credere che la sua seconda moglie sia la figlia di lei, che era la sua prima moglie, e la suocera, la signora Frola, resta convinta che sia sua figlia. L’ non viene sciolta neppure dalla presa di parola finale della signora Ponza, che dice: «Per me, io sono colei che mi si crede». Così è (se vi pare) La signora Frola e il signor Ponza, suo genero. ambiguità Henri de Toulouse-Lautrec, o, 1894. Albi, Museo Toulouse-Lautrec. L’attrice Yvette Guilbert saluta il pubblic >> pagina 640 Il teatro del grottesco (1917-1925) Gli elementi caricaturali già presenti nei primi drammi diventano a poco a poco un tratto stilistico inconfondibile del teatro pirandelliano: è l’approdo al che, con (1917) e (1918), in modo drastico e provocatorio, adottando soluzioni formali che infrangono le regole del naturalismo, della verosimiglianza della storia e della finzione teatrale. Sulla scena affiora un mondo stravolto e deformato, in cui i personaggi sono privi di una psicologia coerente: scissi e contraddittori, ingabbiati anch’essi in forme assurde, come le vicende in cui si trovano ad agire. Anche il linguaggio sembra non razionale, diventa frammentato, specchio di una condizione esistenziale come sospesa nel vuoto. Oltre gli stereotipi borghesi teatro del grottesco Il piacere dell’onestà Il giuoco delle parti ribalta i principi del teatro borghese Antonio Gramsci ha definito queste opere «bombe a mano che scoppiano nei cervelli degli spettatori», sconvolgendo pensieri e sentimenti stereotipati. Fanno parte di questa fase anche drammi come (1918), (1919), (1920), (1920). Ma non è una cosa seria L’uomo, la bestia e la virtù Tutto per bene Come prima meglio di prima Il superamento definitivo del teatro borghese avviene con e , commedie del 1917 e del 1918, che inaugurano la fase cosiddetta del , sulla cui scena è rappresentato un mondo deformato, popolato di . Il piacere dell’onestà Il giuoco delle parti teatro del grottesco personaggi divisi e pieni di contraddizioni Nella commedia del , tratta dalla novella , troviamo un marito, una moglie e l’amante: il e del tradimento è però , fino a renderne evidente l’assurdità. Leone Gala, dall’alto del suo atteggiamento intellettuale e cinico da filosofo, osserva distaccato il comportamento frivolo della moglie Silia e del suo amante Guido Venanzi, personaggio insignificante che vive all’ombra degli altri due. Il giuoco delle parti Il giuoco delle parti 1918 Quando si è capito il giuoco tradizionale motivo del triangolo amoroso deformato e contorto Recitando in modo consapevole la parte del marito tradito, Leone concede alla moglie di divertirsi con Guido, senza mostrare alcuna gelosia, e anzi favorendone la relazione. La moglie, stanca della razionalità indifferente del marito, chiede all’amante di ucciderlo, ma questi si rifiuta. Quando si presenta l’occasione di difendere l’onore di Silia in un duello, Leone accetta di farlo, in qualità di marito , ma tocca all’amante combattere realmente contro il celebre spadaccino Miglioriti, visto che di fatto è lui l’uomo di Silia. Ognuno è costretto a recitare la propria parte fino in fondo. Guido Venanzi rimane ucciso nel duello, Leone, gustato l’amaro sapore di una vendetta cinica, si chiude in un cupo silenzio: la razionalità che svaluta i sentimenti non salva la vita né cancella la sofferenza umana. pro forma Il viene sfruttato da Pirandello per e sancire l’impossibilità di arginare l’ondata delle passioni, che prevalgono sulla ragione, costringendo i personaggi ad annientarsi l’un l’altro e ad accettare un comune destino di infelicità. tema del delitto d’onore smontare il meccanismo del teatro borghese La commedia , del 1918, è tratta da una novella e mette in scena il tradizionale triangolo amoroso: un marito, una moglie e un amante. Il motivo del e quello del sono ironicamente del loro tradizionale significato. Il giuoco delle parti tradimento delitto d’onore deformati e svuotati Il teatro nel teatro ▶ T5 Una vera e propria rivoluzione è segnata dalla prima storica rappresentazione di , nel 1921, opera che, insieme a (1924) e (1930), compone la cosiddetta . A questa fase può essere accostato anche l’ (1922), dramma in cui la confusione tra vita e teatro si allarga fino a divenire caotica sovrapposizione tra normalità e follia. Metateatro Sei personaggi in cerca d’autore metateatrale Ciascuno a suo modo Questa sera si recita a soggetto trilogia del «teatro nel teatro» Enrico IV , del 1921, inaugura la del teatro di Pirandello, quella del . Fa parte della trilogia cosiddetta del «teatro nel teatro». Sei personaggi in cerca d’autore fase rivoluzionaria metateatro La trama è stratificata: mentre una compagnia teatrale sta provando una commedia (dello stesso Pirandello) entrano in scena sei personaggi. La celebre commedia del non è divisa in atti e scene, ma presenta due interruzioni apparentemente casuali (in realtà perfettamente inserite nell’artificio del teatro nel teatro). Mentre una compagnia sta provando una commedia di Pirandello ( ) entrano in scena sei personaggi misteriosi: il Padre, la Madre, il Figlio, la Figliastra, un Giovinetto e una Bambina. Sei personaggi in cerca d’autore 1921 Sei personaggi in cerca d’autore Il giuoco delle parti >> pagina 641 Abbandonati da un autore allo stadio iniziale, essi aspirano alla compiutezza formale dell’arte e a ottenere corpo e voce: sono , e di attori che li impersonino. La loro è una storia a tinte forti, tipica del teatro ottocentesco: la Madre, dopo aver partorito il Figlio, viene spinta dal Padre a formarsi una nuova famiglia con il suo segretario; nascono altri tre figli, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina. Dopo molti anni il Padre si trova in una casa di appuntamenti; proprio mentre sta per avere, inconsapevolmente, una relazione incestuosa con la Figliastra, viene fermato dalla Madre, sconvolta dal duplice orrore di trovare la figlia in quel luogo e in compagnia dell’ex marito. La recita nella recita in cerca di qualcuno che scriva il loro dramma, ancora solo abbozzato A questo punto la rappresentazione si interrompe per poi riprendere in un giardino, in cui la Madre scopre il corpo della Bambina affogata in una vasca e scorge il Giovinetto che, dopo aver assistito alla scena, si spara. Pur riluttante, il Capocomico della compagnia che sta provando lo spettacolo interrotto accetta di trarre una da questa vicenda, ma equivoci e difficoltà d’ogni tipo ne ostacolano la messa in scena: il vero dramma dei personaggi diviene perciò quello di “realisticamente” dagli attori, che provano a recitare la storia ma sono continuamente interrotti dai personaggi “veri”, insoddisfatti della . Alla fine, tutto rimane allo stadio potenziale di un dramma irrisolto: calato il sipario, ci si accorge dell’impossibilità di fare teatro. pièce non riuscire a vedersi rappresentati performance I sei personaggi chiedono al capocomico di far rappresentare il loro dramma dagli attori della sua compagnia. Nella confusione tra recite, attori, personaggi, equivoci e ostacoli, nessuna storia viene portata a compimento e si dimostra l’ . impossibilità di fare teatro Dramma in tre atti del , è considerato, insieme ai , il . Durante una festa in maschera, un giovane gentiluomo, che indossa i panni di Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero, viene disarcionato dal suo rivale in amore Tito Belcredi. Cadendo da cavallo batte la testa e sprofonda in una che lo terrà imprigionato per dodici anni: egli crede di essere davvero il personaggio storico che stava impersonando, e vive assecondato dai suoi servitori in un mondo irreale, fuori dal tempo. Quando all’improvviso rinsavisce, si rende conto di aver perso per sempre la giovinezza e di essere stato defraudato dell’amore della marchesa Matilde Spina, che ora è compagna di Belcredi. Il protagonista decide allora di continuare a recitare la parte a cui tutti ormai da anni lo credono inchiodato, immedesimandosi in una maschera che sostituisce la sua vera identità. Enrico IV 1922 Enrico IV Sei personaggi vertice della drammaturgia di Pirandello follia Passano così altri otto anni, quando un giorno Matilde, Belcredi e la figlia Frida, in compagnia di uno psichiatra, tentano di ricostruire la scena della famosa cavalcata nella speranza di dissipare le nebbie della follia del presunto Enrico IV (il cui vero nome non è mai dichiarato). Egli, però, volendo tornare a riappropriarsi di una vita dalla quale aveva scelto di escludersi, rivela la finzione e, spinto da una passione mai sopita per Matilde, abbraccia con slancio Frida, identica alla madre da giovane. Belcredi si avventa su di lui, disgustato dal gesto del suo vecchio rivale, ma Enrico IV estrae la spada e lo ferisce a morte. A questo punto non gli rimane che continuare la recita, tornando a fingersi pazzo, non fosse altro che per sfuggire a un processo e a una condanna per omicidio. La pazzia, però, non è più un gioco, né un’inconsapevole condizione di alienazione mentale, ma una dolorosa necessità. è il , la quale si manifesta nel protagonista senza nome (che crede di essere l’imperatore del Sacro Romano Impero Enrico IV) come effettiva alienazione mentale ma anche come gioco e infine come dolorosa, necessaria finzione. Enrico IV dramma della follia Dalla caduta nel “pirandellismo” al teatro dei «miti» Sull’onda del successo mondiale che accompagna le rappresentazioni delle sue commedie, Pirandello successivamente si avvia verso una , che ripete gli schemi drammaturgici del periodo precedente. (1923), (1926), (1927), (1933) sono drammi in cui l’autore ripete temi, forme e tecniche. produzione meno originale La vita che ti diedi L’amica delle mogli Diana e la Tuda Quando si è qualcuno >> pagina 642 Un sostanziale cambiamento di direzione è rappresentato, invece, dagli , in cui Pirandello abbandona la riflessione metateatrale e prospetta una fuga totale nel mondo della fantasia e della poesia, approdando a grandi tematiche esistenziali e al « », termine che egli stesso usa per definire questi lavori. (1928), (1929), (1930, incompiuto, rappresentato postumo nel 1937), insieme alla (1930), musicata dal compositore Gian Francesco Malipiero, portano l’arte di Pirandello . Luoghi immaginari, eventi soprannaturali e simboli irrazionali campeggiano in queste opere, in cui viene meno ogni residuo elemento realistico e l’atmosfera si fa onirica e fantastica. Che si tratti della rappresentazione di un’utopia, cioè di un “mito sociale”, come è nella , di una nuova fede, cioè di un “mito religioso”, come in , o di una riflessione sull’arte nella società moderna, minacciata dai “giganti” del potere nei , il suo realismo allucinato si trasforma in e in suggestioni mistiche e trascendenti, evocate da un . Oltre il teatro ultimi progetti teatrali mito La nuova colonia Lazzaro I giganti della montagna Favola del figlio cambiato alle soglie del Surrealismo Nuova colonia Lazzaro Giganti della montagna allegoria linguaggio lirico ed enigmatico Nelle ultime opere teatrali Pirandello va oltre la riflessione metateatrale per approdare a quello che lui stesso chiama il «mito», ossia un mondo onirico e fantastico, in cui trovano spazio, seppure in modo enigmatico e surreale, . problematiche esistenziali I saggi La produzione saggistica di Pirandello, gli articoli e gli interventi teorici sulle riviste specializzate non presentano, nel complesso, le caratteristiche di rigore e di ampiezza documentaria con cui solitamente vengono redatti studi di questo tipo. Inaugurata da uno scritto apparso nella rivista “Vita nuova” nel 1890, , la riflessione estetica di Pirandello si esprime soprattutto nel fondamentale saggio . La menzogna del sentimento nell’arte L’umorismo L’umorismo ▶ T1 Pubblicato nel e, in una seconda edizione rivista e integrata, nel 1920, non solo costituisce la chiave d’accesso all’opera dell’autore, ma può anche essere considerato il , in netta antitesi con quella del Verismo. Una dichiarazione di poetica 1908 L’umorismo manifesto teorico di una nuova poetica L’opera è divisa in ; nella prima l’autore analizza il termine “umorismo” e tratteggia una sorta di , cercando di dimostrare che questa particolare attitudine del pensiero e della sensibilità estetica è rintracciabile in ogni epoca; la seconda parte, più strettamente teorica, contiene invece una compiuta : qui si trova la formulazione più dettagliata del concetto pirandelliano, corredata di esempi divenuti celebri, passaggi determinanti per la comprensione della poetica dell’autore. due parti storia della letteratura umoristica definizione dell’arte umoristica è il più importante testo teorico di Pirandello. Pubblicato nel 1908 e poi, rivisto e ampliato, nel 1920, il saggio contiene le dichiarazioni di . Pirandello definisce l’ , da lui stesso praticata. Precede una rassegna della letteratura umoristica attraverso i secoli. L’umorismo poetica dell’autore arte umoristica Juan Gris, , 1919. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou. Pierrot >> pagina 643 La vita Le opere Nasce a Girgenti • 1867 La famiglia si trasferisce a Palermo • 1879 Si iscrive alle facoltà di Lettere e di Legge • 1886 Si trasferisce a Roma all’Università “La Sapienza” • 1887 Si trasferisce a Bonn • 1889 Mal giocondo Si stabilisce a Roma • 1893 Si sposa con Antonietta Portulano • 1894 (poi ) Amori senza amore Novelle per un anno 1895 Elegie renane Inizia a insegnare Stilistica e Letteratura italiana all’Istituto Superiore di Magistero di Roma • 1897 1901 Zampogna; L’esclusa 1902 (poi ) (poi ); Beffe della morte e della vita Novelle per un anno Quand’ero matto Novelle per un anno Il turno Disastro economico e primi segni della malattia della moglie • 1903 1904 Il fu Mattia Pascal 1908 L’umorismo 1909 ; I vecchi e i giovani La giara Inizia a collaborare con la compagnia di Nino Martoglio • 1910 ; ; Pensaci, Giacomino! Lumìe di Sicilia La morsa 1911 Suo marito 1912 Fuori di chiave 1916 Liolà 1917 ; Così è (se vi pare) Il piacere dell’onestà 1918 ; ; La patente Il giuoco delle parti Ma non è una cosa seria 1919 L’uomo, la bestia e la virtù 1920 ; Tutto per bene Come prima, meglio di prima 1921 Sei personaggi in cerca d’autore 1922 ; Novelle per un anno Enrico IV Aderisce ufficialmente al fascismo • 1924 Ciascuno a suo modo Fonda la Compagnia del Teatro d’Arte di Roma • 1925 Quaderni di Serafino Gubbio operatore 1926 Uno, nessuno e centomila 1927 Diana e la Tuda 1928 La nuova colonia 1929 Lazzaro 1930 ; Questa sera si recita a soggetto ; (1937 postumo) La favola del figlio cambiato I giganti della montagna Riceve il premio Nobel per la letteratura • 1934 Muore a Roma • 1936