L’opera Il fu Mattia Pascal  Maledetto fu Copernico! T9  Lo strappo nel cielo di carta T10  La filosofia del lanternino T11  Io e l’ombra mia T12 Nel , uno dei suoi massimi capolavori, Pirandello porta a maturazione la , arrivando a capovolgerne la struttura narrativa. Senza alcuna pretesa di linearità e completezza logico-cronologica, il protagonista della vicenda raccoglie in un memoriale i casi straordinari che gli sono accaduti, mescolando le voci narranti in una trama di alternati a che, proprio come il suo occhio strabico, appaiono stranianti e «sbalestrate». La sua è la storia di un uomo che nel perde anche quella che aveva: definitivamente smarrito e spersonalizzato, per sé stesso e per gli altri non sarà che un «fu», simbolo di una tragica condizione umana. Fu Mattia Pascal critica radicale al romanzo naturalista ricordi personali considerazioni filosofiche tentativo di acquisire una nuova identità Genesi e composizione , uscito a puntate sulla rivista “Nuova Antologia” nel e ripubblicato in volume nello stesso anno, vede la luce in un momento cruciale della vita di Pirandello. All’indomani del tracollo finanziario della famiglia e del conseguente aggravarsi della malattia mentale della moglie, lo scrittore si trova costretto a lavorare senza sosta e su diversi fronti. Il fu Mattia Pascal 1904 La di questo periodo non è solo necessaria a incrementare le entrate, ma diviene soprattutto : Pirandello vi si dedica per «distrazione», proprio come farà il protagonista del romanzo, Mattia Pascal, alla fine della sua bizzarra vicenda. Scrive quasi di getto, completando la stesura in poco tempo: a differenza di altre opere, concluse dopo una lunga gestazione, pare scaturire all’improvviso dalla fantasia dell’autore, senza una particolare incubazione. scrittura frenetica rifugio e consolazione dalle angustie familiari Il fu Mattia Pascal Un’idea improvvisa Il romanzo si articola in 18 capitoli, seguiti da un’ aggiunta all’edizione del 1921. I primi due sono costituiti da una doppia , secondo un modulo diffuso nella letteratura umoristica; Pirandello, del resto, dichiarerà aperta Avvertenza sugli scrupoli della fantasia Premessa mente il legame tra quest’opera e la sua riflessione poetica dedicando il saggio sull’ del 1908 alla «buon’anima di Mattia Pascal, bibliotecario». Questo eroe tragicomico, «fuori di chiave» e orfano di ogni certezza, rappresenta la , portato poi alle estreme conseguenze da Vitangelo Moscarda in . Umorismo prima grande incarnazione dell’umorismo pirandelliano Uno, nessuno e centomila La struttura  e il rapporto  con  L’umorismo  >> pagina 273 Una vicenda “inverosimile” La trama vive in un immaginario paese della Liguria, Miragno, dove conduce un’esistenza monotona tra l’impolverata biblioteca in cui lavora e l’ , vissuto un . Stanco ed esasperato dai continui litigi con la moglie Romilda e la suocera, decide di allontanarsi senza dire nulla a nessuno. Giunto a Montecarlo, vince una cospicua somma di denaro al casinò, lasciandosi così alle spalle, di colpo, tutte le sue preoccupazioni economiche. Mattia Pascal ambiente domestico come carcere Di ritorno verso casa, in treno, legge su un giornale la notizia che i suoi familiari lo hanno riconosciuto nel cadavere di un suicida annegato in una roggia del suo podere, la . La rabbia e la stizza lasciano subito il posto a un’illuminazione: l’idea di poter , finalmente libero da ogni legame con il passato, di rinascere con una coscienza «vergine e trasparente». Essendo ufficialmente morto, Mattia decide di voltare drasticamente pagina e, invece di tornare in paese per chiarire l’equivoco, tenta di costruirsi una nuova identità sotto il nome di . Stìa cominciare una nuova vita Adriano Meis Da Mattia Pascal ad Adriano Meis Dopo aver trascorso diversi mesi girovagando per l’Europa, deluso dal «senso penoso di precarietà che tien sospesa l’anima di chi viaggia», Mattia-Adriano si trasferisce a Roma, prendendo una stanza in affitto nella casa di un bizzarro personaggio, . Qui trascorre le giornate fra le sottili disquisizioni del suo logorroico ospite e le attenzioni amichevoli della figlia di lui, . Ben presto, però, comincia a sentire l’inconsistenza di questa assoluta libertà, il vuoto di una che lo condanna alla totale estraneità dal consesso umano. Anselmo Paleari Adriana non-esistenza Innamoratosi della giovane Adriana, si rende conto che non potrà mai sposarla, perché si è autocostretto a vivere come un «forestiere della vita»: per la legge egli non esiste, se non come un nome (un «fu») sulla lapide del cimitero di Miragno, e così non può nemmeno denunciare un furto o accettare una sfida a duello, quando se ne presenta l’occasione. La vera identità di un individuo è quella che gli viene conferita dallo stato civile: fuori dalla c’è solo un’infinita e insopportabile solitudine. «trappola» della società Il trasferimento  a Roma L’unico modo per uscire dai lacci di questa ragnatela è inscenare un secondo suicidio, quello di Adriano Meis: la morte appare di nuovo, agli occhi dell’eroe disorientato, come l’occasione privilegiata per rientrare nella vita. Lasciato un biglietto sull’argine del Tevere, , deciso a farsi riconoscere da tutto il paese e con il preciso intento di vendicarsi della moglie e della suocera, verso le quali nutre un forte risentimento. Ma una brutta sorpresa lo attende: la moglie Romilda si è risposata con Pomino, un suo vecchio amico d’infanzia, e ha avuto da lui una figlia. : sebbene ancora vivo, è un «escluso» dalla vita; così, convintosi a non rivendicare il suo posto a fianco della moglie, «si acconcia a fare il morto» definitivamente. Si ritira nella sua  torna a Miragno Mattia non è più nessuno biblioteca, dedicandosi alla stesura di una sorta di memoriale privato e recandosi di tanto in tanto al cimitero per deporre un fiore sulla propria tomba. A chi gli chiede notizie sulla sua identità risponde: «Io sono il fu Mattia Pascal», un uomo che non esiste per la società, un nome vuoto. Il secondo suicidio  >> pagina 274  La nascita del personaggio , secondo Pirandello, soltanto che, se da una parte la costringono e ne ostacolano la libertà, dall’altra le conferiscono un’identità, circoscrivendo l’indeterminatezza della «vita» entro i confini di una «forma» individuale. Mattia, nella sua vicenda, perde per ben due volte la propria identità personale, perché per due volte recide i vincoli che lo legano al contesto sociale. Dopo essere diventato , però, egli , nello spazio e nel tempo che la letteratura offre in sostituzione della vita. Questa trasformazione avviene ancora prima che il romanzo cominci; quando inizia l’atto della scrittura, infatti, la metamorfosi è già compiuta, e il dissolvimento dell’io reale di Mattia Pascal è ormai totale: . Il fatto che Mattia cominci a narrare la sua vicenda quando è diventato un «fu», e non prima, è significativo: la – simboleggiata metaforicamente dall’occhio strabico del personaggio che, tendendo «a guardare per conto suo, altrove», lo rende diverso dagli altri e divergente – è per Pirandello l’ per eccellenza. La persona si definisce entro una trama di relazioni sociali e familiari inesistente come persona rinasce come personaggio la sua vita si è trasformata in letteratura scrittura atto di straniamento Persona  e personaggio Se la persona è protagonista della , regno della verità e del realismo, il personaggio lo è della , luogo di finzione e illusioni. Ma esiste davvero un confine che separa questi due mondi, apparentemente così diversi? In realtà, la trama del romanzo – con l’espediente del doppio suicidio e della costruzione, da parte del protagonista, di un’identità parallela – non costituisce nulla di particolarmente assurdo e artificioso. Come l’autore stesso spiega nell’ , rispondendo nell’edizione del 1921 all’accusa di aver costruito una vicenda “inverosimile” e ai limiti dell’assurdo, il confine tra realtà e finzione è labile, poiché e, nella sua paradossalità, supera spesso i prodotti della fantasia. Come dirà il Padre in , quasi con le stesse parole, le assurdità della vita «non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere». vita letteratura Avvertenza sugli scrupoli della fantasia la vita è in sé stessa casuale e imprevedibile Sei personaggi in cerca d’autore Verità  e verosimiglianza Nell’economia dell’opera, un peso fondamentale ha il . Il protagonista non vuole abbandonare il suo nome («Io, io, Mattia Pascal! Sono io! Non sono morto!»), nemmeno se inesorabilmente accompagnato da quel «fu»: egli , anche se capisce che si tratta di qualcosa di fittizio. Neanche la morte, del resto, può cancellare ciò che si è stati, perché il nome ricevuto alla nascita e riconosciuto dalla società cui si appartiene continua paradossalmente a esistere anche quando la persona è scomparsa. rapporto tenace fra il nome e i personaggi non vuole rinunciare a un’identità Nel romanzo, in effetti, il cambiamento del nome non consente comunque al protagonista di acquistare davvero una nuova identità; l’etichetta nominale che assegna a ciascuno il proprio ruolo, sembra dire Pirandello, non può essere modificata; l’unico modo di negarla sarebbe cancellarla del tutto – abbandonando qualsiasi nome e dunque uscendo dalla società, senza essere più nessuno – perché dietro le false spoglie di un’identità alternativa (come quella di Adriano Meis) c’è in realtà soltanto un’altra «trappola», analoga a quella che si credeva di aver abbandonato. La “certezza”  del nome  >> pagina 275  Entrambe le identità del protagonista nascondono una rete di allusioni a personaggi storici tese a esprimerne le rispettive caratteristiche e aspirazioni. Il cognome , scelto con evidente allusione all’attitudine raziocinante del personaggio, rievoca il filosofo e matematico francese Blaise Pascal (1623-1662), autore dei ; ma è anche un riferimento a uno scrittore meno conosciuto: il teosofo Théophile Pascal (1860-1909), di cui nel romanzo viene citata un’opera ( ), e la è la dottrina di cui è fanatico seguace Anselmo Paleari. Invece, con il nome – ha ipotizzato lo scrittore Leonardo Sciascia – Pirandello «avrà pensato alla matta: follia blanda, ghiribizzante, […] una specie di momentanea vacanza consentita alla genialità, a controparte e a sollievo dell’abitudine al forte e greve pensare». Mattia significa insomma “matto”, come alla fine del romanzo confermerà lo stesso fratello del protagonista. Mattia Pascal può dunque essere definito con una dittologia: . Pascal Pensieri Les sept principes de l’homme ▶  teosofia Mattia matto e filosofo L’identità costruita a tavolino per la forzata rinascita del protagonista, quella di , deve invece il cognome a un filosofo positivista, Camillo De Meis (1817-1891), citato nel romanzo da alcuni compagni di viaggio sul treno verso Torino, e il nome al celebre imperatore romano vissuto nel II secolo d.C. Adriano Meis I significati  dei nomi La parola  Nell’accezione corrente il termine indica una dottrina, particolarmente diffusa tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, secondo la quale tutte le religioni del mondo conservano residui di un’antica verità divina conosciuta nelle varie epoche da un ristretto numero di iniziati, che ne avrebbero divulgato di volta in volta solo gli aspetti conformi alle condizioni culturali del momento. Nella teosofia prevalgono elementi di derivazione indiana, ma inseriti in una forma mentale tipicamente occidentale. Tra i suoi presupposti si ritrovano, infatti, l’evoluzionismo, l’umanitarismo e, sul piano dottrinale, il monismo. Secondo la cosmologia teosofica, tutto l’esistente procede dall’Uno, concepito come “supercoscienza”, verso il quale l’uomo tende a tornare, dopo avere attraversato, in un processo di continuo perfezionamento, molte esistenze.  Teosofia I temi Il tema centrale del romanzo è lo . Come ha notato Adriano Tilgher, nella vicenda di Mattia Pascal si manifesta il , tra l’anelito alla libertà e le costrizioni della quotidianità. Mattia vorrebbe un’esistenza alternativa alla meschinità della famiglia, all’anonimato del lavoro, alla grettezza del suo ambiente, ma è condannato al fallimento. Alla fine di tutto, infatti, egli si troverà in una condizione addirittura peggiore di quella iniziale, avendo perso i legami affettivi e sociali (che pure gli stavano stretti) senza aver guadagnato nulla in cambio. smarrimento dell’identità individuale dissidio irrisolvibile tra «vita» e «forma» Il tentativo di Mattia Pascal è un , una , il cui risultato sarà l’esclusione dalla vita e un’emarginazione non desiderata. Mattia non è pronto per il salto nel vuoto che compirà Vitangelo Moscarda in , abbandonando ogni identità per aderire al flusso ininterrotto e indefinito dell’esistenza; egli non sa elevarsi a una superiore consapevolezza critica per riconoscere che l’io – qualsiasi io, qualsiasi nome – è sempre e comunque una costruzione artificiosa e soffocante. azzardo scommessa perduta Uno, nessuno e centomila Tagliare la barba, far crescere i capelli, coprire con lenti scure l’occhio strabico sono tutti atti superficiali, perfettamente inutili. Questo maldestro tentativo di mascherarsi viene presentato da Pirandello in un’ : all’inizio, infatti, si è portati a vedere, in questi particolari, gli aspetti più comici della vicenda di Mattia Pascal; a poco a poco, però, subentra la riflessione sul significato che essi hanno in relazione alla condizione esistenziale del protagonista, sempre più solo e smarrito, tanto che la pietà diviene il sentimento dominante nel lettore, indotto a seguire con apprensione la disperata avventura dell’eroe in cerca del riscatto e di una seconda occasione. ottica umoristica Lo smarrimento dell’identità  >> pagina  276 La di Mattia Pascal è resa possibile dalla , anch’essa “raddoppiata” nella trama del romanzo, strumento liberatorio per eccellenza che permette di entrare e uscire dalle identità, abbandonando la scena senza preavviso e troncando ogni legame con il passato. vita doppia cesura della morte Il – allucinazione di un uomo diventato «un’ombra d’uomo» – lega Pirandello alla letteratura europea dell’Ottocento: si pensi a opere come (1886) di Robert Louis Stevenson o (1891) di Oscar Wilde. Nella vicenda del compaiono : un uomo di mezza età che si suicida a Montecarlo, davanti al casinò, anticipando la presunta morte di Mattia; Anselmo Paleari, teosofo ed esperto di spiritismo, voce filosofica del romanzo con la quale l’autore sembra spesso identificarsi; Adriana Paleari, omonima del protagonista nella sua seconda identità (Adriano Meis). Mattia sembra entrare e uscire da questi personaggi: vorrebbe essere un filosofo distaccato dalla vita e dalle passioni, ma non ci riesce; vorrebbe l’ingenua fede religiosa di Adriana, ma usa l’acquasantiera che è appesa sopra il suo comodino come posacenere; pensa al suicidio, ma non lo mette davvero in atto, limitandosi a inscenarlo. tema del doppio Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde Il ritratto di Dorian Gray Fu Mattia Pascal diversi possibili alter ego del protagonista La morte  e il doppio Una dopo l’altra cadono così tutte le convenzioni della narrativa naturalistica : l’eroe positivo diventa un uomo tormentato dai dubbi, e il personaggio coerente con sé stesso si frantuma assumendo mille sfaccettature diverse. La sensazione del protagonista di non essere mai al posto giusto (dissonanza che lo fa sentire sempre «fuori di chiave»), lo sguardo distaccato con cui contempla il mondo, la sua incoerenza sono tutti atteggiamenti tipici dell’eroe moderno, cioè dell’antieroe incline all’insoddisfazione, allo smarrimento, alla solitudine. Egli percepisce la piccolezza di questo mondo e degli esseri insignificanti che lo popolano; ha coscienza della propria fragilità ma è costretto, suo malgrado, a rinunciare a ogni illusione consolatoria e a ogni maschera posticcia: scoperta, alla fine della sua vicenda, la nuova situazione familiare della moglie, rifiuta infatti di farsi riconoscere, scegliendo di fissare la propria esistenza nel momento in cui l’ha ufficialmente perduta e diventando per sempre il «fu Mattia Pascal». Mattia Pascal come moderno antieroe Lettura critica p. 298   L’ambiguità del reale Il pittore belga René Magritte è il massimo esponente del Surrealismo: le sue opere, pur contenendo elementi realistici, sono inquietanti e ricche di riferimenti all’inconscio e alla complessità della psiche umana. La tela Decalcomania allude con il suo stesso titolo alla tecnica decorativa che utilizza adesivi per stampare immagini: due figure umane viste di spalle si stagliano contro lo sfondo di un cielo attraversato da piccole nubi e parzialmente coperto da una tenda. Mentre quella di sinistra appare perfettamente coerente con la realtà circostante e indossa un cappotto e un cappello neri, quella di destra è solo una silhou­ette, un ritaglio attraverso cui si vedono il cielo, il mare e una spiaggia. Ma l’uomo di sinistra è reale o è anch’esso un ritaglio, una decalcomania? O qualcuno, un secondo uomo, è stato escluso dalla composizione? Ogni spiegazione potrebbe essere valida e il dipinto resta un enigma insolvibile. René Magritte, , 1966. Collezione privata. Decalcomania