Il secondo Novecento e gli anni Duemila ne sull interiorità mediante dialoghi e monologhi. Per questo, alla movimentata azione scenica delle tragedie e delle commedie tradizionali, subentra una certa immobilità, nella quale è fondamentale il contenuto delle battute dei personaggi. Si può dire, in sintesi, che i drammi romantici erano animati dal gesto e dall azione; nel dramma borghese si agisce poco e si parla molto: si tratta di un vero e proprio teatro di parola . I grandi interpreti: Ibsen I padri del dramma moderno, a cavallo tra Ottocento e Novecento, sono considerati il norvegese Henrik Ibsen (1828-1906) e il russo Anton C echov (1860-1904): nelle loro opere è rappresentata una società ipocrita e corrotta, che si muove in un clima di rimpianti e malinconia. Ibsen porta sulla scena eventi privi di importanza, osservati però come con una lente d ingrandimento che dilata ed esaspera i dettagli, scavando nell interiorità dei personaggi. La vicenda della protagonista del suo testo più celebre, Casa di bambola (1879), esemplifica la sua profonda e inquietante capacità di scandagliare i fondali dell animo umano: Nora è una donna costantemente umiliata dalla grettezza del marito che la tratta alla stregua di una bambina fin quando la donna, con fredda e ribelle determinazione, decide di abbandonare la casa e i tre figli per intraprendere in solitudine un percorso di maturazione, alla ricerca di sé stessa e della propria dignità. Una scelta dolorosa e tormentata che rispecchia ormai una società in crisi, popolata da vittime che scontano nella propria vita interiore il crollo definitivo degli antichi valori. Nei drammi scritti durante la maturità (da Hedda Gabler, 1890, a Quando noi morti ci destiamo, 1899), questa visione della vita si incupisce ulteriormente: integrati nei meccanismi feroci di una società sempre più omologata, uomini e donne appaiono incapaci di relazionarsi tra loro, assillati unicamente dal desiderio di affermazione individuale, vera e propria fisima che cancella ogni autentica aspirazione. e echov Anche per C echov lo scopo del teatro è osservare la realtà in modo obiettivo, senza tuttavia limitarsi agli aspetti sociali o economici illuminati dalla poetica naturalistica, ma cogliendo la ricchezza e le contraddizioni della vita umana a partire dalle azioni più semplici e dalle attività più banali: «Bisogna creare un dramma in cui gli uomini vadano, vengano, piangano, parlino del tempo, giochino a carte, e non perché ciò è necessario all autore, ma perché così accade nella vita reale . I suoi personaggi appaiono sospesi tra nostalgia del passato, immobilità e vana attesa di qualcosa che non accadrà: C echov fruga nei loro stati d animo e nei ricordi di un esistenza sempre in bilico tra realtà e sogno. La tristezza e un malinconico sentimento di rimpianto avvolgono la scena di drammi come Il gabbiano (1896) e Il giardino dei ciliegi (1904), nei quali un atmosfera stagnante prevale sull azione: è il preannuncio di quell immobilità e di quel clima di perplessa, indecifrabile sospensione che caratterizza il teatro del Novecento. La sperimentazione novecentesca Dalle avanguardie al teatro nel teatro 1254 L affermazione delle avanguardie storiche (Futurismo, Dadaismo, Surrealismo) determina un radicale cambiamento della rappresentazione teatrale. Le convenzioni tradizionali della messinscena vengono percepite come obsolete e inadeguate a cogliere lo spirito del tempo, le sue nevrosi e i suoi conflitti. Ogni elemento costitutivo della fruizione teatrale viene messo in discussione: la scenografia cessa di essere un fondale statico e