I temi e la visione del mondo I dieci ragazzi raccontano, dunque, cento novelle, affrontando , ispirandosi a , introducendo talvolta addirittura un terzo grado di narrazione: un personaggio di una novella che a sua volta racconta. All’interno di questa struttura-contenitore delle novelle, che è di estrema compattezza, esiste una , il cui unico vincolo rimane il tema di riferimento. temi vari tradizioni diverse notevole libertà di contenuti Nel corso di ogni singola giornata, infatti, , si seguono le gesta di marinai, principi, monaci e monache, pirati, cittadini, ma soprattutto mercanti; ci si trova in alto mare, nelle strade della Firenze e della Napoli che Boccaccio conosce così bene, nel chiuso dei conventi e delle chiese, in aperta campagna, tra la folla o in solitudine. In questo si rivela evidentemente preziosissima l’esperienza di Boccaccio nel mondo mercantile e finanziario delle diverse città italiane; il contatto con banchieri, mercanti e un infinito campionario di tipi umani rappresenta il bacino da cui l’autore attinge per la creazione delle novelle. ci si muove nello spazio e nel tempo Le tre forze che muovono il mondo Per Boccaccio sono tre, principalmente, le forze che guidano le azioni degli uomini: la fortuna, l’amore, l’ingegno (cioè l’intelligenza). Spesso i destini dei personaggi del sono determinati dalla fortuna, intesa come (il tema è particolarmente presente nelle novelle della Seconda e della Terza giornata: si veda, soprattutto, la novella di Andreuccio da Perugia, II, 5, T8, p. 609). Va detto però che il concetto che ha Boccaccio della fortuna è laico: essa è costituita, ai suoi occhi, da un insieme di forze, eventi e accidenti incontrollabili da parte dell’uomo, che però può cercare, per quanto riesca, di contrastarne l’azione distruttrice, opponendole (e qui sta l’ottimismo quasi prerinascimentale dello scrittore) le risorse dell’intelligenza. Decameron caso fortuito ▶ Si tratta di un’idea molto diversa da quella che aveva Dante (e con lui tutta la cultura medievale): nel canto VII dell’ viene detto chiaramente che la Fortuna è un’intelligenza angelica (per questo la parola è scritta con l’iniziale maiuscola), che ha il compito di trasferire i beni materiali da un individuo all’altro, da una famiglia all’altra, da una nazione all’altra e così via, per far comprendere agli uomini il carattere effimero delle cose di questo mondo. Inferno La fortuna Un altro argomento che trova frequente ospitalità nelle novelle di Boccaccio è l’amore. Abbiamo visto che tale tematica era già assai presente nelle opere giovanili. In quei testi, però, c’era un’urgenza autobiografica molto forte: erano opere, cioè, in cui l’amore di cui si parlava era spesso un sentimento effettivamente provato in prima persona dall’autore. Nel invece, Boccaccio, in età più matura, libero dalle passioni, può lasciarsi andare a contemplarle negli altri, con l’empatia di chi le ha sperimentate, ma anche con il distacco necessario per una loro più . Decameron rappresentazione oggettiva La tematica amorosa è presente in moltissime novelle, non solo in quelle delle giornate Quarta (amori infelici: Lisabetta da Messina, IV, 5, T10, p. 624) e Quinta (amori felici: Federigo degli Alberighi, V, 9, T12, p. 637). Con esse Boccaccio si pone in netta polemica con lo spiritualismo e l’ascetismo medievale, che avevano visto per lo più l’amore come una realtà peccaminosa: da qui la satira spesso molto tagliente contro l’ , quegli uomini e quelle donne di Chiesa (preti, frati, monaci, suore) che predicano la morale ma poi agiscono in modo opposto. Per Boccaccio l’amore ▶ ▶ ipocrisia dei religiosi e la sessualità sono invece realtà assolutamente naturali, alle quali è colpevole volersi opporre: devono essere assecondate, altrimenti si va contro le esigenze della natura. Per questa sua posizione l’autore – prima ancora che il sia completato, quando probabilmente circolano già alcune delle novelle – è accusato di immoralità e oscenità. Boccaccio si difende nell’ alla Quarta giornata attraverso una «novelletta», la cosiddetta “novella delle papere” ( T9, p. 621), contenuta nella stessa (e che potremmo considerare la centunesima novella del ): si tratta di un piccolo manifesto della compresa la concreta espressione della sessualità, tipica di Boccaccio. Decameron Introduzione ▶ Introduzione Decameron visione laica e naturalistica del sentimento amoroso , L’amore  >> pagina 569  Il critico Umberto Bosco ha definito il come «poema dell’intelligenza». L’opera si configura infatti come una grande degli uomini, quella che Boccaccio chiama « » (o anche « ») e che contempla una serie molto varia di sfumature: dalla semplice capacità di penetrazione del reale e di adattamento alle diverse circostanze, in modo da volgere le situazioni a proprio favore (come nel caso di Andreuccio da Perugia, II, 5, T8, p. 609, o di Masetto da Lamporecchio, III, 1), all’astuzia del furfante più disonesto (come avviene con ser Ciappelletto, I, 1,  T7, p. 593). Decameron esaltazione dell’intelligenza ingegno industria ▶ ▶ Il tema dell’intelligenza è sviluppato soprattutto nella seconda metà dell’opera: nella Sesta giornata, dedicata ai (Chichibio, VI, 4, T13, p. 647, e Guido Cavalcanti, VI, 9, T14, p. 650), nella Settima, con le delle donne ai mariti (Tofano e monna Ghita, VII, 4, T15, p. 654), e nell’Ottava, con le beffe in generale. motti di spirito ▶ ▶ beffe ▶ Se il valore dell’intelligenza è da Boccaccio così apprezzato, altrettanto criticato è il della dabbenaggine e . Lo scrittore non nasconde la propria simpatia per i personaggi che manifestano finezza, ingegno e persino astuzia diabolica, magari a scapito degli stolti e dei creduloni (come lo sciocco Calandrino, vittima in tre diverse novelle di altrettante beffe: vedi per esempio la VIII, 3, T16, p. 658 e la IX, 3, T17, p. 668). disvalore della stoltezza ▶ ▶ L’ingegno L’esaltazione delle qualità umane Nell’intreccio dei diversi temi, ciò che colpisce è l’ che Boccaccio innalza , alle sue capacità intellettuali e pratiche, alla sua iniziativa personale e alle sue doti creative, in grado di salvarlo da qualunque insidia. inno all’uomo Viene meno, da parte dell’autore, un criterio organico e universale per giudicare sul piano morale la condotta umana: Boccaccio ritiene superate le impalcature ideologiche e filosofiche presenti nella mentalità medievale (quella dantesca, per esempio) e pertanto , volgendosi invece a una forma di relativismo, secondo il quale ogni azione può essere condannata o giustificata a seconda delle circostanze. si astiene dall’emettere sentenze di natura etica Ciò spiega perché nel i personaggi vincenti, ancorché talvolta riprovevoli secondo una concezione morale tradizionale, rigida e precettistica, siano quelli che mostrano una capacità di uscire indenni dagli ostacoli posti dall’esistenza grazie all’intraprendenza e alla sagacia, sia pure truffaldina o disonesta: a cominciare da ser Ciappelletto che, nella prima novella, apre la raccolta. Si tratta di : sono messi alla berlina principi e sempliciotti, uomini di Chiesa corrotti (la satira anticlericale è un altro motivo ricorrente nell’opera) e servi sciocchi. Segni distintivi dell’intelligenza sono anche la consapevolezza della realtà e l’accettazione delle sconfitte. Siamo ben lontani – appare evidente – dall’atteggiamento fatalistico, aristocratico e teocentrico che aveva caratterizzato la cultura precedente. E questa è un’altra grande conquista di Boccaccio. Decameron capacità trasversali dal punto di vista sociale Il relativismo etico Lettura critica p. 696    >> pagina 570  Hanno successo, nelle varie novelle, i personaggi che sono in grado di superare le peripezie grazie alle loro capacità tutte umane, affidandosi completamente all’intuito, alla conoscenza del mondo e dell’uomo, all’esperienza e alla parola. Su quest’ultimo punto – la – Boccaccio insiste in diverse novelle: saper parlare bene, a proposito, in maniera efficace e adatta alla situazione è una qualità che lo scrittore mostra di apprezzare in particolar modo. E in fondo l’intero può essere letto come un’esaltazione dell’arte del parlare, oltre che del raccontare. celebrazione della parola Decameron L’arte di saper parlare L’ultima giornata è dedicata ai valori della cortesia e della magnanimità, cioè a quei valori che erano stati tipici della società e della letteratura cortese (presenti, d’altronde, anche in diverse novelle delle altre giornate, come la già citata V, 9, ▶ T12, p. 637 ). Lo scrittore sceglie di proporli al nuovo pubblico borghese , che gli appare pronto a subentrare, sul piano della primazia sociale, all’antica nobiltà feudale. Tuttavia Boccaccio non è affatto un nostalgico del tempo passato. Al contrario, tutto proiettato com’è nel futuro, è il primo a riconoscere che l’ aveva spesso dato origine a vere e proprie , per esempio l’esasperazione di un potere assoluto senza limiti e senza freni: nell’ultima novella del libro ( T18, p. 673) troviamo l’esempio della «matta bestialità» di Gualtieri, il marchese di Saluzzo, che tormenta crudelmente la propria moglie, Griselda, per metterne alla prova la pazienza e la fedeltà ai limiti dell’umana sopportazione. Con questa novella l’autore vuole mostrare l’estremo negativo del mondo aristocratico-feudale. Non per questo, però, Boccaccio crede che le virtù cortesi siano tramontate: quei valori vanno trapiantati, e adattati, nella nuova società comunale. universo feudale aberrazioni ▶ Se l’autore quindi da una parte manifesta la propria adesione ai a lui contemporanea (intelligenza pratica, prontezza di spirito, audacia, libertà intellettuale e religiosa, capacità di indirizzare le circostanze a proprio vantaggio, considerazione degli aspetti economici, riconoscimento del valore degli individui rispetto ai privilegi derivanti dalle origini familiari), dall’altra ritiene che possano ancora essere validi e nobilitanti per la borghesia stessa i (liberalità, magnificenza, lealtà, coraggio, senso dell’onore). valori della borghesia mercantile valori della società cortese, aristocratica e feudale Etica cortese  ed etica borghese Lettura critica p. 698   Il fatto che le diverse giornate e novelle siano incentrate su temi diversi non mette in discussione l’unità dell’opera. Il è un libro organico, unificato nei suoi diversi momenti – oltre che, sul piano formale, dalla struttura che abbiamo descritto sopra – dall’acuta di Boccaccio e forse soprattutto dal suo costante : l’autore canta l’esistenza umana nei suoi molteplici aspetti, compresi quelli concreti e terreni, che anzi sono i primi a essere esaltati, senza preoccupazioni morali e religiose. Questo aspetto centrale della sua opera consente di affermare che egli ha molto contribuito, con le sue cento novelle, alla formazione della concezione della vita e della letteratura che si affermerà nel Quattro e nel Cinquecento. Decameron capacità di osservare la realtà sentimento di adesione alla vita La celebrazione della realtà terrena , Tavola Strozzi, 1472. Napoli, Museo di San Martino. Veduta di Napoli