Antipurgatorio (II schiera)
CANTO III
Antipurgatorio (I schiera)
Antipurgatorio (spiaggia)
Luogo
Antipurgatorio, prima schiera
Tempo
Circa le 6:30 di domenica 10 aprile 1300
Categoria di penitenti
I morti scomunicati
Pena
Prima di accedere al Purgatorio vero e proprio devono attendere trenta volte il tempo vissuto nella scomunica
Personaggi
Dante, Virgilio, Manfredi
[1-14] LA VERGOGNA DI VIRGILIO
Dopo l’aspro rimprovero di Catone – che disperde il
gruppetto fermatosi ad ascoltare Casella ritardando
il proprio percorso di purificazione – Virgilio, anima
nobile e dignitosa, appare profondamente turbato per
la sua pur piccola mancanza. Quando finalmente recupera la calma e il decoro, Dante si guarda intorno e
osserva la montagna del Purgatorio che si erge altissima sul mare.
[15-45] IL “CORPO AEREO” DEI DANNATI E DEI PENITENTI
Il Sole che sorge proietta sul terreno la sola ombra di
Dante: il pellegrino così teme per un attimo che Virgilio sia scomparso. Il maestro gli ricorda che le sue
spoglie mortali sono sepolte a Napoli e gli spiega che
le anime hanno corpi “aerei” (per questo lasciano filtrare i raggi), ma sensibili ai tormenti infernali e alle
punizioni del Purgatorio. Stolto è chi pensa di poter
spiegare un simile fenomeno, al pari di chi spera che
la ragione umana possa arrivare a comprendere l’unità
sostanziale della Trinità divina. Compiange quindi gli
altissimi ingegni – come quelli di Aristotele e Platone –
che cercarono la verità con il solo ausilio della ragione,
eternamente frustrati nel loro desiderio; dato che egli
stesso fa parte di questi spiriti, si fa cupo e pensieroso.
[46-102] L’INCONTRO CON LE ANIME CHE TARDARONO
A PENTIRSI
Giunti alla base del monte, Dante e Virgilio non trovano una via di accesso a causa della ripidezza della
roccia, più scoscesa di quella dei rilievi liguri. Mentre
Virgilio si interroga sul da farsi, Dante scorge un gruppo di penitenti che avanza lentissimo. I due pellegrini
vanno incontro alle anime, ma queste, timide e umili
come un branco di pecorelle, indietreggiano stupefatte
nel vedere che Dante è ancora vivo; solo quando Virgilio spiega che entrambi si trovano lì per volere divino,
esse indicano ai pellegrini l’accesso per il Purgatorio.
[103-145] L’INCONTRO CON MANFREDI
Uno degli spiriti del “gregge” chiede a Dante se può
riconoscerlo: è un bell’uomo biondo, dall’aspetto nobile, ma ha la fronte spaccata da un colpo di un’arma.
Il poeta fiorentino non sa rispondere, così l’anima si
presenta: è Manfredi, re di Sicilia, figlio dell’imperatore Federico II e nipote di Costanza d’Altavilla. Egli
prega il poeta – una volta tornato tra i vivi – di riferire alla figlia Costanza che è salvo, dal momento che
probabilmente sulla Terra si dice il contrario, poiché è
morto scomunicato e le sue spoglie sono state disperse da papa Clemente IV per mano del vescovo di Cosenza. Manfredi dichiara di essersi pentito in punto di
morte dei suoi orribili peccati e di essere stato accolto
nell’abbraccio dell’infinita misericordia di Dio: la sua
vicenda dimostra come il perdono divino vada oltre
gli anatemi ecclesiastici. Tuttavia chi, come le anime di
cui fa parte, è morto in contumacia della Chiesa, deve
scontare nell’Antipurgatorio un periodo pari a trenta
volte quello della scomunica. Manfredi infine supplica
Dante di chiedere a sua figlia Costanza di pregare per
lui, dal momento che le orazioni dei vivi accelerano il
percorso di espiazione dei penitenti.
Coppia di pecorelle, mosaico, VI secolo.
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