Introduzione
Lingua e stile della Commedia
La varietà degli aspetti e dei temi contenuti nella Commedia, le differenti situazioni
narrative e le poetiche che caratterizzano le tre cantiche, portano Dante a rompere e
reinterpretare gli schemi letterari e retorici della tradizione che prevedevano una rigida
categorizzazione stilistica. La Commedia, dunque, smentisce e supera le teorie esposte
nel De vulgari eloquentia, divergendo nettamente dall’idea di volgare illustre lì esposta.
Un poema così multiforme e poliedrico proibisce l’uso di uno stile univoco: per questo, utilizzando la definizione che ne ha dato il filologo Gianfranco Contini, si parla di
plurilinguismo dantesco. La definizione riguarda vari aspetti:
• la varietà di stili e generi letterari: nella Commedia convivono la lingua della filosofia
scolastica, le invettive apocalittiche, la narrativa volgare, la lirica tragica ecc.;
• la stratificazione lessicale: il poema non solo si fa ricettacolo di tutta la tradizione
letteraria precedente – da quella stilnovista a quella siciliana, da quella provenzale
a quella comico-realistica – ma accoglie una incredibile varietà di neologismi, che
dimostrano l’incessante sperimentazione e ricerca da parte del poeta. Vi si ritrovano quindi parole di uso popolare e addirittura oscene, latinismi, gallicismi, vocaboli
scientifici estrapolati da vari campi del sapere, grecismi, arabismi, dialettismi, oltre a
parole inventate dal poeta stesso, spinto dalla necessità di rappresentare linguisticamente una particolare immagine.
Anche se dall’Inferno al Paradiso è evidente un progressivo innalzamento del tono poetico non si può mai parlare di unicità di stile. Le riflessioni della retorica medievale
(teoria della convenientia) volevano una perfetta corrispondenza fra il genere dell’opera e lo stile adottato dall’autore: in base a tale criterio, per scrivere un’opera comicorealistica si dovevano adottare uno stile e una lingua “bassi”; viceversa un argomento
aulico richiedeva una compagine linguistica ben più alta. Dante rispetta a grandi linee
tale principio: concentra nell’Inferno le rime «aspre e chiocce», connota il Purgatorio con
un tono elegiaco di derivazione stilnovista e assegna al Paradiso un linguaggio alto, che
trae dalla tradizione scritturale, classica e filosofica. Questo tuttavia non gli preclude la
possibilità di mischiare gli stili quando la situazione narrativa lo richiede: si pensi
per esempio alla lingua raffinata di Francesca da Rimini nel canto V dell’Inferno, o alla
violenta espressione con cui san Pietro, nel canto XXVII del Paradiso (vv. 22-27), inveisce contro Bonifacio VIII (Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio, / il luogo mio, il luogo mio,
che vaca / ne la presenza del Figliuol di Dio, / fatt’ha del cimitero mio cloaca / del sangue e de
la puzza; onde ’l perverso / che cadde di qua sù, là giù si placa).
Fonti e modelli del poema dantesco
Un’opera tanto complessa come la Commedia si basa su un gran numero di fonti e
modelli letterari e filosofici: Dante condensa e rielabora in essa gran parte della cultura
classica e medievale. È tuttavia arduo indagare quali siano esattamente i testi cui il poeta
attinge, sia perché non possediamo la sua biblioteca, perduta come i suoi manoscritti,
sia perché egli fa pochi riferimenti espliciti agli autori su cui si basa. Più che soffermarsi
sull’elenco delle possibili fonti che fungono da bacino culturale di Dante, dunque, può
essere maggiormente interessante segnalare i rapporti che intercorrono tra la Commedia
e la “letteratura dell’oltretomba” e di “visioni”, genere che corrisponde a uno spiccato
gusto medievale. Tra i precedenti classici vanno ricordati almeno:
• il Somnium Scipionis, un testo che fa parte del libro VI del De re publica di Cicerone e
che narra del sogno in cui Scipione l’Emiliano incontra suo nonno Scipione l’Africano:
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