CLASSICI a confronto Dante, Petrarca e Boccaccio I due principali di Boccaccio sono stati Dante e Petrarca: dal primo egli riprende il della rappresentazione e la fiducia nelle possibilità espressive del volgare; dal secondo il e una concezione della letteratura già per molti versi umanistica. Così Boccaccio trova una propria personalissima strada tra il passato (rappresentato da Dante, ancora uomo del Medioevo) e il futuro (Petrarca con il suo pre-Umanesimo). maestri realismo culto dei classici Lo schema storiografico tradizionale voleva un , un e un . In realtà tale schema è assai impreciso, perché Boccaccio è anche – come ha mostrato la critica più accorta – profondamente uomo del Medioevo, con tutto quello che ciò significa in termini culturali, ideo­logici e religiosi. Dante “tutto cielo” Petrarca “so­speso tra cielo e terra” Boccaccio “tutto terra” Nessuno come , ma soprattutto di quest’ultimo egli subisce l’influsso, con un atteggiamento di devozione e umiltà. Si dice che leggendo alcune poesie di Petrarca, Boccaccio si fosse a tal punto vergognato delle proprie da distruggerle in massima parte. Malgrado i loro incontri e il costante scambio epistolare, Boccaccio non ha mai neppure accennato a Petrarca del suo , che forse considerava un’opera troppo inferiore (per i contenuti realistici e lo stile molto vario) perché potesse essere degna dell’attenzione dell’illustre letterato. L’ammirazione per Petrarca Boccaccio ha amato Dante e ammirato Petrarca Decameron Così Boccaccio per il quale possiedono un autentico valore letterario solo le opere scritte in latino. Quando la fama delle sue cento novelle inizia a crescere attorno a lui, Boccaccio pare quasi affannarsi a tacitarla, impegnandosi e affaticandosi a scrivere opere in latino. La preminenza del latino si conforma all’idea di Petrarca Boccaccio sembra non comprendere che la vera novità della sua vasta produzione è costituita proprio dalle novelle del . La vera novità è anche il fatto che Boccaccio è stato il primo a offrire una letteraria per così dire “totale” : quel mondo che Dante, nobile economicamente decaduto, disprezzava – , XVI, 73-75: «La gente nuova e i sùbiti guadagni / orgoglio e dismisura han generata, / Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni» (La gente arrivata da poco e i guadagni improvvisi hanno generato in te, o Firenze, orgoglio e sregolatezza, al punto che già piangi per questa situazione) – e che Petrarca, ancora figlio di una cultura cortese, letterato tutto assorto nei suoi studi e nelle sue meditazioni spirituali, non conosceva. Una rappresentazione “totale” della borghesia Decameron rappresentazione dell’universo borghese Inferno Se Petrarca è un intellettuale il cui orizzonte è l’ , lo scenario dell’azione di Boccaccio, dopo il rientro da Napoli, è ancora il Comune di (ed è lo stesso orizzonte di Dante). La Firenze dei banchieri e una nuova idea di nobiltà Europa Firenze Nel contesto sociale della Firenze di Boccaccio – la città dei banchieri e della borghesia in ascesa – vengono poste le basi di una nuova concezione della nobiltà, che supera quella tradizionale legata all’aristocrazia dell’origine familiare e quella stilnovistica connessa al “cuore gentile”, che Petrarca ancora condivideva. La nobiltà per Boccaccio è quella dell’ , dell’intelligenza e persino dell’astuzia: una nobiltà, dunque, accessibile a tutti. ingegno