CANTO XXXIV (
IX cerchio – Tolomea
VV. 133-139)
IX cerchio – Giudecca
e natural burella
Luogo
IX cerchio, quarta zona: Giudecca; natural burella
Tempo
Circa le 19 di sabato 9 aprile 1300; circa le 7:30 della domenica di Pasqua (10 aprile 1300)
Categoria di dannati
e colpa
I traditori dei benefattori dell’umanità
Pena
Sono completamente immersi nel ghiaccio, senza potersi muovere; Giuda, Bruto e Cassio sono divorati da Lucifero
Personaggi
Dante, Virgilio, Giuda, Bruto, Cassio, Lucifero
[1-67] LUCIFERO E LA GIUDECCA
I due pellegrini entrano nella Giudecca, la quarta zona
del nono cerchio, in cui i dannati sono completamente immersi nel ghiaccio in varie posizioni. Virgilio indica Lucifero a Dante: questi inizialmente ne scorge a
fatica la sagoma finché, procedendo, può osservare che
sporge dal ghiaccio con metà del petto; è enorme e di
aspetto orribile. La sua testa ha tre facce, sotto le quali
spuntano due smisurate ali di pipistrello; esse generano il vento che gela il Cocito. Le sue lacrime si mescolano alla bava sanguinolenta. Nella bocca centrale si
trova Giuda Iscariota (traditore di Cristo), masticato e
scorticato, con le gambe che fuoriescono; in quelle laterali ci sono invece Bruto e Cassio (traditori di Giulio
Cesare), con le teste che pendono all’infuori.
Dante crede stia tornando verso l’Inferno. Ma quando finalmente il maestro lo depone su una roccia, si
accorge che il diavolo ha le gambe rivolte verso l’alto.
Virgilio sprona il discepolo a proseguire finché, giunti
all’ingresso di una galleria accidentata e buia (la natural burella), chiarisce i dubbi di Dante. Lucifero appare loro capovolto perché hanno oltrepassato il centro
della Terra e si trovano ora nell’emisfero australe: questo spiega anche perché sia mattino. Al momento della
caduta di Lucifero tutta la terra della superficie terrestre si concentrò nell’emisfero boreale, per sfuggire al
contatto con il diavolo, mentre quella che si trovava
dove ora c’è la cavità infernale formò la montagna del
Purgatorio.
[133-139] DANTE E VIRGILIO ESCONO A RIVEDER LE STELLE
[68-132] IL CENTRO DELLA TERRA
È ormai sera. Dante si avvinghia a Virgilio, che comincia a discendere lungo i fianchi di Lucifero. Giunto alle
anche, Virgilio si capovolge e inizia a risalire, tanto che
I due poeti intraprendono il sentiero sotterraneo e,
senza mai riposare, lo percorrono fino a quando Dante, da un’apertura rotonda, vede il cielo. Da lì, escono
finalmente a riveder le stelle.
135
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,
[133-135] La mia guida (duca) e io entrammo in (per) quel sentiero (cammino) buio (ascoso = nascosto) per (a) ritornare nel
mondo della luce (chiaro); e senza aver cura di riposare,
138
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.
[136-138] salimmo su, lui (el) per primo e io dietro (secondo),
fintanto che (tanto ch’) vidi alcuni astri (de le cose belle che
porta ’l ciel) attraverso un foro rotondo (pertugio tondo).
139
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
[139] E da lì (quindi) uscimmo a riveder le stelle.
134. chiaro: il mondo illuminato dalla luce
del Sole, il mondo dei vivi.
137. cose belle: la stessa perifrasi* è impiegata per indicare le stelle anche nel canto
I (v. 40).
124
138. pertugio: è l’apertura in fondo alla
galleria.
139. stelle: con questa parola si chiudono
anche l’ultimo canto del Purgatorio e l’ultimo del Paradiso. La scelta conferma l’atten-
zione di Dante per le simmetrie strutturali interne al poema ma ha anche un valore simbolico, ricordando come tutta la Commedia
rappresenti il racconto di un viaggio verso
l’alto, verso l’elevazione morale e spirituale.