CANTI XIII-XVI
Purgatorio
IV cornice (accidiosi)
Canto XV
II e III cornice
I cornice (superbi)
Luogo e tempo
Purgatorio, II e III cornice; pomeriggio di lunedì 11 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
Gli invidiosi, che desiderarono in maniera spasmodica i beni o le qualità altrui
Pena
Siedono a terra appoggiati alla parete del monte e indossano un mantello ruvido; in vita accecati dal loro
peccato, hanno le palpebre cucite con fil di ferro e si sostengono a vicenda
Comincia il vespero e i due viaggiatori, risalendo il monte, vengono improvvisamente accecati da una luce abbagliante che si somma a quella solare e che costringe Dante a schermarsi gli occhi: Virgilio gli spiega che si tratta
dell’angelo della misericordia che li invita a salire e gli
assicura che presto quel bagliore non rappresenterà più
un fastidio per la sua vista, bensì una grande gioia per la
sua anima. Mentre passano accanto all’angelo, essi odono
cantare Beati misericordes (Beati i misericordiosi).
Dante chiede chiarimenti riguardo ad alcune parole di
Guido del Duca (Purg., XIV, vv. 86-87): la gente umana desidera ciò che non è possibile condividere con gli altri. Il
poeta latino illustra, quindi, la differenza tra i beni terreni e celesti: questi ultimi – al contrario dei primi, che
portano inevitabilmente all’invidia – sono illimitati e si
moltiplicano quanto più sono desiderati da molti. Intanto i due poeti sono arrivati alla terza cornice, dove alcuni
esempi di mansuetudine (la virtù opposta al vizio dell’ira)
si presentano a Dante sotto forma di visioni estatiche. La
prima ha come protagonista la Vergine Maria, che domanda sommessamente a Gesù dodicenne perché sia rimasto
presso il tempio, causando in lei e in Giuseppe una grande
preoccupazione. La seconda riguarda Pisistrato, il quale,
nonostante la richiesta della moglie, rifiuta di condannare
il giovane innamorato che ha osato abbracciare sua figlia.
La terza e ultima è tratta dalla vita del protomartire santo
Stefano che, mentre viene lapidato, prega per i suoi persecutori. Il canto si conclude misteriosamente con la minacciosa apparizione di una spessa nuvola di fumo nero che
avvolge il pellegrino e la sua guida.
IV cornice (accidiosi)
Canto XVI
III cornice (iracondi)
II cornice (invidiosi)
Luogo e tempo
Purgatorio, III cornice; circa le 18 di lunedì 11 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
Gli iracondi, in vita troppo inclini alla rabbia e al risentimento
Pena
Sono avvolti da una fitta coltre di fumo nero e acre, che li acceca come l’ira da cui furono trascinati
Dante, accecato dal fumo, procede aggrappato alla sua
guida e ode le voci dei penitenti cantare l’Agnus Dei
(Agnello di Dio); chiede dunque chi siano le anime che
non riesce a vedere: Virgilio risponde che si tratta degli iracondi. Una di esse, quella di Marco Lombardo (un uomo
di corte vissuto nella seconda metà del Duecento nell’Italia settentrionale), avanza verso Dante per parlargli e,
seguendo l’invito del pellegrino, accetta di accompagnare
lui e Virgilio oltre la zona coperta dal fumo. Dante coglie
l’occasione per esporre un suo dubbio: la Terra è abbandonata dalla virtù e governata dal vizio, ma egli non ha
capito se ciò avvenga per l’influenza degli astri o per colpa
degli uomini. Marco sminuisce l’incidenza dell’influsso
delle stelle sulle vicende umane – responsabili solo di una
prima inclinazione dell’istinto – e spiega come agisce il
libero arbitrio (cioè la possibilità che ciascuno possiede
di scegliere il bene o il male). La causa principale della depravazione del mondo risiede nella confusione tra potere
temporale e spirituale: l’umanità devia se sono manchevoli le sue due guide. Pur individuando la responsabilità
della corruzione civile nella debolezza dell’Impero, egli
attribuisce all’ingerenza soffocante dell’autorità papale,
sempre più attratta dai beni mondani, la mancanza più
grave. Nauseato da questo mondo reo, al presente Marco
contrappone il tempo in cui Roma era illuminata da due
soli, il papa e l’imperatore, e conclude il proprio discorso
lamentando la degenerazione dei costumi nella sua terra
d’origine, la Lombardia, dove in passato fiorivano valore
e cortesia, prima che l’imperatore Federico II fosse ostacolato nel suo ufficio dall’altra guida.
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