Canto XXXIII (vv. 136-145)
Luogo e tempo
Paradiso terrestre
VII cornice (lussuriosi)
Paradiso terrestre; circa mezzogiorno di mercoledì 13 aprile 1300
Nell’osservare la triste sorte del carro della Chiesa le sette fanciulle (le virtù cardinali e teologali) intonano un
salmo, piangendo; Beatrice, sconfortata ma rossa in volto, predice la punizione dei responsabili di tale scempio
e la venuta di un inviato di Dio (indicato in maniera
enigmatica con il numero romano DXV) che raccoglierà
l’eredità dell’aquila imperiale uccidendo il gigante e la
meretrice.
La donna santa esorta Dante a ricordare ciò che ha detto
in modo da riferirlo ai mortali per la loro salvezza; sot-
tolinea poi che chiunque spogli l’albero del Bene e del
Male offende Dio: Adamo, per questo, ha atteso cinquemila anni nel Limbo l’arrivo di Cristo che lo riportasse
nel Paradiso terrestre. Il poeta assicura a Beatrice che le
sue parole si sono indelebilmente impresse nella sua memoria; le chiede tuttavia perché i suoi discorsi gli appaiano così ardui e difficili. La beata spiega che questo rivela
l’insufficienza della scienza filosofica che lo ha portato ad
allontanarsi dalla verità divina che lei stessa rappresenta. Dante si stupisce, negando di ricordare quell’evento
della sua vita: Beatrice lo tranquillizza, spiegando come
l’acqua del fiume Leté abbia cancellato la memoria dei
peccati commessi. È quasi mezzogiorno; le sette ninfe,
Beatrice, Matelda, Dante e Stazio raggiungono la fonte da
cui nascono i due fiumi del Paradiso terrestre: il poeta,
stupito e dimentico della precedente spiegazione data da
Matelda per l’effetto dell’acqua del Leté, chiede spiegazioni. Sollecitata da Beatrice, Matelda conduce il pellegrino a immergersi nelle acque dell’Eunoè, in modo da
ravvivare la tramortita sua virtù. Dopo quest’ultimo rito di
purificazione, libero da ogni residuo di peccato, Dante si
sente disposto a iniziare l’ascesa al Paradiso.
Franz von Bayros, ... puro e disposto
a salire a le stelle, 1921.
138
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i’ pur cantere’ in parte
lo dolce ber che mai non m’avria sazio;
[136-138] Se io avessi, o lettore, maggiore (più lungo) spazio
per scrivere, io descriverei (cantere’) almeno (pur) in parte il
dolce sapore dell’acqua (lo dolce ber) che non mi avrebbe più
saziato;
141
ma perché piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l’arte.
[139-141] ma poiché tutte le pagine (carte) destinate (ordite) a
questa seconda cantica sono complete (piene), il freno dell’arte non mi lascia proseguire (più ir).
144
Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinovellate di novella fronda,
[142-144] Io ritornai [vicino a Beatrice riemergendo] dalle acque
sacre (santissima onda) rinnovato (rifatto) così come le giovani
(novelle) piante rivestite (rinovellate) di nuove (novella) fronde,
145
puro e disposto a salire a le stelle.
[145] purificato (puro) e pronto (disposto) a salire alle stelle.
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