VI cielo (di Giove)
Canto XV
V cielo (di Marte)
IV cielo (del Sole)
Luogo e tempo
V cielo o cielo di Marte; sera di mercoledì 13 aprile 1300
Categoria di beati
Spiriti militanti per la fede
Condizione e aspetto
Appaiono come luci che si muovono lungo i bracci di una croce greca nella quale risplende Cristo
Intelligenze motrici
Virtù
Le anime sospendono il loro canto per permettere a
Dante di interrogarle, dimostrando così che i beati non
sono indifferenti alle preghiere. Una delle luci scende dal
braccio destro della croce verso la sua base, si rivolge al
poeta in latino riconoscendolo come suo discendente (O
sanguis meus) e poi indirizza un ringraziamento a Dio. Il
pellegrino fatica a intenderne le parole, finché, gradualmente, il linguaggio si adegua alla sua capacità di comprensione.
Lo spirito spiega a Dante di aver letto del suo arrivo nella
mente di Dio; lo invita a formulare le sue domande ad
alta voce, anche se – in quanto anima del Paradiso – conosce già i suoi pensieri. Ottenuta l’approvazione di Beatrice, Dante si scusa di non poter ringraziare l’interlocutore con parole adeguate, ma solo con il cuore, e chiede
all’anima il suo nome. Essa risponde di essere Cacciaguida, trisavolo dello stesso poeta (O fronda mia… io fui la tua
radice); suo figlio – bisavolo di Dante – dal quale derivò
il cognome “Alighieri”, si trova nella prima cornice della
montagna del Purgatorio. Prima di raccontare di sé, Cacciaguida traccia una nostalgica descrizione della Firenze
sobria e pudica dei suoi tempi: è un elogio, commosso e al
tempo stesso indignato, della città nel primo Duecento,
luogo di solidi valori morali, molto lontano dalla corruzione dei giorni presenti. Cacciaguida parla quindi della propria nascita, del matrimonio con una donna della
famiglia degli Alighieri, della partecipazione alla prima
Crociata, guidata dall’imperatore Corrado III che l’aveva
nominato cavaliere e della morte per mano degli infedeli
che gli aprì le porte del Paradiso.
VI cielo (di Giove)
Canto XVI
V cielo (di Marte)
IV cielo (del Sole)
Luogo e tempo
V cielo o cielo di Marte; sera di mercoledì 13 aprile 1300
Categoria di beati
Spiriti militanti per la fede
Condizione e aspetto
Appaiono come luci che si muovono lungo i bracci di una croce greca nella quale risplende Cristo
Intelligenze motrici
Virtù
Dante, che si trova ancora con Beatrice e Cacciaguida nel
cielo di Marte, venuto a conoscenza del titolo nobiliare concesso dall’imperatore al suo antenato, confessa al
lettore che non si stupirà più di coloro che sulla Terra si
vantano delle proprie origini familiari, giacché anch’egli
in Paradiso, dove la volontà non si svia mai da Dio, si
è gloriato delle proprie. È consapevole, tuttavia, che la
nobiltà di sangue da sola è poca cosa, se non sostenuta
da quella spirituale: è come un mantello che, se non gli
si aggiunge continuamente nuova stoffa, il tempo finisce
per consumare. Dante si rivolge quindi allo spirito con il
pronome voi – Beatrice comprende l’intento di rispetto e
ne sorride benevolmente – e gli domanda informazioni
sui suoi antenati, sull’antica Firenze e sulla sua popola-
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zione. Cacciaguida sintetizza la storia della loro famiglia e
riprende a descrivere Firenze, in contrapposizione alla città corrotta dei tempi di Dante. Sottolinea che alla sua epoca non c’era confusion tra le persone del contado e quelle
della città: la rovina è iniziata proprio con l’inurbamento
di gente proveniente dalla campagna, che ha inquinato
i costumi puri degli abitanti originari, arricchendosi con
il cambio delle valute e con gli affari commerciali. Cacciaguida parla quindi dei rivolgimenti nelle fortune della
città e delle antiche famiglie che la abitavano, molte delle
quali si sono estinte o sono cadute in rovina, lamentando
la perdita della pace e della gloria che caratterizzavano la
sua vita di un tempo, quando Firenze era piccola e onesta
e non ancora lacerata dalle lotte intestine.