CANTO X
V cerchio – palude Stigia
VI cerchio (città di Dite)
(VV. 1-114)
VII cerchio
Luogo
VI cerchio (città di Dite)
Tempo
Prime ore del mattino di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
Gli eretici; tra questi, gli epicurei che non credettero nell’immortalità dell’anima
Pena
Avendo creduto alla morte dell’anima insieme a quella del corpo, sono per contrappasso chiusi in sepolcri
infuocati
Personaggi
Dante, Virgilio, Farinata degli Uberti, Cavalcante de’ Cavalcanti
[1-21] LA CITTÀ DI DITE
Dante e Virgilio sono entrati nella città di Dite, una
sorta di fortezza dalle alte mura collocata nel sesto
cerchio, piena di sarcofagi infuocati in cui si trovano i
dannati: Virgilio spiega che vi sono puniti coloro che
negarono l’immortalità dell’anima.
che costui sia morto e ne chiede conferma. Dante esita
nel rispondere che Guido è ancora vivo, sorpreso dal fatto che, pur conoscendo il futuro, i dannati non sappiano nulla del presente. Cavalcante interpreta l’esitazione
come una conferma del suo timore e, disperato, ricade
sul fondo del sarcofago.
[22-51] L’INCONTRO CON FARINATA DEGLI UBERTI
[73-93] LA SECONDA PARTE DEL DIALOGO CON FARINATA
Una voce proveniente da uno dei sarcofagi richiama
l’attenzione di Dante, riconosciuto come fiorentino;
Virgilio incoraggia il discepolo, impaurito, ad andare
a parlare con l’anima che si è levata in piedi dentro la
tomba. Si tratta di Farinata degli Uberti, capo militare e
politico dei ghibellini fiorentini, che chiede a Dante a
quale famiglia (e quindi a quale partito) appartenga. Il
poeta gli rivela l’identità dei suoi antenati, suscitando lo
sdegno di Farinata, che li identifica come guelfi e rivendica di averli cacciati da Firenze due volte. La risposta di
Dante è altrettanto dura: pur cacciati, essi riuscirono a
rientrare in città, mentre gli Uberti, una volta mandati
in esilio, non hanno più fatto ritorno a Firenze.
Farinata, del tutto indifferente al dramma di Cavalcante, riprende il discorso e, con parole oscure, avverte Dante che anche lui sarà presto esiliato. Quindi
gli chiede come mai i fiorentini siano così crudeli nei
confronti degli Uberti. Dante spiega che l’odio per loro
risale alla grande strage dei guelfi compiuta nella battaglia di Montaperti. Il dannato ricorda allora che non
fu solo nella decisione di combattere quella battaglia,
ma che invece fu lui solo, dopo la vittoria, a fermare gli
altri capi ghibellini che volevano distruggere Firenze.
[52-72] IL DIALOGO CON CAVALCANTE DE’ CAVALCANTI
Intanto, una seconda anima appare nel sarcofago: non si
alza in piedi ma si affianca, in ginocchio, a quella di Farinata. È Cavalcante de’ Cavalcanti, padre di Guido, poeta
e, un tempo, il più caro amico di Dante. Cavalcante pensa
che Dante stia compiendo il viaggio attraverso l’Inferno,
da vivo, in virtù delle sue straordinarie qualità intellettuali, e gli chiede come mai il figlio Guido – che ritiene
ugualmente degno – non sia con lui. Dante spiega che
il viaggio non è dovuto ai suoi meriti, ma a una volontà superiore e che sta seguendo come sua guida Virgilio
(ovvero la retta ragione umana), quella retta ragione nei
confronti della quale Guido mostrò disprezzo. Cavalcante, sentendo un verbo al passato riferito a suo figlio, crede
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[94-114] LA PREVEGGENZA DEI DANNATI
A questo punto Dante chiede a Farinata quale conoscenza del presente e del futuro abbiano le anime
dannate. Farinata spiega che esse conoscono gli eventi futuri finché sono lontani ma, a mano a mano che
si avvicinano al presente, la loro conoscenza svanisce.
Questo significa che alla fine dei tempi – quando non
vi sarà più alcun futuro, ma solo un eterno presente –
la loro conoscenza sarà del tutto nulla. Dante prega infine Farinata di comunicare a Cavalcante che suo figlio
è ancora vivo, e che la sua esitazione nella risposta era
dovuta al dubbio ora risolto.
[115-136] I DUE POETI RIPRENDONO IL CAMMINO
Virgilio conforta Dante, preoccupato per la profezia sul
suo esilio pronunciata da Farinata. Poi si muovono e,
insieme, giungono presso l’orlo del cerchio sottostante.