La vita L’infanzia e l’adolescenza siciliana Luigi Pirandello nasce nel a (dal 1927 Agrigento), in una contrada di campagna dove sorge un casale chiamato “ ”, in cui la famiglia si è ritirata per sfuggire a un’epidemia di colera. In un del 1893 Pirandello si soffermerà sul significato simbolico del nome di quel luogo: . Il paesaggio che lo circonda resterà impresso nella memoria dello scrittore come uno scenario di luci e colori dal genuino sapore siciliano: . 1867 Girgenti Il Caos Frammento d’autobiografia «Io dunque son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà» «caddi come una lucciola / sotto un pino solitario / in una campagna / d’olivi saraceni / affacciata agli orli / d’un altipiano / d’argille azzurre / sul mare africano» Il clima familiare è intriso di e di : il padre Stefano e uno zio di parte materna, Rocco, hanno partecipato alle imprese di Garibaldi. I ricordi di una stagione risorgimentale indirettamente vissuta alimenteranno – senza celebrazioni, ma anzi sotto forma di amara delusione per gli ideali traditi dalla nuova realtà unitaria – parte della produzione dello scrittore, e in particolare il romanzo . patriottismo tradizioni antiborboniche I vecchi e i giovani Il padre, che gestisce alcune miniere di zolfo permettendo alla famiglia di vivere con una certa agiatezza, è uomo dal temperamento esuberante e spesso violento; la madre è invece dolce e affettuosa. Luigi, condizionato dal , comincia a percepire , una ragnatela che soffoca le aspirazioni individuali sacrificandole sull’altare delle convenzioni borghesi. comportamento aggressivo della figura paterna la famiglia come una trappola L’ambiente familiare Negli anni dell’infanzia Pirandello assorbe gli elementi fondamentali della : nonostante un’impronta domestica anticlericale che non lo indirizza verso pratiche di devozione regolari, infatti, egli subisce il fascino delle favole narrate dalla nutrice Maria Stella, intrise di . Un patrimonio, questo, destinato a diventare una fonte costante di ispirazione e di suggestione per il futuro scrittore. tradizione religiosa siciliana superstizioni, misticismo e credenze magico-popolari La sua istruzione elementare è curata da un , in modo del tutto simile a ciò che avverrà al protagonista del suo più noto romanzo, Mattia Pascal. La passione per la lettura dei classici si affianca subito all’attrazione per il teatro, tanto che già a dodici anni Pirandello scrive una tragedia, , andata perduta. precettore privato Barbaro Anticlericalismo e misticismo Nel 1879 la famiglia si trasferisce a e il giovane Pirandello ottiene il permesso di frequentare il ginnasio invece delle scuole tecniche a cui il padre avrebbe voluto avviarlo. Nel 1886 si iscrive contemporaneamente (come era possibile fare allora) alle , entrando anche in contatto con gli ambienti intellettuali che sostenevano la formazione dei Fasci siciliani, il movimento di ispirazione socialista formato da contadini e minatori. Palermo facoltà di Lettere e di Legge Lontano dall’angusto orizzonte culturale di Girgenti, Pirandello trova finalmente gli stimoli di cui ha bisogno: frequenta i teatri e i più vivaci ambienti culturali, e inizia anche a scrivere alcuni drammi, senza però ricevere riscontri positivi da parte delle compagnie della città. Tornato per un certo periodo a Girgenti, affianca il padre nella : il contatto diretto con le durissime condizioni di vita delle solfatare sarà fondamentale per tratteggiare scenari e personaggi di alcune novelle, come e . gestione delle miniere di zolfo Il fumo Ciàula scopre la luna Nel mondo della città >> pagina 208 Tra Roma e la Germania Nel Pirandello giunge a , dove prosegue gli studi all’Università “La Sapienza” fino a quando, dopo un contrasto con un docente di Letteratura latina, nonché rettore, è costretto a chiedere il trasferimento in un altro ateneo. Giunto a , in Germania, nel , completa gli con una tesi in tedesco sugli sviluppi fonetici dei dialetti greco-siculi. Si chiude così la sua esperienza di ricerca linguistica e filologica, mentre il suo interesse vira ormai decisamente verso l’attività creativa. 1887 Roma Bonn 1889 studi e due anni dopo si laurea in Filologia romanza Dalla “Sapienza” a Bonn Gli anni trascorsi in Germania sono segnati dall’amore per Jenny Schulz-Lander e dal . Pirandello vive il rapporto con Jenny sotto il segno di una freschezza giovanile che non gli capiterà più di provare in futuro, in contrasto con la relazione ufficiale che lo tiene avvinto alla cugina Lina, la fidanzata in Sicilia. contatto con la poesia e la cultura tedesca Non è invece facile dire che cosa sia davvero rimasto della cultura tedesca nella formazione del giovane Pirandello: una parte della critica sostiene che sia stata un’esperienza fondamentale per la messa a punto di uno dei cardini della sua poetica, il concetto di umorismo; un’altra parte si mostra invece più scettica e tende a ridimensionarla come semplice conclusione di un rigoroso universitario specialistico. curriculum L’esperienza tedesca Dopo un breve soggiorno in Sicilia, durante il quale annulla ufficialmente il fidanzamento con Lina, nel Pirandello torna , prendendovi stabilmente dimora. Il fascino di questa città antica e sacra, capitale del nuovo Stato unitario ma ancora lontana 1893 a Roma dalla frenesia della società moderna, colpisce lo scrittore per le sue laceranti contraddizioni: come succederà a Mattia Pascal, Roma appare a Pirandello «acquasantiera» e insieme «portacenere», scrigno delle glorie del passato e al contempo bellezza dissacrata dallo scempio di una speculazione edilizia senza freni e dalla degradazione borghese che l’ha trasformata in «simbolo della frivolezza di questa miserrima vita nostra». Fondamentale si rivela in questo momento l’ , che lo incoraggia a dedicarsi alla scrittura: Pirandello inizia a collaborare con prestigiose riviste, come la “Nuova Antologia” e “Il Marzocco”, pubblicandovi saggi critici e componimenti poetici. Il suo interesse va però soprattutto alla narrativa: nel 1893 scrive il suo primo romanzo, pubblicato poi nel 1901 con il titolo . amicizia con lo scrittore verista Luigi Capuana L’esclusa Il fascino di Roma CRONACHE dal PASSATO Pirandello all’università Uno studente incauto costretto a espatriare G abriele d’Annunzio frequenta poco le aule universitarie, ma negli aristocratici salotti romani in cui, ammirato dalle nobildonne, recita il suo ruolo di istrione, magnifica le doti di un professore di cui dice di non perdere una lezione. Il suo nome è Onorato Occioni, titolare della cattedra di Letteratura latina dell’Università “La Sapienza”, nonché rettore dell’ateneo. In effetti, tra gli studiosi di Filologia latina, Occioni ha fama di oratore d’eccezione: un affabulatore capace di ammaliare, ma che in realtà – si dice – conosce poco la lingua di Cicerone e di Virgilio. Qualche anno dopo, il professore ha tra i suoi allievi un altro futuro protagonista della letteratura italiana, Luigi Pirandello. Un giorno – siamo nel 1889 – nel tradurre in aula un brano di una commedia di Plauto, il , Occioni commette un errore grossolano, e un giovane sacerdote che siede accanto a Pirandello ride e dà di gomito al compagno. Il latinista se ne accorge, e va su tutte le furie. Il sacerdote si scusa, ma Pirandello rincara la dose, mettendo alla berlina l’irascibile professore. Mal gliene incoglie: Occioni, forte della sua autorità, riunisce d’urgenza il Consiglio di facoltà, che suggerisce all’incauto studente di lasciare l’ateneo. Meglio, a questo punto, evitare ritorsioni: poche settimane dopo, Pirandello è a Bonn. Miles gloriosus Luigi Pirandello in una fotografia del 1892. >> pagina 209 Il matrimonio e la follia della moglie Nel 1894 Pirandello sposa Antonietta Portulano, figlia di un socio in affari del padre; il , seppure combinato dalla famiglia per motivi economici (Antonietta porterà una cospicua dote), è in realtà cementato da un’autentica passione. I primi anni, allietati dalla nascita di tre figli – Stefano, Rosalia (Lietta) e Fausto –, trascorrono sereni e laboriosi, anche grazie alla relativa agiatezza in cui la famiglia vive. matrimonio Dal Pirandello , prima come supplente, poi dal 1908 come titolare. L’insegnamento tuttavia non lo appassiona affatto: preferisce dedicarsi alla scrittura, pubblicando senza sosta saggi, racconti, articoli e le prime opere teatrali. 1897 inizia a insegnare Stilistica e Letteratura italiana all’Istituto Superiore di Magistero di Roma L’illusione di una vita serena Il è un : una miniera di zolfo, in cui il padre Stefano aveva investito tutto il suo capitale e la dote della nuora, viene distrutta da un allagamento. Il tracollo economico è aggravato dalla reazione di Antonietta: colta da paralisi alla notizia del disastro, la donna, già fragile psicologicamente, non si riprenderà più, sprofondando in una in cui rischierà di essere trascinato anche lo scrittore. 1903 anno tragico spirale di follia Per sopperire alle difficoltà economiche e alleviare le angustie familiari, le assurde scenate di gelosia e le , Pirandello si getta nel lavoro, in un’attività frenetica che lo libera da una tensione altrimenti insostenibile. In una lettera a un amico scrive: . crisi ossessive della moglie «Intanto io son rimasto… con tre figliuoli e la moglie… immagina tu in quale stato! Il misero stipendio di professore straordinario all’Istituto Superiore mi basta appena per pagar la pigione di casa. Bisogna che m’ajuti con le mani e coi piedi, per guadagnare, scrivendo. È una terribile prova, amico mio! Inattesa!» Il disastro economico ed emotivo Nel viene pubblicato , romanzo in cui, attraverso il tema dominante della morte-rinascita del protagonista, emergono istanze autobiografiche e sogni di evasione partoriti al capezzale della moglie malata. La convivenza con la follia di Antonietta non è facile: la donna verrà internata in una casa di cura solo nel 1919, quando finalmente lo scrittore si convincerà che l’affetto, la comprensione e la pazienza non possono nulla contro un disturbo mentale incurabile. 1904 Il fu Mattia Pascal Negli anni che precedono la guerra vedono la luce i romanzi (1909, 1913) e (1911); celebri novelle come (1909) e (1910); opere teatrali come e (1910). Nello stesso periodo Pirandello inizia la , nella quale recita un celebre attore siciliano, , che contribuisce notevolmente al successo delle prime opere teatrali dell’autore. I vecchi e i giovani Suo marito La giara Pensaci, Giacomino! Lumìe di Sicilia La morsa collaborazione con la compagnia di Nino Martoglio a Roma Angelo Musco Il riscatto grazie alla letteratura >> pagina 210 il CARATTERE Solitudine e malinconia P rofonda malinconia e lucida amarezza: questi i cardini – nella vita come nell’arte – della personalità di Pirandello. Bambino gracile e incline alla riflessione, poi ragazzo turbato dalla corruzione regnante nel mondo degli adulti, Pirandello sembra votato fin dall’adolescenza a una cupa meditazione che egli stesso descriverà come un «abisso nero, popolato di foschi fantasmi, custodito dallo sconforto disperato». Un generale senso di solitudine e di estraneità alla vita accompagna l’intero percorso esistenziale dello scrittore, mettendone a dura prova la dimensione affettiva. La sessualità tormentata Particolarmente difficile appare il rapporto con il padre, uomo dall’esuberanza vitale perfino eccessiva, prepotente e infedele. Questi tratti suscitano un’aperta ostilità nell’animo del figlio, il quale tuttavia non si ribella mai, tranne che nella scelta di assecondare la propria vocazione letteraria, mal vista dalla famiglia. Anche negli affetti privati il giovane Luigi non sa imporsi all’autorità paterna: il matrimonio con Antonietta Portulano è combinato dalle famiglie per motivi economici e, pur sostenuto da un sentimento sincero, è accettato da Pirandello come un atto dovuto. Forse sta proprio nell’esibita virilità del padre la radice del suo difficile rapporto con il sesso e della sua visione distorta dell’amore, di cui manifesta un disperato e inappagato bisogno. Da bambino gli capita di assistere all’incontro di una coppia di adulteri in un rudere cittadino adibito a camera mortuaria: è probabilmente da quel momento che l’immagine della morte e quella della sessualità si sovrappongono, a complicare una già incerta educazione sentimentale. Il bisogno di affetto Più vicina al cuore dell’autore è la madre Caterina, per la quale prova una profonda venerazione. Consapevole del dolore e della vergogna che i tradimenti del marito le arrecano, lo scrittore sembra avvertire sulla propria pelle le inquietudini che intravede nei suoi silenzi. Il bisogno della dolcezza materna traspare anche nei rapporti di Pirandello con le altre donne della sua vita: la sorella Lina, la figlia Lietta, poi la giovane amante Jenny e la moglie Antonietta, infine la musa ispiratrice, l’attrice Marta Abba. Nelle lettere che invia a quest’ultima sono sempre presenti la ricerca di un affetto caldo e vero e il desiderio di costruire e proteggere un nido che dissolva la solitudine del suo animo tormentato. In questo conflitto interiore si consuma l’esistenza di un uomo che vorrebbe piangere o ridere, ma non ci riesce perché il pianto si fa «nodo alla gola» e il riso «muore in una smorfia fredda sulle labbra». La guerra, il fascismo e il successo mondiale Alle soglie della , in nome dei suoi ideali patriottici, Pirandello , sposandone la visione del conflitto come naturale compimento dei moti risorgimentali. All’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915, il figlio Stefano parte volontario, ma viene subito fatto prigioniero dagli austriaci e internato in un campo di concentramento per tre anni. Anche l’altro figlio Fausto è chiamato alle armi, ma è presto congedato per malattia; a queste preoccupazioni si aggiunge la morte della madre, verso cui non era mai venuto meno il tenero affetto dello scrittore. Tuttavia, nonostante le sue convinzioni interventiste, le opere del triennio 1915-1918 non recano segni di entusiasmo bellico; al contrario, si possono trovare in diverse novelle immagini di sofferenza collettiva nelle figure di padri e madri in apprensione per la vita dei figli soldati. Prima guerra mondiale appoggia la causa degli interventisti Un interventismo patriottico Nel 1915 pubblica sulla “Nuova Antologia” il romanzo Si gira… , poi ristampato nel 1925 con il titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore . Da questo momento, la produzione teatrale prende il sopravvento, sostenuta da un crescente consenso di pubblico . Lo scambio di idee e di personaggi tra il corpus delle novelle e la produzione teatrale è continuo e proficuo; Pirandello è ormai autore ricercato e le sue rappresentazioni accendono spesso un coro di polemiche e discussioni che stimolano ulteriormente la ricerca e l’innovazione del linguaggio drammaturgico. La popolarità del drammaturgo >> pagina 211 Con la messa in scena di la fama dello scrittore valica i confini nazionali; la , nel 1921, provoca reazioni contrastanti, persino furibonde, tra accaniti sostenitori e detrattori spietati. L’anno seguente, invece, ottiene uno strepitoso , che segna l’inizio di una parabola ascendente di un riconoscimento ottenuto all’estero ancor più che in Italia. Sei personaggi in cerca d’autore prima al Teatro Valle di Roma successo a Londra, New York e Parigi Nel Pirandello , chiedendo pubblicamente di essere iscritto al Partito nazionale fascista, dal quale riceverà appoggi e tributi. 1924 aderisce ufficialmente al fascismo Ormai celebre, fonda la , finanziata dal regime e attiva dal 1925 al 1928, mentre tutte le capitali europee si contendono l’esclusiva di una sua opera. Abbandonato l’insegnamento, inizia a seguire le compagnie teatrali nelle in Europa e America; proprio in questi anni si lega sentimentalmente, anche se di un amore forse solo platonico, alla giovane attrice , per la quale scrive vari drammi e a cui invia centinaia di lettere. In una di queste, datata 1935, scrive: . Compagnia del Teatro d’Arte di Roma tournées Marta Abba «C he gioja udire la Tua cara bella voce viva l’altro jeri al telefono! Come ho fatto presto a riconoscere e a sentire in tutto il sangue, in tutte le fibre del corpo, in tutti gli angoli più riposti dell’anima che la sorgente della mia vita, di quella poca che ancora mi resta, è in Te, Marta mia» I trionfi internazionali Gli anni successivi, trascorsi fra pressanti impegni internazionali e una continua produzione di drammi e novelle, conducono lo scrittore alle vette del successo, fino al conferimento nel 1934 del premio Nobel per la letteratura . Tuttavia Pirandello non smette di sperimentare e rinnovarsi, approdando con le ultime novelle e con l’opera teatrale incompiuta I giganti della montagna alle sponde di una letteratura assai complessa, definita dallo stesso autore «mitica». Mentre sta assistendo, a Cinecittà, alle riprese di un film tratto da , si ammala di polmonite. nella sua casa di , a sessantanove anni. Il giorno prima era uscita sul “Corriere della Sera” la sua ultima novella, . Nonostante il regime proponga cerimonie solenni e pompose, i funerali si svolgono in forma strettamente privata e nella più austera semplicità, secondo le disposizioni dello scrittore: . Le sue ceneri, custodite in un’urna greca, riposano per sua volontà ad Agrigento, sotto un pino vicino alla villa del Caos, là dove era nato. Il fu Mattia Pascal Muore il 10 dicembre 1936 Roma Effetti di un sogno interrotto «Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno mi accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta» Il premio Nobel e la morte Da destra, Luigi Pirandello, Isa Miranda e Pierre Blanchar sul set del film , di Pierre Chenal, 1936. Il fu Mattia Pascal Pirandello e il fascismo Per approfondire «Sento che questo è il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in silenzio. Se l’Eccellenza Vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenervi il posto del più umile e obbediente gregario». Con queste parole Pirandello dichiara apertamente la sua adesione al fascismo, in una lettera scritta a Mussolini nel settembre del 1924. Tre mesi prima, un gruppo di squadristi capitanati dal fiorentino Amerigo Dumini ha rapito e ucciso il deputato socialista Giacomo Matteotti. L’assassinio ha avuto un forte impatto sull’opinione pubblica, provocando una crisi di consenso al regime; il gesto di Pirandello, compiuto proprio all’indomani dell’evento, appare a maggior ragione provocatorio. L’adesione al Partito fascista permetterà allo scrittore di ricevere sovvenzioni e riconoscimenti, come la nomina ad Accademico d’Italia nel 1929. Pirandello non ripudierà mai la sua decisione, ma i suoi rapporti con il regime saranno sempre caratterizzati da ambiguità e contraddizioni. Egli non può essere definito un intellettuale fascista : non celebra né appoggia la retorica e i simboli del littorio; si può anzi dire che la sua arte – in particolare nella sua dimensione umoristica – sia costituzionalmente e radicalmente estranea all’atteggiamento fascista verso la vita e la cultura. tout court D’altra parte, anche Mussolini non si mostra un suo grande estimatore: non organizzerà mai serate in suo onore, come quelle che gli sono invece tributate a Stoccolma, Parigi, Londra, Praga, Berlino e New York. Tuttavia, Pirandello sa che non può alienarsi le simpatie del partito: «L’arte pirandelliana», scriverà Leonardo Sciascia, «non ha nulla a che fare col fascismo, ma l’uomo sì!». Pur dichiarandosi apolitico, egli vede in effetti in Mussolini l’unica figura in grado di rompere con il passato, facendosi garante di un ordine nuovo, finalmente capace di rimpiazzare una classe politica debole e corrotta. Certamente estraneo alla retorica mussoliniana della forza e della virilità, egli si sente però vicino alle filosofie irrazionalistiche di inizio Novecento, che predicano il superamento del sistema democratico e una concezione vitalistica dell’esistenza. Non manca, in Pirandello, una velata antipatia per la corte di gerarchi che circonda Mussolini, e dalla sua opera emerge l’avversione per un’ideologia che non può che rivelarsi ai suoi occhi vuota e mistificante. Non per questo, comunque, è possibile parlare di un “antifascismo pirandelliano”; eppure, al di là di ogni definizione, non c’è dubbio che tutta l’arte di Pirandello sia volta a smascherare ogni mitologia e ogni retorica propagandistica. >> pagina 212 Le opere L’inesauribile creatività pirandelliana attraversa , travalicandone i confini in uno . Ciò non cancella l’impressione che l’ispirazione conduca irresistibilmente lo scrittore verso la rappresentazione teatrale. Anche quando la sua destinazione è un’altra, la pagina scritta si anima, il personaggio sembra farsi persona, uscendo dalla carta in cui si sente imprigionato per cercare una vita vera. E così i personaggi e le loro vicende circolano liberamente tra le novelle, i romanzi, le commedie e persino i saggi critici, tornando insistenti come variazioni di uno stesso tema. L’arte, come la vita, non sopporta limiti di genere né forme precostituite. tutti i generi letterari scambio continuo di materiale narrativo e drammatico Le poesie La è l’unica a non aver sèguito nella piena maturità dello scrittore. Pirandello, in ogni caso, compone versi per più di vent’anni, tenendosi sempre lontano dalle correnti poetiche del tempo. Nel rispetto della tradizione, decide infatti di conservare moduli espressivi e forme metriche regolari, in cui si sente, in particolare all’inizio, la presenza di Carducci e della Scapigliatura, e poi anche quella di Dante e Leopardi, Goethe e Heine. passione giovanile per la poesia Le principali raccolte poetiche sono: (1889), (1895), (1901), (1912). Mal giocondo Elegie renane Zampogna Fuori di chiave >> pagina 213 Le novelle Ben altro peso ha l’ , la più costante nell’attività letteraria di Pirandello. Meglio del romanzo, la condensazione narrativa della novella permette di sperimentare la caratterizzazione dei personaggi, la tenuta delle situazioni tragicomiche, il manifestarsi di casi della vita ai limiti dell’assurdo. enorme produzione novellistica Novelle per un anno T3-T4 Scritte a partire dalla metà degli anni Ottanta dell’Ottocento, le vengono poi raccolte da Pirandello in : il primo, , è del 1894; seguono (1902), (1902), (1919). La sistemazione di un materiale così abbondante subisce continui rimaneggiamenti fino al progetto di , pubblicate in 15 volumi fra il 1922 e il 1937. novelle volumi autonomi Amori senza amore Beffe della morte e della vita Quand’ero matto... Berecche e la guerra Novelle per un anno In questo lavoro Pirandello assembla un , privo di una cornice che, come accadeva nella novellistica classica, doni coerenza all’eterogeneità del contenuto. Nemmeno l’idea iniziale di proporre una novella per ogni giorno dell’anno si realizza a causa della morte dell’autore (anche considerando quelle pubblicate postume, si arriva solo a 241 racconti). La della raccolta non è del resto casuale, ma riflette una visione pirandelliana del mondo come insieme caotico e disgregato. corpo volutamente frammentario e disorganico mancanza di struttura In molte novelle appare chiara l’ , reinterpretato però in forma del tutto personale. Descrivendo la società contadina siciliana o l’ambiente della borghesia impiegatizia romana, infatti, Pirandello non si ferma al dato documentario. Il suo è un : in realtà l’obiettivo non è denunciare una determinata realtà sociale, ma osservare la “propria” Sicilia attraverso una che ne svela però la natura più ancestrale e profonda. influenza del Verismo naturalismo soltanto apparente lente personale e caricaturale Genesi, struttura e influenze Testi plus: Ciàula scopre la luna Testi plus: La patente Nelle novelle, inoltre, la caratterizzazione dei personaggi prevale sulla descrizione del contesto. Da una società spesso appena tratteggiata emergono , volutamente stravolti nelle fattezze del volto e contraddistinti da una gestualità repressa o enfatica. Si delinea così una , una sfilata di tipi umani varia quanto le infinite forme in cui si presenta la vita. personaggi eccessivi galleria di maschere Un repertorio di figure grottesche I romanzi Pirandello scrive complessivamente , qui presentati seguendo l’ordine cronologico della loro stesura. 7 romanzi L’esclusa Il primo romanzo, scritto nel con il titolo , viene pubblicato a puntate nel sul quotidiano romano “La Tribuna” e poi rivisto e stampato in volume nel 1927. L’ è particolarmente evidente nella , che fa da sfondo alla figura della giovane protagonista, Marta, una donna intelligente e sensibile accusata ingiustamente di tradimento. Il meccanicismo deterministico che governa i fatti nel racconto naturalista, tuttavia, è qui già messo in dubbio: la causa motrice della narrazione, infatti, è qualcosa di irreale – una colpa inesistente – che ha però conseguenze reali. Al principio di causa-effetto si sostituiscono cioè la e l’ , l’amara constatazione che le azioni umane hanno esiti imprevedibili e che la menzogna vale più della verità. Fino alla conclusione spiazzante: Marta è perdonata proprio quando diviene davvero un’adultera. 1893 Marta Ajala 1901 influenza di Luigi Capuana denuncia di un ambiente sociale avvelenato da convenzioni arcaiche e provinciali fatalità assurdità del caso >> pagina 214 Il turno Il secondo breve romanzo, scritto nel , viene pubblicato nel . Pirandello , concentrandosi ancor più sull’idea che sia il a dominare le vicende umane. Vi si narra la storia di un giovane pretendente che aspetta il suo “turno” per sposare la donna amata. Smantellando uno dei capisaldi del Naturalismo – l’impersonalità – Pirandello , come ad avvertire il lettore che qualcuno sta inventando ciò che viene raccontato, e che questa è la “sua” visione delle cose, la “sua” verità. L’oggettività dei fatti è così negata in favore di una visione del reale irriducibilmente soggettiva. 1895 1902 abbandona del tutto l’ambientazione naturalista caso rende visibile la presenza del narratore Il fu Mattia Pascal Il terzo romanzo, il capolavoro di Pirandello, pubblicato nel 1904, verrà analizzato nella seconda parte dell’Unità ( ). ▶ p. 272 T9-T12 I vecchi e i giovani Pubblicato in parte nel e poi in modo completo nel , rappresenta per certi versi un passo indietro nel percorso pirandelliano di rinnovamento del genere romanzesco. L’autore sceglie infatti la , quella cioè in cui il narratore non è un personaggio della storia (un’opzione privilegiata anche nel romanzo successivo ), per tracciare un delineato entro precise coordinate spazio-temporali. Nella Sicilia post-risorgimentale, sullo sfondo della rivolta popolare dei Fasci siciliani (1891-1894) e dello scandalo politico-finanziario della Banca Romana (uno dei più importanti istituti di credito del tempo, cardine dei fenomeni di corruzione che accompagnano il disordinato sviluppo edilizio della capitale fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento), si svolgono le vicende della famiglia Laurentano e di una fitta serie di personaggi secondari. 1909 1913 I vecchi e i giovani narrazione eterodiegetica Suo marito quadro storico Il , suggerito dal titolo, viene filtrato da ricordi personali, che compongono una sorta di da cui emerge una lucida analisi della crisi di fine secolo. L’impianto narrativo, che ricorda i di De Roberto e, più da lontano, il modello manzoniano, lascia parlare la Storia come se fosse essa stessa un personaggio carico di esperienze variamente distribuite tra la folla delle comparse. Si tratta dell’ , dall’autore definito «amarissimo e popoloso romanzo, ov’è racchiuso il dramma della mia generazione». conflitto generazionale tra i vecchi protagonisti del Risorgimento e i giovani corrotti della nuova realtà unitaria autobiografia pubblica Viceré unico esempio di romanzo storico pirandelliano Uno sguardo amaro su un paese corrotto Suo marito Pubblicato nel e poi ripreso per una riedizione rimasta incompiuta, il romanzo è ambientato a Roma e racconta la , Silvia Roncella (dietro la quale molti hanno voluto riconoscere la figura di Grazia Deledda), , relegando il devoto e mediocre marito alla gestione materiale dei propri impegni e successi editoriali. Sullo sfondo emerge la vita letteraria romana, delineata con intenzioni caricaturali come regno della maldicenza e della vacuità. 1911 storia di una scrittrice che ribalta i tradizionali equilibri della famiglia borghese Quaderni di Serafino Gubbio operatore Edito nel con il titolo , il romanzo verrà poi rivisto e ripubblicato nel con il titolo . L’operatore cinematografico Serafino 1915 Si gira… 1925 Quaderni di Serafino Gubbio operatore Gubbio racconta in prima persona, in un , la straniante esperienza vissuta dietro la macchina da presa. Ne risulta una testimonianza, problematica e disincantata, di un’aperta , della quale Serafino-Pirandello dà un’interpretazione lucida e inquietante. diario costituito da sette quaderni diffidenza verso i congegni omologanti della modernità T6 >> pagina 215 La vicenda narra dell’arrivo di Serafino a Roma e del suo lavoro all’interno di una cinematografica che sta girando un film. Della fa parte anche l’attore Aldo Nuti, che ha lasciato la fidanzata per seguire l’attrice russa Varia Nestoroff, “donna fatale” di cui si è innamorato. In quest’opera, che è stata definita dal critico Giacomo Debenedetti un «romanzo da fare» poiché gli eventi non sono ricostruiti, come accade di norma, a posteriori, il meccanismo narrativo pare seguire la fredda concatenazione degli ingranaggi di una macchina, sviluppando una serie di riprese fra loro separate e dunque prive di logica consequenziale. L’ultima di queste sequenze (il settimo dei quaderni di Serafino) contiene il tragico epilogo della vicenda: invece che uccidere la tigre portata sul set per girare la scena, Nuti spara alla Nestoroff, prima di essere a sua volta ucciso dall’animale. Serafino, incaricato delle riprese, non smette di filmare: , continua a registrare fedelmente la tragica scena fuori copione, ma, per lo choc subito, rimane muto. Contro l’alienazione e la mercificazione della civiltà moderna, simboleggiata appunto dalla condizione esistenziale del protagonista, l’unica risposta possibile dello scrittore sembra essere il silenzio. troupe troupe condannato a girare la manovella della cinepresa come un automa alienato La critica alla civiltà delle macchine Uno, nessuno e centomila Dopo una pausa decennale in cui Pirandello si dedica prevalentemente al teatro, nel esce il suo («c’è la sintesi completa di tutto ciò che ho fatto e che farò», dice l’autore), che conclude e insieme inaugura una forma narrativa ormai totalmente “frantumata”. 1926 romanzo “testamentario” T5 Analisi del testo interattiva: Com’io volevo esser solo La vicenda prende avvio da un di cui è protagonista Vitangelo Moscarda: una mattina, mentre si guarda allo specchio, scopre, per un’osservazione della moglie, che il suo naso non è dritto, come egli aveva sempre creduto che fosse, ma pende leggermente a destra. Il fatto, di per sé privo di importanza, dà luogo a una vera e propria crisi d’identità del personaggio, che si rende conto di non essere “uno”, ma “centomila” – e quindi in definitiva “nessuno” – a seconda della prospettiva da cui lo osservano gli altri. episodio di estrema banalità Da una semplice constatazione, in altre parole, scaturisce una che porta Vitangelo a compiere gesti folli, volti a cancellare ricordi, esperienze e persino il nome che lo identifica. Dopo aver liquidato i suoi beni ed essere stato abbandonato dalla moglie, egli finisce con il vivere in un ospizio, senza più un nome né un’identità definita. Considerato pazzo dagli altri, si sente in realtà finalmente felice: abbandonata la civiltà, con le sue forme e le sue convenzioni, si trova per la prima volta e nella natura. crisi esistenziale immerso nel fluire continuo della vita La banale scoperta di essere “nessuno” Il teatro Pirandello scrive per il teatro fin dagli anni giovanili, ma le sue prime opere sono rappresentate soltanto nel 1910, anno in cui vanno in scena al Teatro Minimo di Nino Martoglio, a Roma, i due atti unici e . Da questo momento in poi la sua attività drammaturgica diviene intensissima, attraversando . La morsa Lumìe di Sicilia diverse fasi stilistiche >> pagina 216 Gli esordi: oltre il dramma borghese La verosimiglianza naturalistica delle situazioni sentimentali e tragiche messe in scena dal teatro allora in voga è fin dall’inizio messa in discussione da Pirandello. Dopo una prima esperienza regionale in dialetto siciliano, lo scrittore torna alla lingua italiana e mostra di voler , portandoli allo scoperto e, così facendo, denunciandone la vacuità. Oltre ai due atti unici già citati, appartengono a questo periodo lavori come e (1916), (1917), ma anche (1916) e (1918), trasposizioni di già celebri novelle. spingere fino al paradosso e all’assurdo i temi consolidati del teatro borghese dell’epoca Pensaci, Giacomino! Liolà Così è (se vi pare) La giara La patente Commedia in tre atti scritta nel 1917, tratta dalla novella , mette in scena la vicenda di una che si trasferisce in un piccolo paese di provincia, scatenando un coro di chiacchiere e pettegolezzi. Il signor Ponza vive in un appartamento con la seconda moglie, mentre la madre della prima, la signora Frola, è relegata al piano sottostante e costretta a comunicare con la moglie del signor Ponza, che è convinta sia sua figlia, per mezzo di bigliettini calati in un paniere dalla finestra. O meglio, questa è la verità del signor Ponza, il quale, incalzato dalla curiosità dei vicini, afferma che la suocera è diventata pazza dopo la morte della figlia, e che pertanto egli cerca di farle credere che sia ancora viva, assecondandone l’illusione con la complicità della seconda moglie. La signora Frola e il signor Ponza, suo genero strana famiglia composta da tre persone Ma . Molto diversa, infatti, è la versione della signora Frola, che senza dubbi sostiene che la moglie del signor Ponza è sua figlia e accusa il genero di essere un marito a tal punto geloso e possessivo da volere la donna tutta per sé, tenendola isolata dal resto del mondo. L’unica a poter far luce sulla questione è la signora Ponza, che verso la fine della rappresentazione fa la sua apparizione coperta da un velo, simbolo : invece di una rivelazione definitiva, infatti, la donna dice semplicemente «Per me, io sono colei che mi si crede», lasciando lo spettatore nella completa incertezza sulla reale identità dei personaggi. ognuno ha la sua verità da raccontare dell’impossibilità di raggiungere la verità Così è (se vi pare) Henri de Toulouse-Lautrec, , 1894. Albi, Musée Toulouse-Lautrec. L’attrice Yvette Guilbert saluta il pubblico >> pagina 217 Il teatro del grottesco (1917-1925) Gli elementi caricaturali già presenti nei primi drammi diventano a poco a poco cifra stilistica inconfondibile del teatro pirandelliano: è l’approdo al , che, con (1917) e (1918), in modo drastico e provocatorio, adottando soluzioni formali che infrangono le regole del Naturalismo, della verosimiglianza della storia e della finzione teatrale. Sulla scena affiora un mondo stravolto e deformato, in cui i personaggi sono privi di una psicologia coerente: scissi e contraddittori, ingabbiati anch’essi in forme assurde, come le vicende in cui si trovano ad agire. Anche il linguaggio smarrisce ogni compostezza razionale, diventando concitato e frammentato, specchio di una condizione esistenziale straniata e sospesa nel vuoto. teatro del grottesco Il piacere dell’onestà Il giuoco delle parti ribalta i princìpi del teatro borghese Antonio Gramsci ha definito queste opere «bombe a mano che scoppiano nei cervelli degli spettatori», sconvolgendo pensieri e sentimenti stereotipati. Fanno parte di questa fase anche drammi come (1918), (1919), (1920), (1920). Ma non è una cosa seria L’uomo, la bestia e la virtù Tutto per bene Come prima, meglio di prima In questa commedia del 1918, tratta dalla novella , troviamo un marito, una moglie e l’amante: il e del tradimento è però , fino a renderne evidente l’assurdità. Leone Gala, dall’alto del suo atteggiamento intellettuale e da filosofo cinico, osserva distaccato il comportamento frivolo della moglie Silia e del suo amante Guido Venanzi, personaggio insignificante che vive all’ombra degli altri due. Recitando in modo consapevole la parte del marito tradito, Leone concede alla moglie di divertirsi con Guido, senza mostrare alcuna gelosia, e anzi favorendone la relazione. La moglie, stanca della razionalità indifferente del marito, chiede all’amante di ucciderlo, ma questi si rifiuta. Quando si presenta l’occasione di difendere l’onore di Silia in un duello, Leone accetta di farlo, in qualità di marito , ma tocca all’amante combattere realmente contro il celebre spadaccino Miglioriti, visto che di fatto è lui l’uomo di Silia. Ognuno insomma è costretto a recitare la propria parte fino in fondo e, mentre Guido Venanzi rimane ucciso nel duello, Leone, gustato l’amaro sapore di una vendetta cinica, si chiude in un cupo silenzio: la razionalità che svaluta i sentimenti non salva la vita né cancella la sofferenza umana. Quando si è capito il giuoco tradizionale motivo del triangolo amoroso deformato e contorto pro forma Il – che, significativamente, avviene qui «per interposta persona» (Siciliano) – viene sfruttato da Pirandello per e insieme sancire l’impossibilità di arginare l’ondata delle passioni, che prevalgono sulla fredda ragione, costringendo i personaggi ad annientarsi l’un l’altro e ad accettare un comune destino di infelicità. tema del delitto d’onore smontare il meccanismo del teatro borghese Il giuoco delle parti Il «teatro nel teatro» Una vera e propria rivoluzione è segnata dalla prima storica rappresentazione di , nel 1921, opera metateatrale che, insieme a (1924) e (1930), compone la cosiddetta . A questa fase può essere accostato anche l’ (1922), dramma in cui la confusione tra vita e teatro si allarga fino a divenire caotica sovrapposizione tra normalità e follia. Sei personaggi in cerca d’autore Ciascuno a suo modo Questa sera si recita a soggetto trilogia del «teatro nel teatro» Enrico IV T7-T8 La celebre commedia del non è divisa in atti e scene, ma presenta due interruzioni apparentemente casuali (in realtà perfettamente inserite nell’artificio del «teatro nel teatro»). Mentre una compagnia sta provando una commedia di Pirandello ( ) entrano in scena sei personaggi misteriosi: il Padre, la Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina. 1921 Il giuoco delle parti Abbandonati da un autore allo stadio larvale, essi aspirano alla compiutezza formale dell’arte e a ottenere corpo e voce: sono , e di attori che li impersonino. La loro è una storia a tinte forti, tipica del teatro ottocentesco: la Madre, dopo aver partorito il Figlio, viene spinta dal Padre a formarsi una nuova famiglia con il suo segretario; nascono altri tre figli, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina. Dopo molti anni il Padre si trova in una casa di appuntamenti; proprio mentre sta per avere, inconsapevolmente, una relazione incestuosa con la Figliastra, viene fermato dalla Madre, sconvolta dal duplice orrore di trovare la figlia in quel luogo e in compagnia dell’ex marito. A questo punto la rappresentazione si interrompe per poi riprendere in un giardino, in cui la Madre scopre il corpo della Bambina affogata in una vasca e scorge il Giovinetto che, dopo aver assistito alla scena, si spara. Pur riluttante, il Capocomico della compagnia che sta provando lo spettacolo interrotto accetta di trarre una da questa vicenda, ma equivoci e difficoltà d’ogni tipo ne ostacolano la messa in scena: il vero dramma dei personaggi diviene perciò quello di “realisticamente” dagli attori, che provano a recitare la storia ma sono continuamente interrotti dai personaggi “veri”, insoddisfatti della . Alla fine, tutto rimane allo stadio potenziale di un dramma irrisolto: calato il sipario, ci si accorge dell’impossibilità di fare teatro. in cerca di qualcuno che scriva il loro dramma, ancora solo abbozzato pièce non riuscire a vedersi rappresentati performance Sei personaggi in cerca d’autore >> pagina 218 Il dramma in tre atti del è considerato, insieme ai , il . Durante una festa in maschera, un giovane gentiluomo, che indossa i panni di Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero, viene disarcionato dal suo rivale in amore Tito Belcredi. Cadendo da cavallo batte la testa e sprofonda in una che lo terrà imprigionato per dodici anni: egli crede di essere davvero il personaggio storico che stava impersonando, e vive assecondato dai suoi servitori in un mondo irreale, fuori dal tempo. Quando all’improvviso rinsavisce, si rende conto di aver perso per sempre la giovinezza e di essere stato defraudato dell’amore della marchesa Matilde Spina, che ora è compagna di Belcredi. Il protagonista decide allora di continuare a recitare la parte a cui tutti ormai da anni lo credono inchiodato, immedesimandosi in una maschera che sostituisce la sua vera identità. 1922 Sei personaggi vertice della drammaturgia di Pirandello follia Passano così altri otto anni, quando un giorno Matilde, Belcredi e la figlia Frida, in compagnia di uno psichiatra, tentano di ricostruire la scena della famosa cavalcata nella speranza di dissipare le nebbie della follia del presunto Enrico IV (il cui vero nome non è mai dichiarato). Egli, però, volendo tornare a riappropriarsi di una vita dalla quale aveva scelto di escludersi, rivela la finzione e, spinto da una passione mai sopita per Matilde, abbraccia con slancio Frida, identica alla madre da giovane. Belcredi si avventa su di lui, disgustato dal gesto del suo vecchio rivale, ma Enrico IV estrae la spada e lo ferisce a morte. A questo punto non gli rimane che continuare la recita, tornando a fingersi pazzo, non fosse altro che per sfuggire a un processo e a una condanna per omicidio. La pazzia, però, non è più un gioco, né un’inconsapevole condizione di alienazione mentale, ma una dolorosa necessità. Enrico IV Dalla caduta nel “pirandellismo” al teatro dei «miti» Sull’onda del successo mondiale che accompagna le rappresentazioni delle sue commedie, Pirandello successivamente quasi si adagia in una , che ripete gli schemi drammaturgici del periodo precedente. (1923), (1926), (1927), (1933) sono drammi in cui l’autore indulge a un facile “pirandellismo”, che si traduce nella stanca e insistente ripetizione degli stessi temi, di collaudati e di forme spesso cerebrali e artificiose. produzione meno originale La vita che ti diedi L’amica delle mogli Diana e la Tuda Quando si è qualcuno tecnicismi Un sostanziale cambiamento di direzione è rappresentato, invece, dagli , in cui Pirandello abbandona la riflessione metateatrale e prospetta una fuga totale nel mondo della fantasia e della poesia, approdando a grandi tematiche esistenziali e al « », termine che egli stesso usa per definire questi lavori. (1928), (1929), (1930, incompiuto, rappresentato postumo nel 1937), insieme alla (1930), musicata dal compositore Gian Francesco Malipiero, portano l’arte di Pirandello . Luoghi immaginari, eventi soprannaturali e simboli irrazionali campeggiano in queste opere, in cui viene meno ogni residuo elemento realistico e l’atmosfera si fa onirica e fantastica. Che si tratti della rappresentazione di un’utopia, cioè di un “mito sociale”, come è nella ; di una nuova fede, cioè di un “mito religioso”, come in ; o di una riflessione sull’arte nella società moderna, minacciata dai “giganti” del potere nei , il realismo allucinato di marca pirandelliana si trasforma in e in suggestioni mistiche e trascendenti, evocate da un . ultimi progetti teatrali mito La nuova colonia Lazzaro I giganti della montagna Favola del figlio cambiato alle soglie del Surrealismo Nuova colonia Lazzaro Giganti della montagna allegoria linguaggio lirico ed enigmatico >> pagina 219 I saggi La produzione saggistica di Pirandello, gli articoli e gli interventi teorici sulle riviste specializzate non presentano, nel complesso, le caratteristiche di rigore e di ampiezza documentaria con cui solitamente vengono redatti studi di questo tipo. Inaugurata da uno scritto apparso nella rivista “Vita nuova” nel 1890, , la riflessione estetica di Pirandello si esprime soprattutto nel fondamentale saggio . La menzogna del sentimento nell’arte L’umorismo L’umorismo Pubblicato nel e, in una seconda edizione rivista e integrata, nel 1920, non solo costituisce la chiave d’accesso all’opera dell’autore, ma può anche essere considerato il , in netta antitesi con quella del Verismo. 1908 L’umorismo manifesto teorico di una nuova poetica L’opera è divisa in ; nella prima l’autore analizza il termine “umorismo” e tratteggia una sorta di storia della letteratura umoristica, cercando di dimostrare che questa particolare attitudine del pensiero e della sensibilità estetica è rintracciabile in ogni epoca; la seconda parte, più strettamente teorica, contiene invece una compiuta : qui si trova la formulazione più stringente e dettagliata del concetto pirandelliano, corredata di esempi divenuti celebri, passaggi determinanti per la comprensione della poetica dell’autore. due parti definizione dell’arte umoristica T1-T2 Juan Gris, , 1919. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou. Pierrot >> pagina 220 La vita Le opere Nasce a Girgenti • 1867 La famiglia si trasferisce a Palermo • 1879 Si iscrive alle facoltà di Lettere e di Legge • 1886 Si trasferisce a Roma all’Università “La Sapienza” • 1887 Si trasferisce a Bonn • 1889 Mal giocondo Si stabilisce a Roma • 1893 Si sposa con Antonietta Portulano • 1894 (poi ) Amori senza amore Novelle per un anno 1895 Elegie renane Inizia a insegnare Stilistica e Letteratura italiana all’Istituto Superiore di Magistero di Roma • 1897 ; Zampogna L’esclusa 1901 (poi ) Beffe della morte e della vita Novelle per un anno 1902 (poi ); Quand’ero matto Novelle per un anno Il turno Disastro economico e primi segni della malattia della moglie • 1903 1904 Il fu Mattia Pascal 1908 L’umorismo 1909 ; I vecchi e i giovani La giara Inizia a collaborare con la compagnia di Nino Martoglio • 1910 ; ; Pensaci, Giacomino! Lumìe di Sicilia La morsa 1911 Suo marito 1912 Fuori di chiave 1916 Liolà 1917 ; Così è (se vi pare) Il piacere dell’onestà 1918 ; ; La patente Il giuoco delle parti Ma non è una cosa seria 1919 L’uomo, la bestia e la virtù 1920 ; Tutto per bene Come prima, meglio di prima 1921 Sei personaggi in cerca d’autore 1922 ; Novelle per un anno Enrico IV Aderisce ufficialmente al fascismo • 1924 Ciascuno a suo modo Fonda la Compagnia del Teatro d’Arte di Roma • 1925 Quaderni di Serafino Gubbio operatore 1926 Uno, nessuno e centomila 1927 Diana e la Tuda 1928 La nuova colonia 1929 Lazzaro 1930 ; Questa sera si recita a soggetto ; (1937 postumo) La favola del figlio cambiato I giganti della montagna Riceve il premio Nobel per la letteratura • 1934 Muore a Roma • 1936