VIII cerchio – ViI bolgia
Canto XXVII
VIII cerchio – VIII bolgia
VIII cerchio – IX bolgia
Luogo e tempo
VIII cerchio (Malebolge), ottava bolgia; le 12 di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
I consiglieri fraudolenti, che usarono la loro intelligenza per creare inganni
Pena
Sono avvolti in una lingua di fuoco e vagano senza sosta
Mentre le anime di Ulisse e Diomede si allontanano, una
fiamma che emette un suono confuso attira l’attenzione
dei due poeti. A poco a poco il suono si trasforma in parola, e il dannato prega Virgilio – in cui ha riconosciuto un
accento lombardo – di fermarsi a parlare; afferma di essere
originario della terra posta fra Urbino e la sorgente del Tevere (si capirà oltre che si tratta di Guido da Montefeltro,
uno dei maggiori condottieri del Duecento), e chiede notizie della Romagna. Esortato da Virgilio, Dante risponde
con un breve resoconto della situazione politica delle città
romagnole: Ravenna, Forlì, Rimini, Faenza, Imola, Cesena. Poi chiede al dannato di rivelare il proprio nome; egli
non lo fa, ma il racconto della propria vita ne svela anche l’identità. Narra infatti di essere stato uomo d’armi e
poi, per penitenza, frate francescano. Un giorno, tuttavia,
papa Bonifacio VIII, conoscendo le sue capacità politiche
e militari – che si erano sempre espresse più con l’inganno e le trame che con la forza – lo chiamò per chiedergli
come sconfiggere i suoi nemici arroccati a Palestrina, e gli
promise in cambio del consiglio l’assoluzione dai suoi
peccati. Guido suggerì al pontefice di fare promesse senza
poi mantenerle, ma così facendo si meritò l’Inferno: non è
infatti possibile pentirsi e allo stesso tempo commettere il
peccato di cui ci si pente, come ha fatto Guido rinnegando
la sua vita passata e poi ricadendo nello stesso errore, sia
pure dietro insistenza del papa. Così, al momento della
morte, un diavolo lo strappò a san Francesco, che lo stava
prendendo con sé, e lo portò a Minosse. Concluso il racconto, la fiamma si allontana gemendo, e Dante e Virgilio
proseguono il cammino verso la bolgia successiva.
VIII cerchio – VIII bolgia
Canto XXVIII
VIII cerchio – IX bolgia
VIII cerchio – X bolgia
Luogo e tempo
VIII cerchio (Malebolge), nona bolgia; circa le 13 di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
I seminatori di discordia, che crearono divisioni e scismi in campo politico, sociale e religioso
Pena
Come in vita furono causa di fratture, ora camminano per la bolgia mutilati dalla spada di un demone;
le loro ferite si rimarginano ogni volta che passano davanti al diavolo, che li colpisce di nuovo
La nona bolgia presenta a Dante uno spettacolo raccapricciante: nemmeno radunando tutti coloro che parteciparono alle guerre combattute nell’Italia meridionale fin dai
tempi dei Romani si eguaglierebbe la quantità di sangue,
ferite e mutilazioni che si possono vedere qui. Un dannato
con il busto tagliato a metà e le budella che gli escono dal
ventre si rivolge a Dante dichiarando di essere Maometto
e indicando il suo successore Alì, che ha il volto tagliato in
due. Coloro che in vita provocarono discordie e divisioni,
spiega, sono qui divisi nel proprio corpo con tagli e lacerazioni che, una volta rimarginati, sono nuovamente inflitti
da un diavolo. Poi affida a Dante un messaggio per fra Dolcino (il religioso eretico, nato forse in Val d’Ossola, che sarà
bruciato sul rogo nel 1307): si prepari a resistere all’esercito
che gli sta dando la caccia. Un altro dannato, con la gola
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squarciata, il naso mozzato e un solo orecchio, si presenta
a Dante come Pier da Medicina, e gli annuncia l’assassinio dei signori di Fano da parte di Malatestino da Rimini.
Poi mostra a Dante un altro dannato, Curione, punito per
aver consigliato a Cesare di passare il Rubicone, dando il
via alla guerra civile: poiché in vita fu ardito nel parlare,
ora ha la lingua mozzata. Ancora, Dante vede il fiorentino
Mosca dei Lamberti, con le mani amputate; proponendo
di uccidere Buondelmonte dei Buondelmonti, che aveva rifiutato il fidanzamento con una fanciulla della consorteria
dei Lamberti, diede avvio alle lotte tra guelfi e ghibellini.
Infine, Dante ha la visione più spaventosa: un dannato che
gli si avvicina reggendo per i capelli la propria testa mozzata. È il poeta Bertran de Born, colpevole di aver seminato
discordia tra Enrico II d’Inghilterra e il figlio Enrico III.