I temi «La vita è questo scialo / di triti fatti, vano / più che crudele», scrive Montale in un “osso breve” ( ). La ossessiona il poeta, teso a scongiurare l’identificazione del quotidiano con un avanzare alla cieca, che lentamente conduce l’individuo verso la fine. Affonda qui le sue radici la crisi d’identità in cui precipita l’io lirico, incapace di districarsi da una situazione che non offre vie di fuga né possibilità di guarigione. Tale sofferenza però non sfocia nel lamento o nell’ironia: accende invece una ferma , all’inganno del «mondo come rappresentazione», secondo la formula del filosofo Schopenhauer. L’opposizione semantica fondamentale che caratterizza la raccolta – – si declina in , che tornano a più riprese: il «varco» nel muro, l’«anello» della catena «che non tiene», la smagliatura nella rete. Flussi ricerca di un significato da attribuire all’esistenza volontà di resistere agli ingranaggi del meccanicismo universale la necessità contro il miracolo immagini concrete Nell’attesa sconsolata di un’improbabile fuga, per arginare il «male di vivere» riconoscibile ovunque, il poeta prende in considerazione un ventaglio di rimedi, tra i quali spiccano l’ignoranza, la rassegnazione e soprattutto la « » ( ), ovvero . L’unico conforto proviene in effetti dalla scelta stoica della “ ”: scartata l’ipotesi di un rifugio nelle braccia della natura, il poeta si riconosce piuttosto negli «ossi di seppia» trasportati dalle onde e ributtati sul bagnasciuga. Anche la regressione verso l’infanzia appare impossibile: a precludere la via è l’azione inesorabile del tempo, che demolisce tutto, anche i ricordi. divina Indifferenza Spesso il male di vivere ho incontrato la rinuncia alle emozioni ▶ atarassia Il «male di vivere» La parola Il termine greco è composto dall’alfa privativo e dal vocabolo (“turbamento”). Usato dal filosofo Democrito (IV secolo a.C.), e poi dalle scuole epicuree, stoiche e scettiche, indica lo stato di indifferente serenità del saggio, che ha raggiunto il dominio delle proprie passioni ed è imperturbabile di fronte alle vicende del mondo. Atarassia taraxis Se non dal passato o dal senso di armonia con la natura, una speranza di salvezza potrà forse venire dai rapporti umani. Nella poesia inaugurale, , il poeta si rivolge a un “tu” femminile, esortandolo a fuggire, lei che forse può farlo, dalla comune prigione: «Cerca una maglia rotta nella rete / che ci stringe, tu balza fuori, fuggi! / Va, per te l’ho pregato, – ora la sete / mi sarà lieve, meno acre la ruggine…». Questo fantasma poi scompare, riapparendo solo negli ultimi componimenti, dove il poeta ripropone il gesto d’offerta, deciso a barattare la gioia di lei «con la mia condanna» e a dare la propria avara speranza «in pegno al tuo fato, che ti scampi». Ma, allo stesso modo di altre fuggevoli speranze, anche come ombra o, al massimo, come ricordo di effimeri momenti di quiete goduti e poi svaniti. Della «vita strozzata» non restano alla fine che labili cenni: un gesto, una parola che in sfiora il poeta, prima che il vento la disperda «con la cenere degli astri» ( T17, p. 650). In limine l’apparizione femminile è destinata a dissolversi Arsenio ▶ Il fantasma femminile «Sono un albero bruciato dallo scirocco anzi tempo»: così Montale si descrive in una lettera a Svevo, scritta poco dopo l’uscita degli . Il paragone riprende una strategia rappresentativa sistematicamente utilizzata nella raccolta, dove il poeta è solito proiettare il proprio stato d’animo sul paesaggio della natia Liguria. Come di d’Annunzio è stato definito il diario di un’estate in Versilia, così potrebbero costituire . Ma al panismo dannunziano Montale sostituisce un’ , del rifiuto, del “rottame”. Ossi di seppia Alcyone gli Ossi il diario di un’estate alle Cinque Terre estetica dello scarto , bruciati dal sole, immobili nel calore soffocante delle ore pomeridiane, non hanno nulla di idillico: piuttosto, di luminosa evidenza . E tuttavia i medesimi scenari possono in alcune occasioni assumere una valenza positiva. Da un lato, infatti, favoriscono la sospensione del tempo che consente il dominio sulle passioni, o prelude all’avvento dell’auspicato «miracolo»; dall’altro suggeriscono al poeta l’atteggiamento «scabro ed essenziale» adeguato a fronteggiare una realtà sconfortante. Gli scenari mediterranei consentono di tradurre in immagini l’aridità che dissecca l’animo del poeta Il paesaggio ligure >> pagina 628 L’idea di una comunione appagante con il paesaggio è veicolata in ( T10, p. 634) dal tuffo in mare di una giovane amica, che il poeta guarda con invidia e ironia, certo di appartenere alla «razza / di chi rimane a terra». L’ipotesi di un abbandono fiducioso alla natura si affaccia nei componimenti della serie , in cui Montale si rivolge direttamente al mare. Ma presto nel serrato monologo prende il sopravvento : «Giunge a volte, repente [rapida, all’improvviso], / un’ora che il tuo cuore disumano / ci spaura e dal nostro si divide». Falsetto ▶ Mediterraneo la coscienza di un’unità impossibile – di una vita libera dalle convenzioni e dalla schiavitù della ragione – irresistibilmente , sedotto dalle infinite modulazioni pittoriche e musicali delle onde, ma da esse respinto come un «osso di seppia». Il distacco dal mare – più volte chiamato «padre» – sta a indicare il superamento del modello dannunziano, con la sua idea di fusione nella natura, e si traduce nell’approdo a un’identità definita di uomo e di poeta. Resta comunque vivo il suo richiamo: è verso il mare in tempesta che si incammina Arsenio ( T17, p. 650), prima di essere ripreso dall’alienante realtà di tutti i giorni, che lo condanna a muoversi per le vie affollate da una «ghiacciata moltitudine di morti»: le rare apparizioni della , negli , assumono quasi sempre . Il fascino dell’indistinto evocato dal mare attira l’io lirico ▶ realtà urbana Ossi di seppia tratti infernali Il mare Le forme Montale è un vigile osservatore della rivoluzione metrica che nel primo Novecento impone sulla scena il verso libero. Rispetto a esperienze di rottura come quelle dei Futuristi e dei vociani, il suo lavoro rivela tuttavia un marcato : più sul versante delle misure che non su quello degli schemi strofici. Fatto salvo un modulo elementare come la quartina, il poeta infatti trascura (o in rari casi maschera) i classici moduli della lirica, come la canzone e la ballata; significativamente, al sonetto italiano preferisce quello inglese, detto “elisabettiano” e composto di tre quartine e un distico finale, a cui ricorre più volte. Il discorso si incanala in , con una propensione per i gruppi di , che ricordano alla lontana i precedenti leopardiani, e per le sequenze polimetriche, che trovano un riferimento importante nella “strofa lunga” dannunziana. riavvicinamento alla tradizione forme libere endecasillabi e settenari La predilezione per ritmi riconoscibili, ma non scontati, si accompagna a una e a un e di parole sdrucciole alla fine del verso, così da generare la cosiddetta (per esempio am : can la in , T11, p. 637). Quanto alle misure, l’endecasillabo resta al centro degli schemi metrici di Montale, dove hanno un ruolo di primo piano anche i versi lunghi, che riecheggiano ora la metrica barbara di Carducci (il quale aveva cercato di riprodurre nel sistema accentuativo italiano i ritmi quantitativi della poesia classica, greca e latina), ora gli alessandrini francesi. Rilevante è anche la presenza diffusa del novenario, valorizzato da Pascoli tra Ottocento e Novecento. struttura sintattica complessa uso massiccio dell’ enjambement rima ipermetra ico ico Non chiederci la parola ▶ degli , il che distingue Montale da molti importanti poeti della sua generazione, come Ungaretti, più freddi verso questa tecnica poetica di lunga tradizione. Tuttavia agli schemi come rime baciate, alternate, incrociate ecc., anch’essi presenti, Montale preferisce disposizioni libere e originali; sono comunque fitte, tra un verso e l’altro, le riprese foniche, che costituiscono uno degli elementi più riconoscibili della sua maniera poetica. Circa la metà dei versi Ossi di seppia è rimata La metrica >> pagina 629 L’attenzione ossessiva alla musicalità del verso spiega l’ , come allitterazioni, paronomasie, onomatopee: per fare un esempio, gli «scricchi / di cicale dai calvi picchi» di ( T12, p. 639). Per quanto riguarda le figure di significato, , il suo «immoto andare», come egli stesso scrive, lungo una strada senza meta. L’estraneità alla “poesia pura” derivata dal Simbolismo francese comporta un uso misurato e sobrio di metafore e apposizioni analogiche. La tecnica del , fondata sul riconoscimento delle connessioni tra l’interiorità del poeta e il mondo circostante, implica invece la frequenza nei versi di figure e oggetti dotati di una solida concretezza, come il «rivo strozzato», la «foglia riarsa», e il «cavallo stramazzato» a terra che si incontrano in ( T13, p. 642). abbondante presenza delle figure di suono Meriggiare pallido e assorto ▶ nei numerosi ossimori si rispecchia la contraddizione esistenziale che tormenta il poeta correlativo oggettivo Spesso il male di vivere ▶ Strategie retoriche All’unità di tono, alto e impostato, che contraddistingue la raccolta corrisponde infine un’estrema varietà lessicale. Il vocabolario degli è ampio e sorprendente: Montale adopera un , in cui abbondano gli , ovvero i termini usati una sola volta, spesso coniati dall’autore («infoltarsi», «dispiumare», «lameggiare»). È vero che nei ( T9, p. 630) egli tiene a distinguersi dai «poeti laureati», che «si muovono soltanto fra le piante / dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti» (il riferimento polemico al sublime dannunziano è scoperto e, al tempo stesso, inevitabile). Tuttavia altrove è facile imbattersi in : aggettivi come «adusto», «falotico», «ignito», raffinati termini della pratica musicale, o anche vocaboli del gergo marinaresco ligure, tutti scelti non per gratuito esibizionismo, ma in virtù dell’ che accomuna Montale a Pascoli. Come si ricorderà, quest’ultimo nutriva gravi riserve sulla predilezione dei poeti italiani per il «vago», che aveva consentito a Leopardi di cantare una «donzelletta» che «reca in mano un mazzolin di rose e viole», sebbene queste fioriscano in stagioni diverse: ebbene, proprio allo stesso modo dell’autore di , Montale predilige il termine esatto e concreto, meglio se fonicamente espressivo, provvisto di un’asprezza in grado di correlarsi al tema dell’aridità interiore che viene trasposta nel paesaggio. Ossi di seppia lessico ricco e assai poco ripetitivo hapax Limoni ▶ termini preziosi e ricercati attitudine alla precisione Myricae Sul piano sintattico, mentre nei componimenti meno estesi prevale il gusto per il (che fa di tanti “ossi brevi” dei piccoli meccanismi perfetti), i testi più lunghi – come o – si distendono in e ricchi di subordinate, tra le quali prevalgono le ipotetiche, adatte a esprimere i dubbi che attanagliano il poeta. La principale giunge spesso alla fine del periodo, a chiudere un ragionamento che conosce molteplici articolazioni, complicate dalla frequenza degli incisi. parallelismo Falsetto Arsenio periodi ampi Lessico e sintassi Giuseppe Casciaro, (particolare), 1908. Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi. I Faraglioni di Capri >> pagina 630 I testi Temi e motivi dei testi presentati T9 I limoni il paesaggio scabro • la fugace illusione suggerita dai limoni • il senso di disarmonia • l’opposizione natura/città • T10 Falsetto la fusione con la natura incarnata da Esterina • il poeta appartiene alla «razza / di chi rimane a terra» • il superamento del panismo dannunziano • T11 Non chiederci la parola una poetica in negativo • i poeti non possiedono formule risolutive, bensì parole smozzicate e secche come rami • la concretezza delle immagini rimanda all’aridità esistenziale • T12 Meriggiare pallido e assorto il monotono scorrere del tempo si traduce nei verbi all’infinito • il paesaggio come metafora dell’esistenza • vivere è come camminare lungo un muro sormontato da vetri appuntiti • T13 Spesso il male di vivere ho incontrato le immagini della sofferenza • la «divina Indifferenza» universale • la tecnica del correlativo oggettivo • T14 Forse un mattino andando in un’aria di vetro l’inganno delle apparenze • gli «uomini che non si voltano» • la rivelazione del nulla • T15 Cigola la carrucola del pozzo il tentativo fallito di salvare • l’evanescenza della memoria un ricordo • il lavoro distruttore del tempo • T16 Upupa, ilare uccello calunniato l’upupa uccello diurno annunciatore della primavera • l’apparizione dell’uccello come piccolo miracolo che sospende il tempo • T17 Arsenio una poesia di passaggio • il temporale come annuncio di un possibile «varco» • la “paralisi” di Arsenio/Montale • gli echi di Dante nella descrizione di una realtà “infernale” • Testi plus: Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale Analisi del testo interattiva: Casa sul mare T9 I limoni Scritta all’inizio degli anni Venti, la poesia costituisce una fondamentale dichiarazione di poetica, sottolineata dalla sua collocazione in apertura della raccolta (dopo la lirica introduttiva ). Montale cerca il suo sentiero letterario lungo gli umili fossi della Liguria. Alle piante dai nomi rari predilette dai egli contrappone i domestici limoni, il cui colore acceso di sole e l’odore penetrante sono in grado di suggerire il senso più profondo della realtà. In limine poeti laureati 4 strofe polimetriche di varia misura, con prevalenza di endecasillabi. Fitto il gioco delle rime e delle assonanze. Metro Lo svanire dell’ e uno spiraglio di illusione speranza Asset ID: 216 ( ) let-altvoc-i-limoni-ossi-di-seppi170.mp3 Audiolettura Ascoltami, i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere 5 mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. 10 poeti consacrati. Tradizionalmente i poeti venivano incoronati d’alloro ( ). 1 poeti laureati: lauro piante ornamentali da giardino e da siepe. 3 bossi ligustri o acanti: per quanto mi riguarda. sboccano. 4 per me: riescono: rara, tramortita dalla scarsezza d’acqua. 7 sparuta: i viottoli lungo i fossi. 8 le viuzze… ciglioni: immettono. 10 mettono: Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall’azzurro: più chiaro si ascolta il susurro dei rami amici nell’aria che quasi non si muove, e i sensi di quest’odore 15 che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza 20 ed è l’odore dei limoni. Vedi, in questi silenzi in cui le cose s’abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta 25 di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità. Lo sguardo fruga d’intorno, 30 la mente indaga accorda disunisce nel profumo che dilaga quando il giorno più languisce. Sono i silenzi in cui si vede in ogni ombra umana che si allontana 35 qualche disturbata Divinità. è meglio se lo strepito ( ) degli uccelli svanisce come perduto nell’azzurro del cielo. 11-12 Meglio… azzurro: le gazzarre la sensazione. È retto da (v. 13). 15 i sensi: si ascolta l’odore dei limoni strettamente legato alla terra ligure. 15-16 quest’odore che non sa staccarsi da terra: fa piovere (il verbo è usato transitivamente). 17 piove: in questo silenzio tace per miracolo il conflitto tra le passioni (dal latino , “rivolgere altrove”), ossia “distolte”, “distratte dal profumo dei limoni”, o anche “volte a oggetti diversi”, quindi “divise”, con la conseguenza di lacerare l’animo del poeta. 18-19 Qui… guerra: divertite devertere rispetto ai . 20 noi poveri: poeti laureati il segreto più profondo. 24 ultimo segreto: il poeta vagheggia un’evasione dall’opprimente meccanicismo della natura e forse, ancor di più, dell’esistenza, sperando in un miracolo capace di sottrarci all’inautenticità della nostra vita e di farci comprendere la verità del mondo. 27 il punto… che non tiene: dipanare e districare. 28 disbrogliare: si interroga, stabilisce connessioni, opera distinzioni. 31 indaga… disunisce: nell’ora più calda, quando il giorno si consuma oppresso dal sole a picco e dalla calura. 33 quando… languisce: sono questi i silenzi in cui si vede, in ogni ombra umana che si allontana, una divinità disturbata dalla nostra presenza. 34-36 Sono… Divinità: Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta 40 il tedio dell’inverno sulle case, la luce si fa avara – amara l’anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; 45 e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d’oro della solarità. svanisce. il trascorrere delle stagioni. 37 manca: il tempo: cornicioni delle case. 39 cimase: la pioggia colpisce la terra e la affatica. si addensa. 40 La pioggia… la terra: s’affolta: scarsa. 42 avara: cortile. 44 corte: si scioglie. 46 si sfa: e i limoni ( è una metafora e allo stesso tempo una sinestesia: il colore giallo intenso suggerisce un suono gioioso, come di tromba) fanno risuonare nel nostro petto le loro solari canzoni. 47-49 e in petto ci scrosciano… solarità: trombe d’oro della solarità >> pagina 632 Dentro il TESTO I contenuti tematici Nonostante la contiguità geografica, la campagna mediterranea ritratta negli è del tutto diversa dal litorale toscano di . Poesie come sostituiscono lo splendido scenario in cui esplode il panismo dannunziano con un luogo umile, privo di suggestioni, fatto di (vv. 4-5), (vv. 5-6) in cui vive (v. 7), e (v. 8), (v. 9) e (v. 10). Nel rappresentare un angolo delle Cinque Terre (la zona nei pressi di La Spezia dove trascorse in gioventù le sue estati), Montale avrebbe potuto insistere sulle spiagge, o sulle spettacolari scogliere. Preferisce invece retrocedere dalla costa all’immediato entroterra: è su questi umili paraggi che egli proietta il suo lucido atteggiamento verso l’esistenza, che non ha nulla della rassegnazione incline al patetico propria dei poeti crepuscolari. Ossi di seppia Alcyone I limoni erbosi / fossi pozzanghere / mezzo seccate qualche sparuta anguilla viuzze ciglioni ciuffi delle canne orti Il sentimento di infelicità e disarmonia non induce infatti il poeta a chiudersi in sé stesso né ad abbandonarsi al lamento. Egli sembra invece appagarsi di un momento di sospensione, aiutato dalla natura: tacciono gli uccelli, l’aria è ferma, si diffonde l’odore inconfondibile dei limoni. Un paesaggio secco e scabro Ora è possibile intravedere una via d’uscita dall’inganno consueto del mondo: , / , , / / (vv. 26-29). Montale non pretende di afferrare “la” verità, ma qualsiasi, purché verità: anche quella di una misteriosa presenza, trascendente e divina, nascosta magari nella semplice quotidianità. Anche questa possibilità è però un’illusione provvisoria, ben presto destinata a svanire nella banalità di sempre, che cancella l’attesa di un’epifania. La parentesi si chiude, e – come accade in un altro capolavoro, ( T17, p. 650) – la grigia realtà torna in primo piano, nel brusco passaggio dall’estate campestre alle (v. 38) dove l’azzurro del cielo fa capolino solo a tratti, fra i cornicioni delle case, e il sole lascia il campo alla pioggia e al soffocante (v. 41). Privata della luce e della calma necessaria alla riflessione, l’anima diventa (v. 42). Ma resta ancora uno spiraglio di felicità: un’illusione fugace nuovamente affidata alla visione dei limoni, che occhieggiano (v. 43) e alludono a un «miracolo» ancora possibile. uno sbaglio di Natura il punto morto del mondo l’anello che non tiene il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità una verità Arsenio ▶ città rumorose tedio dell’inverno amara da un malchiuso portone La città grigia >> pagina 633 Le scelte stilistiche Sin dall’ Montale adotta il tono “confidenziale” che percorre l’intero componimento: l’appello a un “tu” indeterminato, tramite l’imperativo (v. 1), è ripreso dal che introduce la terza strofa (v. 22), secondo un modulo ricalcato quasi alla lettera sulla di d’Annunzio. Il poeta rinuncia alle pose impostate care ai maestri della generazione precedente; ricorre alla prima persona soltanto in un’occasione, per dichiarare la sua inclinazione verso i contesti umili, rimarcata dalla spiccata colloquialità dell’enunciazione: / (vv. 4-5). incipit Ascoltami Vedi Pioggia nel pineto Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi A partire dalla seconda strofa si passa decisamente al collettivo “noi” ( , , , , ), alternato a forme impersonali ( , ecc.): non si tratta più di far cadere dall’alto la parola illuminante di un vate, ma di coinvolgere un lettore-fratello perché acquisisca consapevolezza di una realtà comune. noi poveri ci metta ci riporta ci si mostrano ci scrosciano si ascolta si vede Un tono confidenziale La scelta di concentrarsi su elementi di una quotidianità comune è accentuata dalla semplicità della sintassi, che non indulge agli effetti di frammentazione tipici dei poeti di area vociana e non rinuncia, come i Futuristi e come il primo Ungaretti, alla punteggiatura. Le proposizioni sono costruite in maniera lineare; mancano subordinate complesse. L’ordine delle parole, a parte qualche anastrofe, è regolare e il lessico conosce rare impennate ( , , ). bossi ligustri o acanti divertite s’affolta Beninteso, l’intento di «torcere il collo» a modalità letterarie sentite come troppo rigide, rivendicato nell’ ( T1, p. 599) del 1946, non è dovuto a trascuratezza o a una mancata padronanza dei mezzi tecnici. Tutt’altro: Montale raggiunge l’obiettivo di un testo semplice e piano con raffinata abilità, facilmente riconoscibile se si guarda all’aspetto retorico, accuratamente studiato, in cui spiccano allitterazioni e paronomasie, a volte sin troppo esibite ( , v. 42), e la sinestesia che chiude il componimento, (v. 49). Intervista immaginaria ▶ avara – amara l’anima le trombe d’oro della solarità Semplicità e artifici Verso le COMPETENZE Comprendere Sintetizza in due o tre righe il contenuto informativo di ciascuna strofa. 1 Assegna un titolo a ogni strofa del componimento. 2 Spiega l’immagine finale delle . 3 trombe d’oro della solarità Analizzare Individua i punti del testo in cui il poeta insiste sulle percezioni sensoriali e inserisci termini ed espressioni nella tabella. Poi rifletti: prevale uno dei sensi oppure no? perché? 4 Vista Udito Olfatto Perché, secondo te, l’odore dei limoni (v. 16)? 5 non sa staccarsi da terra Rileggi i vv. 18-21: quale immagine della vita umana emerge? E qual è, in tale contesto, la funzione dei limoni? 6 Interpretare Come viene risolto il tradizionale confronto tra città e campagna? 7 In che modo possiamo leggere il messaggio della lirica: in chiave positiva o negativa? perché? 8 Alcuni interpreti leggono, nei vv. 30-31, un’allusione alla funzione della poesia: sei d’accordo con loro? perché? 9