La vita Un letterato in una famiglia di scienziati Italo Calvino nasce a nel , nella cittadina di Santiago de Las Vegas, vicino a L’Avana, dove il padre Mario, un agronomo ligure di fama internazionale, e la madre Eva Mameli, una botanica sarda, seguono alcune sperimentazioni agronomiche. Cuba 1923 Nel la famiglia rientra a , città natale del padre, richiamato per dirigere la stazione sperimentale di floricoltura. «Della mia nascita d’oltremare», scriverà in seguito l’autore, . 1925 Sanremo «conservo solo un complicato dato anagrafico […], un certo bagaglio di memorie familiari, e il nome di battesimo che mia madre, prevedendo di farmi crescere in terra straniera, volle darmi perché non scordassi la patria degli avi, e che invece in patria risuona bellicosamente nazionalista» Gli anni dell’adolescenza sono segnati dall’ trasmessagli dai genitori, e da un rapporto intenso con la natura: quella attorno a Villa Meridiana, in cui la famiglia alloggia (introducendovi piante esotiche come l’avocado, la papaya, il pompelmo rosa), e quella dei boschi delle Prealpi liguri. educazione laica, razionalista e di matrice illuministica Un’adolescenza tra alberi e sentieri La famiglia vuole per Italo un percorso di studi degno di un giovane della buona borghesia: il ragazzo frequenta così le scuole elementari valdesi, e consegue la maturità classica, nel 1941, presso il Regio ginnasio-liceo di Sanremo. Nello stesso anno si iscrive alla all’Università di Torino, dove il padre insegna Agricoltura tropicale. facoltà di Agraria L’armistizio dell’8 settembre 1943 e la renitenza alla leva nella Repubblica sociale italiana conducono Calvino alla scelta della nella zona delle Alpi Marittime, tra le brigate comuniste Garibaldi, in cui milita con il nome di battaglia di Santiago, in omaggio al proprio luogo di nascita. L’interruzione degli studi e l’esperienza brutale ma anche galvanizzante della guerra lo convincono del proprio “scarto” rispetto alla tradizione familiare: attratto dalla società umana e dalla Storia piuttosto che dalla natura, abbandona gli studi scientifici, e nel 1946 passa, grazie alle facilitazioni per i reduci, al terzo anno della a Torino, laureandosi nel 1947 in Letteratura inglese con una tesi su Joseph Conrad. Alcuni anni più tardi scriverà, con ironia: . lotta partigiana facoltà di Lettere «Io sono la pecora nera, l’unico letterato della famiglia» La Resistenza e l’amore per la letteratura L’impegno di un intellettuale cosmopolita Nel dopoguerra Calvino si iscrive al , partecipando attivamente ai dibattiti politici sullo sviluppo sociale e culturale della neonata Repubblica. Contemporaneamente scrive alcuni racconti nonché il suo , , steso in soli venti giorni, nel dicembre del 1946, grazie agli incoraggiamenti di Natalia Ginzburg e soprattutto di Cesare Pavese. Si tratta di un’opera di matrice neorealista (come gli scritti precedenti) che narra vicende legate alla Resistenza e ambientate in Liguria. Il libro esce nel 1947, pubblicato dalla , presso la quale Calvino è impiegato stabilmente dal 1950 come dirigente e poi come consulente di grande influenza nelle scelte editoriali. Sarà questa l’attività meno appariscente, ma anche più impegnativa, della sua vita. In trentacinque anni di lavoro invierà circa cinquemila lettere ad autori, traduttori e critici; così scriverà nel 1980: . Partito comunista primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno casa editrice Einaudi «Ho dedicato più tempo ai libri degli altri che ai miei. Non lo rimpiango: tutto ciò che serve all’insieme d’una convivenza civile è energia ben spesa» Fondamentali, in questi anni, sono l’amicizia e il sodalizio letterario tra Calvino e due tra i più grandi intellettuali della generazione immediatamente precedente alla sua: il già citato Cesare Pavese ed Elio Vittorini ; il primo, maestro di vita e di letteratura, è considerato lo scopritore del Calvino narratore; con il secondo, invece, Calvino condivide la medesima passione politica e civile, anche se non gli stessi gusti letterari. Il dopoguerra: la militanza politica e il lavoro presso Einaudi Da sinistra, Elio Vittorini, Daniele Ponchiroli, Italo Calvino e Giulio Einaudi durante una pausa a casa Einaudi, a San Giacomo di Dogliani, negli anni Sessanta. >> pagina 974 Dopo le prime prove letterarie, all’inizio degli prende avvio una della scrittura calviniana, che affronta alcuni temi fondamentali in : la conoscenza della realtà, il “doppio”, la condizione dell’intellettuale. Nel 1952 esce , nel 1957 e nel 1959 , la trilogia romanzesca che nel 1960 formerà il volume dal titolo . anni Cinquanta nuova fase chiave fiabesca e fantastica Il visconte dimezzato Il barone rampante Il cavaliere inesistente I nostri antenati Intanto, nel 1957, dopo la repressione della rivolta antisovietica in Ungheria dell’anno precedente, lo scrittore , pur continuando a mantenere un’attenzione vigile sugli scenari politico-sociali nazionali e internazionali. Tra il 1959 e il 1967 è condirettore, assieme a Vittorini, del , la storica rivista che accoglie, tra l’altro, un importante dibattito sul rapporto tra letteratura e industria ( ). prende le distanze dal Pci “Menabò di letteratura” ▶ p. 897 Una nuova fase Contemporaneamente Calvino inizia a viaggiare, affetto – come dice scherzosamente – da «dromomania» (la tendenza nevrotica a muoversi senza sosta). Tra il 1959 e il 1960 soggiorna per sei mesi negli , poi trascorre lunghi periodi a , , (dove si reca due volte al mese per sbrigare il lavoro editoriale all’Einaudi) e . Qui, nel 1962, conosce Esther Judith Singer, detta Chichita, un’argentina di origine russa, traduttrice dall’inglese per l’Unesco. Si sposano nel 1964 a Cuba, durante un viaggio nei luoghi natali dello scrittore, quindi si trasferiscono a Roma dove, l’anno dopo, nascerà la loro unica figlia, Giovanna. Stati Uniti Roma Sanremo Torino Parigi In giro per il mondo Nel Calvino si sposta con la famiglia a , dove risiederà fino al 1980. Nella capitale francese trova una sorta di rifugio, un luogo di pace in cui cercare la giusta concentrazione: . 1967 Parigi «Facendo lo scrittore una parte del mio lavoro la posso svolgere in solitudine, non importa dove, in una casa isolata in mezzo alla campagna, o in un’isola, e questa casa di campagna io ce l’ho nel bel mezzo di Parigi» Sempre nel 1967 traduce dell’autore francese Raymond Queneau, da cui mutua il gusto per il paradosso e per una comicità disincantata; si avvicina alla semiologia, partecipando a due seminari su Balzac del linguista e semiologo francese Roland Barthes (1915-1980), ed è introdotto da Queneau negli ambienti dell’ ( , ossia “Laboratorio di letteratura potenziale”). I fiori blu Oulipo Ouvroir de littérature potentielle Mentre i suoi libri, tradotti in varie lingue, si impongono anche all’estero all’attenzione della critica e del pubblico, Calvino in diverse parti del mondo tra cui Iran, Giappone e Messico, non tralasciando però di seguire con grande attenzione le vicende italiane, dalle contestazioni studentesche al terrorismo, e coltivando il legame con i lettori nazionali anche grazie alle collaborazioni giornalistiche con il “Corriere della Sera” e, dal 1979, con “la Repubblica”, fondata e diretta dal suo ex compagno di liceo Eugenio Scalfari. continua a viaggiare Gli anni parigini Nel 1980 Calvino torna a Roma (la Villa Meridiana di Sanremo era stata venduta dopo la morte della madre, nel 1978), dove prosegue la propria attività editoriale – dopo quarant’anni di fedeltà a Einaudi – per un altro editore: Garzanti. Durante l’estate del lavora a un ciclo di conferenze che avrebbe dovuto tenere alla Harvard University, ma il 6 settembre viene colto da un ictus nella sua villa toscana, nei pressi di Castiglione della Pescaia (in provincia di Grosseto). Ricoverato all’ospedale di , muore nella notte tra il 18 e il 19 settembre. 1985 Siena Il ritorno in Italia e la morte il CARATTERE Un uomo taciturno e riservato A differenza di molti letterati, inclini a un certo narcisismo, Italo Calvino parlava pochissimo di sé. «Sono ligure, ma mia madre è sarda: ho la laconicità di molti liguri e il mutismo dei sardi, sono l’incrocio di due razze taciturne», confessa in un’intervista del 1983. Una personalità distaccata Scrive in una lettera indirizzata al critico Claudio Milanini: «Ogni volta che rivedo la mia vita fissata e oggettiva sono preso dall’angoscia, soprattutto quando si tratta di notizie che ho fornito io […], spero sempre d’aggirare il mio rapporto nevrotico con l’autobiografia». Per poter conoscere qualcosa sulla sua personalità e sul suo carattere, quindi, bisogna affidarsi quasi sempre alle testimonianze altrui. Ha detto Inge Feltrinelli, la moglie dell’editore Giangiacomo Feltrinelli: «Lui ha avuto sempre un certo distacco mondano, una sorta di “muro”, non era molto loquace, non parlava molto: parlava solo per dire cose importanti». L’amore per la vita Nonostante la sua riservatezza, Calvino non era certo un intellettuale chiuso o noioso. Ancora Inge Feltrinelli racconta di una serata trascorsa a L’Avana: è il 1964 e i coniugi Feltrinelli hanno in progetto un’autobiografia di Fidel Castro (iniziativa che poi naufragherà), il quale è molto interessato alla presenza di scrittori italiani a Cuba. «Venivano organizzate delle serate con questi scrittori. Ad una di queste, ricordo che era caldissimo, ci saranno stati almeno 40 gradi, incontrammo Italo Calvino. Arriviamo e vediamo Italo Calvino in una bellissima giacca bianca senza cravatta, stava con Chichita con la quale si era sposato da poco. Perché sposarsi a Cuba? Perché Cuba era un paese diverso, lei era ancora sposata in Argentina, in Italia non c’era il divorzio e neanche in Argentina, e così si sposarono a Cuba. Quella sera nella casa si bevve molto, c’era più alcool che cibo e molti burritos, balli, canti, ho visto Italo molto allegro, interessante… e guardava molto le altre donne. Lei era molto argentina, piccola, allegra e lui sempre con la sua discrezione, era quasi inglese al confronto, riservato. Era un uomo da conquistare per poterlo conoscere». La letteratura potenziale Per approfondire L’Oulipo (acronimo francese di , “Laboratorio di letteratura potenziale”) è un gruppo fondato nel 1960 dallo scrittore Raymond Queneau (1903-1976) e dal matematico François Le Lionnais (1901-1984) con l’intento di esplorare le potenzialità creative delle regole, o “costrizioni” ( ), formali e strutturali in letteratura, sia attraverso lo studio di testi già esistenti sia proponendo nuovi modelli. Ouvroir de littérature potentielle contraintes Il vincolo delle regole Gli scrittori dell’Oulipo si prefiggevano di scrivere racconti, romanzi e altri testi d’invenzione utilizzando alcuni vincoli formali come le costrizioni alfabetiche (per esempio il lipogramma, cioè l’esclusione sistematica di una o più lettere da un testo, o il tautogramma, secondo il quale ogni parola di un testo deve iniziare con la medesima lettera), fonetiche, sintattiche e lessicali. Alcune opere esemplari Celebre esempio di questo modo di fare letteratura sono di Queneau (pubblicati nel 1947 e tradotti in italiano da Umberto Eco nel 1983), che a partire da un racconto breve e molto banale avviano un virtuosistico percorso che trasforma in novantanove modi diversi il testo d’origine, utilizzando di volta in volta una variante stilistica o una costrizione differente. Altrettanto sorprendenti sono alcuni lavori di George Perec (1936-1982), come , del 1969, un romanzo di oltre trecento pagine in cui non compare mai la lettera “e”. Gli esercizi di stile La scomparsa