III cerchio
Canto VII
IV cerchio – V cerchio
VI cerchio
Luogo e tempo
IV cerchio e V cerchio; dopo la mezzanotte tra venerdì 8 e sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
Gli avari e i prodighi, che in vita non ebbero misura nell’accumulare e nello scialacquare denaro;
gli iracondi e gli accidiosi, che – rispettivamente – furono mossi dall’ira e che vissero in maniera inattiva
Pena
Gli avari e i prodighi, divisi in due schiere, spingono macigni in direzioni opposte e, quando si incontrano,
si insultano. Gli iracondi, immersi nella palude Stigia, si sbranano l’un l’altro; gli accidiosi sono sepolti sotto
le acque paludose
Pluto, il demone guardiano del quarto cerchio, rivolge
parole minacciose a Dante e Virgilio, ma quest’ultimo gli
intima di tacere, dicendogli che il loro viaggio è voluto dal
Cielo. Dante vede allora due gruppi di dannati che spingono grandi pietre: a metà percorso, si scambiano accuse
e ingiurie; poi si voltano e ripercorrono lo stesso tragitto,
incontrandosi nel punto opposto del cerchio. Vedendo che
hanno la tonsura tipica dei frati, Dante chiede se siano tutti uomini di Chiesa. Virgilio spiega allora che la colpa di
queste anime è di non avere avuto misura nell’accumulare
denaro (avari) o nello sperperarlo (prodighi); tra loro vi
sono molti ecclesiastici, compresi papi e cardinali. Il poeta
si aspetta di riconoscere qualcuno, ma Virgilio spiega che
il peccato ha reso queste anime irriconoscibili. Rivela inoltre che nel mondo terreno la ricchezza è governata dalla
Fortuna, secondo disegni incomprensibili agli uomini. I
due pellegrini giungono poi nel cerchio inferiore. Qui si
trova la palude Stigia, che ospita gli iracondi e gli accidiosi:
i primi condannati a percuotersi e a strapparsi la carne a vicenda; i secondi costretti a sospirare sotto l’acqua fangosa.
IV cerchio
Canto VIII
V cerchio – palude Stigia
VI cerchio (città di Dite)
Luogo e tempo
V cerchio (palude Stigia); prime ore del mattino di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
Gli iracondi e gli accidiosi, che – rispettivamente – furono mossi dall’ira e che vissero in maniera inattiva
Pena
Gli iracondi, immersi nella palude Stigia, si sbranano l’un l’altro; gli accidiosi sono sepolti sotto le acque
paludose
Proseguendo il cammino, Dante e Virgilio scorgono due
fuochi su un’alta torre e un terzo che risponde agli altri da
lontano. Si avvicina una barca, manovrata da un demone
che rivolge loro minacce. Virgilio lo chiama per nome –
Flegias – e lo zittisce; poi sale sulla barca, seguito da Dante. Mentre l’imbarcazione procede, si avvicina un dannato
sporco di fango, che chiede a Dante chi sia. Il poeta, riconosciuto in lui Filippo Argenti, fiorentino di parte nera noto
per la sua arroganza, gli rivolge parole dure; il dannato tenta allora di rovesciare la barca, ma viene allontanato da Virgilio, che loda il discepolo per il giusto sdegno dimostrato
e per il suo desiderio di vedere l’iracondo sprofondare nel
fango. Subito dopo gli altri dannati si accaniscono sull’Argenti, che intanto si strappa la carne con i denti. A questo
punto Dante ode il lamento proveniente dalla città di Dite,
di cui vede le mura, rosse per il fuoco che vi arde all’interno. A presidiare le porte vi sono i diavoli caduti in disgrazia
Eugène Delacroix, Dante e Virgilio, 1822.
62
insieme a Lucifero dopo essersi ribellati a Dio; essi intimano a Dante di tornare indietro, spaventando il poeta, che
teme di rimanere solo. Virgilio lo rassicura ma non riesce a
ottenere il passaggio dai demoni; promette tuttavia a Dante
che un messo celeste arriverà presto ad aprire loro la via.