VII cornice (lussuriosi)
Canto XXIV
VI cornice (golosi)
V cornice (avari e prodighi)
Luogo e tempo
Purgatorio, VI cornice; circa mezzogiorno di martedì 12 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
I golosi, che in vita eccedettero nei piaceri della buona tavola
Pena
Affamati e assetati, camminano sotto alberi carichi di frutti profumati e accanto a fonti di acqua fresca
senza poter né mangiare né bere
Dante prosegue spedito il proprio cammino conversando con Forese Donati, che lo informa circa la sorte della
sorella Piccarda, che ora trïunfa lieta in Paradiso. Nella
schiera dei golosi Forese indica, tra gli altri, l’anima di Bonagiunta Orbicciani, poeta duecentesco che rappresentò
un anello di congiunzione tra la lirica siciliana e quella
toscana, i cui versi Dante conobbe ma stimò poco. Dalle
labbra dello spirito Dante riesce a stento a intendere la
parola Gentucca: chiede dunque spiegazioni a Bonagiunta, il quale gli profetizza che, per mezzo di una donna
con questo nome, potrà apprezzare la città di Lucca. Ma
l’interlocutore di Dante vuol sapere se sia proprio lui il
fondatore della nuova forma poetica a partire dai versi
Donne ch’avete intelletto d’amore. Dante risponde con la
definizione della poesia stilnovista: «Io sono uno che,
quando Amore mi ispira, scrivo e, con le parole conformi a quello che egli ha dettato, mi esprimo». Bonagiunta
dunque riconosce il motivo che ha trattenuto lui, Giacomo da Lentini e Guittone d’Arezzo “al di qua” dello Stilnovo: non aver seguito e assecondato fedelmente l’amore
ispiratore. Terminato di parlare, accelera quindi il passo
insieme alla schiera dei golosi. Solo Forese resta accanto a
Dante e gli predice la morte di suo fratello Corso, capo dei
neri, considerato uno dei principali responsabili della rovina di Firenze. Dopo queste parole, anch’egli si allontana
sollecito per raggiungere gli altri spiriti; Dante, in compagnia di Virgilio e Stazio, vede un’altra pianta rovesciata,
dalle cui fronde giunge una voce che prima ammonisce di
non avvicinarsi perché l’albero trae origine da quello del
Paradiso terrestre il cui frutto corruppe Eva, e poi ricorda
esempi di peccati puniti. Successivamente i tre poeti incontrano l’angelo della temperanza che cancella la sesta P
dalla fronte di Dante intonando «Beati coloro che hanno
fame di giustizia».
Paradiso terrestre
Canto XXV
VII cornice (lussuriosi)
VI cornice (golosi)
Luogo e tempo
Purgatorio, VII cornice; primo pomeriggio di martedì 12 aprile 1300
Categoria di penitenti
e colpa
I lussuriosi, che furono travolti dalla passione carnale
Pena
Camminano tra le fiamme suddivisi in due schiere – lussuriosi secondo e contro natura – che avanzano in
direzioni opposte; quando si incontrano si baciano fraternamente e gridano esempi di castità premiata e di
lussuria punita
Mentre risale alla settima cornice, Dante si interroga sul
perché gli spiriti dei golosi possano consumarsi per il
digiuno nonostante non abbiano bisogno di nutrirsi, in
quanto sono spiriti eterei. Stazio, invitato da Virgilio, illustra quindi la teoria della generazione umana: il seme maschile contiene una virtù attiva che, quando si congiunge
all’elemento femminile, dà origine a un’anima vegetativa
(come quella delle piante), che si trasforma naturalmente
in anima sensitiva (come quella degli animali); essa conferisce forma a tutti gli organi del corpo e a tutti i sensi. A
questo punto Dio infonde al feto la facoltà di intendere
tutto ciò che è dentro e fuori di sé (anima razionale). Con
la morte l’anima si allontana dalla carne e porta con sé sia
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la parte umana (anima vegetativa e sensitiva), sia quella
divina (anima razionale) e cade sulle rive dell’Acheronte o
su quelle del Tevere. Qui si forma un nuovo corpo aereo,
capace di provare ancora i desideri e le sofferenze che aveva in vita, come patire la fame e la sete nel caso dei golosi
e addirittura dimagrire.
Nel frattempo i tre poeti hanno raggiunto la settima cornice, una parete rocciosa da cui si sprigionano fiamme:
nel fuoco camminano i lussuriosi, che cantano un inno a
Dio e gridano esempi di castità: la Vergine Maria, la dea
Minerva e i coniugi che vissero casti come impongono la
temperanza e la legge del matrimonio.