CANTI XVI-XIX
Inferno
VII cerchio – III girone
Canto XVIII
VIII cerchio – I e II bolgia
VIII cerchio – III bolgia
Luogo e tempo
VIII cerchio (Malebolge), prima e seconda bolgia; prima mattina di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
I ruffiani e i seduttori (prima bolgia); gli adulatori (seconda bolgia)
Pena
I primi camminano nudi in direzioni opposte lungo la bolgia, continuamente frustati da diavoli;
i secondi, immersi nello sterco, si graffiano e si feriscono a vicenda
L’ottavo cerchio, chiamato Malebolge, è costituito da un
grande spazio circolare, diviso a sua volta in dieci fossati concentrici – le bolge – al centro dei quali si trova un
pozzo largo e profondo. Proprio come i fossati dei castelli
sono attraversati dai ponti levatoi, così ogni bolgia è collegata al pozzo centrale da attraversamenti rocciosi. Nella
prima bolgia Dante vede due schiere di peccatori nudi (i
ruffiani e i seduttori) che, frustati dai diavoli, si muovono
in direzioni opposte. Tra i ruffiani, il poeta riconosce il
bolognese Venedico Caccianemico, colpevole di aver condotto la sorella Ghisolabella a cedere alle voglie del mar-
chese Obizzo II d’Este; Venedico racconta di come il luogo
sia pieno di bolognesi, noti per la loro avidità. Saliti sul
ponte che scavalca la prima bolgia, Virgilio invita Dante a
guardare i dannati che camminano nell’altra direzione (i
seduttori), e in particolare il fiero Giasone, punito per aver
ingannato Isifile e Medea. Passati sul ponte successivo, i
pellegrini osservano poi la seconda bolgia, sul cui fondo
si trovano gli adulatori, immersi nel letame. Dante riconosce Alessio Interminelli da Lucca, mentre Virgilio gli
indica la prostituta Taide (personaggio di una commedia
del poeta latino Terenzio).
VIII cerchio – II bolgia
Canto XIX
VIII cerchio – III bolgia
VIII cerchio – IV bolgia
Luogo e tempo
VIII cerchio (Malebolge), terza bolgia; prima mattina di sabato 9 aprile 1300
Categoria di dannati
e colpa
I simoniaci, coloro che vendettero per denaro beni spirituali
Pena
Sono conficcati a testa in giù in fori della roccia; dal momento che in vita non furono illuminati dalla fiamma
dello Spirito Santo, hanno le piante dei piedi bruciate da fiammelle
Dal culmine del ponte che scavalca la terza bolgia, Dante e Virgilio vedono i simoniaci, capovolti e immersi in
buche rotonde da cui fuoriescono soltanto con le gambe,
che dimenano violentemente a causa delle fiamme che
ardono sulle piante dei loro piedi. Dante chiede informazioni riguardo a un dannato che vede agitarsi più degli altri; Virgilio lo conduce presso la sua buca, in modo che gli
possa parlare. Il dannato crede che invece di Dante gli stia
parlando Bonifacio VIII, arrivato all’Inferno anzitempo (il
papa morirà solo nel 1303, tre anni dopo il viaggio immaginario di Dante). Esortato da Virgilio, Dante chiarisce
l’equivoco; l’anima fa allora capire di essere papa Niccolò
III e annuncia la prossima venuta, oltre che di Bonifacio
VIII, del suo ancor più corrotto successore, Clemente V. A
questo punto il poeta pronuncia una dura invettiva contro i papi simoniaci e contro la commistione tra potere
spirituale e temporale, che ha corrotto la Chiesa fin dai
tempi della donazione di Costantino (considerata nel
Medioevo l’origine del dominio temporale della Chiesa).
Virgilio approva le sue parole; poi lo solleva e lo guida
fino al ponte che conduce alla bolgia successiva.
William Blake, Il papa simoniaco, 1825 ca.