T6 Alla stazione in una mattina d’autunno , 29 Odi barbare La gran parte della poesia è composta da Carducci nel dicembre del 1876, ma i versi che la ispirano e ne costituiscono il nucleo centrale risalgono al giugno del 1875 e rievocano un incontro di due anni prima con la donna amata, Lidia (Carolina Cristofori Piva). L’argomento dell’ode è dunque autobiografico, come rivela una lettera di Carducci, scritta a Lidia nel dicembre del 1874: «Ripenso alla triste mattina del 23 ottobre 1873, quando ti accompagnai alla stazione, e tu mi t’involasti in un’orribile carrozza di seconda classe, e il faccin mi sorrise l’ultima volta incorniciato in una infame abominevole finestrella quadrata; e poi il mostro, che si chiama barbaramente treno, ansò, ruggì, stridé, si mosse come un ippopotamo che corra fra le canne, e poi fuggì come una tigre». Ode alcaica. METRO Il   infinito  tedio del  presente Oh quei fanali come s’inseguono accidiosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce su ’l fango!   Flebile, acuta, stridula fischia 5     la vaporiera da presso. Plumbeo il cielo e il mattino d’autunno come un grande fantasma n’è intorno. Dove e a che move questa, che affrettasi a’ carri foschi, ravvolta e tacita 10     gente? a che ignoti dolori o tormenti di speme lontana? Tu pur pensosa, Lidia, la tessera al secco taglio dài de la guardia, e al tempo incalzante i begli anni 15     dài, gl’istanti gioiti e i ricordi. Van lungo il nero convoglio e vengono incappucciati di nero i vigili, com’ombre; una fioca lanterna hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei 20     freni tentati rendono un lugubre rintocco lungo: di fondo a l’anima un’eco di tedio risponde doloroso, che spasimo pare. i lampioni del viale che porta alla stazione di Bologna. quei fanali: 1 pigri e tetri. accidiosi: 2 proiettando fiocamente la luce (che è dunque oggetto di , usato transitivamente). sbadigliando la luce: 4 sbadigliando lamentosa. Flebile: 5 locomotiva a vapore. da presso: ormai vicina. vaporiera: 6 ci è intorno, ci circonda. n’è intorno: 8 verso quale meta e a quale scopo ( ) corre questa folla che, avvolta nei mantelli e silenziosa, si affretta verso le scure carrozze ( ) del treno? Dove… gente?: 9-11 a che carri foschi il biglietto ferroviario. la tessera: 13 del controllore. de la guardia: 14 felicemente trascorsi. gioiti: 16 gli addetti al controllo dei freni. i vigili: 18 colpiti dalle mazze di ferro, per verificare se funzionano. rendono: restitui­scono. tentati: 21 E gli sportelli sbattuti al chiudere 25     paion oltraggi: scherno par l’ultimo appello che rapido suona: grossa scroscia su’ vetri la pioggia. Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei 30     occhi sbarra; immane pe ’l buio gitta il fischio che sfida lo spazio. Va l’empio mostro; con traino orribile sbattendo l’ale gli amor miei portasi. Ahi, la bianca faccia e ’l bel velo 35     salutando scompar ne la tènebra. O viso dolce di pallor roseo, o stellanti occhi di pace, o candida tra’ floridi ricci inchinata pura fronte con atto soave! 40     Fremea la vita nel tepid’aere, fremea l’estate quando mi arrisero; e il giovine sole di giugno si piacea di baciar luminoso in tra i riflessi del crin castanei 45     la molle guancia: come un’aureola più belli del sole i miei sogni ricingean la persona gentile. Sotto la pioggia, tra la caligine torno ora, e ad esse vorrei confondermi; 50     barcollo com’ebro, e mi tocco, non anch’io fossi dunque un fantasma. l’ultimo annuncio a salire sulla carrozza per la partenza. l’ultimo appello: 26-27 il treno. il mostro: 29 vibra. ansa: ansima. crolla: 30 i fanali anteriori (accostati metaforicamente agli occhi di fiamma di un mostro). fiammei occhi: 30-31 emette. gitta: 32 crudele perché separa il poeta da Lidia. con traino orribile: trainando le carrozze con un rumore lacerante. empio: 33 il treno, raffigurato come un prodigio mostruoso, sbattendo le ali (ossia gli stantuffi della locomotiva), gli porta via la donna amata ( , al plurale, come accade nella poesia latina). sbattendo… portasi: 34 gli amor miei occhi luminosi come le stelle, che infondono un senso di serenità. stellanti occhi di pace: 38 reclinata. inchinata: 39 nell’aria tiepida vibravano ( ) la vita stessa e l’estate, quando quegli occhi mi sorrisero ( ). Il poeta è passato qui a rievocare un piacevole incontro con la donna amata, avvenuto nel giugno del 1875, contrapponendolo alla tristezza autunnale in cui avviene l’addio narrato in questi versi. Fremea… arrisero: 41-42 Fremea mi arrisero il sole primaverile (perciò ) di giugno provava piacere nello sfiorare la sua dolce ( ) guancia tra i riflessi castani dei suoi capelli. il giovine… guancia: 43-46 giovine molle avvolgevano. ricingean: 48 nebbia. caligine: 49 con esse. ad esse: 50 ubriaco. ebro: 51 Oh qual caduta di foglie, gelida, continua, muta, greve, su l’anima! io credo che solo, che eterno, 55     che per tutto nel mondo è novembre. Meglio a chi ’l senso smarrì de l’essere, meglio quest’ombra, questa caligine: io voglio io voglio adagiarmi in un tedio che duri infinito. 60     per chi ha perso il senso della vita sono benvenute quest’ombra e questa nebbia ( ). Meglio a chi… questa caligine: 57-58 caligine Claude Monet, , 1877. Parigi, Musée d’Orsay. La Gare Saint-Lazare  >> pagina 78  Dentro il TESTO I contenuti tematici La lirica rievoca il dolore per la partenza della donna amata che il poeta accompagna alla stazione, nel mattino di una grigia e piovosa giornata d’autunno. La luce fioca dei lampioni, il cielo opprimente, la folla anonima dei viaggiatori, i gesti meccanici e i suoni che riecheggiano nella malinconica atmosfera della stazione (il del biglietto ferroviario obliterato dal controllore, v. 14; il delle mazze di ferro degli addetti al controllo dei freni, vv. 21-22; gli del vagone, v. 25) preludono con sinistra suggestione simbolica all’imminenza del distacco. secco taglio lugubre rintocco sportelli sbattuti La cupezza di una partenza La figura della donna che scompare nell’oscurità – portando con sé tutto l’amore, le gioie, il passato e i ricordi condivisi con il poeta – ingenera uno smarrimento che porta l’autore a sentirsi annientato, privato di ogni desiderio di vita ( / , vv. 51-52). Con una triste analogia, il paesaggio riverbera la condizione del suo spirito: la / (vv. 53-54) contrasta con il ricordo radioso degli incontri di un tempo baciato dal sole, ma ormai remoto ( […] , vv. 41-48), e getta il poeta inerme in una sorta di «smarrimento dell’essere» (Ramat). barcollo com’ebro, e mi tocco, non anch’io fossi dunque un fantasma caduta di foglie, gelida, continua, muta, greve, su l’anima Fremea la vita la persona gentile Il doloroso addio alla donna amata, e alla giovinezza  >> pagina 79  Le scelte stilistiche L’ambiente in cui si svolge la scena della poesia non è il solo elemento di modernità di questa ode. Certamente il teatro della vicenda, la stazione, rappresenta già di per sé una notevole infrazione dei modelli tradizionali della lirica italiana, poco inclini, a differenza di quella straniera, a muoversi tra i fondali della vita cittadina e della civiltà moderna. Tuttavia, l’impegno realistico di Carducci non si ferma qui, bensì approda all’audace descrizione di particolari piuttosto comuni e quotidiani, di norma banditi dal sostenuto repertorio della lirica ufficiale. Una scena di realismo urbano Oltre alle immagini iniziali, che rivelano un gusto quasi impressionistico, il poeta descrive suoni che procurano fastidio, come il fischio stridulo della locomotiva ( , vv. 5-6), il viaggio di persone taciturne (fantasmi agli occhi del poeta), imbacuccate nelle loro vesti ( , v. 10), che si affrettano verso la massa scura dei vagoni, il rumore della macchinetta del controllore che oblitera i biglietti, il rimbombo lungo delle mazze di ferro sui freni, l’invito del capotreno a salire in carrozza, la pioggia battente sulla grande tettoia ad arco che copre la stazione di Bologna ( , v. 28). Insomma, una serie di descrizioni così minutamente realistiche da giustificare una possibile definizione di Carducci come poeta “verista”. Flebile, acuta, stridula fischia / la vaporiera ravvolta su’ vetri Suoni e rumori “veristi” In realtà, se una tale vocazione rappresenta per Carducci una reazione ai patetici svolazzi della poesia tardoromantica, va aggiunto che ciascuno dei particolari realistici passati in rassegna determina un approfondimento simbolico della psicologia del poeta: i lampioni non vividi di luce ma tristi e smorti ( , v. 2) che si alternano agli alberi stillanti pioggia diffondono un’impressione di torpore e suggeriscono la sensazione di sconforto per la partenza della donna amata; gli interrogativi senza risposta riguardo alle mete dei viaggiatori, assorti come ombre in chissà quali pensieri, accentuano il senso di smarrimento e di disorientamento; le pratiche sbrigate da Lidia prima di partire (vv. 13-14) sembrano contrassegnare l’addio della donna alla giovinezza e al passato (vv. 15-16); la cupezza cromatica dei dettagli (il fosco delle carrozze e il degli impermea­bili cerati dei ) rabbuia ancor più l’atmosfera. Infine, il treno, che Carducci definisce (vv. 29 e 33), è tramutato in una figura mitica, uno spaventoso prodigio con i suoi (vv. 30-31), quasi una vivente creatura del male, spietata ( , v. 33) perché gli porta via per sempre l’oggetto del suo amore. accidiosi nero vigili mostro fiammei occhi empio Il valore simbolico del realismo carducciano Il critico Cesare De Lollis ha intravisto nella scena del treno che si porta via la donna la riproposizione del mito classico di Plutone che rapisce Proserpina tra i fiori. Lidia, in effetti, con la sua (v. 35) incarna la natura tenue e delicata della primavera, la pienezza della vita e della luce, mentre il treno/Plutone simboleggia il trascorrere della gioia e dei ricordi felici, preannunciando il sopraggiungere dell’inverno, della morte, del buio. I contrasti tipici della poesia di Carducci si manifestano qui compiutamente, come accade in tutte «quelle poesie che, sollecitate da occasioni più intime e dolorose, risolvono più energicamente l’incontro sofferto ed intenso del sentimento della vitalità e della morte, tradotti nei loro simboli più compendiosi e assoluti, realisticamente concreti e fantasticamente suggestivi: luce e buio, sole e ombra, suono e silenzio, calore e freddo» (Binni). bianca faccia e ’l bel velo Il treno: echi classici e metafore  >> pagina 80  Verso le COMPETENZE Comprendere Il testo può essere diviso in tre parti. Assegna a ciascuna di esse un titolo e riassumine il contenuto. 1   Parti   Titolo Riassunto vv. 1-36     vv. 37-48     vv. 49-60     Descrivi la figura di Lidia nel momento in cui compare, i suoi gesti all’approssimarsi della partenza e il suo aspetto nel passato felice. 2 ANALIZZARE proposito della caduta delle foglie, leggiamo che essa è . Quale figura retorica utilizza qui il poeta? In precedenza ne compare un’altra dello stesso tipo. Sai individuarla? 3 Ai vv. 53-54, a gelida , continua, muta, greve Nella poesia ricorrono sia termini bassi sia vocaboli aulici. Individuali. 4 La forza “diabolica” della locomotiva è resa da una serie di caratteri e azioni che Carducci descrive attraverso alcuni aggettivi e verbi. Individuali. 5 INTERPRETARE Nel testo troviamo assonanze e allitterazioni, come […] (vv. 20 e 21) oppure (vv. 21 e 22). Quali effetti producono queste figure di suono? 6 ferro ferrei freni lugubre […] lungo Nel finale della poesia Carducci afferma di credere che (v. 56). Che cosa intende dire? 7 per tutto nel mondo è novembre Perché della carrozza sembrano al poeta (vv. 25-26) e uno (vv. 26-27)? 8 gli sportelli sbattuti oltraggi l’ultimo appello scherno Osserva il quadro di Claude Monet ( ) dipinto negli stessi anni in cui Carducci com­­poneva . Trovi un’analogia tra il gusto artistico delle due opere? 9 La Gare Saint- La­zare ▶ p. 78 Alla stazione in una mattina d’autunno Produrre  Il tema portante del componimento è quel   evocato esplicitamente nell’ultimo verso. Si tratta di un motivo tipico della poesia ottocentesca, a partire da quella romantica. Alla luce delle tue letture, scrivi un testo argomentativo (di circa 20 righe) in cui rifletti sul significato e sulle manifestazioni di tale stato d’animo. 10 Scrivere per argomentare. tedio Dibattito in classe  Nel componimento che hai letto, il treno, simbolo della modernità, assume una valenza negativa, in contrasto con buona parte del sentire dei contemporanei di Carducci. Esistono, oggi, dei simboli della nostra epoca che assumono un simile valore ambiguo? Discutine con i compagni. 11 La metrica barbara di Carducci Per approfondire L’operazione tentata da Carducci non era nuova: già gli umanisti fiorentini (Leon Battista Alberti in particolare) avevano caldeggiato la trasposizione della metrica classica nella poesia italiana, poi realizzata – nel XVI e XVII secolo – da autori come Gian Giorgio Trissino e Gabriello Chiabrera. Si trattava certamente di un’impresa ardita, anche perché il verso italiano ha un numero definito di sillabe, mentre quello latino ne ha uno variabile, a seconda che le vocali siano lunghe o brevi. Per rendere il ritmo dell’esametro, Carducci unisce un quinario o un senario o un settenario o un ottonario con un ottonario o un novenario o un decasillabo; per formare un pentametro utilizza un quinario o un senario o un settenario a cui fa seguire un settenario o un senario. Prendiamo come esempio il distico che apre l’ode barbara  : «Lenta fiocca la neve pe ’l cielo cinerëo: gridi, / suoni di vita più non salgon da la città». Il primo verso, cioè l’esametro, è reso abbinando un settenario ( ) con un novenario ( ); il secondo, il pentametro, mediante un settenario tronco ( ) con un ottonario, anch’esso tronco ( ). Nevicata Lenta fiocca la neve pe ’l cielo cinerëo: gridi suoni di vita più non salgon da la città  >> pagina 81  I grandi temi di Carducci   1 L’impegno civile lo spirito anticlericale e libertario •  il mito del progresso •  il poeta vate • 2 Il classicismo malinconico  la fedeltà ai canoni del classicismo • la nostalgia per il mondo greco-romano • l’inquietudine per l’incertezza del presente • 3 Il paesaggio e la memoria la natura quale regno dell’armonia e dell’equilibrio •  il confronto tra il ricordo dei luoghi d’infanzia e la dura realtà del presente • la natura specchio della condizione dell’anima • 4  La critica alla modernità  l’avversione nei confronti del Romanticismo • il rimpianto del passato e il disgusto per la modernità •