CANTO XIII
VII cerchio – I girone
VII cerchio – II girone
(VV. 1-108)
VII cerchio – III girone
Luogo
VII cerchio, secondo girone
Tempo
Circa le 4 del mattino di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
Violenti contro sé stessi, cioè i suicidi
Pena
Sono trasformati in alberi che vengono lacerati con i denti e con gli artigli dalle arpie, mostri con la testa
di donna e il corpo di uccelli
Personaggi
Dante, Virgilio, Pier delle Vigne
[1-15] LA SELVA DEI SUICIDI
Virgilio e Dante – quest’ultimo sceso dal dorso del
centauro Nesso che lo ha trasportato oltre il fiume
di sangue bollente chiamato Flegetonte – si ritrovano in un bosco costituito da piante di colore scuro,
con rami e tronchi nodosi e contorti da cui spuntano
spine velenose. Sui rami di questa selva hanno il loro
nido le Arpie, mostri dal corpo di uccello e testa di
donna, che emettono paurosi lamenti.
[16-45] IL RAMO CHE SANGUINA
Virgilio avverte il suo discepolo che in questa orrida
selva vedrà cose cui non crederebbe, a sentirle raccontare. Dante ode voci umane e lamenti, ma non capisce da dove provengano. Il maestro lo invita allora a
rompere un ramo di un albero. Spezzandolo, Dante
vede uscire sangue dal punto di rottura e ode una voce
che lo accusa di non essere pietoso nel compiere quel
gesto e che gli spiega come gli alberi della selva siano
esseri umani trasformati.
[46-78] IL RACCONTO DI PIER DELLE VIGNE
Virgilio risponde al dannato che ha parlato che è stato
costretto a chiedere a Dante di compiere quel gesto: in
caso contrario non sarebbe stato creduto. Per risarcirlo
del dolore che ciò gli ha causato, gli chiede di presentarsi e di raccontare la sua storia. Il dannato è Pier delle
Vigne, celebre notaio, letterato, poeta e uomo di fiducia
di Federico II. Divenuto il favorito dell’imperatore, destò l’invidia degli altri dignitari della corte, i quali convinsero Federico II che Pier delle Vigne lo voleva tradire.
Così questo, incarcerato e accecato, decise di suicidarsi
per dimostrare la propria innocenza; ancora adesso,
all’Inferno, ribadisce la sua lealtà all’imperatore.
[79-108] PIER DELLE VIGNE ILLUSTRA IL DESTINO
DELLE ANIME DEI SUICIDI
Virgilio incoraggia Dante a porre a Pier delle Vigne
tutte le domande che desidera. Il poeta chiede allora
come si formano le anime-piante. Dopo il giudizio
di Minosse, spiega Pier delle Vigne, le anime vengono precipitate in quel luogo; nel punto in cui cadono
cominciano a germogliare come piante. Il sangue e i
lamenti provengono dalle ferite provocate dalle Arpie,
che mangiano le loro foglie. Sarà così fino al giorno
del Giudizio universale. A differenza delle altre anime,
però, quelle dei suicidi non rientreranno più nei loro
corpi, ai quali hanno volontariamente rinunciato; esse
li trascineranno e li appenderanno al proprio corpopianta, come fossero impiccati in eterno.
[109-151] L’APPARIZIONE
DI DUE ANIME INSEGUITE
E IL FIORENTINO SUICIDA
Improvvisamente Dante e Virgilio
vedono due anime che corrono inseguite da un branco di cagne nere. Uno
dei due dannati cerca rifugio in un cespuglio, ma le cagne lo braccano e lo
dilaniano, facendo scempio anche della
pianta. Avvicinatisi al cespuglio, Virgilio lo
interroga, chiedendo di presentarsi. Il dannato risponde di essere un cittadino di Firenze, morto suicida in casa propria.
Gustave Doré, La foresta
dei suicidi, particolare, 1861-1868.
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