Glossario
A
Allegoria Figura retorica per la quale si
affida a una scrittura (o in genere a un
contesto, anche orale) un senso riposto
e allusivo, diverso da quello che è il contenuto logico delle parole. Diversamente dalla metafora , la quale consiste in
una parola, o tutt’al più in una frase, trasferita dal concetto a cui solitamente e
propriamente si applica ad altro che abbia qualche somiglianza col primo, l’a.
è il racconto di un’azione che dev’essere
interpretata diversamente dal suo significato apparente.
Esempio: l’a. delle tre fiere nella Divina Commedia.
Allitterazione Ripetizione, esatta o approssimativa, spontanea o ricercata, di
lettere o sillabe, di solito iniziali, di due
o più vocaboli successivi.
Esempio: «E caddi come corpo morto
cade» (Inf., V, 142).
Anadiplosi Figura retorica che consiste
nella ripetizione dell’ultima parte di un segmento sintattico (prosa) o metrico (verso)
nella prima parte del segmento successivo;
risponde a una semantica di tipo aggiuntivo e la seconda occorrenza è un’espansione della prima.
Esempio: «che ’l parlar mostra, ch’a tal
vista cede, /e cede la memoria a tanto oltraggio» (Par., XXXIII, 56-57).
Anafora Figura retorica che consiste nel
ripetere, in principio di verso o di proposizione, una o più parole con cui ha inizio il verso o la proposizione precedente.
Esempio: «Per me si va ne la città dolente, / per me si va ne l’etterno dolore, / per me si va tra la perduta gente»
(Inf., III, 1-3).
Anastrofe Figura retorica che consiste
nell’inversione dell’ordine delle parole
all’interno di un verso, allo scopo di ottenere particolari effetti di suono oppure
dare rilevanza a un termine.
Esempio: «Ma poi ch’i’ fui al piè d’un
colle giunto» (Inf., I, 13).
Antifrasi Figura retorica che consiste
nell’esprimersi con termini di significato
opposto a ciò che si pensa, o per ironia o
per eufemismo.
Esempio: «Or ti fa lieta, ché tu hai ben
onde: / tu ricca, tu con pace e tu con
senno!» (Dante, Purgatorio, VI, 136-137).
Che si tratti di un’a. sarcastica lo si può
dedurre dal contesto in cui è introdotto il verso. Dante si sta rivolgendo alla
città di Firenze nei versi conclusivi del
canto VI: è questo un canto dominato
da riflessioni di natura politica, dove il
poeta illustra lo stato di decadenza e desolazione in cui versa l’Italia, tra guerre
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fratricide, tirannie e corruzione. Firenze
in particolare è teatro di tutti i mali elencati da Dante e dunque, scossa com’è da
sventure e avversità, ha ben poche ragioni per rallegrarsi.
Antitesi Figura retorica consistente in un
accostamento di parole o concetti contrapposti che acquistano maggior rilievo dalla
vicinanza e dalla disposizione per lo più
simmetrica. Si può ottenere sia affermando
una cosa e negando insieme la sua contraria, sia mettendo a contrasto due fatti opposti e ambedue reali.
Esempio: «umile e alta, più che creatura» (Par., XXXIII, 2).
Antonomasia Figura retorica consistente
nel sostituire il nome di una persona o di
una cosa con un appellativo o una perifrasi che lo identifichi inequivocabilmente.
Esempio: «Ché le città d’Italia tutte piene / son di tiranni, e un Marcel diventa
/ ogne villan che parteggiando viene»
(Purg., VI, 124-126).
Apostrofe Figura retorica per la quale chi
parla interrompe la forma espositiva del suo
discorso per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o anche al lettore. Quando
è accompagnata da toni violenti, ironia o
sarcasmo, è detta invettiva.
Esempio: «Godi, Fiorenza, poi che se’
sì grande / che per mare e per terra batti
l’ali / e per lo n’ferno tuo nome si spande!» (Inf., XXVI, 1-3).
Asindeto Figura sintattica che consiste nella mancanza della congiunzione fra due o
più termini in stretta coordinazione, per
es., veni, vidi, vici (Cesare). Si adopera per
maggiore efficacia espressiva.
Esempio: «di qua, di là, di giù, di sù
li mena» (Inf., V, 43).
Assonanza Forma di rima imperfetta, consistente nel chiudere due o più versi successivi con parole contenenti le stesse vocali
a cominciare da quella accentata fino alla fine, mentre le consonanti sono diverse
(ma per lo più di suono simile). Esempi:
fame e pane, agosto e conosco, lento e tempo.
Si ha invece un’a. atona quando è identica
solo la sillaba (o le sillabe) dopo la vocale
accentata, che è però diversa.
Esempio: «...Tu vuo’ ch’io rinovelli /
disperato dolor che ’l cor mi preme /
già pur pensando, pria ch’io ne favelli»
(Inf., XXXIII, 4-6).
C
Captatio benevolentiae Una delle parti dell’orazione, secondo l’antica retorica
ecclesiastica, mirante a conquistare la benevolenza degli ascoltatori.
Esempio: «ma son del cerchio ove son
li occhi casti /di Marzia tua, che ’n vista
ancor ti priega, / o santo petto, che per
tua la tegni:» (Purg., I, 78-80).
Chiasmo Figura retorica consistente
nell’accostamento di due membri concettualmente paralleli, in modo però che i termini del secondo siano disposti nell’ordine inverso a quelli del primo (posizione
incrociata), così da interrompere il parallelismo sintattico.
Esempio: «Siena mi fé, disfecemi Maremma» (Purg., V, 134).
Climax Figura retorica, detta anche gradazione o gradazione ascendente, consistente nel passare da un concetto all’altro,
o nel ribadire un concetto unico con vocaboli sinonimi via via più efficaci e intensi,
o più genericamente nel disporre i termini di una frase in ordine crescente di valore e di forza.
Esempio: «Quivi sospiri, pianti e alti
guai / risonavan per l’aere sanza stelle»
(Inf., III, 22-23).
Coordinazione vedi Paratassi.
D
Dieresi La divisione di un gruppo vocalico nel corpo di una stessa parola, in modo che le due vocali non formino dittongo ma appartengano a due sillabe diverse.
Esempio: «Marzïa piacque tanto a li
occhi miei» (Purg., I, 85).
Digressione o excursus Deviazione dal
tema principale del discorso. In un’opera
narrativa, la digressione è un aspetto particolare dell’intreccio, consistente in una
pausa concessa all’azione principale, al fine
di creare un clima di attesa, di approfondire il quadro storico in cui l’azione è collocata, d’inserire una riflessione dell’autore, d’introdurre un nuovo personaggio ecc.
Esempio: «Fiorenza mia, ben puoi esser contenta / di questa digression che
non ti tocca» (Purg., VI, 127-128).
Dislocazione Spostamento di un componente della frase da quella che sarebbe
la sua posizione ritenuta normale, spesso collocando al suo posto un pronome
anaforico.
Esempio: «libertà va cercando, ch’è sì
cara, / come sa chi per lei vita rifiuta»
(Purg., I, 71-72).
E
Ecfrasi Nome che i retori greci davano alla descrizione di un oggetto, di una persona, o all’esposizione circonstanziata di un
avvenimento, e più in partic. alla descrizione di luoghi e di opere d’arte fatta con stile
virtuosisticamente elaborato in modo da
gareggiare in forza espressiva con la cosa
stessa descritta.