CANTO II
II cielo (di Mercurio)
(della Luna)
I cielo
(VV. 1-45)
Sfera del fuoco
Luogo
I cielo o cielo della Luna
Tempo
Mezzogiorno di mercoledì 13 aprile 1300
Categoria di beati
Spiriti che non portarono a compimento i voti
Condizione e aspetto
Conservano il loro aspetto terreno, ma appaiono rarefatti come immagini riflesse in un vetro trasparente
o in acque limpide
Intelligenze motrici
Angeli
Personaggi
Dante, Beatrice
[1-18] L’AMMONIMENTO DI DANTE AI LETTORI
Dante si rivolge direttamente a quei lettori che, dotati
di scarse conoscenze teologiche, lo hanno finora seguito nel suo viaggio, invitandoli a non addentrarsi nella
lettura del Paradiso perché correrebbero il rischio di
smarrirsi. Gli argomenti affrontati nella terza cantica
sono infatti del tutto nuovi e talmente alti da richiedere l’ispirazione di Minerva, dea della sapienza, di Apollo, dio della poesia, e delle nove Muse. Coloro che invece, seppur in numero esiguo, già da tempo si dedicano agli studi di teologia, potranno seguire la nave del
poeta e proveranno un senso di stupore paragonabile
a quello che provarono gli Argonauti quando videro
Giasone, loro capo, trasformato in un contadino.
[19-45] L’ASCENSIONE AL CIELO DELLA LUNA
L’innato desiderio di raggiungere l’Empireo solleva
Beatrice, che punta lo sguardo verso l’alto, e Dante,
che fissa negli occhi la stessa Beatrice, a una velocità
maggiore di quella impressa a una freccia dalla balestra. Il pellegrino celeste si ritrova così fermo, di fronte
a Beatrice che, raggiante di gioia, lo invita a ringraziare
Dio. Il primo cielo avvolge il poeta sotto l’aspetto di
una nube luminosa e compatta, che non appare divisa
dalla consistenza fisica del suo corpo, proprio come
non si divide l’acqua attraversata dai raggi del Sole.
Questo fenomeno, in contraddizione con le leggi della
fisica umana, dovrebbe suscitare, secondo Dante, negli
uomini ancor di più il desiderio di conoscere il mistero della coesistenza in Cristo di natura terrena e divina. Solo nel Paradiso il mistero apparirà chiaro senza
bisogno di spiegazioni, in Terra invece è verità di fede.
[46-105] LA DOMANDA DI DANTE SUL FENOMENO
DELLE MACCHIE LUNARI E LA CONFUTAZIONE DI BEATRICE
Dante chiede a Beatrice di illustrargli la natura e l’origine delle macchie della Luna, fenomeno che gli
uomini spiegano con fantasiose leggende e che il poeta attribuisce alla diversa densità della materia. Pronunciando un lungo e complesso discorso, Beatrice
confuta gli argomenti della “scienza” e della teologia
duecentesche.
[106-148] L’ESPOSIZIONE DELLA CORRETTA TEORIA
SULLE MACCHIE LUNARI
Dopo aver spogliato Dante dell’errore, Beatrice gli
svela il principio per cui le intelligenze motrici danno
l’impronta divina al cielo delle Stelle fisse, e poi giù
di astro in astro, attraverso gli altri sette cieli mobili,
fino al cielo della Luna, il più basso. La Grazia di Dio,
pur rimanendo unita, si differenzia nelle varie sfere, infondendo in esse una virtù diversa a seconda di come
si combina con quel corpo. La diversa luminosità dei
corpi celesti dipende quindi da questa diversa commistione fra essi e le intelligenze motrici.
Sandro Botticelli, Beatrice spiega a Dante
l’origine delle macchie lunari, 1480 ca.
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