L età della Controriforma e del Manierismo La civiltà umana non è nient altro che una fitta relazione di inganni, egoismi e ipocrisie. La condizione umana è segnata dall incertezza e dall instabilità: per questo la vita degli uomini è un continuo combattimento, una sofferenza senza tregua. ne6 nasce fra voi tutto il giorno tante fraude,7 tanti inganni, liti e inimicizie, che voi non potete conversare sicuramente insieme, come facciam noi, e continuamente temete di perdere quel che voi avete o d incorrere in qualche futuro male. Sì che godi pur tu questo vostro stato così infelice e ripieno di tante miserie; che io vo quel poco di vita che mi avanza, senza timor di morte o d altro, consumarmelo in questo.8 6 onde ne: da ciò. 7 tante fraude: tanti raggiri. 8 consumarmelo in questo: trascorrerlo in questa condizione (di capro). Dosso Dossi, Maga Circe, 1520 ca. Roma, Galleria Borghese. La lingua La codificazione del volgare Tra norma e trasgressione Come abbiamo visto, il successo delle Prose della volgar lingua conferì a Pietro Bembo il ruolo di grande regolarizzatore della lingua letteraria italiana. La sua tesi arcaizzante, fondata sul modello di Petrarca e Boccaccio, prevalse su tutte le altre, anche se non mancarono in tutto il corso del Cinquecento letterati che si mostrarono con le loro opere estranei o ostili al suo classicismo restrittivo. La sperimentazione e il plurilinguismo affiorano nella mescolanza del latino e del volgare tipica del linguaggio maccheronico e in molte commedie che danno voce a personaggi e ambienti sociali e culturali diversi, senza trascurare sorprendenti incursioni nel dialetto (così avviene, per esempio, nelle opere teatrali di Pietro Aretino, di Giordano Bruno o di autori minori come il napoletano Giambattista Della Porta). Un regolismo dilagante Tuttavia il carattere normativo della cultura controriformistica accentua ulteriormente il desiderio di uniformare caratteri e stili dell espressione letteraria. Si parla, a questo proposito, di un vero e proprio regolismo : ogni aspetto della lingua doveva essere soggetto a una codificazione precisa e priva di eccezioni. Significativo, per esempio, è il dibattito sorto sull uso dell articolo: davanti a consonante era opportuno usare la forma il o quella lo ? A far prevalere la prima ipotesi fu il più influente filologo e grammatico dell epoca, il fiorentino Leonardo Salviati (1540-1589), il quale riprendendo gli spunti di Bembo in un opera dal titolo Avvertimenti della lingua sopra il Decamerone, indicò nel Trecento il «buon secolo al quale rifarsi per contrastare la corruzione del fiorentino contemporaneo, troppo incline ad accogliere latinismi e forestierismi. Il modello ariostesco Lo stesso Salviati, non a caso tra i fondatori e tra i massimi promotori dell Accademia della Crusca (1582), si segnalò per la sua battaglia senza quartiere contro ogni tentativo di compromettere la purezza del fiorentino: per esempio, ebbe una grande risonanza la sua polemica contro la Gerusalemme liberata e il suo autore, Torquato Tasso, accusato di aver adoperato forme difficili, costrutti innaturali, espressioni astruse, insomma di scrivere male. I fiorentinisti preferivano di gran lunga i versi di Ariosto, che si aggiunse così a Petrarca e Boccaccio come un grande modello linguistico da imitare. 498