T9 Romagna Dopo la morte del padre, la famiglia Pascoli deve abbandonare la tenuta in cui viveva e più tardi, scomparsa la madre, anche la Romagna. Il poeta torna con il pensiero all’infanzia a San Mauro, cantando quella terra all’insegna del ricordo e della nostalgia in questa lirica dedicata all’amico Severino Ferrari. Quartine di endecasillabi a rima alternata (ABAB, CDCD ecc.). Metro La memoria dell’ e la perdita del « » infanzia  nido a Severino Sempre un villaggio, sempre una campagna mi ride al cuore (o piange), Severino: il paese ove, andando, ci accompagna l’azzurra vision di San Marino:    sempre mi torna al cuore il mio paese 5     cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta. Là nelle stoppie dove singhiozzando va la tacchina con l’altrui covata, 10     presso gli stagni lustreggianti, quando lenta vi guazza l’anatra iridata, oh! fossi io teco; e perderci nel verde, e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie, gettarci l’urlo che lungi si perde 15     dentro il meridiano ozio dell’aie; mentre il villano pone dalle spalle gobbe la ronca e afferra la scodella, e ’l bue rumina nelle opache stalle la sua laboriosa lupinella. 20     costantemente. San Mauro di Romagna, dove Pascoli era nato (oggi San Mauro Pascoli). Sempre: 1 un villaggio: il poeta Severino Ferrari (1856-1905), amico di Pascoli e, come lui, allievo di Carducci. Severino: 2 si intende la Romagna, da dove, mentre si cammina, si vede all’orizzonte il monte Titano della Repubblica di San Marino, che appare azzurro visto da lontano. il paese… San Marino: 3-4 su cui regnarono i Guidi e i Malatesta, famiglie signorili che nel tardo Medioevo e nel Rinascimento governarono la Romagna. cui… Malatesta: 6 che dominò anche il Passatore, Stefano Pelloni, un famoso bandito originario di Faenza, morto nel 1851. Era detto (cioè “traghettatore”) dal mestiere del padre e perché la leggenda popolare gli attribuiva molti gesti generosi verso i poveri e gli oppressi. cui… Passator cortese: 7 passatore cortese  tra i gambi del grano mietuto ( ), dove la tacchina, che fa un verso simile a un singhiozzo, va accompagnata da pulcini non suoi.  nelle stoppie… covata: 9-10 stoppie lucenti. lustreggianti: 11 le piume dell’anatra sono di vari colori come un arcobaleno (o iride). iridata: 12 con te (intende Severino Ferrari). teco: 13 uccelli di colore rossiccio e nero, azzurro sulle ali. ghiandaie: 14 chiamarci con richiami che si perdono in lontananza nel grande silenzio del mezzogiorno, quando i contadini riposano e le aie sono vuote. gettarci l’urlo… ozio dell’aie: 15-16 contadino. depone. Entrambi sono latinismi. villano: 17 pone: incurvate dalla continua fatica nei campi. ronca: ferro adunco utilizzato nei lavori agricoli per potare, strappare o recidere le piante (è detta anche ). è il momento del pranzo. gobbe: 18 roncola afferra la scodella: ombrose (latinismo). opache: 19 l’erba della lupinella è detta laboriosa perché il bue la rumina lentamente e a lungo. la sua… lupinella: 20 Da’ borghi sparsi le campane in tanto si rincorron coi lor gridi argentini: chiamano al rezzo, alla quiete, al santo desco fiorito d’occhi di bambini. Già m’accoglieva in quelle ore bruciate 25     sotto ombrello di trine una mimosa, che fioria la mia casa ai dì d’estate co’ suoi pennacchi di color di rosa; e s’abbracciava per lo sgretolato muro un folto rosaio a un gelsomino; 30     guardava il tutto un pioppo alto e slanciato, chiassoso a giorni come un birichino. Era il mio nido: dove, immobilmente, io galoppava con Guidon Selvaggio e con Astolfo; o mi vedea presente 35     l’imperatore nell’eremitaggio. E mentre aereo mi poneva in via con l’ippogrifo pel sognato alone, o risonava nella stanza mia muta il dettare di Napoleone; 40     udia tra i fieni allor allor falciati de’ grilli il verso che perpetuo trema, udiva dalle rane dei fossati un lungo interminabile poema. E lunghi, e interminati, erano quelli 45     ch’io meditai, mirabili a sognare: stormir di frondi, cinguettìo d’uccelli, risa di donne, strepito di mare. suoni metallici, squillanti. gridi argentini: 22 invitano alla frescura dell’ombra ( è termine letterario). è come se la mensa ( , v. 24) venisse santificata dalla presenza dei bambini e dall’armonia familiare. chiamano al rezzo: 23 rezzo santo: desco sotto il sole cocente della piena estate. bruciate: 25 la chioma dell’albero della mimosa (soggetto di , v. 25), tutta traforata, sembra quasi un ombrello di pizzo. sotto… mimosa: 26 m’accoglieva rendeva fiorita (complemento oggetto è , la casa materna del poeta). fioria: 27 la mia casa ciuffi fioriti di mimose. pennacchi: 28 talora (quando vi stormiva il vento o vi cantavano gli uccelli), chiassoso come un monello. chiassoso… birichino: 32 pur restando immobile, galoppavo nella fantasia. immobilmente, io galoppava: 33-34 personaggi dell’ di Ariosto in compagnia dei quali Pascoli bambino immaginava di cavalcare nei suoi giochi. Guidon Selvaggio… Astolfo: 34-35 Orlando furioso o mi pareva di avere davanti agli occhi addirittura Napoleone ( ) nel suo esilio a Sant’Elena ( : la villa di Napoleone, nell’isola, era detta “L’Hermitage”, traduzione francese del termine). o mi vedea presente… nell’eremitaggio: 35-36 l’imperatore nell’eremitaggio e mentre stavo per iniziare il mio viaggio attraverso l’aria ( ) sul fantastico cavallo alato di Astolfo ( ) per raggiungere la corona luminosa intorno alla Luna che io mi immaginavo con la fantasia (il ). Il riferimento è all’impresa di Astolfo che, nell’ , va sulla Luna a recuperare il senno di Orlando. E mentre… alone: 37-38 aereo ippogrifo sognato alone Orlando furioso durante l’esilio a Sant’Elena Napoleone dettò le sue memorie al segretario, il conte di Las Cases ( ). il dettare di Napoleone: 40 Memoriale di Sant’Elena con il suo tremolio continuo. che perpetuo trema: 42 canto. poema: 44 i poemi, cioè i canti, i componimenti poetici “naturali” costituiti dai suoni e dai rumori della natura e dell’ambiente umano (vv. 47-48); l’aggettivo richiama gli «interminati spazi» dell’ di Leopardi. quelli: 45 interminati Infinito stupendi nel ricordo. mirabili a sognare: 46 Ma da quel nido, rondini tardive, tutti tutti migrammo un giorno nero; 50     io, la mia patria or è dove si vive; gli altri son poco lungi; in cimitero. Così più non verrò per la calura tra que’ tuoi polverosi biancospini, ch’io non ritrovi nella mia verzura 55     del cuculo ozioso i piccolini, Romagna solatìa, dolce paese, cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta. 60     come rondini che migrano in ritardo. rondini tardive: 49 triste, infausto. Si allude al trasferimento a Rimini (1871) o alla vendita della casa dopo la morte del fratello Giacomo (1879-1880). nero: 50 ora per me la patria è il luogo dove vivo, mentre gli altri della famiglia sono poco lontano ( ), al cimitero. In pochi anni, dopo il padre, erano morti altri membri della famiglia; riferendosi a loro il poeta dice che sono «non solo perché sepolti nel vicino cimitero, ma perché dalla vita alla morte il passo è breve» (Melotti) e con i morti, nella visione pascoliana, rimane una forma di comunicazione che non si interrompe. io… cimitero: 51-52 poco lungi poco lungi nel caldo dell’estate e del mezzogiorno. per la calura: 53 affinché non trovi nel mio verde giardino ( ) i piccoli del pigro ( ) cuculo. La proposizione finale ( ) è costruita come in latino con la congiunzione ; il cuculo è detto ozioso perché è solito deporre le uova nei nidi di altri uccelli: Pascoli dice di non voler tornare nella casa dell’infanzia per non trovarla abitata da altre persone. ch’io non ritrovi… i piccolini: 55-56 nella mia verzura ozioso ch’io non ritrovi ne soleggiata. solatìa: 57  >> pagina 488  Dentro il TESTO I contenuti tematici Nel ripensare alla sua infanzia e alla Romagna, il poeta si sente, nello stesso tempo, felice e infelice ( , v. 2), perché la tristezza che deriva dalla consapevolezza di aver abbandonato definitivamente quei luoghi vela di pianto la dolcezza dei ricordi: la calura estiva, la ricerca dell’ombra nel momento più caldo del giorno, i giochi, le fantasie di bambino, la suggestione proveniente dai suoni della natura. Egli vorrebbe tornare lì dove ha trascorso un’infanzia serena, popolata di sogni, immersa in letture favolose (i poemi cavallereschi e le avventure di Napoleone) e riassaporare quella serenità, la gioiosa spensieratezza, l’intatta innocenza. Ma la vita è stata crudele con lui, e la felicità, ormai perduta per sempre, può essere rivissuta soltanto nella memoria. Una volta lasciata la Romagna, il poeta non ha più una terra che senta come propria ( , v. 51) e il ritorno nei luoghi del passato si rivela impossibile. mi ride al cuore (o piange) io, la mia patria or è dove si vive L’infanzia felice Torna diverse volte nel testo un’idea chiave della simbologia pascoliana: il «nido». , dice il poeta al v. 33, riprendendo il possessivo già utilizzato al v. 5 ( ). Esso è il nucleo tematico principale della lirica: il concetto si ripresenta ai vv. 49-50 ( / ), che segnano un netto stacco tra la dolcezza di ieri e l’amarezza di oggi, e al v. 55 ( ). Qui il ricordo trasognato si spezza: il bambino è diventato uomo e non gli resta che recuperare la coscienza della realtà. Era il mio nido il mio paese Ma da quel nido, rondini tardive, tutti tutti migrammo un giorno nero mia verzura Il «nido» rappresenta chiaramente la comunità degli affetti familiari, minacciata dall’irruzione di ciò che viene percepito come estraneo. Al (v. 33) si contrappongono così (v. 10) e soprattutto i piccoli (v. 56). Commenta Maria Pascoli: «Strano uccello il cuculo e veramente ozioso! Esso depone le uova nel nido di altri uccelli (capinere, ballerine, ecc.) e dalle uova nascono piccolini che molto spesso, più grossi e forti, gettano dal nido i nati dalle lor madri adottive. A ricordare questo l’allusione diventa, ahimè, ben chiara!». L’allusione del poeta è agli estranei che hanno preso possesso della casa che era stata della sua famiglia. Per questo egli non vuole tornare in Romagna: l’apostrofe dell’ultima quartina (vv. 57-60) è un addio più che un saluto. mio nido l’altrui covata del cuculo ozioso Il «nido» violato  >> pagina 489  Le scelte stilistiche La patina linguistica della lirica è indubbiamente tradizionale. Tralasciando i latinismi e le espressioni arcaiche e preziose ( , v. 13; , v. 19; , v. 27 ecc.), versi come / / (vv. 6-8, dove il verbo “regnare” è usato, al modo antico, transitivamente e è una forma letteraria per “che”) potrebbero sembrare parte di uno dei componimenti storici di Carducci. Di ascendenza carducciana sono ancora, per esempio, l’uso avverbiale dell’aggettivo ( , v. 42) e, più in generale, il tono complessivo della rievocazione del passato. Del resto si tratta di un componimento giovanile di Pascoli, dunque è comprensibile la presenza del “maestro”. teco opache fioria cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta cui che perpetuo trema Reminiscenze letterarie ed echi carducciani Eppure, al di là di questi indubbi echi letterari, emerge nel testo già qualche novità. Tipicamente pascoliana è infatti la dimensione soggettiva del paesaggio, contemplato nei suoi aspetti apparentemente idillici e reso quasi animato grazie a scelte lessicali inconsuete: e così abbiamo l’espressione cromatica dell’ (v. 4), la tacchina che va (v. 9), (v. 11), (v. 12), (v. 16), l’ (v. 26) e i (v. 28), fino al del v. 38 per indicare la corona luminosa della Luna. In tutte queste notazioni di atmosfera, Pascoli trascende il mero dato realistico, a dispetto dell’apparente precisione dei vocaboli utilizzati. La visione pascoliana della natura è infatti percorsa dalla sensibilità personale del poeta; ogni aspetto della realtà risente del suo sguardo e della sua condizione psicologica: più che le cose in sé, conta l’impressione delle cose, e gli oggetti si caricano di sfumature simboliche, che possono essere ancora latenti nel singhiozzo della tacchina (vv. 9-10) e nel perpetuo tremare del verso dei grilli (v. 42) o diventare evidenti nell’amara allegoria della dispersione familiare contenuta nell’immagine delle (v. 49). azzurra vision di San Marino singhiozzando gli stagni lustreggianti l’anatra iridata il meridiano ozio dell’aie ombrello di trine pennacchi di color di rosa sognato alone rondini tardive I significati simbolici del paesaggio La casa natale del poeta a San Mauro Pascoli.  >> pagina 490  Verso le COMPETENZE Comprendere Che cosa rappresenta la Romagna per Pascoli? 1 Come trascorreva le sue giornate il poeta da bambino? 2 Quali sono gli attuali sentimenti dell’autore rispetto a quel passato lontano? 3 Analizzare Compila la tabella con i nomi delle piante e degli animali nominati nel testo. 4   Piante Animali             5 Rintraccia tutti gli aggettivi utilizzati dal poeta in riferimento alla sua terra d’origine. Quali sentimenti mostrano? Quale figura di significato riconosci ai vv. 33-34 ( )? 6 immobilmente , / io galoppava Quale figura sintattica trovi al v. 51 ( )? A quale scopo è stata utilizzata? 7 io, la mia patria or è dove si vive In diversi passaggi del testo Pascoli fa ricorso al fonosimbolismo. Individuali e commentali. 8 Considera la struttura dei vv. 47-48 ( ). Che cosa puoi notare? Quale effetto determina la scelta del poeta? 9 stormir di frondi, cinguettìo d’uccelli, / risa di donne, strepito di mare Interpretare La sequenza (vv. 6-8) viene ripetuta alla fine del componimento (vv. 58-60). Per quale motivo secondo te? 10 cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta Produrre 11 Scrivere per confrontare. Metti a confronto questa poesia con   (  T5, p. 69) di Giosuè Carducci, evidenziando analogie e differenze in un testo espositivo di circa 30 righe. Davanti San Guido ▶ Dibattito in classe  Per il poeta, il luogo e il tempo dell’infanzia sono stati i più felici della sua vita, a contatto con la natura e trasfigurati nelle fantasie fanciullesche. Ma è sempre così? Confrontati con i tuoi compagni. 12 T10 I puffini dell’Adriatico Uno studio scientifico dell’ornitologo Luigi Paolucci, pubblicato tra il 1882 e il 1883 sulla “Rivista di filosofia scientifica”, sosteneva che il canto dei puffini, uccelli marini dell’Adriatico, costituisse il gradino immediatamente inferiore alla parola umana: «Le loro voci sono lunghe, tenute piuttosto basse, come quelle dei marinai che da una barca all’altra conversano per ingannare il tempo della bonaccia importuna; ovvero si ripetono interrotte e rapide come dolci oziose risate». Da tale fonte Pascoli, sempre interessato alla ricerca naturalistica, trasse lo spunto per le immagini e le suggestioni di questa poesia. Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE CDE. Metro La  dei puffini e le  dei marinai voce  parole  Tra cielo e mare (un rigo di carmino recide intorno l’acque marezzate) parlano. È un’alba cerula d’estate:   non una randa in tutto quel turchino. 4     Pur voci reca il soffio del garbino con oziose e tremule risate. Sono i puffini: su le mute ondate   pende quel chiacchiericcio mattutino. 8     Sembra un vociare, per la calma, fioco, di marinai, ch’ad ora ad ora giunga tra ’l fievole sciacquìo della risacca; 11     quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco, le paranzelle in una riga lunga dondolano sul mar liscio di lacca. 14     colore rosso vivo. carmino: 1 separa con un taglio (metafora). percorse da increspature che provocano riverberi. recide: 2 marezzate: di colore azzurro chiaro. cerula: 3 vela di forma trapezoidale. randa: 4 eppure. vento di libeccio (proveniente cioè da sudovest), chiamato così dai marinai dell’Adriatico. Pur: 5 garbino: uccelli marini, avidi cacciatori di pesce in mare aperto, con lunghe ali e becco sottile, più comunemente chiamati berte. puffini: 7 quasi le sovrasta. pende: 8 sul mare calmo. per la calma: 9 a intervalli. ad ora ad ora: 10 debole, fioco. il frangersi dell’onda sulla spiaggia e il suo ritorno nel mare. fievole: 11 risacca: delineate in modo netto sullo sfondo del cielo acceso dalla luce dell’alba. stagliate… e il fuoco: 12 barche da pesca costiera, diminutivo delle più grandi paranze. paranzelle: 13 immobile e lucente come fatto di lacca; la lacca è una sostanza resinosa utilizzata come rivestimento di superficie per alcuni oggetti che conferisce un effetto di lucentezza. di lacca: 14  >> pagina 491 Dentro il TESTO I contenuti tematici Nell’incanto di un’alba estiva, il paesaggio sembra come addormentato, sprofondato nell’immobile solitudine di un’infinità spaziale (v. 1). All’orizzonte non c’è neppure una barca, ma dalla spiaggia, che possiamo immaginare come il punto di osservazione del poeta, mentre si percepisce appena il rumore delle onde risospinte dalla riva ( , v. 11), si odono versi misteriosi che paiono (v. 6): sono gli stridi dei puffini, uccelli di mare dalle voci quasi umane. Sembrano grida lontane di marinai portate dal libeccio, quando le barche da pesca, allineate in una lunga fila, nitida sullo sfondo rosso oro del cielo, dondolano appena sul mare liscio come uno strato di vernice. tra cielo e mare ’l fievole sciacquìo della risacca tremule risate Il mare e gli uccelli Le immagini iniziali della poesia ricordano le pennellate di un pittore impressionista: (v. 1), (v. 2), (v. 3), il del mare (v. 4) nel quale non si scorge neppure la sagoma lontana di una vela. Ma queste indicazioni cromatiche e visive sono inserite in un clima suggestivo che conferisce loro echi più profondi; l’atmosfera, infatti, appare come incantata, sospesa in una dimensione onirica che la rende sfuggente e inafferrabile. un rigo di carmino l’acque marezzate un’alba cerula turchino Il carattere apparentemente descrittivo della poesia è dunque contraddetto dalla sua visionarietà: il suono animale si confonde con la lingua umana, le voci dei puffini – creature aeree, prive di legami con la terra – sembrano quasi lanciare arcani messaggi da un indefinito “al di là”, il piano della realtà oggettiva sconfina in quello, enigmatico, dei sensi e nella sfera dell’io, così che l’ambiente raffigurato si trasforma in una sorta di puro e misterioso paesaggio mentale. Come sempre in Pascoli, la rappresentazione è soltanto uno scenario capace di definire uno stato d’animo, che si trasmette dal poeta al lettore e lo avvolge nell’intricato mistero delle cose. Il carattere visionario del componimento  >> pagina 492  Le scelte stilistiche Mentre la prima quartina (vv. 1-4) e la seconda terzina (vv. 12-14) sono incentrate su sensazioni visive, i versi centrali del sonetto (vv. 5-11) puntano invece sulla percezione acustica, restituendo l’impressione sonora del (v. 8) dei puffini, ma anche dello (v. 11) del mare. Questi citati sono sostantivi dalla forte valenza fonosimbolica, vocaboli cioè, già presenti nei repertori lessicali, che vengono scelti dal poeta per l’intrinseco potenziale onomatopeico. Il loro utilizzo non è però finalizzato a una maggiore resa mimetica della realtà; anzi, l’effetto è esattamente opposto, dal momento che la componente evocativa che è insita nei loro suoni accresce la carica simbolica del linguaggio della natura, che il poeta tenta di cogliere e decifrare. chiacchiericcio sciacquìo Del resto, non mancano neppure effetti fonici più tradizionali quali l’allitterazione della vocale , ricorrente in particolare nella prima quartina per accentuare la sensazione di infinitezza ( ; ; ; ), e della , che richiama nella seconda quartina i suoni acuti degli uccelli ( , v. 8), nonché delle consonanti e , che riproducono nelle due terzine rispettivamente il rumore del mare ( , v. 11) e la calma liquida dell’acqua ( , v. 14). a a cque m a rezz a te p a rl a no a lb a cerul a d’est a te r a nd a i ch i acch i er i cc i o mattut i no s l s ciacquìo della ri s acca l iscio di l acca Percezione sensoriale e fonosimbolismo Verso le COMPETENZE Comprendere Fai la parafrasi del sonetto. 1 Analizzare Qual è il soggetto del verbo (v. 3)? 2 parlano Individua nel componimento i vocaboli tecnici del gergo marinaresco. 3 Interpretare Come definiresti lo stato d’animo del poeta che descrive la scena? 4 COMPETENZE LINGUISTICHE  Nel componimento, Pascoli utilizza termini che indicano modi e toni diversi del parlare ( ,  ). Di seguito ne elenchiamo altri: dopo aver controllato il significato sul dizionario, usali in una frase. 5 chiacchiericcio vociare parlottìo   sbraitare   bisbiglìo   vocìo   sproloquio   schiamazzo   latrato • • • • • • Pierre-Auguste Renoir, , 1888 ca. Collezione privata. Bordighera