CANTI XVIII-XXI
Paradiso
VII cielo (di Saturno)
Canto XX
VI cielo (di Giove)
V cielo (di Marte)
Luogo e tempo
VI cielo o cielo di Giove; sera di mercoledì 13 aprile 1300
Categoria di beati
Spiriti giusti
Condizione e aspetto
Cantando, si dispongono a forma di lettere e poi di un’aquila
Intelligenze motrici
Dominazioni
Quando l’aquila tace, dopo aver aspramente biasimato gli
indegni e ingiusti regnanti della Terra, invita il pellegrino a fissare attentamente il suo occhio, poiché gli spiriti
che lo formano sono i più illustri di quel cielo. Si tratta di sei personalità che sulla Terra furono campioni di
giustizia. Per primo viene presentato il re Davide, che è
la pupilla dell’occhio, seguito da cinque anime luminose
che costituiscono l’orbita oculare: l’imperatore Traiano, il
più vicino al becco del grande uccello, poi Ezechia re di
Giuda, l’imperatore Costantino, re Guglielmo II d’Altavil-
la e infine Rifeo, ultimo re di Troia. Dante è sorpreso dalla
presenza di due pagani (Traiano e Rifeo) e chiede, esprimendo a parole il proprio dubbio, come possano trovarsi
in Paradiso. L’aquila spiega che i due spiriti furono salvati
dalla Grazia divina, che riservò loro una sorte eccezionale;
ribadisce quindi l’insondabilità della giustizia di Dio, il
senso dei cui decreti non è penetrabile neppure dalle anime dei beati. Mentre l’aquila parla, le due luci di Traiano e
Rifeo brillano simultaneamente, un fenomeno destinato a
imprimersi nella memoria di Dante in maniera indelebile.
elo (delle Stelle fisse)
VIII ci
Canto XXI
elo (di Saturno)
VII ci
VI cielo (di Giove)
Luogo e tempo
VII cielo o cielo di Saturno; notte tra di mercoledì 13 e giovedì 14 aprile 1300
Categoria di beati
Spiriti contemplativi
Condizione e aspetto
Salgono e scendono silenziosamente i gradini di un’altissima scala d’oro
Intelligenze motrici
Troni
Scomparsa la visione dell’aquila di Giove, Dante ha lo
sguardo fisso al volto di Beatrice, che non accenna a
sorridere: se lo facesse lo abbaglierebbe e lo ridurrebbe
in cenere con il fulgore della sua bellezza. Guardando
davanti a sé, come suggeritogli dalla guida, Dante vede
il pianeta Saturno e nel settimo cielo una scala dorata
dai cui gradini scendono tante anime splendenti; alcune
di esse si fermano nel medesimo istante, una si avvicina
e si illumina più intensamente. Ricevuto il consenso di
Beatrice, il pellegrino celeste chiede allo spirito perché
si sia fermato proprio vicino a lui e perché nel settimo
cielo non risuoni la dolce sinfonia di paradiso che si ode
invece negli altri cieli. L’anima beata spiega a Dante che
lì non si canta per lo stesso motivo per cui Beatrice non
gli ha sorriso; essa inoltre afferma di aver avuto da Dio
il compito di avvicinarsi a lui, ma il motivo di tale scelta
è nascosto negli abissi della legge divina. Compresa la
lezione, Dante chiede allo spirito la sua identità: si tratta
Gustave Doré, Dante contempla
Beatrice, 1861-1868.
di Pier Damiani, che prima di convertirsi era chiamato
Pietro Peccatore; dopo essersi ritirato nell’eremo di Fonte
Avellana, si era dato a una vita di preghiera e contemplazione ed era stato nominato vescovo di Ostia. Il beato
lancia una feroce invettiva contro i costumi corrotti degli
attuali cardinali, guadagnandosi l’approvazione degli altri spiriti che ancora più splendenti gridano tanto forte
da stordire Dante.