CANTI XX-XXIII
Purgatorio
VII cornice (lussuriosi)
Canto XXII
V e VI cornice
IV cornice (accidiosi)
Luogo e tempo
Purgatorio, V e VI cornice; tra le 10 e le 11 di martedì 12 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
Gli avari, che bramarono troppo i beni terreni, e i prodighi, che, al contrario, li dissiparono
Pena
Dal momento che in vita non volsero lo sguardo al cielo, giacciono distesi a terra con mani e piedi legati,
gridando di giorno esempi di povertà virtuosa, di notte esempi di avarizia punita
L’angelo alla soglia della quinta cornice cancella un’altra P dalla fronte del pellegrino, rendendolo più leggero
e agile nel seguire le due anime che lo accompagnano.
Virgilio chiede a Stazio come mai un’anima tanto nobile
come la sua abbia potuto macchiarsi del peccato dell’avarizia, propria degli spiriti meschini. L’autore della Tebaide spiega di appartenere alla schiera dei prodighi: in vita
non seppe amministrare i propri beni finché non lesse
nell’Eneide il passo relativo alla sacra fame de l’oro, che lo
spinse alla consapevolezza del proprio peccato e al pentimento, salvandosi così dalla dannazione. Interrogato
da Virgilio in merito alla sua adesione alla fede cristiana,
afferma di essersi convertito al Cristianesimo dopo la lettura della IV ecloga delle Bucoliche, considerata profetica
dell’avvento del Messia. Stazio racconta poi di aver tra-
scorso più di quattrocento anni tra gli accidiosi per aver
tenuta nascosta la sua conversione alla religione cristiana durante il regno di Domiziano. Chiede poi a Virgilio
dove si trovino i più grandi poeti latini e greci; questi
risponde che essi risiedono, come lui, nel Limbo. All’inizio della quinta ora del giorno, i tre poeti raggiungono la
sesta cornice e interrompono il loro dialogo quando vedono in mezzo alla strada un albero carico di frutti profumati, dalla forma simile a quella di un abete rovesciato.
Una voce grida di non toccare i frutti né l’acqua che ne
bagna le fronde scorrendo da una vicina fonte. Nomina
quindi esempi di temperanza: Maria alle nozze di Cana,
la sobrietà delle donne dell’antica Roma e del profeta Daniele, la frugalità dell’età dell’oro e di Giovanni Battista,
che si nutrì di locuste.
VII cornice (lussuriosi)
Canto XXIII
VI cornice (golosi)
V cornice (avari e prodighi)
Luogo e tempo
Purgatorio, VI cornice; circa mezzogiorno di martedì 12 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
I golosi, che in vita eccedettero nei piaceri della buona tavola
Pena
Affamati e assetati, camminano sotto alberi carichi di frutti profumati e accanto a fonti di acqua fresca
senza poter né mangiare né bere
Dante rallenta il passo per osservare l’albero capovolto, ma Virgilio lo esorta affettuosamente
a proseguire per non sprecare il tempo che è
stato loro concesso. I tre poeti odono piangere e cantare il Miserere: sono le voci di
un gruppo di penitenti incredibilmente
scheletrici. Dante viene riconosciuto da
uno degli spiriti, che si rivolge a lui pieno
di stupore e gioia: si tratta di Forese Donati, amico e poeta fiorentino, che il pellegrino
riconosce solo grazie alla voce, in quanto il
volto e il corpo sono deformati dall’estrema
Forese Donati, particolare
di una miniatura, XV secolo.
magrezza. Interrogato da Dante, Forese spiega di far parte
della schiera dei golosi, che si consumano per il desiderio
di mangiare e bere, continuamente suscitato dal profumo
dei frutti dell’albero capovolto e dall’acqua, ma inevitabilmente inappagato. Dante appare sorpreso dal fatto che Forese non si trovi nell’Antipurgatorio, sapendo che è morto
da pochi anni pentendosi solo in fin di vita: lo spirito gli
spiega che ciò è stato reso possibile grazie alle preghiere
della sua vedova, Nella, tanto più gradite a Dio in quanto è l’unica donna rimasta virtuosa in Firenze. A sua volta
Forese chiede a Dante come possa trovarsi in carne e ossa
nel regno dei morti: il pellegrino racconta come Virgilio,
per Grazia divina, lo abbia salvato dalla condotta sregolata
che entrambi condividevano a Firenze, e gli indica il maestro e il poeta Stazio che camminano davanti a lui.
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