V cornice (avari e prodighi)
Canto XVII
III e IV cornice
II cornice (invidiosi)
Luogo e tempo
Purgatorio, III e IV cornice; prime ore della sera di lunedì 11 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
Gli iracondi, in vita troppo inclini alla rabbia e al risentimento; gli accidiosi, rei di scarso amore per il bene
Pena
I primi sono avvolti da una fitta coltre di fumo nero e acre, che li acceca come l’ira da cui furono trascinati;
i secondi corrono senza sosta intorno alla cornice
Quando Dante riemerge dalla nube di fumo che avvolge
gli iracondi, il Sole sta ormai per tramontare. Ricaduto in
un estatico rapimento, il poeta ha ancora alcune visioni
suscitate da Dio, che presentano esempi di ira punita:
Procne, trasformata in usignolo per aver dato il figlio in
pasto al marito Tereo; Aman, ministro del re persiano Assuer, crocifisso per aver tramato di uccidere Mardocheo;
Amata, moglie del re Latino e madre di Lavinia, che si
suicidò quando apprese che sua figlia non avrebbe sposato Turno, ma Enea. Una luce abbagliante dissolve l’ultima visione e appare l’angelo della mansuetudine, che
indica la strada per proseguire e cancella la terza P dalla
fronte di Dante, cantando Beati pacifici (Beati i pacifici).
Raggiunta la quarta cornice, quella degli accidiosi, che di-
mostrarono un amore troppo debole per il bene, il Sole
tramonta e Dante avverte una profonda stanchezza; non
potendo proseguire il cammino (l’ascesa può avvenire
solo di giorno), i pellegrini decidono di riposare. Virgilio
approfitta della pausa per parlare dell’ordinamento del
Purgatorio e della natura dell’amore. Questo può essere
naturale o d’animo: il primo è sempre senza falle, mentre
il secondo, che coinvolge volontà e intelletto, può indurre l’uomo alla perversione. L’uomo, quindi, che dovrebbe essere tutto indirizzato a Dio e al prossimo in quanto
creato a sua immagine, può non dimostrare amore per il
prossimo (superbia, invidia e ira), amare Dio con energia
insufficiente (accidia), amare le creature e i beni terreni in
maniera eccessiva (avarizia e prodigalità, gola, lussuria).
V cornice (avari e prodighi)
Canto XVIII
IV cornice (accidiosi)
III cornice (iracondi)
Luogo e tempo
Purgatorio, IV cornice; circa mezzanotte di lunedì 11 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
Gli accidiosi, rei di scarso amore per il bene
Pena
Corrono senza sosta intorno alla cornice
La spiegazione di Virgilio sull’ordinamento del Purgatorio spinge Dante a chiedere una definizione del concetto
di amore. Il poeta latino spiega così che l’anima è spinta
spontaneamente ad amare e si rivolge verso ogni oggetto
che piace non appena la bellezza traduce in atto questa sua
attitudine; tale amore si dimostra negativo se è rivolto verso qualcosa di sbagliato o se si attua in maniera distorta.
Grazie alla ragione l’uomo è in grado di distinguere i desideri buoni da quelli cattivi e in virtù del libero arbitrio
può decidere quali assecondare. Soddisfatto delle spiegazioni fornite dal maestro, il pellegrino lascia i propri
pensieri vagare liberamente. Essendo ormai mezzanotte
sta per essere colto da un senso di sonnolenza, quando
all’improvviso sente correre alle proprie spalle un gruppo di anime che si precipitano affannosamente. Giunti
presso i due poeti, i primi spiriti della schiera gridano due
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esempi di sollecitudine (la virtù opposta all’accidia): Maria, accorsa a visitare la cugina Elisabetta rimasta incinta,
e Giulio Cesare, rapido nelle azioni belliche della guerra
contro Pompeo. Una delle anime, l’abate del monastero
veronese di San Zeno, scambia rapidamente alcune parole
con Virgilio, dicendo che presto Alberto della Scala sconterà l’offesa mossa alla prestigiosa istituzione monastica
imponendole come abate un proprio figlio illegittimo,
turpe moralmente e fisicamente. Dal fondo del gruppo,
che continua a muoversi velocemente, due anime gridano
altrettanti esempi di accidia punita: gli ebrei che, dopo il
passaggio del Mar Rosso, si rifiutarono di seguire Mosè
nel cammino verso la Terra Promessa; i compagni di Enea
che a un certo punto decisero di non continuare il viaggio
alla volta del Lazio, fermandosi in Sicilia. Alla fine Dante,
vinto dalla stanchezza, è colto dal sonno.