CANTO VI
Antipurgatorio (IV schiera)
(VV. 58-151)
Antipurgatorio (III schiera)
Antipurgatorio (II schiera)
Luogo
Antipurgatorio, terza schiera
Tempo
Circa mezzogiorno di domenica 10 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
Anime negligenti morte di morte violenta
Pena
Devono attendere nell’Antipurgatorio tanto tempo quanto vissero, correndo senza sosta lungo le pendici
del monte
Personaggi
Dante, Virgilio, Sordello da Goito
[1-24] LA RICHIESTA DI SUFFRAGI
[76-126] L’INVETTIVA ALL’ITALIA E ALL’IMPERATORE
Come colui che ha vinto un gioco d’azzardo (il gioco
de la zara) ed è seguito da un codazzo di persone che
sperano di ricevere parte della vincita, Dante è assalito da un folto gruppo di anime: sono gli spiriti dei
negligenti morti di morte violenta che, vedendo un
uomo in carne e ossa, lo pregano di portare notizia
della loro salvezza nel mondo dei vivi affinché questi,
con le loro suppliche a Dio, accelerino il processo di
purificazione.
L’amore quasi fraterno dimostrato da Sordello per il
concittadino Virgilio ispira a Dante una delle sue più
celebri invettive politiche, scandita in due momenti. Inizialmente il poeta accusa le città italiane, che
invece di sottomettersi umilmente all’imperatore,
si sono ribellate rendendosi autonome, ritrovandosi alla fine lacerate da tremende lotte intestine: a tal
proposito ricorda la disfatta di alcune delle maggiori
famiglie nobili, i Montecchi e i Cappelletti, i Filippeschi e i Monaldeschi. La requisitoria si abbatte poi
sul disinteresse dell’imperatore Alberto d’Asburgo che
– invece di riprendere in mano le redini dell’Italia,
paragonata a un cavallo imbizzarrito, e imporre la
propria autorità anche agli uomini di Chiesa bramosi di potere – si accontenta di rimanere in Germania
disprezzando ‘l giardin de lo ‘mperio.
[25-57] IL DUBBIO DI DANTE
Ripreso il cammino, Dante chiede a Virgilio se le preghiere abbiano davvero il potere di abbreviare il tempo
della pena per i penitenti, dato che un passo dell’Eneide sembra affermare il contrario. Il poeta latino spiega
che i versi citati del suo poema si riferiscono solo alle
anime dei pagani, ignare della vera fede, quella nel Dio
cristiano: promette poi a Dante che il suo dubbio sarà
sciolto da Beatrice, che incontrerà in cima alla montagna del Purgatorio.
[58-75] L’INCONTRO CON SORDELLO DA GOITO
A questo punto i due pellegrini scorgono un’anima che
al contrario delle altre se ne sta sola, in atteggiamento nobile e solenne, come quello di un leone seduto:
decidono di rivolgersi a lei per conoscere la strada da
seguire. Il penitente chiede a Virgilio la sua provenienza: questi non fa in tempo a pronunciare il nome di
“Mantova” che lo spirito si slancia in piedi per abbracciarlo presentandosi come Sordello da Goito, celebre
cavaliere e poeta mantovano vissuto nella prima metà
del XIII secolo.
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[127-151] L’INVETTIVA CONTRO FIRENZE
La seconda parte dell’invettiva è rivolta interamente a Firenze: il sarcasmo del poeta si fa più amaro e
sprezzante, tradendo l’acuta sofferenza nel constatare
le condizioni della città natale. Firenze può rallegrarsi
di non essere toccata da tutti i problemi che affliggono il resto della penisola, afferma ironicamente Dante:
tutti parlano di giustizia, ma senza il minimo criterio
o scrupolo; tutti si ritengono in grado di assumere cariche pubbliche, senza avere le qualità e la coscienza
civica necessarie. Si promulgano in continuazione leggi che non diventano mai operative perché vengono
incessantemente cambiate: per questo Firenze è come
una malata che si rigira senza sosta nel letto nella speranza di trovare sollievo alle sue sofferenze.