intrecci   arte L’architettura delle periferie L’urbanizzazione del Novecento presenta un fenomeno inedito: la crescita esponenziale di nuovi quartieri periferici, disposti a macchia d’olio intorno alle città, con uno sviluppo urbano che sembra non avere soluzione di continuità. L’utopia della città funzionale Nel 1943 l’architetto svizzero Le Corbusier (1887-1965) pubblica , un documento sulla progettazione urbanistica che sintetizza i princìpi ispiratori del “Movimento moderno” emersi dal IV congresso internazionale di architettura moderna del 1933. Descrivendo una nuova città funzionale, l’architetto immagina uno spazio urbano che permetta lo svolgersi armonioso di quattro attività fondamentali: abitare, lavorare, divertirsi, spostarsi. La Carta d’Atene I princìpi della tornano prepotentemente d’attualità nella ricostruzione che segue il secondo conflitto mondiale: a Marsiglia Le Corbusier realizza l’Unité d’Habitation, il primo di cinque edifici analoghi che saranno costruiti in altrettante città europee. Si tratta di un vasto complesso abitativo concepito come una vera e propria “città verticale”, connotata da spazi per la vita individuale e aree comuni; non quindi un semplice condominio, ma una «macchina per abitare», dove un gran numero di persone può vivere e svolgere attività ricreative. Il tetto del complesso può diventare un ampio spazio polifunzionale, mentre la misura degli appartamenti, basata sulla ripetizione di un modulo, il cosiddetto Modulor, può cambiare per adattarsi ai vari tipi di unità familiari. Carta d’Atene Le Corbusier, , 1955. Modulor Le Corbusier, , 1945. Marsiglia. Unité d’Habitation, detta La Cité Radieuse Un esempio italiano: Sorgane Un articolato progetto italiano che parte dalle riflessioni di Le Corbusier è il piano urbanistico di Sorgane, progetto di edilizia popolare alla periferia est di Firenze, elaborato nel 1957 da 37 progettisti (architetti e ingegneri), divisi in otto gruppi e coordinati da Giovanni Michelucci. Lo scopo è costruire un sistema urbano articolato e unitario, alternativo sia alle periferie sia ai quartieri tradizionali e diviso in due zone, con le abitazioni nella parte pianeggiante e i servizi in quella collinare. Nei fatti, soprattutto per le resistenze di chi temeva che il progetto avrebbe deturpato la visione della Firenze rinascimentale, il progetto fu fortemente ridimensionato. Intorno a un viale centrale si struttura un sistema di giardini alberati e di percorsi pedonali, anche sospesi, a collegare i vari edifici, mentre le abitazioni vere e proprie sono caratterizzate dall’uso del cemento armato e da una copertura piana e praticabile: una sorta di solarium che doveva essere uno spazio di gioco per i bambini, uno stenditoio comune e un’area per attività condominiali. La mancata realizzazione degli spazi di aggregazione ha portato però di fatto al fallimento del progetto e la scelta di materiali come il cemento a vista si è rivelata problematica per la manutenzione delle strutture: due spie dei problemi delle periferie che si sarebbero ripresentati nei decenni successivi. Leonardo Savioli, , dal 1957. Firenze. Sorgane, edificio A Il fallimento delle periferie-ghetto Alcuni dei progetti più emblematici realizzati in Italia a partire da quegli anni raccontano storie fallimentari: il Nuovo Corviale, che i romani chiamano “il Serpentone”, Scampia a Napoli o lo Zen a Palermo hanno visto i buoni propositi iniziali scontrarsi con una realtà sociale ben diversa da quella immaginata, tanto da essere considerati oggi sinonimi di degrado e delinquenza. Progettato da un gruppo di architetti coordinati da Mario Fiorentino, “il Serpentone” doveva rappresentare una svolta nell’urbanistica romana del dopoguerra, caratterizzata da quartieri dormitorio, ma il fallimento dell’impresa costruttrice prima del completamento del progetto e le molte occupazioni abusive hanno fatto sì che l’edificio oggi sia quasi fatiscente. Il quartiere di Scampia, nella periferia est di Napoli, realizzato dagli anni Sessanta e via via ampliato anche per rispondere al bisogno abitativo provocato dal terremoto del 1980, è diventato una zona sovraffollata e degradata, in cui la disoccupazione raggiunge picchi del 75% e si è diffusa la criminalità organizzata. Analogo, infine, è il caso dello Zen (zona espansione nord) di Palermo, eretto a partire dal 1969, rimasto sempre isolato dal tessuto urbanistico e presto afflitto dai medesimi gravi problemi. Mario Fiorentino, Federico Gorio, Piero Maria Lugli, Michele Valori e Giulio Sterbini, , 1972-1988. Roma. Complesso edilizio Nuovo Corviale, fronte est Le cosiddette di Scampia, anni Sessanta. Napoli. “Vele”