L’opera L'allegria   T3 In memoria   T4 Il porto sepolto   T5 Veglia   T6 Peso   T7 Fratelli   T8 Sono una creatura   T9 I fiumi   T10 San Martino del Carso   T11 Commiato   T12 Mattina   T13 Girovago   T14 Soldati Sarebbe difficile rintracciare nella poesia italiana, e non solo, una quale quella ungarettiana, così . Nell’ la troviamo depositata nel bianco della pagina – per usare un’espressione del poeta stesso – «come una ferita di luce nel buio», liberata dalla polvere della tradizione e capace così di esprimere senza orpelli la realtà profonda dell’io. parola pura e carica di valore simbolico Allegria Ciascuna di queste parole denudate concorre a esprimere una , tanto più eloquente quanto più tragica, urgente e immediata è l’occasione che l’ha ispirata, fissandola su fogli di fortuna, tra i pidocchi e il fango delle trincee. rivelazione In tal modo, nel cuore stesso della prima grande catastrofe mondiale che ha sconvolto l’Europa del Novecento, Ungaretti riesce a scavare una nicchia di vitalità, uno spazio in cui la si compone e perfino si trasforma in per l’esistenza e per la poesia. disperazione meraviglia Una gestazione complessa L’allegria accoglie alcuni testi apparsi inizialmente sulla rivista “Lacerba” nel 1915 e riu­nisce con qualche esclusione i componimenti delle prime due raccolte ungarettiane, Il porto sepolto (composto da 32 poesie), pubblicato nel 1916 grazie all’interessamento di un ufficiale conosciuto al fronte, Ettore Serra, e Allegria di naufragi , edita nel 1919 . Dopo un’edizione uscita nel 1923, con la prefazione di Benito Mussolini e ancora intitolata Il porto sepolto , l’opera subisce una serie di revisioni e rifacimenti, fino alla pubblicazione con il titolo e la struttura definitivi avvenuta nel 1931 . Ulteriori varianti vengono poi apportate nelle successive edizioni, datate 1936 e 1942. Quest’ultima confluirà nella raccolta completa dell’opera ungarettiana, uscita nel 1969 con il titolo Vita d’un uomo . La vicenda editoriale L’«allegria» è, come spiega il poeta stesso, l’«esultanza che l’attimo, avvenendo, dà perché fuggitivo, attimo che soltanto amore può strappare al tempo, l’amore più forte che  non possa essere la morte». Anche nel momento in cui tutto sembra perduto, quando la desolazione e la morte tentano di prendere il sopravvento sulla felicità e sulla vita, Ungaretti afferma il desiderio di sottrarre l’esistenza all’usura del tempo e alle tragiche circostanze della Storia. Nel titolo originario,   Allegria di naufragi , che accostava come in un   ossimoro   l’immagine dell’“allegria” a quella del “naufragio”, egli intendeva appunto evidenziare l’ ambivalenza del vivere , in cui si intrecciano bellezza e morte, entusiasmo e frustrazione. La scelta successiva di esprimere soltanto la valenza positiva corrisponde non solo alla ricerca di una essenzialità sempre maggiore, ma anche alla volontà di privilegiare l’ energia   e la   brama vitale   che costituiscono la natura stessa dell’avventura umana. Questa visione dell’esistenza contraddistingue tutto lo sviluppo del libro: dalle liriche ambientate nei remoti  , quando ad Alessandria d’Egitto il poeta si affaccia al paesaggio e ai sentimenti dell’adolescenza, fino all’esperienza vissuta nelle trincee della  , dove l’impulso spontaneo di vivere si impone sulla precarietà, sul dolore e sulla strage. luoghi d’origine Grande guerra La scelta del titolo  >> pagina 470  La struttura e i temi La suddivisione interna dei testi Articolata in di complessive , la raccolta si compone di versi , collocati in modo da rispettare sostanzialmente l’ordine cronologico. 5 parti 74 poesie scritti tra il 1914 e il 1919 La prima sezione si intitola paradossalmente e comprende i testi più “antichi”, le del tutto (da qui il titolo, che rischia pertanto di confondere): si tratta delle poesie pubblicate sulla rivista fiorentina “Lacerba”, considerate dall’autore una sorta di tirocinio precedente all’ingresso nell’autentica sfera dell’arte. Ultime ultime prove prima di una stagione poetica nuova Ultime Con il componimento , scritto in ricordo dell’amico egiziano Moammed Sceab, morto suicida nel 1913, si apre la seconda sezione del libro, : richiama la città natale, Alessandria d’Egitto, che nell’acqua della baia custodirebbe i resti di strutture portuali ancora più antiche della città stessa. Ungaretti attribuisce a questo luogo un : il poeta deve far emergere dal profondo una voce e un messaggio destinati all’intera umanità. Con le sue parole egli sollecita l’uomo a non arrendersi di fronte alle sconfitte e a ricercare un alto significato nell’accettazione del destino comune, comunicando i valori della speranza e della meraviglia. In memoria Il porto sepolto il titolo significato simbolico Il porto sepolto Da qui in poi, il motivo principale di tutto il resto della raccolta è l’ , dalla quale il poeta trae la volontà di «vivere nonostante tutto». La riflessione sull’esistenza si dispiega anche nelle due sezioni e , dove accanto all’istintiva vitalità affiorano la stanchezza interiore, la malinconia e un senso di abbandono che accompagna la presenza incombente della morte. esperienza vissuta da soldato nella Prima guerra mondiale Naufragi Girovago Naufragi  e  Girovago Una sensibilità turbata e sofferente attraversa anche l’ultima sezione della raccolta, intitolata , che comprende e considerate dall’autore come il . Prime poesie composte dopo la fine del conflitto preannuncio di una nuova stagione poetica Prime  >> pagina 471  La guerra Il tema fondamentale della raccolta è costituito dalla guerra. In Ungaretti la parola poetica interagisce con la Storia, quella privata del poeta e quella collettiva dell’umanità. È la stessa esperienza della vita di trincea a presentare la realtà nella sua cruda violenza e a offrire un’immagine dell’io fusa con il mondo che lo circonda («Ora sono ubriaco / d’universo», ), in termini che ricordano il panismo di d’Annunzio. La tragedia, di cui il soggetto lirico è testimone attivo, non lo porta a estraniarsi o a rifugiarsi in una dimensione individualistica: al contrario, la carneficina e la morte suggeriscono l’aspirazione a una sorta di , in cui l’esistenza del singolo può superare il proprio sradicamento trovando comunione e conforto nella . La notte bella innocenza primigenia condivisione di un destino collettivo In comunione  con il prossimo L’ («Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita», , T5, ) si manifesta con tanta più forza quanto più questa si rivela nella sua esile fragilità, in una sorta di vitalistico paradosso. Allo stesso modo, la constatazione dell’insensata crudeltà della guerra accentua la propensione a percepire la , del prossimo, compresi coloro che si trovano sul fronte opposto. La vitalità – una vitalità istintuale, “biologica”, non complicata da alcuna sovrastruttura ideologica – riafferma i propri diritti in mezzo al dolore, riaccendendo il e trasformando la in una sorta di , in un’arma contro la sofferenza. adesione all’esistenza Veglia ▶ p. 478 fraternità dell’altro senso di appartenenza alla specie umana poesia strumento di salvezza La vita si afferma sulla morte Per queste ragioni in Ungaretti la dimensione del conflitto non può essere quella privata. I gesti eroici dannunziani e l’entusiasmo futurista sono sostituiti da una vocazione alla coralità: per quanto in sé ripugnante, la guerra permette di riscoprire un’ , una , l’amore e la fratellanza che la civiltà borghese hanno estirpato. In altri termini, la minaccia incombente della morte fa riemergere un sentimento della socialità offerto dal nudo fatto di esistere, secondo una prospettiva ideo­logica assai simile a quella della «social catena» auspicata da Leopardi nella . umanità solidale visione comunitaria della vita Ginestra Questo modo di sentire si riverbera nelle immagini adottate dalla poesia di Ungaretti. Esemplare in tal senso è la metafora ricorrente della «fibra» o del «brandello» a cui è ridotto l’essere umano, privato di tutte le fisime superflue della vita civile. La rappresentazione di sé stesso come «una docile fibra / dell’universo» ( , T9, ) sottolinea l’esistenza di una sorta di , , abbatte le distanze, supera i confini (di nazione, di lingua, di censo) e accomuna tutte le creature nella cornice della natura, talvolta umanizzata sotto il segno della sofferenza (cfr. l’«albero mutilato» ancora nei , v. 1, o il «brandello di muro» in , v. 4, T10, ). I fiumi ▶ p. 488 identità comune che cancella le differenze Fiumi San Martino del Carso ▶ p. 493 La dimensione corale Otto Dix, , 1914. Stoccarda, Galerie der Stadt Stuttgart. Autoritratto da soldato