T21 Il sabato del villaggio , 25 Canti Come nella , anche in questa poesia, composta nello stesso periodo (settembre 1829), Recanati rappresenta un “microcosmo” utile a raffigurare una condizione esistenziale che riguarda tutti gli individui. Quiete dopo la tempesta Canzone libera composta da 4 strofe di diversa misura, formate da endecasillabi e settenari liberamente rimati. Metro L’ della illusione felicità Asset ID: 47 ( ) let-audlet-il-sabato-del-villaggio50.mp3 Audiolettura La donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole, col suo fascio dell’erba; e reca in mano un mazzolin di rose e di viole, onde, siccome suole, 5 ornare ella si appresta dimani, al dì di festa, il petto e il crine. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro là dove si perde il giorno; 10 e novellando vien del suo buon tempo, quando ai dì della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella solea danzar la sera intra di quei ch’ebbe compagni dell’età più bella. 15 Già tutta l’aria imbruna, torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre giù da’ colli e da’ tetti, al biancheggiar della recente luna. Or la squilla dà segno 20 della festa che viene; ed a quel suon diresti che il cor si riconforta. I fanciulli gridando su la piazzuola in frotta, 25 e qua e là saltando, fanno un lieto romore: e intanto riede alla sua parca mensa, fischiando, il zappatore, e seco pensa al dì del suo riposo. 30 La gioiosa attesa della domenica giovinetta, contadinella. donzelletta: 1 Giovanni Pascoli sottolineò un presunto errore di Leopardi. Non ha senso parlare – scrisse – di un mazzolino , poiché le prime fioriscono a marzo, le seconde a maggio: «In una poesia così nuova, il poeta cadeva in un errore tanto comune alla poesia italiana anteriore a lui: l’errore dell’indeterminatezza». La critica si appunta sull’uso di una immagine abusata (e totalmente avulsa dalla realtà) tratta dalla leziosa poesia arcadica precedente, ma può anche darsi che Leopardi abbia volutamente accostato due fiori di diversa stagione per creare un effetto vago e indeterminato. di rose e di viole: 4 di rose e di viole con le quali. onde: 5 si prepara. si appresta: 6 capelli. crine: 7 rivolta a occidente, verso il sole che sta tramontando. incontro… il giorno: 10 racconta della propria giovinezza. novellando… tempo: 11 in mezzo a quelli. intra di quei: 14 imbrunisce, diventa più scura. imbruna: 16 il cielo ( ) riacquista un colore azzurro intenso, perdendo quello rosato del tramonto. torna… il sereno: 17 il sereno sorta da poco. recente: 19 campana (che suona il vespro del sabato, con cui comincia dal punto di vista liturgico la domenica). squilla: 20 gruppo. frotta: 25 ritorna. riede: 28 Poi quando intorno è spenta ogni altra face, e tutto l’altro tace, odi il martel picchiare, odi la sega del legnaiuol, che veglia nella chiusa bottega alla lucerna, 35 e s’affretta, e s’adopra di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. Il falegname si affretta a terminare il lavoro lume. face: 31 a portare a termine il proprio lavoro prima delle luci dell’alba. di fornir… alba: 37 Questo di sette è il più gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia 40 recheran l’ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno. La felicità del sabato e il disinganno della domenica speranza. speme: 39 lavoro consueto. travaglio usato: 41 Garzoncello scherzoso, cotesta età fiorita è come un giorno d’allegrezza pieno, 45 giorno chiaro, sereno, che precorre alla festa di tua vita. Godi, fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo’; ma la tua festa 50 ch’anco tardi a venir non ti sia grave. L’amara realtà della vita umana fanciullo allegro. Garzoncello scherzoso: 43 la primavera della vita, cioè la giovinezza. L’espressione età fiorita è un calco petrarchesco («Ne l’età sua più bella e più fiorita», , 278, v. 1). cotesta… fiorita: 44 Canzoniere anticipa la festa della tua vita, cioè la maturità. precorre… vita: 47 condizione. stato: 48 età. stagion: 49 non voglio dirti altre cose (per non turbare la tua spensieratezza con tristi considerazioni). Altro… vo’: 50 ma non dispiacerti che la tua festa, cioè la maturità, tardi a venire. ma… grave: 50-51 Jean-Baptiste Huet, XVIII secolo. Parigi, Musée Cognacq-Jay. Ragazza con fiori, >> pagina 145 Dentro il TESTO I contenuti tematici Nella ( T20, p. 140) – insieme al quale il presente componimento forma una sorta di dittico – il piacere illusorio era quello successivo alla paura e al dolore; nel è invece quello che precede la festa. Il primo testo si concludeva con ironia e con il pensiero della morte; il secondo con una nota affettuosa rivolta agli adolescenti affinché godano della gioia speranzosa del sabato della vita: la festa che verrà sarà meno piacevole. Quiete dopo la tempesta ▶ Sabato del villaggio e : un dittico La quiete Il sabato Come il sabato è infatti il giorno più lieto della settimana, perché viviamo in anticipo l’allegria che immaginiamo nel seguente giorno festivo, così la fanciullezza è il periodo più sereno dell’esistenza, in quanto il nostro animo è pervaso da un’ottimistica aspettativa dell’avvenire. Ma, come poi la domenica trascorrerà triste e vuota, allo stesso modo la maturità della vita si rivelerà deludente, giacché, anziché portare i beni e la felicità sperata, si rivelerà fonte di disinganno e di dolore. Dunque l’unica gioia che ci è concessa è quella dell’attesa: l’immaginazione di un bene sperato è sempre migliore del suo godimento effettivo e il sogno è infinitamente più bello della realtà. L’attesa come gioia della speranza Leopardi, come in altri componimenti, parte dall’idillio, cioè dalla descrizione di uno spettacolo familiare e paesano, e giunge a una meditazione filosofica sulla vita e sul destino degli uomini. Tuttavia non si tratta di due elementi slegati tra loro. Già nella prima strofa, incentrata sulla narrazione della gaiezza delle persone che attendono la domenica, vengono introdotte immagini dal chiaro significato simbolico. Per esempio la rappresenta la speranza nel futuro, mentre la , non a caso rivolta al tramonto (cioè al passato), simboleggia il piacere che si prova nel ricordo, poiché nella rimembranza la realtà viene trasfigurata e diventa più gradevole. Ciò significa che per Leopardi la felicità in atto non esiste; essa è solo illusione, nel senso che la aspettiamo per il futuro oppure la immaginiamo nel passato: Il piacere è sempre passato o futuro ( , 20 gennaio 1821). donzelletta vecchierella « » « » Zibaldone Idillio ed elementi simbolici Le scelte stilistiche Il tono della poesia è lieve: anche se la filosofia comunicata dal poeta è sconsolata, ciò non lo conduce a osservazioni brusche e perentorie. Al contrario il suo discorso si svolge pacato, quasi con infantile cordialità. L’allocuzione finale al (v. 43) si chiude nel segno di una premurosa affabilità; perfino l’invito a godere il piccolo spazio di piacere della giovinezza prima che esso sia travolto dall’implacabile continuità della noia e del dolore della vita è come alluso, pietosamente dissimulato dalla preterizione ( , v. 50): perché turbare le ingenue speranze del fanciullo, confidandogli prima del tempo l’incombere dell’«arido vero»? garzoncello scherzoso Altro dirti non vo’ Un silenzio pietoso Verso le COMPETENZE COMPRENDERE Fai la parafrasi della prima strofa. 1 Come si spiega, nella prima strofa, l’animazione delle persone? 2 Qual è la preoccupazione del falegname? 3 Perché la domenica appare più triste del sabato? In quali pensieri sono assorte le persone nel giorno festivo? 4 ANALIZZARE Nel testo torna più volte il termine . Rintraccia tutte le occorrenze del vocabolo e spiega il significato che esso assume di volta in volta. 5 festa Individua tutti gli elementi lessicali che fanno riferimento al motivo dell’attesa. 6 Al verso 15 è 7 compagni soggetto. a complemento oggetto. b complemento predicativo del soggetto. c complemento predicativo dell’oggetto. d Individua i nomi alterati e spiega la loro funzione espressiva. 8 Quale figura di posizione puoi individuare ai vv. 6-7, 40-41 e 50-51? 9 >> pagina 146 INTERPRETARE Spiega in che modo i verbi utilizzati in riferimento alla (v. 1) e alla (v. 9) sottolineino il valore simbolico di queste due figure. 10 donzelletta vecchierella Quale concetto, poi esplicitamente sviluppato, viene anticipato dall’immagine della (vv. 9 e ss.)? 11 vecchierella Produrre Come accennato nella nota 4, il poeta Giovanni Pascoli ha notato come rose e viole non potevano comparire nello stesso mazzolino: «Rose e viole nello stesso mazzolino campestre d’una villanella, mi pare che il Leopardi non le abbia potute vedere», annota maliziosamente. Nella scrittura di un testo creativo, poetico o narrativo, è preferibile l’estrema precisione oppure l’efficacia delle immagini, anche a costo di essere imprecisi? Sulla base dei tuoi studi e delle tue conoscenze personali, rifletti sul tema con un testo argomentativo di circa 30 righe. 12 Scrivere per confrontare. T22 A se stesso , 28 Canti Scritto probabilmente nel 1833, è il testo più duro e disperato del cosiddetto “ciclo di Aspasia”: concentrato in 16 versi, costituisce l’appello finale del poeta al proprio cuore. In esso Leopardi sviluppa il tema della disillusione amorosa, a partire dalla sfortunata esperienza di una passione non corrisposta, quella per Fanny Targioni Tozzetti, una nobildonna fiorentina bellissima e affascinante, ma fredda e insensibile nei suoi confronti. Endecasillabi e settenari liberamente rimati. Metro L’ dell’amore e la del potere negativo della natura inganno condanna Or poserai per sempre, stanco mio cor. Perì l’inganno estremo, ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento, in noi di cari inganni, non che la speme, il desiderio è spento. 5 Posa per sempre. Assai palpitasti. Non val cosa nessuna i moti tuoi, né di sospiri è degna la terra. Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo. 10 T’acqueta omai. Dispera l’ultima volta. Al gener nostro il fato non donò che il morire. Omai disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera, 15 e l’infinita vanità del tutto. riposerai. poserai: 1 è venuta meno l’ultima illusione (quella dell’amore per Fanny) che io avevo creduta eterna. Perì… credei: 2-3 avverto chiaramente ( ) che in me è spenta non solo la speranza, ma anche il desiderio delle dolci illusioni ( ). Ben sento… spento: 3-5 Ben sento cari inganni hai palpitato a sufficienza (provando passioni e sentimenti, e dunque soffrendo). Evidente il riferimento a una celebre espressione di Pietro Metastasio («Assai / si palpitò», , III, vv. 249-250). Assai palpitasti: 6-7 Attilio Regolo nessuna cosa merita i tuoi palpiti. Non val… tuoi: 7-8 il soggetto è la vita e va sottinteso il verbo, è. Amaro… la vita: 9-10 ormai acquietati, calmati. T’acqueta omai: 11 smetti per sempre di sperare. Dispera l’ultima volta: 11-12 te stesso. te: 14 quella potenza malvagia che misteriosamente ( , aggettivo con valore avverbiale) cospira per l’infelicità di tutti ( ). È il potere della natura, vista da Leopardi come un’entità maligna e identificata con Arimane, dio del male, al quale il poeta dedica nel 1833 l’abbozzo di un inno. il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera: 14-15 ascoso a comun danno l’assoluta inutilità del mondo. Il concetto è espresso due volte nello : «Oh infinita vanità del vero!» (69) e «Tutto è vanità» (3990). l’infinita vanità del tutto: 16 Zibaldone >> pagina 147 Dentro il TESTO I contenuti tematici Svanita la possibilità di una relazione con la donna amata, il poeta, rivolgendosi al proprio cuore, esprime una visione sconsolata della vita e lo esorta a non tenere più in alcun conto i sentimenti, che sono pure illusioni, la natura, che è matrigna, ostile agli uomini e anche l’universo, che è inutile e privo di significato. In particolare, Leopardi si scaglia contro (vv. 14-15): una sorta di imprecazione rivolta contro una forza del male che a suo giudizio regge il destino umano, presiedendo nascostamente allo svolgersi di ogni vita. il brutto / poter che, ascoso, a comun danno impera Il poeta a colloquio con il proprio cuore Le scelte stilistiche La caratteristica formale più evidente del componimento è la sintassi secca e spezzata in periodi brevi e brevissimi: abbandonata volutamente ogni leggerezza lirica, la frammentarietà dei versi sottolinea una raggiunta e definitiva imperturbabilità, che le palpitazioni e le illusioni avevano, almeno in una certa fase della vita del poeta, insidiato. Ora invece lo sfogo bandisce anche l’espressione dei desideri e dei rimpianti: viene meno lo spazio della memoria, scompare la dolce rievocazione del passato, domina solo l’esacerbata razionalità per imprimere, a mo’ di epigrafe, l’ultima negativa verità che avvolge la superficie vuota della vita ( , v. 16). l’infinita vanità del tutto Un testo asciutto Il frequente cadere del punto fermo a metà del verso (sono presenti ben 12 periodi in soli 16 versi) dà alla metrica un andamento singhiozzante, capace di rendere anche sul piano ritmico il dolore del poeta, un ritmo in cui il pensiero prevale sul canto: è come se la sua voce non trovasse lo spazio sufficiente per distendersi. Il testo è dominato da verbi al modo indicativo, i quali esprimono la perentorietà di una decisione di rinuncia e distacco, che Leopardi impone a sé stesso proponendosi di non cedere più, in futuro, alle lusinghe delle speranze e dei sentimenti. L’anafora del passato remoto (vv. 2 e 3) dà il senso di una fine inesorabile, così come la ripetizione insistita di altre espressioni (oltre a , nei primi 8 versi troviamo , , , , ) pare quasi il segno di un’incapacità di trovare (e quindi modificare) le parole. Alcune frasi assumono il tono di sentenze lapidarie, conseguenza del gelo impassibile, perfino sprezzante, che si è impossessato del cuore del poeta: (vv. 8-9); (vv. 9-10); (vv. 12-13). perì perì poserai per sempre posa per sempre l’inganno estremo inganno inganni né di sospiri è degna / la terra Amaro e noia / la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo Al gener nostro il fato / non donò che il morire Il tono di un bilancio irrevocabile >> pagina 148 Un’ultima osservazione riguarda il lessico usato da Leopardi nel canto. In esso trovano spazio tutti i termini appartenenti al vocabolario sentimentale che caratterizza l’intera raccolta dei , compresi quelli più vaghi e indefiniti come , , e , che però qui non ampliano più – come accadeva negli idilli – le facoltà dei sensi. Essi, cioè, appaiono «ormai privi della loro maschera, svelati nella loro vanità» (Rota), senza cioè quell’eco di illusione che prima possedevano. Si pensi ancora agli inganni, ai (v. 4) che hanno offerto al poeta ragione di vita; oppure ai palpiti ( , v. 6-7) e ai , compagni delle sue passioni giovanili: di tutto ciò ormai non rimane che il ricordo, non la dolce «rimembranza», ma solo una traccia remota guardata con gli occhi di un’esperienza definitivamente disingannata. Canti sempre eterno infinito tutto cari inganni Assai palpitasti sospiri Il lessico svuotato dalla maschera delle illusioni Rogier van der Weyden, (particolare), 1450 ca. Londra, National Gallery. Sant’Ivo Verso le COMPETENZE COMPRENDERE 1 A chi si rivolge il poeta? 2 Come sono definiti, nel testo, la vita , il mondo e la natura ? ANALIZZARE 3 Individua la divisione dei periodi e gli eventuali enjambement : che ritmo conferiscono al componimento? 4 Inserisci nella tabella sottostante i verbi secondo il modo e il tempo e poi rifletti sui seguenti quesiti. Imperativo presente Indicativo presente Indicativo passato remoto Con quale di essi il poeta si rivolge al suo cuore? Perché? Per cosa viene utilizzato l’indicativo passato remoto? Che cosa sottolinea? Per cosa viene utilizzato l’indicativo presente? Per quale motivo, secondo te? 5 Che cosa sono i cari inganni (v. 4)? E quale differenza c’è tra la speme e il desiderio di essi? INTERPRETARE 6 Quali tra i seguenti sentimenti prevalgono, secondo te, nel componimento e perché? Motiva la tua risposta con riferimenti al testo frustrazione • delusione • disillusione • rabbia • desiderio di riposo e pace Produrre Sull’esempio di Leopardi, scrivi un testo narrativo di circa 30 righe in cui ti rivolgi a te stesso per tracciare una sorta di bilancio esistenziale. 7 Scrivere per raccontare.