L’opera Orlando furioso Il proemio (I, 1-4) T4 La fuga di Angelica (I, 5-23) T5 La figuraccia di Sacripante (I, 33-71) T6 L’avventura di Pinabello e il castello di Atlante (II, 37-57) T7 Atlante e l’ippogrifo (IV, 1-7) T8 Ruggiero e Astolfo nell’isola di Alcina (VI, 19-41) T9 Un palazzo incantato (XII, 4-21) T10 La pazzia di Orlando (XXIII, 111-124; 129-136) T11 Astolfo sulla Luna (XXXIV, 69-87) T12 Avventure di amore e di amicizia, di armi e di magia, e una folla di dame e di cavalieri che si cercano e si incontrano, perdendosi tra selve, labirinti e campi di battaglia, isole lontane e castelli incantati: con la sua e la sua , nella quale le vicende principali si intrecciano a quelle secondarie, l’ affascina ancora oggi il lettore, catturato dalla grandezza e dalla miseria di grandi paladini irretiti da rivalità e passioni, e tentati, come uomini comuni, dall’amore non meno che dalla gloria. trama avvincente struttura labirintica Orlando furioso Con , alla stregua di un disincantato burattinaio che tiene saldamente in pugno i fili delle diverse storie, Ariosto mette in scena i suoi eroi, disperdendoli per il mondo, sempre alla ricerca di qualcosa, sedotti, come spesso capita agli esseri umani, dalla vana ma irresistibile bellezza delle . occhio ironico illusioni Lettura critica p. 324 La composizione e la diffusione L’ è un poema in (a schema di rime ABABABCC), che Ariosto inizia a comporre a partire dal 1504-1506. Ne possediamo tre redazioni: Orlando furioso ottave di endecasillabi la prima, del , in 40 canti, è scritta nel ereditato da Boiardo; 1516 padano illustre la seconda, del , sempre in 40 canti, presenta un contenuto sostanzialmente invariato rispetto alla prima, ma cambia la , che si evolve verso una forma ; 1521 lingua più toscaneggiante la terza e definitiva (quella che noi oggi leggiamo), del , in 46 canti (per un totale di 4.842 ottave), vede l’aggiunta di alcuni episodi nuovi, mentre la lingua si conforma ancor più al , secondo le indicazioni fornite da Pietro Bembo nelle (1525); Ariosto, insomma, “petrarchizza” il linguaggio del poema. 1532 fiorentino illustre Prose della volgar lingua È importante comprendere le ragioni dell’evoluzione della veste linguistica del poema: l’impiego del padano prevedeva un pubblico cortigiano, ferrarese o comunque locale; l’uso del volgare fiorentino, invece, presuppone un , se non a livello nazionale, almeno oltre i confini della corte e del ducato. allargamento di pubblico Le tre redazioni >> pagina 236 All’ si possono accostare i cosiddetti . probabilmente , essi vertono su un argomento particolare della materia carolingia (la stessa del ), il tradimento di Gano di Maganza al passo di Roncisvalle: nel 778, quando Carlo Magno attraversa i Pirenei di ritorno da una spedizione in Spagna contro i Mori, la sua retroguardia, guidata da Orlando, viene massacrata. I non sono stati inseriti da Ariosto né nella seconda né nella terza edizione e rappresentano tuttora un problema insoluto della critica ariostesca: per alcuni vanno letti come una , seppure a sé stante, ; per altri, invece, come l’ . Orlando furioso Cinque canti Composti tra la prima e la seconda edizione Furioso Cinque canti parte del Furioso inizio di un nuovo poema Il problema dei Cinque canti Fonti, vicende e personaggi Le fonti letterarie Il pubblico della corte degli Estensi cui Ariosto si rivolge si era appassionato alle vicende di Orlando, quel dell’omonima il quale, nell’ di Boiardo, aveva sviluppato un lato più umano e più passionale, innamorandosi di Angelica. Proprio (al nono canto del terzo libro, ottava 26, mentre Carlo VIII scendeva in Italia), la vicenda di Orlando che, appunto, diventa , cioè pazzo, per amore. Roland Chanson Orlando innamorato da dove Boiardo aveva interrotto la sua narrazione Ariosto riprende a raccontare furioso Come già Boiardo, Ariosto si ricollega alla (il personaggio di Orlando e l’epica cristiana di cui il paladino era protagonista) e alla (la tematica amorosa, magica e avventurosa), mirando a una di queste due componenti. materia carolingia materia bretone fusione La ripresa da Boiardo Se l’ è una delle fonti principali di Ariosto, l’autore tende però a contaminarla con diverse tradizioni piuttosto eterogenee tra loro, inglobando nel poema elementi romanzi, padani, colti, popolari, oltre che la (Omero e soprattutto Virgilio, dal quale traggono ispirazione diversi episodi). Ma – ciò che più conta – Ariosto riesce a trasformare, come osserva il critico Lanfranco Caretti, «il poema cavalleresco in romanzo contemporaneo, nel romanzo cioè delle passioni e delle aspirazioni degli uomini del suo tempo». Il esprime infatti la : attraverso il riso e l’ironia, come vedremo tra poco, l’autore denuncia il tramonto degli ideali cavallereschi fino ad allora celebrati. Orlando innamorato lezione dell’epica classica Furioso dissoluzione dell’epica medievale I riferimenti ai classici La trama, lo spazio e il tempo La del poema è piuttosto complessa e . La caratteristica principale dell’ è infatti una narrazione intricata, ma sempre avvincente e ricca di colpi di scena, nella quale le vicende sfumano l’una dentro l’altra, senza apparente gerarchia, senza nemmeno la presenza di un distinguibile nucleo principale, intorno a cui disporre gli avvenimenti secondari. trama difficilmente riassumibile Orlando furioso A differenza dei poemi antichi, infatti, che riconducevano l’intreccio essenzialmente all’unità del personaggio centrale e dell’azione dominante, Ariosto decide di moltiplicare lo sviluppo delle storie in una : dal punto di vista narrativo, l’unità è garantita dalla concatenazione di trame parallele che si interrompono a vicenda, dando l’impressione di non concludersi mai e di rimanere sempre aperte. Da qui nasce il senso continuo di attesa e di movimento incessante che l’autore alimenta con abile regia teatrale, coordinando dall’alto lo svolgimento di diversi racconti. miriade di episodi La complessità del poema >> pagina 237 Tuttavia, pur nella difficoltà di individuare un argomento prevalente sugli altri, è possibile riconoscere ( ) . tre filoni o nuclei narrativi principali Il primo è il : il racconto delle vicende di guerra dei , difensori della religione cristiana e del re , contro i (o Saraceni) musulmani. All’inizio del poema il re dei Mori, , dopo avere sbaragliato l’esercito di Carlo, stringe d’assedio Parigi con le sue truppe. La città viene difesa soprattutto da Rinaldo, che sventa i successivi attacchi portati da Rodomonte e dallo stesso Agramante, fin quando la guerra si trasferisce in Africa. La morte di Agramante per mano di , nipote di Carlo Magno, pone fine al conflitto con la vittoria cristiana. Intorno a questa vicenda principale si intrecciano due complesse storie sentimentali, da cui si dipartono i successivi due filoni. filone militare paladini Carlo Magno Mori Agramante Orlando Il secondo è, infatti, quello , che ha al centro l’inseguimento di (figlia del re del Catai, l’odierna Cina) da parte di tutti i più valorosi paladini, che se ne innamorano a prima vista, quando la vedono comparire, all’inizio del poema, a un torneo militare. Si tratta della cosiddetta , cioè la ricerca: tradizionalmente oggetto di tale ricerca era il Sacro Graal; qui, invece, ironicamente è una fanciulla. I più fervidi innamorati della donna sono e Orlando: il primo si libera dall’insana passione bevendo alla fonte dell’oblio nella selva Ardenna; il secondo invece si inviluppa in un’interminabile sequenza di avventure fin quando scopre che la principessa si è concessa a , un semplice fante dell’esercito saraceno. In preda alla follia, il cavaliere vaga attraverso i boschi e le selve della Francia e della Spagna, vittima di una furia distruttiva. L’esercito cristiano, per l’assenza del proprio campione, rischia di perdere il dominio sulla Francia, ma alla fine Orlando rinsavisce – grazie al compagno , che va a recuperare il suo senno sulla Luna (sul carro del profeta Elia) –, e così riprende il proprio ruolo nell’armata. filone amoroso Angelica quête Rinaldo Medoro Astolfo Il terzo e ultimo è quello . Esso incarna un motivo tipico della letteratura cortigiana, che prevede le lodi, da parte del poeta, del proprio signore (che era anche – ricordiamolo – il mecenate, cioè il finanziatore, della produzione letteraria). Qui Ariosto intende celebrare la grandezza dei , i cui antenati vengono cantati sin dal proemio, come vuole la tradizione. Parallela alla vicenda che vede come protagonista Orlando, se ne articola infatti una seconda: quella del predestinato, ma continuamente ostacolato, amore di , valoroso soldato del campo saraceno, e della guerriera cristiana , sorella di Rinaldo. Quello di Ruggiero è un vero percorso di formazione: prima vince i tranelli del mago , il quale, per proteggerlo da un destino di morte in guerra, lo imprigiona in un castello e in un palazzo; poi neutralizza le seduzioni della maga grazie al prezioso aiuto della maga buona Melissa; infine, divenuto uomo maturo e superate altre prove, si converte al cristianesimo e può unirsi in matrimonio con Bradamante. La storia di Ruggiero e Bradamante ha un intento celebrativo, poiché l’unione dei due personaggi è voluta dalle stelle per dare origine alla dinastia degli Estensi (al cui servizio Ariosto lavora). filone encomiastico duchi d’Este Ruggiero Bradamante Atlante Alcina Attraverso questa vicenda e altre divagazioni sull’Italia del XVI secolo, percorsa e occupata dagli eserciti stranieri, il poeta . Tale concetto è riassunto in un verso celeberrimo: «Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui!» (I, ott. 22). contrappone il tempo antico e mitico della cavalleria alla situazione storica a lui vicina I tre nuclei principali >> pagina 238 La narrazione si apre, dopo il proemio e la dedica, con la scena dell’assedio di Parigi da parte degli “infedeli” (cioè dei Mori, detti “infedeli” in quanto non cristiani) e si sposta di continuo nel corso dell’opera, attraversando (dall’Inghilterra all’Africa, dai Pirenei a Lampedusa) e (grotte, isole, palazzi, castelli). Talvolta, nel giro di poche ottave Ariosto fa correre i suoi eroi da un continente all’altro; altre volte lunghi viaggi a cavallo si rivelano essere alla fine un giro in tondo nella foresta. Non a caso, come ha scritto Italo Calvino, il si annuncia sin dalle prime ottave come «il poema del movimento»: un viaggio illimitato che procede a linee spezzate, a zig zag, in una sarabanda continua di fughe, incontri fortuiti, inversioni e ritorni sui propri passi. luoghi reali luoghi magici Furioso Il «poema del movimento» Nella prima parte del poema la guerra si svolge a , mentre nella seconda parte la città di riferimento diventa Arles, dove si ritirano i Saraceni dopo la sconfitta. Parigi, in particolare, in quanto sede dell’accampamento cristiano, rappresenta una sorta di , essendo la città cristiana da cui tutti i cavalieri partono e poi ritornano, magari dopo essersi smarriti inseguendo passioni profane. A Parigi il poema si apre con la fuga di Angelica, e a Parigi si chiude con il duello finale tra Ruggiero (nel frattempo convertitosi al Cristianesimo) e Rodomonte, che, con la morte di quest’ultimo, sancisce la vittoria dei paladini cristiani e di Carlo Magno. Parigi centro morale del poema Altri luoghi appartengono invece a una geografia fantastica. È il caso del che – insieme alla selva in cui fugge Angelica e all’isola della maga Alcina – rappresenta l’ , viste come illusorie e fallaci. Qui si incontrano gran parte dei personaggi, che si riconoscono tra di loro, mentre credono di trovare ciò che cercano: sono invece vittime dell’incanto, di una magia che illude e confonde, rappresentazione della dimensione irrazionale che governa la vita. O ancora è il caso della , che è il simbolo di una realtà separata e dunque alternativa a quella terrena, una sorta di (privo, cioè, dei limiti e delle ambiguità di quello reale), a cui solo Astolfo, in qualità di esecutore della volontà divina, può accedere per recuperare il senno di Orlando. castello incantato del mago Atlante instabilità delle cose e delle passioni terrene Luna mondo perfetto Infine troviamo nel poema un altro luogo meno definito, ma tipico delle avventure ariostesche: . Non si tratta più dell’allegoria dantesca delle tenebre del peccato, bensì del in cui si smarriscono irrimediabilmente i desideri e le aspirazioni degli uomini. Essa costituisce dunque il luogo dove ci si perde e ci si incontra, , nella cui complessità appare assai difficile orientarsi. La selva è dunque, per i personaggi, l’ambiente del disorientamento e dello smarrimento di sé stessi. la selva labirinto inestricabile metafora del caos del mondo e della realtà umana Parigi centro di gravità In questi scenari diversi, i personaggi del , al di là delle singole vicende, sono tutti accomunati dalla ricerca del proprio oggetto del desiderio (la tipica dei romanzi di avventura del ciclo bretone-arturiano). In questo continuo inseguimento si racchiude il significato dell’esistenza: un cercare, cercare, e ancora cercare, che qui non ha nessuna motivazione religiosa, ma è spinto da un impulso mondano, esclusivamente terreno. Uomini o donne, cristiani o saraceni bramano sempre qualcosa, che è per alcuni la conquista della persona amata, per altri il ritrovamento di un’arma perduta: desiderio che li distoglie dai propri compiti, indirizzandoli verso nuove mete. Purtroppo però questo viaggiare ininterrotto non porta mai alla meta, ma anzi conduce sempre lontano dall’oggetto desiderato e spesso indietro al punto di partenza. così , inappagata, fonte pericolosa di smarrimento psicologico e, come per il povero Orlando, di follia. Furioso quête La ricerca si rivela inutile Il che caratterizza i personaggi è dunque di tipo : essi si trovano a muoversi, spesso malgrado sé stessi, allontanandosi dalla strada sulla quale i loro doveri cavallereschi dovrebbero indirizzarli. Ciò segna una sostanziale differenza rispetto all’epica carolingia, dove i paladini erano tutti proiettati verso l’unico bene comunemente riconosciuto, cioè la difesa della fede cristiana; qui il loro orizzonte psicologico è invece completamente diverso, tesi come sono a rincorrere obiettivi personali. movimento centrifugo Lontani dal centro, verso la follia Lettura critica p. 325 >> pagina 239 Lo percorso dai cavalieri è tutto : non tragga in inganno il viaggio di Astolfo sulla Luna, che non ha nulla di trascendente, configurandosi semmai come un espediente narrativo, un’estrema concessione al gusto dell’avventuroso e dell’esotico, una fantasiosa incursione in un altro mondo per ripensare alla vita su questo. L’universo ariostesco infatti non prevede ascensioni o allegorici viaggi verticali e gerarchici, ma neanche riconosce limiti o confini: si viaggia in lungo e in largo, si entra e si esce, ci si incontra e ci si perde di vista, errando verso un dove che non si raggiunge mai. spazio orizzontale Un universo senza limiti La geografia del , insomma, non è circoscritta, perché il mondo non è circoscrivibile, ma perlustrabile lungo direzioni infinite. In questo universo-labirinto mancano del resto appigli o approdi sicuri e men che meno ci si può affidare a incontri provvidenziali: guide sul modello del Virgilio dantesco non ce ne sono. Per questo, senza sicurezze e riferimenti certi, all’uomo non resta che vagare, provando – ma quasi sempre senza successo – a resistere alle allucinazioni e agli incantesimi. Il si rivela così inevitabilmente un’ , destinata a complicare e ad aggrovigliare la conoscenza razionale del mondo. Furioso viaggio esperienza frustrante Il viaggio che non forma Come lo spazio, anche il tempo sfugge a ogni connotazione realistica. Nel seguire i movimenti dei personaggi, Ariosto depista e confonde il lettore con un continuo andirivieni: le vicende si intrecciano, poi si distanziano, quindi ritornano a svilupparsi parallelamente. Insomma, con continue riprese, deviazioni e fratture: un determinato evento sembra interrompersi sul più bello, ma poi improvvisamente torna al centro della scena. al labirinto spaziale corrisponde un labirinto temporale Si dipana in tal modo una tela di situazioni che però non è mai casuale, come era nel romanzo cavalleresco medievale e, in parte, anche nell’antecedente di Boiardo: qui il coacervo di materiali e l’alternanza dei piani temporali corrispondono a un che rende sempre armonico il meccanismo della narrazione ed equilibrata la distribuzione dei nuclei narrativi. Ariosto rappresenta un mondo caotico, che però lui sovrintende dell’alto. disegno razionale Un caos temporale perfettamente organizzato I personaggi principali La ricca complessità che domina l’universo ariostesco si rispecchia nella dei personaggi che si muovono sulla sua scena. Va precisato subito che nel poema non incontriamo individualità definite e psicologie approfondite: ad Ariosto non interessa costruire personalità caratterizzate, dotate di una propria autonoma vita interiore. Suo scopo è invece fornire a ciascuno di essi un aspetto della natura umana da intrecciare, confondere e mettere in relazione con quelli degli altri protagonisti dell’opera. Ne risulta una sorta di enorme mosaico di comportamenti: una galleria di azioni e gesti che l’autore osserva dall’alto senza sposare alcun punto di vista parziale, ma al tempo stesso cercando empaticamente una sorta di affettuosa complicità nei confronti sia degli eroi cristiani sia di quelli pagani. varietà umana >> pagina 240 I PERSONAGGI principali Cristiani Astolfo Paladino figlio del re d’Inghilterra, e cugino di Orlando e di Rinaldo, si innamora di Alcina, che lo trasforma in una pianta di mirto; tornato alle sembianze originarie, in seguito scende nell’oltretomba e sale sulla Luna per recuperare il senno perduto da Orlando. Bradamante Valorosa guerriera sorella di Rinaldo, unendosi a Ruggiero darà origine alla casata d’Este. Orlando Era tradizionalmente il paladino della fede cristiana, ma ora, in preda alla follia amorosa, diventa simbolo della vanità delle passioni umane. Pinabello Della casa di Maganza, è figlio di Anselmo d’Altaripa; racconta a Bradamante il rapimento della sua donna per mano di Atlante. Rinaldo Fratello di Bradamante e cugino di Astolfo e di Orlando, è rivale di quest’ultimo nell’amore di Angelica. Pagani Agramante È il re dei Mori, figlio di Troiano e discendente di Alessandro Magno. Alcina È una maga malvagia, che vive in un’isola dell’Oceano Indiano con le sorelle Morgana e Logistilla (che è l’unica virtuosa); trasforma Astolfo in una pianta di mirto e seduce Ruggiero. Simboleggia la falsa felicità promessa dai piaceri sensuali. Angelica Figlia del re del Catai (Cina), è da tutti desiderata e da tutti inseguita; ma lei preferirà ai più nobili cavalieri l’umile fante Medoro. Evidente parodia delle creature angelicate della tradizione stilnovistica, è consapevole della propria bellezza, che sfrutta con calcolo e non senza cinismo. Simboleggia l’irraggiungibilità delle illusioni. Atlante Mago africano, maestro e protettore di Ruggiero, di cui conosce il destino, che cerca in ogni modo di scongiurare; rapisce tutte le donne belle che trova per rinchiuderle nel suo castello incantato. Ferraù Cavaliere spagnolo, è uno degli innamorati di Angelica. Medoro È il guerriero di cui si innamora Angelica; insieme all’amico Cloridano compie una coraggiosa spedizione notturna nel campo cristiano per recuperare il corpo del re Dardinello. Rodomonte Re d’Algieri e di Sarza, è un cavaliere di ferocia e superbia smisurate; si batte con Ruggiero nell’ultima scena del poema, accusandolo di essersi convertito al cristianesimo. Morirà nel duello. Ruggiero Guerriero di origini modeste, destinato a fondare la dinastia estense attraverso l’unione con Bradamante, dovrà prima purificarsi diventando cristiano. Sacripante Re di Circassia, è innamorato di Angelica.